La raffigurazione del weird sex nella filmografia
del celebre regista greco,
di Davide Spinelli
TR-115
14.12.2024
In Kinetta (2005) un poliziotto paga il commesso di un negozio di fotografie e una cameriera per aiutarlo a ricostruire un crimine: i due, per gran parte del film, in luoghi diversi, meta-rappresentano l’aggressione, la replicano, come se a ogni imitazione l’omicidio accadesse di nuovo per la prima volta; il risultato, però, assomiglia volutamente più allo studio prossemico di un amplesso incompiuto.
Si tratta del primo lungometraggio in solitaria del regista greco Yorgos Lanthimos, un'opera in cui è già presente il binomio chiave che intesse trasversalmente tutta la sua filmografia: lo strano abbinato al sesso, il weird sex, che rimanda alla cosiddetta Greek Weird Wave di cui il cineasta è diventato l’esponente di spicco dal 2009 in poi. Il sesso interessa la dimensione estensionale del suo cinema, fa quindi riferimento all’atto in sé, all’unione concreta; il weird, invece, riguarda l’aspetto intensionale, ovvero i mondi possibili della diegesi, in cui produce e riproduce direzioni rappresentative illimitate. Per dirla con Jacques Derridà in Sproni (Adelphi, 1991), “l’istanza di un significante [il sesso] presiede allo statuto di un concetto [lo strano]”.
In quasi tutti i suoi film Lanthimos mette in crisi la rappresentazione del sesso proprio attraverso la stranezza. In termini narratologici, si affida cioè al metodo attraverso cui - dice Viktor Šklovskij in Teoria della prosa (Einaudi, 1964) - il grande scrittore russo Lev Tolstoj scriveva i propri romanzi: la tecnica dello straniamento. L’idea è quella di conferire allo strano uno statuto meta-poietico: ogni fenomeno ed evento ci sembra nuovo, in grado di generare, appunto, quell’effetto di straniamento tipico di quando guardiamo qualcosa di sconosciuto e per la prima volta.
A ciò, Lanthimos fonde i tratti del cosiddetto Estremismo europeo, ovvero quelli della “perdita di una logica consecutiva degli eventi, una corporeità spastica, una sessualità spasmodica, sporadica e relazioni affettive rotte”, come scrive Elena Varzani in The weirdness of Contemporary Greek Cinema (Film International, 2019). In quest’ottica, il regista greco sposa un approccio fenomenologico estremo – ne parla Catherine Wheatley in The Ethic of the Imagine (Berghahn Books, 2009) -, in cui il pubblico affronta un’esperienza intensa e soverchiante, che suggerisce “un’etica riflessiva”, capace di bloccare l’immedesimazione istintiva tra il pubblico stesso e l’immagine on-screen. Siamo quindi di fronte a un’esperienza repulsiva o “push-pull”, che esacerba se possibile gli stilemi dell’Estremismo stesso.
Di conseguenza, le sequenze di weird sex funzionano da inibitori metà-cinematografici: la comunicazione tra osservatore e osservato è interrotta, e – afferma Martine Beugnet in Cinema and Sensation (Southern Ill., 2007) – “l’effetto di guardare e sentire assume una qualità mimetica, indicativa del coinvolgimento con un oggetto dello sguardo che previene e soprassiede a uno stato distaccato di consapevolezza di sé”. Pertanto, il sesso in Lanthimos rappresenta un punto di rottura per lo spettatore e, al contrario, il punto di partenza dell’intenzione metapoietica del regista, tramite il potere – altro tema cruciale - dello straniamento.
Insomma, da film premiati al Festival di Cannes, come Dogtooh (2009), The Lobster (2015) e The Killing of a Sacred Deer (Il sacrificio del cervo sacro, 2017), a quelli vincitori agli Oscar, come The Favourite (La favorita, 2018), fino al più recente Kind of Kindness (2024), l’incantesimo della cosiddetta rule of weird lanthimosiana sembra riferirsi, sorprendentemente, anche a Tolstoj.
Il sesso è immobile: Dogtooth e The Killing of a Sacred Deer
Dogtooth è forse il massimo esempio di estremismo in Lanthimos, laddove il sesso romantico diventa sesso tra estranei, incestuoso, violenza e/o esercizio motorio invece che connessione umana. L’ambientazione distopica - un padre e una madre che impediscono ai tre figli di avere rapporti con l’esterno – fa il resto, esaspera cioè quel sentimento di stranezza, di imbarazzo stagnante che esplode proprio nelle sequenze sessuali.
L’esempio forse più evidente riguarda la prima scena in cui il figlio maschio e Christina - una dipendente del padre pagata per fare sesso con il figlio - copulano meccanicamente. Lanthimos abbina alla stranezza espressiva dei due attori - impassibili, indifferenti, apatici -, una mise en page in cui l’alternanza tra long shots e fermi-immagine diventa estremamente disturbante: capiamo facilmente che i due si incontrano regolarmente, ma sembra sia “tolstojanamente” la prima volta. Il figlio pare eseguire lo stesso allenamento muscolare che fa ogni giorno con l’attrezzo a molla prima di pranzo, dall’amplesso con la donna non traspare alcuna forma di desiderio, nemmeno quando quest’ultima lo stimola in mezzo alle gambe.
Un’altra sequenza sintomatica in Dogtooth riguarda una delle due figlie e Christina: quest’ultima innesca una catena di baratto in cui il sesso orale diventa la moneta dello scambio, fino a quando, scoperta dal padre, viene cacciata. Qui Lanthimos abbina alla teoria dello straniamento un gusto del primordiale e dell’inganno: la figlia più vecchia, quando Christina le chiede di leccarle i genitali in cambio della sciarpa che desidera, non sa che il cunnilinguo è un atto sessuale. Non a caso, poco dopo la madre, alla domanda “che cos’è la fica”, le risponderà “la fica è una lampada. Per esempio, ho acceso una fica”.
Qualcosa di simile accade più avanti nel film, quando sempre alla figlia più grande, il fratello spiega come masturbarlo, memore dei gesti di Christina. I due sono seduti l’uno di fronte all’altro: per lo più vediamo solo i loro corpi, il torace contorto di lui e quello immobile di lei, il punto di vista resta fisso mentre l’armamentario sonoro del film - i cigolii del letto, il grugnito del fratello - diventa protagonista di una scena emotivamente para-reale, che però resta saldamente ancorata alla realtà proprio grazie alle coordinate uditive. Fino, poi, allo split dell’immagine, in cui il viso della ragazza mostra una debole smorfia di dolore, i suoi seni sono strizzati dalle mani del fratello, mentre lo specchio a sinistra della sua testa riflette l’intera geografia incestuosa.
In Dogtooth, pertanto, conosciamo la concezione triangolare del sesso lanthimosiana: come valuta di scambio per Christina, come mezzo per il piacere personale secondo il figlio, e come strumento di controllo per i genitori. Questa prospettiva tridimensionale spinge e alimenta un effetto estremo, ricco di stranezze e, al contrario, riduce la multidimensionalità dell’atto sessuale. Com’è stato notato per esempio da Angelos Koutsourakis in Cinema of the body (White Rose, 2012), molto spesso nel cinema di Lanthimos l’unione dei corpi è un “obbligo banale” e il sesso, di conseguenza, si trasforma nell’epifenomeno di una attività solitaria.
In The Killing of a Sacred Deer, esattamente come Christina in Dogtooth, Anna, la protagonista, usa il sesso per ottenere ciò che desidera - ovvero informazioni sulla morte del padre di un paziente di suo marito Steven, per fa si che Martin, il figlio del defunto, smetta di perseguitare la sua famiglia. La ritroviamo, allora, chiusa nell’auto di un collega del marito mentre lo masturba. Anche in questo caso la rappresentazione cinematografica è stridente nella sua banalità; il focus del cineasta è duplice, come sottolineato in The cinema of Yorgos Lanthimos (Bloomsbury, 2022): la “business-like espression” di Anna e, ancora come in Dogtooth, l’attenzione al suono diegetico della mano della donna che sale e scende battendo alla base del pene. L’effetto, per la sua “intimità straniante”, è parossistico, tanto da essere il primo di una lunga serie dei già citati “push-pull” presenti nella pellicola.
I tratti del weird sex sono poi alimentati dalle fantasie di Steven: a quest’ultimo eccita vedere la moglie Anna stesa a fianco a lui, immobile, come fosse una paziente in stato di incoscienza. Il fine di Lanthimos è quello di evidenziare come il comportamento sessuale dell’uomo sia il prodotto di una più generale disconnessione dal corpo della moglie, che resta impassibile, concentra su ciò che deve fare.
Assieme a Dogtotoh, The Killing of a Sacred Deer è forse il film che più rientra nei canoni dell’Estremismo europeo, in cui lo straniamento diventa addirittura estraniazione dal corpo paralizzato, anestetizzato. Ciò, di conseguenza, permette a Lanthimos di tematizzare l’aggressività della psicologia sessuale di Steven, in grado di godere solo tramite il non-consenso implicito della partner; parallelamente, la personalità di Anna è affetta da una sorta di inappetenza emotiva, che la rende tanto vuota sentimentalmente quanto (per questo) suscettibile alla violenza. In quest’ottica, i comportamenti sessuali dei due proiettano ed estendono la narratologia dei personaggi stessi: le loro fantasie sono le loro uniche motivazioni caratteriali. Scrive Tim Palmer in Brutal Intimacy (Weslyan University Press, 2011): “siamo di fronte a incontri fisici senza passione; desiderio sessuale incapsulato nella solitudine; intimità violenta; la perdita di ogni istinto empatico che determina la scomparsa di ogni relazione sociale”.
The Killing of a Sacred Deer è la pellicola più labirintica, cupa ed ineffabile di Lanthimos, in cui inoltre il senso dello straniamento sfuma progrevvisamente da eros a thanatos (ossia ciò che accadeva, seppur embrionalmente, in Kinetta). È un’idea che sembra arrivare proprio da Tolstoj, precisamente da La morte di Ivan Il’ič (1886), in cui il protagonista, affetto da una malattia misteriosa - proprio come i figli di Anna e Steven nel film - si abbandona alla morte. A quest’ultima, tanto lo scrittore russo quanto Lanthimos asportano il senso di ineluttabilità; la morte è descritta come un evento archetipico, non escatologico, il nuovo determinante di una scelta da compiere e non di una non-scelta, che spinge i movimenti narrativi del film “da situazioni negative a situazioni ancor più negative” - riporta Tugce Kutlu in The rule of the weird (Routledge, 2021) -, allo stesso modo di quanto accade in Alps (2001), il lavoro forse meno noto del regista greco.
Il sesso è ridicolo: The Lobster
In The Lobster, l’obbligatorietà sessuale diventa relazionale: nella storia, dei single raggruppati in un albergo hanno tempo solo qualche settimana per trovare un partner, pena la trasfigurazione in un’animale. Sembrerebbe, dunque, trattarsi di un’eccezione alla regola del weird sex, ma così non è, se non a livello superficiale. In questo terzo lungometraggio, Lanthimos estende il suo sguardo straniante anche alla sfera dell’erotismo passionale, che trova spazio in delle sequenze precise: i single possono abbandonarsi a baci e carezze solo quando visitano la stanza dei leader. Nella sala, siamo di fronte all’ennesima messa in scena paradossale, in cui le effusioni romantiche sono ridicolizzate dalla presenza disinteressata dei più anziani. Quest’ultimi, infatti, indifferenti, accanto agli amanti che si toccano e baciano con foga, alimentano un’atmosfera di disagio, stranezza: la normalità dei gesti d’affetto si scopre inappropriata, sconosciuta paradossalmente anche allo spettatore, indizio di una rappresentazione dei comportamenti sessuali che ancora una volta risulta alienante.
Nella pellicola, poi, ritroviamo il tema dell’autoerotismo. Nell’hotel, come dimostra una scena in cui a un ospite vengono bruciate le mani in un tostapane, la masturbazione è severamente proibita e punita. È tuttavia permessa una stimolazione indiretta, una masturbazione “per interposta persona”; le cameriere, infatti, ogni giorno, strusciando il sedere sul pube dei clienti, li stimolano, mentre quest’ultimi sono costretti a guardare ma non toccare. L’ennesimo esempio, cioè, in cui l’atto sessuale è slegato dal desiderio, la libido è castrata, l’eccitazione annullata. La masturbazione, pertanto, corrisponde a un meccanismo regolatore, il confine di quella politica (distopica) dell’intimità che Lanthimos struttura in The Lobster, come suggerito in The End of Intimate Politics (Routledge, 2018).
L’impossibilità di masturbarsi è comune a tutte e tre le dicotomie che emergono nel film, come fosse un passpaourt intersezionale - coppie e non-coppie, umani e non-umani, maschi e femmine –, che in The Lobster riflette la necessità (disattesa) di appartenersi. Quest’ultima è forse ammessa solo nell’epilogo, quando David, il protagonista, per assomigliare alla donna di cui si è innamorato, si rende cieco. Ciò ricorda, neanche troppo velatamente, il tema epico-tolstojano dell’inseguimento amoroso: Levin, l’amante di Anna Karenina, le dirà proprio “posso essere solo dove siete voi”, così David sceglierà di non vedere più nulla per seguire, nel buio, la sua amata.
Il sesso è potente: The Favourite e Kind of Kindness
In tutti e tre gli ultimi lavori di Lanthimos, il binomio weird sex è legato indissolubilmente al tema del potere. Il caso più evidente è forse quello di The Favourite, in cui il triangolo femminile al centro della scena - la regina Anna, Lady Marlborough e sua cugina Abigail - incarna l’escamotoge narrativo con cui Lanthimos tematizza “l’acquisizione del potere tramite il sesso”, come asserisce Joanna Di Mattia in Sex and Power in The Favourite (Screen Education, 2019).
Nel prologo di The Favourite - sulla carrozza che porta Abigail al palazzo reale, un uomo si masturba davanti a lei e le palpa il sedere mentre dalla carrozza - il regista mette in scena una situazione in cui non è chiaro cosa sia consensuale, abituale nella società che descrive, e cosa non lo sia. Questa discrasia ha una triplice funzione: nutre la tecnica dello straniamento, fabbrica quella sensazione di disgusto che lentamente consuma lo spettatore, e ribadisce la necessità lanthimosiana di scindere sesso e desiderio erotico. In altre parole, la pacca sul fondoschiena che spinge Abigail nel fango - ha evidenziato Alice Bryan in The cinema of Yorgos Lanthimos (Bloomsbury, 2022) – indica l’intenzione del cineasta di “equiparare il sesso a qualcosa di sporco”.
In The Favourite, oltre a riconoscere il sesso come mezzo per il piacere personale, è altresì lampante il suo utilizzo come valuta di scambio per ottenere il potere. L'opera, infatti, dal punto di vista narrativo risulta semplice: due donne tentano di manipolare una terza, la regina, e raggiungere il potere tramite favori e obbedienza sessuale. Le richieste sempre più strane, al pari delle scelte registiche, dall’overdose di fish-eye alle lenti grandangolari, inaspriscono il senso disagio dello spettatore, e informano i due effetti cardine dell’Estremismo: da un lato la repulsione dell’immedesimazione empatica, dall’altro l’attrazione per la ricezione sensoriale di ciò che si vede sullo schermo. Questo effetto dicotomico, in The Favourite, è ottenuto in particolare grazie a una narratologia caotica più che altrove in Lanthimos, a una scenografia respingente, iconoclasta, e all’immancabile parco sonoro bulimico. Il regista, cioè, ricorda Martine Beugenet in Cinema and Sensation (Edinburgh University Press, 2000), “stressa la qualità tattile del suo cinema per offrire un effetto estremo”.
Se nel successivo Poor Things (Povere Creature!, 2023), al contrario di The Favorite, il sesso diventa un mezzo di scoperta personale e di lotta femminista - il film, infatti, è forse l’unica eccezione tematica (e anche stilistica) al filone del weird sex -, in Kind of Kindness (2024), l’ultimo lavoro di Lanthimos, egli realizza una sorta di amarcord dei suoi primi due film, Dogtooth e Alps: recupera la struttura narrativa dei racconti brevi e (nel secondo episodio) trasforma il sesso da strumento del potere famigliare a strumento di quello coniugale. Le sequenze sono simili: come i genitori in Dogtooth guardano con i figli pornografia hardcore, in Kind of Kindness, le due coppie sposate si gustano i sextape in cui si sono scambiate vicendevolmente i partner. Ma, si capisce, Liz non ha più voglia di riguardarli, è straniata dall’effetto che quelle immagine le producono, come se in quel momento ricordasse alcuni versi di Sweet Dreams, la canzone che apre il film: “some of the want to abuse you, some of them want to be abused”.
Il tema dell’abuso è ça va sans dire connesso a quello del potere. Nello specifico, tanto in Kind of Kindness quanto nel resto della filmografia di Lanthimos, il weird sex è in qualche misura anche il riflesso allegorico dell’oppressione che gli Stati moderni esercitano sui corpi degli individui, tramite un potere di controllo di tipo biologico, o appunto “biopotere”, per citare il Foucault di Storia della sessualità (Feltrinelli, 1976) o di Sorvegliare e punire (Einaudi, 1993). Questo abuso è la punta dell’iceberg della sferzante critica sociologica dei film di Lanthimos, in cui il weird sex smaschera il controllo sulle identità singole e collettive, il dramma, cioè, al centro del più celebre romanzo dell’Ottocento, Guerra e Pace.
Del romanzo, l’epilogo è rimasto particolarmente famoso (e attuale); Tolstoj sostiene che la guerra non ci sarebbe se ogni soldato scegliesse di non impugnare il fucile, invece non accade così. Ogni soldato, quindi, agli ordini di qualcuno, attacca e uccide un suo coetaneo come fosse la prima volta, perché non può permettersi di ricordare gli orrori precedenti. Il meccanismo di straniamento tramite cui funzionano le sex scenes è ugualmente bellico: il protagonista (spesso una donna) subisce o agisce sempre passivamente, come il soldato, all’ordine di una azione automatizza. Per questa ragione, ogni volta, quel gesto, sembra sia sconosciuto, originale, nuovo, ma non è così: il weird sex, come il male, è banale in Lanthimos.
La raffigurazione del weird sex nella filmografia
del celebre regista greco,
di Davide Spinelli
TR-115
14.12.2024
In Kinetta (2005) un poliziotto paga il commesso di un negozio di fotografie e una cameriera per aiutarlo a ricostruire un crimine: i due, per gran parte del film, in luoghi diversi, meta-rappresentano l’aggressione, la replicano, come se a ogni imitazione l’omicidio accadesse di nuovo per la prima volta; il risultato, però, assomiglia volutamente più allo studio prossemico di un amplesso incompiuto.
Si tratta del primo lungometraggio in solitaria del regista greco Yorgos Lanthimos, un'opera in cui è già presente il binomio chiave che intesse trasversalmente tutta la sua filmografia: lo strano abbinato al sesso, il weird sex, che rimanda alla cosiddetta Greek Weird Wave di cui il cineasta è diventato l’esponente di spicco dal 2009 in poi. Il sesso interessa la dimensione estensionale del suo cinema, fa quindi riferimento all’atto in sé, all’unione concreta; il weird, invece, riguarda l’aspetto intensionale, ovvero i mondi possibili della diegesi, in cui produce e riproduce direzioni rappresentative illimitate. Per dirla con Jacques Derridà in Sproni (Adelphi, 1991), “l’istanza di un significante [il sesso] presiede allo statuto di un concetto [lo strano]”.
In quasi tutti i suoi film Lanthimos mette in crisi la rappresentazione del sesso proprio attraverso la stranezza. In termini narratologici, si affida cioè al metodo attraverso cui - dice Viktor Šklovskij in Teoria della prosa (Einaudi, 1964) - il grande scrittore russo Lev Tolstoj scriveva i propri romanzi: la tecnica dello straniamento. L’idea è quella di conferire allo strano uno statuto meta-poietico: ogni fenomeno ed evento ci sembra nuovo, in grado di generare, appunto, quell’effetto di straniamento tipico di quando guardiamo qualcosa di sconosciuto e per la prima volta.
A ciò, Lanthimos fonde i tratti del cosiddetto Estremismo europeo, ovvero quelli della “perdita di una logica consecutiva degli eventi, una corporeità spastica, una sessualità spasmodica, sporadica e relazioni affettive rotte”, come scrive Elena Varzani in The weirdness of Contemporary Greek Cinema (Film International, 2019). In quest’ottica, il regista greco sposa un approccio fenomenologico estremo – ne parla Catherine Wheatley in The Ethic of the Imagine (Berghahn Books, 2009) -, in cui il pubblico affronta un’esperienza intensa e soverchiante, che suggerisce “un’etica riflessiva”, capace di bloccare l’immedesimazione istintiva tra il pubblico stesso e l’immagine on-screen. Siamo quindi di fronte a un’esperienza repulsiva o “push-pull”, che esacerba se possibile gli stilemi dell’Estremismo stesso.
Di conseguenza, le sequenze di weird sex funzionano da inibitori metà-cinematografici: la comunicazione tra osservatore e osservato è interrotta, e – afferma Martine Beugnet in Cinema and Sensation (Southern Ill., 2007) – “l’effetto di guardare e sentire assume una qualità mimetica, indicativa del coinvolgimento con un oggetto dello sguardo che previene e soprassiede a uno stato distaccato di consapevolezza di sé”. Pertanto, il sesso in Lanthimos rappresenta un punto di rottura per lo spettatore e, al contrario, il punto di partenza dell’intenzione metapoietica del regista, tramite il potere – altro tema cruciale - dello straniamento.
Insomma, da film premiati al Festival di Cannes, come Dogtooh (2009), The Lobster (2015) e The Killing of a Sacred Deer (Il sacrificio del cervo sacro, 2017), a quelli vincitori agli Oscar, come The Favourite (La favorita, 2018), fino al più recente Kind of Kindness (2024), l’incantesimo della cosiddetta rule of weird lanthimosiana sembra riferirsi, sorprendentemente, anche a Tolstoj.
Il sesso è immobile: Dogtooth e The Killing of a Sacred Deer
Dogtooth è forse il massimo esempio di estremismo in Lanthimos, laddove il sesso romantico diventa sesso tra estranei, incestuoso, violenza e/o esercizio motorio invece che connessione umana. L’ambientazione distopica - un padre e una madre che impediscono ai tre figli di avere rapporti con l’esterno – fa il resto, esaspera cioè quel sentimento di stranezza, di imbarazzo stagnante che esplode proprio nelle sequenze sessuali.
L’esempio forse più evidente riguarda la prima scena in cui il figlio maschio e Christina - una dipendente del padre pagata per fare sesso con il figlio - copulano meccanicamente. Lanthimos abbina alla stranezza espressiva dei due attori - impassibili, indifferenti, apatici -, una mise en page in cui l’alternanza tra long shots e fermi-immagine diventa estremamente disturbante: capiamo facilmente che i due si incontrano regolarmente, ma sembra sia “tolstojanamente” la prima volta. Il figlio pare eseguire lo stesso allenamento muscolare che fa ogni giorno con l’attrezzo a molla prima di pranzo, dall’amplesso con la donna non traspare alcuna forma di desiderio, nemmeno quando quest’ultima lo stimola in mezzo alle gambe.
Un’altra sequenza sintomatica in Dogtooth riguarda una delle due figlie e Christina: quest’ultima innesca una catena di baratto in cui il sesso orale diventa la moneta dello scambio, fino a quando, scoperta dal padre, viene cacciata. Qui Lanthimos abbina alla teoria dello straniamento un gusto del primordiale e dell’inganno: la figlia più vecchia, quando Christina le chiede di leccarle i genitali in cambio della sciarpa che desidera, non sa che il cunnilinguo è un atto sessuale. Non a caso, poco dopo la madre, alla domanda “che cos’è la fica”, le risponderà “la fica è una lampada. Per esempio, ho acceso una fica”.
Qualcosa di simile accade più avanti nel film, quando sempre alla figlia più grande, il fratello spiega come masturbarlo, memore dei gesti di Christina. I due sono seduti l’uno di fronte all’altro: per lo più vediamo solo i loro corpi, il torace contorto di lui e quello immobile di lei, il punto di vista resta fisso mentre l’armamentario sonoro del film - i cigolii del letto, il grugnito del fratello - diventa protagonista di una scena emotivamente para-reale, che però resta saldamente ancorata alla realtà proprio grazie alle coordinate uditive. Fino, poi, allo split dell’immagine, in cui il viso della ragazza mostra una debole smorfia di dolore, i suoi seni sono strizzati dalle mani del fratello, mentre lo specchio a sinistra della sua testa riflette l’intera geografia incestuosa.
In Dogtooth, pertanto, conosciamo la concezione triangolare del sesso lanthimosiana: come valuta di scambio per Christina, come mezzo per il piacere personale secondo il figlio, e come strumento di controllo per i genitori. Questa prospettiva tridimensionale spinge e alimenta un effetto estremo, ricco di stranezze e, al contrario, riduce la multidimensionalità dell’atto sessuale. Com’è stato notato per esempio da Angelos Koutsourakis in Cinema of the body (White Rose, 2012), molto spesso nel cinema di Lanthimos l’unione dei corpi è un “obbligo banale” e il sesso, di conseguenza, si trasforma nell’epifenomeno di una attività solitaria.
In The Killing of a Sacred Deer, esattamente come Christina in Dogtooth, Anna, la protagonista, usa il sesso per ottenere ciò che desidera - ovvero informazioni sulla morte del padre di un paziente di suo marito Steven, per fa si che Martin, il figlio del defunto, smetta di perseguitare la sua famiglia. La ritroviamo, allora, chiusa nell’auto di un collega del marito mentre lo masturba. Anche in questo caso la rappresentazione cinematografica è stridente nella sua banalità; il focus del cineasta è duplice, come sottolineato in The cinema of Yorgos Lanthimos (Bloomsbury, 2022): la “business-like espression” di Anna e, ancora come in Dogtooth, l’attenzione al suono diegetico della mano della donna che sale e scende battendo alla base del pene. L’effetto, per la sua “intimità straniante”, è parossistico, tanto da essere il primo di una lunga serie dei già citati “push-pull” presenti nella pellicola.
I tratti del weird sex sono poi alimentati dalle fantasie di Steven: a quest’ultimo eccita vedere la moglie Anna stesa a fianco a lui, immobile, come fosse una paziente in stato di incoscienza. Il fine di Lanthimos è quello di evidenziare come il comportamento sessuale dell’uomo sia il prodotto di una più generale disconnessione dal corpo della moglie, che resta impassibile, concentra su ciò che deve fare.
Assieme a Dogtotoh, The Killing of a Sacred Deer è forse il film che più rientra nei canoni dell’Estremismo europeo, in cui lo straniamento diventa addirittura estraniazione dal corpo paralizzato, anestetizzato. Ciò, di conseguenza, permette a Lanthimos di tematizzare l’aggressività della psicologia sessuale di Steven, in grado di godere solo tramite il non-consenso implicito della partner; parallelamente, la personalità di Anna è affetta da una sorta di inappetenza emotiva, che la rende tanto vuota sentimentalmente quanto (per questo) suscettibile alla violenza. In quest’ottica, i comportamenti sessuali dei due proiettano ed estendono la narratologia dei personaggi stessi: le loro fantasie sono le loro uniche motivazioni caratteriali. Scrive Tim Palmer in Brutal Intimacy (Weslyan University Press, 2011): “siamo di fronte a incontri fisici senza passione; desiderio sessuale incapsulato nella solitudine; intimità violenta; la perdita di ogni istinto empatico che determina la scomparsa di ogni relazione sociale”.
The Killing of a Sacred Deer è la pellicola più labirintica, cupa ed ineffabile di Lanthimos, in cui inoltre il senso dello straniamento sfuma progrevvisamente da eros a thanatos (ossia ciò che accadeva, seppur embrionalmente, in Kinetta). È un’idea che sembra arrivare proprio da Tolstoj, precisamente da La morte di Ivan Il’ič (1886), in cui il protagonista, affetto da una malattia misteriosa - proprio come i figli di Anna e Steven nel film - si abbandona alla morte. A quest’ultima, tanto lo scrittore russo quanto Lanthimos asportano il senso di ineluttabilità; la morte è descritta come un evento archetipico, non escatologico, il nuovo determinante di una scelta da compiere e non di una non-scelta, che spinge i movimenti narrativi del film “da situazioni negative a situazioni ancor più negative” - riporta Tugce Kutlu in The rule of the weird (Routledge, 2021) -, allo stesso modo di quanto accade in Alps (2001), il lavoro forse meno noto del regista greco.
Il sesso è ridicolo: The Lobster
In The Lobster, l’obbligatorietà sessuale diventa relazionale: nella storia, dei single raggruppati in un albergo hanno tempo solo qualche settimana per trovare un partner, pena la trasfigurazione in un’animale. Sembrerebbe, dunque, trattarsi di un’eccezione alla regola del weird sex, ma così non è, se non a livello superficiale. In questo terzo lungometraggio, Lanthimos estende il suo sguardo straniante anche alla sfera dell’erotismo passionale, che trova spazio in delle sequenze precise: i single possono abbandonarsi a baci e carezze solo quando visitano la stanza dei leader. Nella sala, siamo di fronte all’ennesima messa in scena paradossale, in cui le effusioni romantiche sono ridicolizzate dalla presenza disinteressata dei più anziani. Quest’ultimi, infatti, indifferenti, accanto agli amanti che si toccano e baciano con foga, alimentano un’atmosfera di disagio, stranezza: la normalità dei gesti d’affetto si scopre inappropriata, sconosciuta paradossalmente anche allo spettatore, indizio di una rappresentazione dei comportamenti sessuali che ancora una volta risulta alienante.
Nella pellicola, poi, ritroviamo il tema dell’autoerotismo. Nell’hotel, come dimostra una scena in cui a un ospite vengono bruciate le mani in un tostapane, la masturbazione è severamente proibita e punita. È tuttavia permessa una stimolazione indiretta, una masturbazione “per interposta persona”; le cameriere, infatti, ogni giorno, strusciando il sedere sul pube dei clienti, li stimolano, mentre quest’ultimi sono costretti a guardare ma non toccare. L’ennesimo esempio, cioè, in cui l’atto sessuale è slegato dal desiderio, la libido è castrata, l’eccitazione annullata. La masturbazione, pertanto, corrisponde a un meccanismo regolatore, il confine di quella politica (distopica) dell’intimità che Lanthimos struttura in The Lobster, come suggerito in The End of Intimate Politics (Routledge, 2018).
L’impossibilità di masturbarsi è comune a tutte e tre le dicotomie che emergono nel film, come fosse un passpaourt intersezionale - coppie e non-coppie, umani e non-umani, maschi e femmine –, che in The Lobster riflette la necessità (disattesa) di appartenersi. Quest’ultima è forse ammessa solo nell’epilogo, quando David, il protagonista, per assomigliare alla donna di cui si è innamorato, si rende cieco. Ciò ricorda, neanche troppo velatamente, il tema epico-tolstojano dell’inseguimento amoroso: Levin, l’amante di Anna Karenina, le dirà proprio “posso essere solo dove siete voi”, così David sceglierà di non vedere più nulla per seguire, nel buio, la sua amata.
Il sesso è potente: The Favourite e Kind of Kindness
In tutti e tre gli ultimi lavori di Lanthimos, il binomio weird sex è legato indissolubilmente al tema del potere. Il caso più evidente è forse quello di The Favourite, in cui il triangolo femminile al centro della scena - la regina Anna, Lady Marlborough e sua cugina Abigail - incarna l’escamotoge narrativo con cui Lanthimos tematizza “l’acquisizione del potere tramite il sesso”, come asserisce Joanna Di Mattia in Sex and Power in The Favourite (Screen Education, 2019).
Nel prologo di The Favourite - sulla carrozza che porta Abigail al palazzo reale, un uomo si masturba davanti a lei e le palpa il sedere mentre dalla carrozza - il regista mette in scena una situazione in cui non è chiaro cosa sia consensuale, abituale nella società che descrive, e cosa non lo sia. Questa discrasia ha una triplice funzione: nutre la tecnica dello straniamento, fabbrica quella sensazione di disgusto che lentamente consuma lo spettatore, e ribadisce la necessità lanthimosiana di scindere sesso e desiderio erotico. In altre parole, la pacca sul fondoschiena che spinge Abigail nel fango - ha evidenziato Alice Bryan in The cinema of Yorgos Lanthimos (Bloomsbury, 2022) – indica l’intenzione del cineasta di “equiparare il sesso a qualcosa di sporco”.
In The Favourite, oltre a riconoscere il sesso come mezzo per il piacere personale, è altresì lampante il suo utilizzo come valuta di scambio per ottenere il potere. L'opera, infatti, dal punto di vista narrativo risulta semplice: due donne tentano di manipolare una terza, la regina, e raggiungere il potere tramite favori e obbedienza sessuale. Le richieste sempre più strane, al pari delle scelte registiche, dall’overdose di fish-eye alle lenti grandangolari, inaspriscono il senso disagio dello spettatore, e informano i due effetti cardine dell’Estremismo: da un lato la repulsione dell’immedesimazione empatica, dall’altro l’attrazione per la ricezione sensoriale di ciò che si vede sullo schermo. Questo effetto dicotomico, in The Favourite, è ottenuto in particolare grazie a una narratologia caotica più che altrove in Lanthimos, a una scenografia respingente, iconoclasta, e all’immancabile parco sonoro bulimico. Il regista, cioè, ricorda Martine Beugenet in Cinema and Sensation (Edinburgh University Press, 2000), “stressa la qualità tattile del suo cinema per offrire un effetto estremo”.
Se nel successivo Poor Things (Povere Creature!, 2023), al contrario di The Favorite, il sesso diventa un mezzo di scoperta personale e di lotta femminista - il film, infatti, è forse l’unica eccezione tematica (e anche stilistica) al filone del weird sex -, in Kind of Kindness (2024), l’ultimo lavoro di Lanthimos, egli realizza una sorta di amarcord dei suoi primi due film, Dogtooth e Alps: recupera la struttura narrativa dei racconti brevi e (nel secondo episodio) trasforma il sesso da strumento del potere famigliare a strumento di quello coniugale. Le sequenze sono simili: come i genitori in Dogtooth guardano con i figli pornografia hardcore, in Kind of Kindness, le due coppie sposate si gustano i sextape in cui si sono scambiate vicendevolmente i partner. Ma, si capisce, Liz non ha più voglia di riguardarli, è straniata dall’effetto che quelle immagine le producono, come se in quel momento ricordasse alcuni versi di Sweet Dreams, la canzone che apre il film: “some of the want to abuse you, some of them want to be abused”.
Il tema dell’abuso è ça va sans dire connesso a quello del potere. Nello specifico, tanto in Kind of Kindness quanto nel resto della filmografia di Lanthimos, il weird sex è in qualche misura anche il riflesso allegorico dell’oppressione che gli Stati moderni esercitano sui corpi degli individui, tramite un potere di controllo di tipo biologico, o appunto “biopotere”, per citare il Foucault di Storia della sessualità (Feltrinelli, 1976) o di Sorvegliare e punire (Einaudi, 1993). Questo abuso è la punta dell’iceberg della sferzante critica sociologica dei film di Lanthimos, in cui il weird sex smaschera il controllo sulle identità singole e collettive, il dramma, cioè, al centro del più celebre romanzo dell’Ottocento, Guerra e Pace.
Del romanzo, l’epilogo è rimasto particolarmente famoso (e attuale); Tolstoj sostiene che la guerra non ci sarebbe se ogni soldato scegliesse di non impugnare il fucile, invece non accade così. Ogni soldato, quindi, agli ordini di qualcuno, attacca e uccide un suo coetaneo come fosse la prima volta, perché non può permettersi di ricordare gli orrori precedenti. Il meccanismo di straniamento tramite cui funzionano le sex scenes è ugualmente bellico: il protagonista (spesso una donna) subisce o agisce sempre passivamente, come il soldato, all’ordine di una azione automatizza. Per questa ragione, ogni volta, quel gesto, sembra sia sconosciuto, originale, nuovo, ma non è così: il weird sex, come il male, è banale in Lanthimos.