NC-48
15.03.2021
Nell’ultimo anno la Cina è finita nel mirino mediatico a causa della pandemia, prima per la diffusione del Covid-19, poi per la sua risoluta gestione di quest’ultimo, che ha portato il paese ad essere, insieme all’Australia, uno dei pochi, ad oggi, ad aver ritrovato la normalità. La Cina però non è solo la nazione causa, ma anche una delle superpotenze del mondo, riuscendo nel 2020 a diventare ufficialmente, con 1,988 miliardi di dollari di incassi, il primo mercato cinematografico al mondo, togliendo il primato agli USA. Lontana dai nostri occhi, la Repubblica Popolare Cinese, in appena 70 anni, è riuscita a mettere in moto una crescita esponenziale a livello economico, tecnologico, ma soprattutto demografico, essendo oggi il paese più popoloso al mondo. Ad aver affrontato alcuni di questi aspetti, e se vogliamo problematiche, che costruiscono un perfetto ritratto della Cina contemporanea, sono stati tre film di recente uscita.
Dopo tre anni di attesa dal suo debutto al Sundance, Dead Pigs (2018), opera prima di Cathy Yan (regista di Birds of Prey), è riuscito finalmente a raggiungere il grande pubblico solo poche settimane fa, uscendo lo scorso scorso 12 febbraio sulla piattaforma di Mubi. Un film-ritratto di una Cina dai principi comunisti ma dall’animo e dagli obiettivi capitalistici, sempre più rivolta ad un futuro fatto più di grattacieli che di persone. Frutto di una formazione artistica tra Cina e USA della regista stessa, l’opera, attraverso una commistione di diversi generi e facendo riferimento, fin dal suo titolo, al caso di cronaca che ha visto affiorare 16.000 carcasse di maiali morti dal fiume Haungpu River, propone diverse contrapposizioni: quella tra lo sviluppo tecnologico delle grandi città e la ruralità delle campagne, quella tra le nuove e vecchie generazioni e quella tra innovazione e tradizione. In appena 122 minuti, e con una sequenza iniziale riassuntiva di tutta la morale espressa nel film, Yan ci presenta la realtà cinese di oggi anticipando la sua incombente occidentalizzazione che definirà il futuro di questa nazione.
Tra i candidati al Miglior Film Straniero agli Oscar 2021, Better days (2019) di Derek Tsang è stato un vero e proprio caso in Cina. Dopo essere stato ritirato dal Festival di Berlino 2019, in cui doveva essere presentato, e rimandata più volte l’uscita in patria per problemi di censura, il film ha sbancato al botteghino con 217 milioni di dollari, facendo diventare un best-seller il romanzo da cui è tratto: In His Youth, In Her Beauty di Jiu Yuexi.
Raccontando le storie di Chen Nian, giovane studentessa, e del teppista Bei, Better Days, titolo d’auspicio per un futuro migliore, attraverso le tematiche del bullismo e della criminalità giovanili, descrive perfettamente la pressione sociale di dover trovare il proprio posto nel modo e ricoprire un ruolo inscatolato; pressione che accomuna le nuove generazioni, costrette spesso ad affrontare da sole i soprusi dei propri coetanei e l’indifferenza e l’incapacità delle istituzioni e dei genitori davanti al problema dilagante della violenza fisica e verbale, sommata all’enorme stress del superamento dei cosiddetti Gaokao (test di ammissione all’università). Ci viene così mostrata una Cina che, pur delineando illusoriamente l’ideologia comunista e il benessere collettivo, e investendo tutto sul futuro dei giovani, finisce, come gran parte dei paesi occidentali, per non preoccuparsi dei singoli, e dalla loro salute mentale, abbandonandoli a loro stessi.
Infine, il documentario One Child Nation (2019) di Nanfu Wang e Jialing Zhang, vincitore del gran premio della giuria al Sundance, esplora i duri effetti ad oggi della “politica del figlio unico” (abolita nel 2013), che fu attuata a costo di grandi sacrifici, a discapito soprattutto delle zone rurali del paese. Il film mette davanti allo spettatore la realtà della Cina negli ultimi 40 anni, nascosta agli occhi dell’Occidente, senza però prendere una posizione netta nei confronti della legge che ha visto milioni di aborti forzati per la sopravvivenza di una nazione in continua espansione demografica. Probabilmente senza il controllo delle nascite avremmo ad oggi una Cina molto diversa, e più in generale un mondo più sovrappopolato di come non sia già, ma l’opera ci fa domandare: “a che costo?”.
Da questi tre ritratti viene fuori un paese dalla complessa storia socio-culturale, con tante contraddizioni, ma che, a partire dalla sesta generazione e dal Nuovo movimento documentarista (a cui appartiene Behemoth,2015, di Zhao Liang), riesce ad alimentare una generazione di giovani autori che si pongono in controtendenza rispetto all’immensa produzione cinematografica cinese, la sua censura, e la sua ideologia comunista a tratti capitalista, dimostrando come l’Arte riesca sempre a vivere anche in contesti difficili in cui la persecuzione è all’ordine del giorno. Abbattute le barriere della lingua e dei sottotitoli, come ha ricordato Bong Joon-ho nel suo discorso di vittoria agli Oscar, possiamo affacciarci a mondi nuovi e nazioni apparentemente diverse da noi, ma dove, a ben guardare, ritroviamo l'esacerbazione dei nostri stessi problemi occidentali.
NC-48
15.03.2021
Nell’ultimo anno la Cina è finita nel mirino mediatico a causa della pandemia, prima per la diffusione del Covid-19, poi per la sua risoluta gestione di quest’ultimo, che ha portato il paese ad essere, insieme all’Australia, uno dei pochi, ad oggi, ad aver ritrovato la normalità. La Cina però non è solo la nazione causa, ma anche una delle superpotenze del mondo, riuscendo nel 2020 a diventare ufficialmente, con 1,988 miliardi di dollari di incassi, il primo mercato cinematografico al mondo, togliendo il primato agli USA. Lontana dai nostri occhi, la Repubblica Popolare Cinese, in appena 70 anni, è riuscita a mettere in moto una crescita esponenziale a livello economico, tecnologico, ma soprattutto demografico, essendo oggi il paese più popoloso al mondo. Ad aver affrontato alcuni di questi aspetti, e se vogliamo problematiche, che costruiscono un perfetto ritratto della Cina contemporanea, sono stati tre film di recente uscita.
Dopo tre anni di attesa dal suo debutto al Sundance, Dead Pigs (2018), opera prima di Cathy Yan (regista di Birds of Prey), è riuscito finalmente a raggiungere il grande pubblico solo poche settimane fa, uscendo lo scorso scorso 12 febbraio sulla piattaforma di Mubi. Un film-ritratto di una Cina dai principi comunisti ma dall’animo e dagli obiettivi capitalistici, sempre più rivolta ad un futuro fatto più di grattacieli che di persone. Frutto di una formazione artistica tra Cina e USA della regista stessa, l’opera, attraverso una commistione di diversi generi e facendo riferimento, fin dal suo titolo, al caso di cronaca che ha visto affiorare 16.000 carcasse di maiali morti dal fiume Haungpu River, propone diverse contrapposizioni: quella tra lo sviluppo tecnologico delle grandi città e la ruralità delle campagne, quella tra le nuove e vecchie generazioni e quella tra innovazione e tradizione. In appena 122 minuti, e con una sequenza iniziale riassuntiva di tutta la morale espressa nel film, Yan ci presenta la realtà cinese di oggi anticipando la sua incombente occidentalizzazione che definirà il futuro di questa nazione.
Tra i candidati al Miglior Film Straniero agli Oscar 2021, Better days (2019) di Derek Tsang è stato un vero e proprio caso in Cina. Dopo essere stato ritirato dal Festival di Berlino 2019, in cui doveva essere presentato, e rimandata più volte l’uscita in patria per problemi di censura, il film ha sbancato al botteghino con 217 milioni di dollari, facendo diventare un best-seller il romanzo da cui è tratto: In His Youth, In Her Beauty di Jiu Yuexi.
Raccontando le storie di Chen Nian, giovane studentessa, e del teppista Bei, Better Days, titolo d’auspicio per un futuro migliore, attraverso le tematiche del bullismo e della criminalità giovanili, descrive perfettamente la pressione sociale di dover trovare il proprio posto nel modo e ricoprire un ruolo inscatolato; pressione che accomuna le nuove generazioni, costrette spesso ad affrontare da sole i soprusi dei propri coetanei e l’indifferenza e l’incapacità delle istituzioni e dei genitori davanti al problema dilagante della violenza fisica e verbale, sommata all’enorme stress del superamento dei cosiddetti Gaokao (test di ammissione all’università). Ci viene così mostrata una Cina che, pur delineando illusoriamente l’ideologia comunista e il benessere collettivo, e investendo tutto sul futuro dei giovani, finisce, come gran parte dei paesi occidentali, per non preoccuparsi dei singoli, e dalla loro salute mentale, abbandonandoli a loro stessi.
Infine, il documentario One Child Nation (2019) di Nanfu Wang e Jialing Zhang, vincitore del gran premio della giuria al Sundance, esplora i duri effetti ad oggi della “politica del figlio unico” (abolita nel 2013), che fu attuata a costo di grandi sacrifici, a discapito soprattutto delle zone rurali del paese. Il film mette davanti allo spettatore la realtà della Cina negli ultimi 40 anni, nascosta agli occhi dell’Occidente, senza però prendere una posizione netta nei confronti della legge che ha visto milioni di aborti forzati per la sopravvivenza di una nazione in continua espansione demografica. Probabilmente senza il controllo delle nascite avremmo ad oggi una Cina molto diversa, e più in generale un mondo più sovrappopolato di come non sia già, ma l’opera ci fa domandare: “a che costo?”.
Da questi tre ritratti viene fuori un paese dalla complessa storia socio-culturale, con tante contraddizioni, ma che, a partire dalla sesta generazione e dal Nuovo movimento documentarista (a cui appartiene Behemoth,2015, di Zhao Liang), riesce ad alimentare una generazione di giovani autori che si pongono in controtendenza rispetto all’immensa produzione cinematografica cinese, la sua censura, e la sua ideologia comunista a tratti capitalista, dimostrando come l’Arte riesca sempre a vivere anche in contesti difficili in cui la persecuzione è all’ordine del giorno. Abbattute le barriere della lingua e dei sottotitoli, come ha ricordato Bong Joon-ho nel suo discorso di vittoria agli Oscar, possiamo affacciarci a mondi nuovi e nazioni apparentemente diverse da noi, ma dove, a ben guardare, ritroviamo l'esacerbazione dei nostri stessi problemi occidentali.