di Viktor Tóth
NC-222
11.07.2024
Sabato 6 Luglio si è conclusa la cinquantottesima edizione del Karlovy Vary International Film Festival, in Repubblica Ceca. Un nome che riecheggia molto nel circuito dei festival cinematografici ma che spesso, almeno nello scenario italiano, non viene discusso molto - d’altronde, difficilmente i film presentati al KVIFF arrivano nelle nostre sale. Eppure, il KVIFF vanta una fama non trascurabile, due sezioni di concorso con anteprime mondiali e una serie di grandi nomi che, nel corso degli anni, si sono aggiudicati il premio principale, il Crystal Globe: non solo cineasti legati alla Nuova Onda Cecoslovacca come Jiri Menzel, Frantisek Vlacil, Jan Kadar ed Elmar Klos, ma anche Ken Loach, per nientemeno che Kes (1969), e Jean-Pierre Jeunet, per Le Fabuleux Destin d'Amélie Poulain (Il Favoloso Mondo di Amélie, 2001), scartato dai programmatori di Cannes tra molte polemiche.
Più recentemente, il KVIFF è stato tra i primi festival a consacrare la vertiginosa ascesa di Radu Jude con il suo film I do not care if we go down in history as barbarians (2018). Una manifestazione che spesso permette un primo assaggio di fama a nomi che successivamente entreranno nella storia del cinema, ma anche un evento pieno di contraddizioni: legato al mondo dell’Europa centro-orientale o all’ex blocco sovietico (nei primi tempi era biennale, e si alternava con il festival di Mosca), ma che guarda al mondo occidentale, e cerca di attirarlo quanto più possibile.
I nomi illustri, da Daniel Brühl a Steven Soderbergh
Il KVIFF cerca di fregiarsi quanto più possibile di ospiti di rilevanza internazionale, legati o all’uscita di loro film, o a retrospettive. In questa seconda forma, per quest'anno, è stato presente Steven Soderbergh che, all’interno di una rassegna dedicata al cinema derivante dalle opere dell’autore boemo Franz Kafka, ha presentato il suo Kafka (Delitti e segreti, 1991), che ha affiancato opere come After Hours (Fuori Orario, 1985) di Martin Scorsese, Le Procès (Il Processo, 1962) di Orson Welles e Intervista (1987) di Federico Fellini. L’attore Viggo Mortensen ha invece presenziato per l’anteprima nazionale del suo film The Dead Don’t Hurt (2023), debuttato al Festival di Toronto lo scorso anno, così anche Nicole Holofcener, sceneggiatrice e regista, è giunta al KVIFF con la sua più recente opera registica.
Oltre a Daniel Brühl e Clive Owen, un’altra presenza da ricordare è stata quella di Ti West, giunto in Repubblica Ceca per la proiezione di MaXXXine (2024) a soli pochi giorni dall’anteprima mondiale del film a Los Angeles. Essendo il KVIFF un evento molto più ristretto in termini di dimensioni rispetto a festival come Cannes, Venezia o Berlino (dai quali eredita i fuori concorso e determinate opere presenti nel programma) la distanza con le celebrità è minore, ed è molto più facile accedere ad incontri e masterclass - o per chi lavora nel giornalismo, ad interviste.
Vincitori e vinti
Come ad ogni festival che si rispetti, la vittoria è (quasi) una garanzia di qualità, ma al contempo molti sono i film che restano senza premi di cui vale la pena parlare. Quest’anno la giuria, capitanata dall’attore australiano Geoffrey Rush e che vantava tra i suoi componenti nomi del calibro di Gábor Reisz o Sjòn, ha compiuto scelte che per certi versi sono risultate inaspettate, mentre da altri perfettamente comprensibili. A vincere il Globo di Cristallo è stato A sudden glimpse to deeper things dell’irlandese Mark Cousins, mentre nella sezione parallela Proxima (corrispondente un po’ ad Orizzonti o Un Certain regards di Venezia e Cannes) ha trionfato Stranger, del cinese Zhengfan Yang.
Ci teniamo però a segnalare altre opere interessanti che hanno avuto la loro anteprima mondiale a KVIFF.
Loveable, di Lilja Ingolfsdottir
Molto quotato durante il festival per il premio principale, ha ottenuto invece, più che meritatamente, il premio speciale della giuria e il FIPRESCI. Potrebbe sembrare un’esagerazione, ma il film della cineasta norvegese risulta di una profondità emotiva e di una cura tali da portarla sul medesimo livello del connazionale Joachim Trier, con il vantaggio di riuscire a catturare l’attenzione emotiva dello spettatore maggiormente. La storia di un matrimonio, ma senza le urla esuberanti di Baumbach: Loveable è un film che delicatamente coglie il profondo trauma vissuto da chiunque abbia attraversato la fine di una relazione, e lo fa attraverso un sapiente uso delle tecniche cinematografiche, un gioco continuo di situazioni potenziali e soggettive sottilissimo, appena percettibile e per questo ancora più riuscito. Loveable è un film di debutto che presenta una maturità che nulla ha da invidiare né a connazionali più consolidati, né a nomi meglio conosciuti che abbiano affrontato la tematica delle dinamiche di coppia.
Celebration, di Bruno Ankovic
Anche se lo stesso team del film, durante interviste e pubblicazioni, nulla ha fatto per nascondere dettagli cruciali della trama, è difficile raccontare questo lungometraggio croato senza finire per rovinare in parte degli aspetti della sua storia o addirittura descrivere gli effetti che compie su uno spettatore che lo affronta ignaro del suo contenuto. Un film dalla cronologia non lineare, che si dirama in una serie di episodi ambientati tra gli anni ’30 e ’40 nell'entroterra montano della Croazia. Celebration inizia nel 1945, mostrandoci un ragazzo che si nasconde tra le rocce da dei soldati armati. Celebration racconta una delle pagine più difficili della storia del primo Novecento, cercando di coinvolgere emotivamente lo spettatore nel percorso del protagonista senza rivelare molto del suo background, fino alla conclusione che, finalmente, esplicita la tematica principale dell’opera. Il film usa principalmente luce naturale, e si muove con un ritmo molto lento, cupo e atmosferico, ma si controbilancia con una durata di 86 minuti che lo rende facilmente fruibile.
Pierce, di Nelicia Low
Vincitore del premio alla regia, Pierce è un film di Singapore estremamente elaborato, forse anche troppo, ma è proprio attraverso la sua complessa trama e messinscena che riesce a mantenere viva l’attenzione. Una specie di thriller per i toni e un dramma familiare per i contenuti: Han, il fratello del protagonista Jie, è appena stato liberato dopo anni di carcere giovanile per un incidente (o omicidio) avvenuto durante una partita di scherma. Da qui nasce l’elemento thriller: Han resta una figura difficile da inquadrare, non è chiaro se quello che è avvenuto anni prima fosse stato un incidente o meno. Come suggerito da una frase del film, le interazioni tra Jin e Han sembrano quasi una lunga partita di scherma, tra fendenti, finte, e il tentativo di comprendere quale sarà il passo successivo dell’avversario. Così Pierce è dominato da colpi di scena, da gesti quasi impercettibili carichi di significati, e resta un lavoro tecnicamente ben allestito, anche se il finale potrebbe risultare deludente sotto alcuni aspetti.
Windless, di Pavel G. Vesnakov
Il secondo lungometraggio di Pavel G. Vesnakov - già noto per German Lessons (2020) - è rimasto totalmente escluso dal palmarés della sezione parallela Proxima rimanendo comunque uno dei film migliori del festival - e forse, in generale, dell’anno. A livello di trama Windless non presenta nulla di nuovo: il ritorno di un emigrato in un paesino bulgaro, in seguito alla morte del padre, che ha lo scopo di vendere la casa di famiglia. Eppure, l’atmosfera di Windless è tra le più suggestive viste nel cinema dell'Europa Centro-Orientale degli ultimi anni. Interamente presentato in 1:1, la claustrofobia dell’inquadratura strettissima lascia comunque un'apertura verso paesaggi mozzafiato ed edifici in rovina estetizzati con un gusto di derivazione Tarkovskiana che si amalgama ad una sensibilità più moderna. Il film, completamente diverso dal precedente di Pavel G. Vesnakov, rende il suo autore degno di attenzione. Windless è una coproduzione italiana, ed è attualmente in sala distribuito da Fandango e da Disparte in forma limitata, ma ne consigliamo caldamente la visione.
Our Lovely Pig Slaughter, di Adam Martinec
Chiaramente, essendo il KVIFF un festival che si svolge in Repubblica Ceca, sono molti i film cechi o slovacchi presenti in ciascuna sezione. Nel concorso principale, oltre al film di Martinec, è stato presentato anche Tiny Lights di Beata Parkanova, equamente notevole. Our Lovely Pig Slaughter si svolge attorno ad una tradizione ancora molto consolidata in tutta l’Europa centro-orientale, la macellazione del maiale a fine stagione, un momento di riunione familiare. Il film è stato paragonato alle opere di Ivan Passer per il suo modo di coniugare comicità amara e dramma familiare: progressivamente emergono le divergenze tra i personaggi in varie discussioni inframmezzate da avvenimenti comici, o dalle fasi della macellazione. L’estetica molto desaturata, ma che sfrutta spesso i raggi della luce solare per creare un effetto che renda il film distinguibile, ed una messinscena e regia recitativa che suggeriscono iperrealismo e improvvisazione come aspetti cardine, rendono Our Lovely Pig Slaughter un’opera ben costruita e integrata nel suo microcosmo.
di Viktor Tóth
NC-222
11.07.2024
Sabato 6 Luglio si è conclusa la cinquantottesima edizione del Karlovy Vary International Film Festival, in Repubblica Ceca. Un nome che riecheggia molto nel circuito dei festival cinematografici ma che spesso, almeno nello scenario italiano, non viene discusso molto - d’altronde, difficilmente i film presentati al KVIFF arrivano nelle nostre sale. Eppure, il KVIFF vanta una fama non trascurabile, due sezioni di concorso con anteprime mondiali e una serie di grandi nomi che, nel corso degli anni, si sono aggiudicati il premio principale, il Crystal Globe: non solo cineasti legati alla Nuova Onda Cecoslovacca come Jiri Menzel, Frantisek Vlacil, Jan Kadar ed Elmar Klos, ma anche Ken Loach, per nientemeno che Kes (1969), e Jean-Pierre Jeunet, per Le Fabuleux Destin d'Amélie Poulain (Il Favoloso Mondo di Amélie, 2001), scartato dai programmatori di Cannes tra molte polemiche.
Più recentemente, il KVIFF è stato tra i primi festival a consacrare la vertiginosa ascesa di Radu Jude con il suo film I do not care if we go down in history as barbarians (2018). Una manifestazione che spesso permette un primo assaggio di fama a nomi che successivamente entreranno nella storia del cinema, ma anche un evento pieno di contraddizioni: legato al mondo dell’Europa centro-orientale o all’ex blocco sovietico (nei primi tempi era biennale, e si alternava con il festival di Mosca), ma che guarda al mondo occidentale, e cerca di attirarlo quanto più possibile.
I nomi illustri, da Daniel Brühl a Steven Soderbergh
Il KVIFF cerca di fregiarsi quanto più possibile di ospiti di rilevanza internazionale, legati o all’uscita di loro film, o a retrospettive. In questa seconda forma, per quest'anno, è stato presente Steven Soderbergh che, all’interno di una rassegna dedicata al cinema derivante dalle opere dell’autore boemo Franz Kafka, ha presentato il suo Kafka (Delitti e segreti, 1991), che ha affiancato opere come After Hours (Fuori Orario, 1985) di Martin Scorsese, Le Procès (Il Processo, 1962) di Orson Welles e Intervista (1987) di Federico Fellini. L’attore Viggo Mortensen ha invece presenziato per l’anteprima nazionale del suo film The Dead Don’t Hurt (2023), debuttato al Festival di Toronto lo scorso anno, così anche Nicole Holofcener, sceneggiatrice e regista, è giunta al KVIFF con la sua più recente opera registica.
Oltre a Daniel Brühl e Clive Owen, un’altra presenza da ricordare è stata quella di Ti West, giunto in Repubblica Ceca per la proiezione di MaXXXine (2024) a soli pochi giorni dall’anteprima mondiale del film a Los Angeles. Essendo il KVIFF un evento molto più ristretto in termini di dimensioni rispetto a festival come Cannes, Venezia o Berlino (dai quali eredita i fuori concorso e determinate opere presenti nel programma) la distanza con le celebrità è minore, ed è molto più facile accedere ad incontri e masterclass - o per chi lavora nel giornalismo, ad interviste.
Vincitori e vinti
Come ad ogni festival che si rispetti, la vittoria è (quasi) una garanzia di qualità, ma al contempo molti sono i film che restano senza premi di cui vale la pena parlare. Quest’anno la giuria, capitanata dall’attore australiano Geoffrey Rush e che vantava tra i suoi componenti nomi del calibro di Gábor Reisz o Sjòn, ha compiuto scelte che per certi versi sono risultate inaspettate, mentre da altri perfettamente comprensibili. A vincere il Globo di Cristallo è stato A sudden glimpse to deeper things dell’irlandese Mark Cousins, mentre nella sezione parallela Proxima (corrispondente un po’ ad Orizzonti o Un Certain regards di Venezia e Cannes) ha trionfato Stranger, del cinese Zhengfan Yang.
Ci teniamo però a segnalare altre opere interessanti che hanno avuto la loro anteprima mondiale a KVIFF.
Loveable, di Lilja Ingolfsdottir
Molto quotato durante il festival per il premio principale, ha ottenuto invece, più che meritatamente, il premio speciale della giuria e il FIPRESCI. Potrebbe sembrare un’esagerazione, ma il film della cineasta norvegese risulta di una profondità emotiva e di una cura tali da portarla sul medesimo livello del connazionale Joachim Trier, con il vantaggio di riuscire a catturare l’attenzione emotiva dello spettatore maggiormente. La storia di un matrimonio, ma senza le urla esuberanti di Baumbach: Loveable è un film che delicatamente coglie il profondo trauma vissuto da chiunque abbia attraversato la fine di una relazione, e lo fa attraverso un sapiente uso delle tecniche cinematografiche, un gioco continuo di situazioni potenziali e soggettive sottilissimo, appena percettibile e per questo ancora più riuscito. Loveable è un film di debutto che presenta una maturità che nulla ha da invidiare né a connazionali più consolidati, né a nomi meglio conosciuti che abbiano affrontato la tematica delle dinamiche di coppia.
Celebration, di Bruno Ankovic
Anche se lo stesso team del film, durante interviste e pubblicazioni, nulla ha fatto per nascondere dettagli cruciali della trama, è difficile raccontare questo lungometraggio croato senza finire per rovinare in parte degli aspetti della sua storia o addirittura descrivere gli effetti che compie su uno spettatore che lo affronta ignaro del suo contenuto. Un film dalla cronologia non lineare, che si dirama in una serie di episodi ambientati tra gli anni ’30 e ’40 nell'entroterra montano della Croazia. Celebration inizia nel 1945, mostrandoci un ragazzo che si nasconde tra le rocce da dei soldati armati. Celebration racconta una delle pagine più difficili della storia del primo Novecento, cercando di coinvolgere emotivamente lo spettatore nel percorso del protagonista senza rivelare molto del suo background, fino alla conclusione che, finalmente, esplicita la tematica principale dell’opera. Il film usa principalmente luce naturale, e si muove con un ritmo molto lento, cupo e atmosferico, ma si controbilancia con una durata di 86 minuti che lo rende facilmente fruibile.
Pierce, di Nelicia Low
Vincitore del premio alla regia, Pierce è un film di Singapore estremamente elaborato, forse anche troppo, ma è proprio attraverso la sua complessa trama e messinscena che riesce a mantenere viva l’attenzione. Una specie di thriller per i toni e un dramma familiare per i contenuti: Han, il fratello del protagonista Jie, è appena stato liberato dopo anni di carcere giovanile per un incidente (o omicidio) avvenuto durante una partita di scherma. Da qui nasce l’elemento thriller: Han resta una figura difficile da inquadrare, non è chiaro se quello che è avvenuto anni prima fosse stato un incidente o meno. Come suggerito da una frase del film, le interazioni tra Jin e Han sembrano quasi una lunga partita di scherma, tra fendenti, finte, e il tentativo di comprendere quale sarà il passo successivo dell’avversario. Così Pierce è dominato da colpi di scena, da gesti quasi impercettibili carichi di significati, e resta un lavoro tecnicamente ben allestito, anche se il finale potrebbe risultare deludente sotto alcuni aspetti.
Windless, di Pavel G. Vesnakov
Il secondo lungometraggio di Pavel G. Vesnakov - già noto per German Lessons (2020) - è rimasto totalmente escluso dal palmarés della sezione parallela Proxima rimanendo comunque uno dei film migliori del festival - e forse, in generale, dell’anno. A livello di trama Windless non presenta nulla di nuovo: il ritorno di un emigrato in un paesino bulgaro, in seguito alla morte del padre, che ha lo scopo di vendere la casa di famiglia. Eppure, l’atmosfera di Windless è tra le più suggestive viste nel cinema dell'Europa Centro-Orientale degli ultimi anni. Interamente presentato in 1:1, la claustrofobia dell’inquadratura strettissima lascia comunque un'apertura verso paesaggi mozzafiato ed edifici in rovina estetizzati con un gusto di derivazione Tarkovskiana che si amalgama ad una sensibilità più moderna. Il film, completamente diverso dal precedente di Pavel G. Vesnakov, rende il suo autore degno di attenzione. Windless è una coproduzione italiana, ed è attualmente in sala distribuito da Fandango e da Disparte in forma limitata, ma ne consigliamo caldamente la visione.
Our Lovely Pig Slaughter, di Adam Martinec
Chiaramente, essendo il KVIFF un festival che si svolge in Repubblica Ceca, sono molti i film cechi o slovacchi presenti in ciascuna sezione. Nel concorso principale, oltre al film di Martinec, è stato presentato anche Tiny Lights di Beata Parkanova, equamente notevole. Our Lovely Pig Slaughter si svolge attorno ad una tradizione ancora molto consolidata in tutta l’Europa centro-orientale, la macellazione del maiale a fine stagione, un momento di riunione familiare. Il film è stato paragonato alle opere di Ivan Passer per il suo modo di coniugare comicità amara e dramma familiare: progressivamente emergono le divergenze tra i personaggi in varie discussioni inframmezzate da avvenimenti comici, o dalle fasi della macellazione. L’estetica molto desaturata, ma che sfrutta spesso i raggi della luce solare per creare un effetto che renda il film distinguibile, ed una messinscena e regia recitativa che suggeriscono iperrealismo e improvvisazione come aspetti cardine, rendono Our Lovely Pig Slaughter un’opera ben costruita e integrata nel suo microcosmo.