NC-136
12.01.2023
Il cinema dell’anno appena passato si è concentrato su un protagonista rimasto spesso nell’ombra: il cibo. Il cibo nei film del 2022 si è posto fin da subito come una questione di classe, per «classe» si intende sia la preparazione che la presentazione del suddetto cibo, sia lo stato sociale che può andare ad indicare. Il cibo - se così si può chiamare - più in voga in quest’annata cinematografica è stata la carne umana. La sua messa in scena ha assunto un vero e proprio significato, catartico oserei dire, sopratutto se lo leggiamo nell’ottica dell’anno della morte di Ruggero Deodato, il brillante autore dietro Cannibal Holocaust, capostipite del genere cannibal e mockumentary. Il film italiano del 1980 relegava il cannibalismo ai confini del mondo, lontano dalla società, una cosa per illetterati e indigeni. Nel 2022 questa visione è cambiata: film come Fresh e Bones and All hanno portato questa macabra e malata pratica nel mainstream, dentro i confini dei contesti nei quali viviamo, mostrandoci l’ipocrisia della «pietanza» umana; una carne che è alla portata di tutti, i ricchi e l’élite, gli emarginati e i poveri.
Fresh sta dalla parte delle élite, un élite dove i forti, non a caso, sono soprattutto gli uomini. La premessa del cannibalismo si espande. Nel film di Mimi Cave, Sebastian Stan è un meticoloso chirurgo che inganna ignare ragazze per prepararle come vere e proprie pietanze da gustare e spedire ad altri facoltosi cannibali. Il «cibo» qui serve per parlare degli appuntamenti nell’era digitale, della mercificazione - letterale - dei corpi: una metafora per il traffico degli esseri umani? Un’altra cosa «per pochi».
In Bones and All di Guadagnino il cannibalismo è degli outcast, e per chi non ha niente anche una cosa così brutale acquista significato e sentimento: quasi diventa magia; fantastico. Come ha scritto Matteo Bonfiglioli nella nostra recensione del film, la protagonista Mareen «si ritrova costretta a fare i conti con un mondo opaco e distante, prefabbricato e rarefatto, inquietante, colto in zoom stranianti che lo avvicinano alla natura morta». E in questo «mondo di amore che non vuole mostri», sono proprio loro gli unici che almeno ci provano a sopravvivere. In viaggio nel Midwest rurale gli spazi aperti diventano isolati e i cannibali sembrano gli unici ad abitare degli Stati Uniti inospitali, in crisi e marci. Qui a questo punto la pratica del cannibalismo potrebbe rappresentare qualsiasi cosa. Anche la lotta di classe?
In Triangle of Sadness di Ruben Östlund, non si fa nulla per nascondere che il cibo è una questione gerarchica. Le raffinate preparazioni divengono insulse se servite durante la notte più agitata del lussuoso yacht su cui i protagonisti viaggiano. Ostriche e champagne, cibo simbolo di un preciso status quo, mutano nell’incubo dei personaggi: la ricchezza della pietanza prelibata si trasforma in vomito ed escrementi, come fosse una punizione. Nel terzo atto, quando sono naufraghi su un’isola con poche provviste, il cibo ribalta le caste: l’unica capace di pescare e sfamare i sopravvissuti è Abigail, una cameriera che lavorava a bordo dello yacht. Il pesce, ora servito attorno ad un falò di fortuna come il pasto più semplice del mondo, diventa anche il più importante. Merce di scambio per Abigail che rapidamente scala i gradini della piramide sociale. Il cibo è potere.
In Everything Everywhere All At Once, lo è letteralmente. Cibo come distruttore di mondi e strumento apocalittico. L’everything bagel creato dal personaggio di Jobu Tupaki è, per davvero, un bagel con dentro tutto. La pietanza più comune delle colazioni americane diventa un buco nero pronto ad assorbire ogni cosa. L’immagine è desolante ed assurda: può un cibo così semplice come un bagel porre fine al mondo come lo conosciamo? Sì, se nel multiverso c’è la possibilità che esista un mondo dove è il cibo stesso a comandare. E perché non può essere proprio un bagel a farlo?
In The Menu, la fine è molto di più che una semplice cena esclusiva. Lo Chef Julian Slowik mostra il suo crescente disappunto nei confronti della sua altolocata clientela, l'unica che può permettersi il suo cibo. Senza entrare troppo nel dettaglio per non rovinare alcun twist, la cena è un confronto tra chi fa questo mestiere e chi è accecato dall’ingordigia e non riesce più ad apprezzare niente. The Menu critica come il capitalismo e l’esclusività finiscano per rovinare inevitabilmente il piacere del cibo.
La metafora che si dipinge in questi film è inquietante e finisce per rappresentare una società sull’orlo del collasso. È uno scenario molto realista, sicuramente figlio anche dell’era post-pandemica che stiamo vivendo. In questa desolazione, la piccola parentesi televisiva di The Bear - disponibile su Disney Plus - rappresenta uno spiraglio di speranza: la cucina diventa luogo di nascita e risoluzione di conflitti e traumi. Si entra vinti e si esce quasi vincitori. Lo Chef stellato scende gli scalini della piramide e qualsiasi pietanza nella sua semplicità acquista ricchezza, di spirito ma soprattutto di bontà.
I titoli che nel 2022 ci hanno parlato di cibo - con il cibo - nascondono un significato più profondo rispetto a quello mostrato in superficie. Che sia stato utilizzato per descrivere lo sviluppo di un personaggio o un cambiamento nello status sociale, il cibo ha impattato profondamente queste trame e il loro storytelling. Chissà quale sarà il menù del nuovo anno.
NC-136
12.01.2023
Il cinema dell’anno appena passato si è concentrato su un protagonista rimasto spesso nell’ombra: il cibo. Il cibo nei film del 2022 si è posto fin da subito come una questione di classe, per «classe» si intende sia la preparazione che la presentazione del suddetto cibo, sia lo stato sociale che può andare ad indicare. Il cibo - se così si può chiamare - più in voga in quest’annata cinematografica è stata la carne umana. La sua messa in scena ha assunto un vero e proprio significato, catartico oserei dire, sopratutto se lo leggiamo nell’ottica dell’anno della morte di Ruggero Deodato, il brillante autore dietro Cannibal Holocaust, capostipite del genere cannibal e mockumentary. Il film italiano del 1980 relegava il cannibalismo ai confini del mondo, lontano dalla società, una cosa per illetterati e indigeni. Nel 2022 questa visione è cambiata: film come Fresh e Bones and All hanno portato questa macabra e malata pratica nel mainstream, dentro i confini dei contesti nei quali viviamo, mostrandoci l’ipocrisia della «pietanza» umana; una carne che è alla portata di tutti, i ricchi e l’élite, gli emarginati e i poveri.
Fresh sta dalla parte delle élite, un élite dove i forti, non a caso, sono soprattutto gli uomini. La premessa del cannibalismo si espande. Nel film di Mimi Cave, Sebastian Stan è un meticoloso chirurgo che inganna ignare ragazze per prepararle come vere e proprie pietanze da gustare e spedire ad altri facoltosi cannibali. Il «cibo» qui serve per parlare degli appuntamenti nell’era digitale, della mercificazione - letterale - dei corpi: una metafora per il traffico degli esseri umani? Un’altra cosa «per pochi».
In Bones and All di Guadagnino il cannibalismo è degli outcast, e per chi non ha niente anche una cosa così brutale acquista significato e sentimento: quasi diventa magia; fantastico. Come ha scritto Matteo Bonfiglioli nella nostra recensione del film, la protagonista Mareen «si ritrova costretta a fare i conti con un mondo opaco e distante, prefabbricato e rarefatto, inquietante, colto in zoom stranianti che lo avvicinano alla natura morta». E in questo «mondo di amore che non vuole mostri», sono proprio loro gli unici che almeno ci provano a sopravvivere. In viaggio nel Midwest rurale gli spazi aperti diventano isolati e i cannibali sembrano gli unici ad abitare degli Stati Uniti inospitali, in crisi e marci. Qui a questo punto la pratica del cannibalismo potrebbe rappresentare qualsiasi cosa. Anche la lotta di classe?
In Triangle of Sadness di Ruben Östlund, non si fa nulla per nascondere che il cibo è una questione gerarchica. Le raffinate preparazioni divengono insulse se servite durante la notte più agitata del lussuoso yacht su cui i protagonisti viaggiano. Ostriche e champagne, cibo simbolo di un preciso status quo, mutano nell’incubo dei personaggi: la ricchezza della pietanza prelibata si trasforma in vomito ed escrementi, come fosse una punizione. Nel terzo atto, quando sono naufraghi su un’isola con poche provviste, il cibo ribalta le caste: l’unica capace di pescare e sfamare i sopravvissuti è Abigail, una cameriera che lavorava a bordo dello yacht. Il pesce, ora servito attorno ad un falò di fortuna come il pasto più semplice del mondo, diventa anche il più importante. Merce di scambio per Abigail che rapidamente scala i gradini della piramide sociale. Il cibo è potere.
In Everything Everywhere All At Once, lo è letteralmente. Cibo come distruttore di mondi e strumento apocalittico. L’everything bagel creato dal personaggio di Jobu Tupaki è, per davvero, un bagel con dentro tutto. La pietanza più comune delle colazioni americane diventa un buco nero pronto ad assorbire ogni cosa. L’immagine è desolante ed assurda: può un cibo così semplice come un bagel porre fine al mondo come lo conosciamo? Sì, se nel multiverso c’è la possibilità che esista un mondo dove è il cibo stesso a comandare. E perché non può essere proprio un bagel a farlo?
In The Menu, la fine è molto di più che una semplice cena esclusiva. Lo Chef Julian Slowik mostra il suo crescente disappunto nei confronti della sua altolocata clientela, l'unica che può permettersi il suo cibo. Senza entrare troppo nel dettaglio per non rovinare alcun twist, la cena è un confronto tra chi fa questo mestiere e chi è accecato dall’ingordigia e non riesce più ad apprezzare niente. The Menu critica come il capitalismo e l’esclusività finiscano per rovinare inevitabilmente il piacere del cibo.
La metafora che si dipinge in questi film è inquietante e finisce per rappresentare una società sull’orlo del collasso. È uno scenario molto realista, sicuramente figlio anche dell’era post-pandemica che stiamo vivendo. In questa desolazione, la piccola parentesi televisiva di The Bear - disponibile su Disney Plus - rappresenta uno spiraglio di speranza: la cucina diventa luogo di nascita e risoluzione di conflitti e traumi. Si entra vinti e si esce quasi vincitori. Lo Chef stellato scende gli scalini della piramide e qualsiasi pietanza nella sua semplicità acquista ricchezza, di spirito ma soprattutto di bontà.
I titoli che nel 2022 ci hanno parlato di cibo - con il cibo - nascondono un significato più profondo rispetto a quello mostrato in superficie. Che sia stato utilizzato per descrivere lo sviluppo di un personaggio o un cambiamento nello status sociale, il cibo ha impattato profondamente queste trame e il loro storytelling. Chissà quale sarà il menù del nuovo anno.