NC-14
29.05.2020
Per una coincidenza, il 29 maggio cade l’anniversario della scomparsa di tre grandi attrici: Mary Pickford, Romy Schneider e Franca Rame. Molto lontane tra loro, temporalmente e geograficamente, queste tre donne hanno però in comune un’arte, quella della recitazione, e una vita segnata da momenti di rara intensità. Questo è un modo per ricordarle.
Nata appena prima del cinema stesso, nel 1892, Mary Pickford può essere definita la prima grande star hollywoodiana, conosciuta un tempo come “Queen of the Movies”. È il 1909 quando viene assunta alla Biograph da David Wark Griffith, regista più importante del suo tempo e padre del cinema narrativo come lo conosciamo ancora oggi. All’inizio pagata appena dieci dollari al giorno come era in uso allora, diventa in breve tempo la donna più influente di Hollywood, non solo per le sue qualità di attrice ma per il suo spirito imprenditoriale. Simbolo precursore della self-made woman, nel 1919 fonda proprio con Griffith, Douglas Fairbanks (suo futuro marito) e Charles Chaplin la United Artists, la prima casa di produzione indipendente creata e controllata dagli attori stessi.
Gli anni ‘20 sono per lei un successo, sia come attrice che come produttrice, ma un evento stronca all’improvviso la sua carriera: l’avvento del sonoro. È il destino comune a molti attori e attrici della sua generazione, come racconteranno film quali Viale del tramonto, Cantando sotto la pioggia e, più di recente, The Artist. Come tanti suoi colleghi Mary sottovaluta la portata di questa innovazione: celebre una sua frase secondo cui “aggiungere il suono ai film sarebbe stato come mettere il rossetto alla Venere di Milo”. La storia non le dà ragione, e l’attrice segue le orme di tanti suoi colleghi del muto (su tutti, Buster Keaton): diventa un’alcolizzata. A differenza di Chaplin, non trova la forza di adattarsi al nuovo modo di fare cinema, e finisce i suoi giorni nell’ombra, il 29 maggio 1979, a Santa Monica. Solo negli ultimi anni, con alcuni documentari biografici, le è stato restituito il posto che merita nella storia del cinema.
Torniamo al 1938, a Vienna. Nasce Romy Schneider, figlia di attori, ed è proprio sua madre a lanciarla nel mondo del cinema. Appena quindicenne diventa famosa interpretando la principessa Sissi nel celebre ciclo di film, ma presto questo ruolo comincia a starle stretto, e inizia così a proporsi in ruoli di ben altro spessore. Sul set conosce Alain Delon, con cui ha una relazione di diversi anni. Agli inizi degli anni ‘60 si trova a recitare per vari registi statunitensi, tra cui Orson Welles, nel suo adattamento del Processo di Kafka. I suoi ruoli più iconici sono però quelli che ha in Europa: recita splendidamente nei film Claude Sautet, nel Ludwig di Luchino Visconti, in L’importante è amare di Andrzej Żuławski (per cui vince un César), in Fantasma d’amore di Dino Risi.
Ma la vita dell’attrice viene presto sconvolta da una serie di eventi drammatici. Già depressa e segnata dall’alcolismo, sopravvissuta a un tumore dopo l’asportazione di un rene, nel giro di tre anni (1979-81) vede morire prima l’ex marito Harry Meyen, che si suicida impiccandosi, poi il figlio quattordicenne David, rimasto infilzato mentre cercava di scavalcare un cancello. Neanche un anno dopo Romy Schneider viene trovata morta d’infarto, ad appena 43 anni: la sua fine prematura segue così, il 29 maggio 1982, quella dei personaggi drammatici a cui tanto spesso aveva dato vita.
Più vicina a noi è la storia di Franca Rame, nata nel 1929 in provincia di Milano. Già da bambina partecipa alle commedie messe in scena dalla sua famiglia, dedita al teatro da generazioni. La svolta arriva però nel 1954, quando sposa Dario Fo, da qui in avanti compagno nella vita e sul palcoscenico. Insieme guideranno diverse compagnie teatrali, lui come drammaturgo e regista, lei come prima attrice. Tra le decine di spettacoli che portano in giro per l’Italia durante tutta la seconda metà del Novecento, impossibile non citare almeno il più celebre, Mistero buffo: qui Franca si distingue per l’interpretazione di Maria alla Croce (in grammelot, il linguaggio giullaresco inventato fondendo diversi dialetti), straziata per la morte di Gesù e furiosa con l’arcangelo Gabriele per non averle preannunciato il tragico destino di suo figlio.
L’altro aspetto fondamentale nella vita dell’attrice è il suo impegno politico. Già negli anni ’60, e soprattutto dopo il ‘68, partecipa ai movimenti di quegli anni, come quello femminista, e mette in scena con Dario Fo diversi spettacoli a sfondo satirico, spesso criticando ferocemente episodi di attualità. È il caso, ad esempio, di Morte accidentale di un anarchico (1970), in cui si racconta, sostenendo apertamente la tesi dell’omicidio, la vicenda di Giuseppe Pinelli, morto durante gli interrogatori della polizia in seguito alla strage di Piazza Fontana. È certamente anche in seguito a queste prese di posizione che, il 9 marzo 1973, Franca Rame viene rapita, stuprata e torturata da cinque neofascisti. Come risulterà poi da processi e dichiarazioni, i mandanti erano legati ai carabinieri e, probabilmente, ad alte cariche dello Stato: come per molti casi di quegli anni, però, i veri colpevoli non saranno mai trovati.
Se gli stupratori intendevano spaventare, umiliare e privare l’attrice della sua dignità, dovranno presto ricredersi. Nel 1975, Franca Rame scrive il monologo Lo stupro, che non esiterà a mettere in scena, continuando così, al fianco di suo marito, la sua carriera di attrice politicamente impegnata fino alla scomparsa in tarda età, il 29 maggio 2013.
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29.05.2020
Per una coincidenza, il 29 maggio cade l’anniversario della scomparsa di tre grandi attrici: Mary Pickford, Romy Schneider e Franca Rame. Molto lontane tra loro, temporalmente e geograficamente, queste tre donne hanno però in comune un’arte, quella della recitazione, e una vita segnata da momenti di rara intensità. Questo è un modo per ricordarle.
Nata appena prima del cinema stesso, nel 1892, Mary Pickford può essere definita la prima grande star hollywoodiana, conosciuta un tempo come “Queen of the Movies”. È il 1909 quando viene assunta alla Biograph da David Wark Griffith, regista più importante del suo tempo e padre del cinema narrativo come lo conosciamo ancora oggi. All’inizio pagata appena dieci dollari al giorno come era in uso allora, diventa in breve tempo la donna più influente di Hollywood, non solo per le sue qualità di attrice ma per il suo spirito imprenditoriale. Simbolo precursore della self-made woman, nel 1919 fonda proprio con Griffith, Douglas Fairbanks (suo futuro marito) e Charles Chaplin la United Artists, la prima casa di produzione indipendente creata e controllata dagli attori stessi.
Gli anni ‘20 sono per lei un successo, sia come attrice che come produttrice, ma un evento stronca all’improvviso la sua carriera: l’avvento del sonoro. È il destino comune a molti attori e attrici della sua generazione, come racconteranno film quali Viale del tramonto, Cantando sotto la pioggia e, più di recente, The Artist. Come tanti suoi colleghi Mary sottovaluta la portata di questa innovazione: celebre una sua frase secondo cui “aggiungere il suono ai film sarebbe stato come mettere il rossetto alla Venere di Milo”. La storia non le dà ragione, e l’attrice segue le orme di tanti suoi colleghi del muto (su tutti, Buster Keaton): diventa un’alcolizzata. A differenza di Chaplin, non trova la forza di adattarsi al nuovo modo di fare cinema, e finisce i suoi giorni nell’ombra, il 29 maggio 1979, a Santa Monica. Solo negli ultimi anni, con alcuni documentari biografici, le è stato restituito il posto che merita nella storia del cinema.
Torniamo al 1938, a Vienna. Nasce Romy Schneider, figlia di attori, ed è proprio sua madre a lanciarla nel mondo del cinema. Appena quindicenne diventa famosa interpretando la principessa Sissi nel celebre ciclo di film, ma presto questo ruolo comincia a starle stretto, e inizia così a proporsi in ruoli di ben altro spessore. Sul set conosce Alain Delon, con cui ha una relazione di diversi anni. Agli inizi degli anni ‘60 si trova a recitare per vari registi statunitensi, tra cui Orson Welles, nel suo adattamento del Processo di Kafka. I suoi ruoli più iconici sono però quelli che ha in Europa: recita splendidamente nei film Claude Sautet, nel Ludwig di Luchino Visconti, in L’importante è amare di Andrzej Żuławski (per cui vince un César), in Fantasma d’amore di Dino Risi.
Ma la vita dell’attrice viene presto sconvolta da una serie di eventi drammatici. Già depressa e segnata dall’alcolismo, sopravvissuta a un tumore dopo l’asportazione di un rene, nel giro di tre anni (1979-81) vede morire prima l’ex marito Harry Meyen, che si suicida impiccandosi, poi il figlio quattordicenne David, rimasto infilzato mentre cercava di scavalcare un cancello. Neanche un anno dopo Romy Schneider viene trovata morta d’infarto, ad appena 43 anni: la sua fine prematura segue così, il 29 maggio 1982, quella dei personaggi drammatici a cui tanto spesso aveva dato vita.
Più vicina a noi è la storia di Franca Rame, nata nel 1929 in provincia di Milano. Già da bambina partecipa alle commedie messe in scena dalla sua famiglia, dedita al teatro da generazioni. La svolta arriva però nel 1954, quando sposa Dario Fo, da qui in avanti compagno nella vita e sul palcoscenico. Insieme guideranno diverse compagnie teatrali, lui come drammaturgo e regista, lei come prima attrice. Tra le decine di spettacoli che portano in giro per l’Italia durante tutta la seconda metà del Novecento, impossibile non citare almeno il più celebre, Mistero buffo: qui Franca si distingue per l’interpretazione di Maria alla Croce (in grammelot, il linguaggio giullaresco inventato fondendo diversi dialetti), straziata per la morte di Gesù e furiosa con l’arcangelo Gabriele per non averle preannunciato il tragico destino di suo figlio.
L’altro aspetto fondamentale nella vita dell’attrice è il suo impegno politico. Già negli anni ’60, e soprattutto dopo il ‘68, partecipa ai movimenti di quegli anni, come quello femminista, e mette in scena con Dario Fo diversi spettacoli a sfondo satirico, spesso criticando ferocemente episodi di attualità. È il caso, ad esempio, di Morte accidentale di un anarchico (1970), in cui si racconta, sostenendo apertamente la tesi dell’omicidio, la vicenda di Giuseppe Pinelli, morto durante gli interrogatori della polizia in seguito alla strage di Piazza Fontana. È certamente anche in seguito a queste prese di posizione che, il 9 marzo 1973, Franca Rame viene rapita, stuprata e torturata da cinque neofascisti. Come risulterà poi da processi e dichiarazioni, i mandanti erano legati ai carabinieri e, probabilmente, ad alte cariche dello Stato: come per molti casi di quegli anni, però, i veri colpevoli non saranno mai trovati.
Se gli stupratori intendevano spaventare, umiliare e privare l’attrice della sua dignità, dovranno presto ricredersi. Nel 1975, Franca Rame scrive il monologo Lo stupro, che non esiterà a mettere in scena, continuando così, al fianco di suo marito, la sua carriera di attrice politicamente impegnata fino alla scomparsa in tarda età, il 29 maggio 2013.