NC-53
21.04.2021
Da questa settimana, su alcune piattaforme VOD tra cui Chili, è disponibile un nuovo horror targato dalla celebre e riconosciuta casa di produzione A24. Nonostante i generi di cui si occupa questa casa di produzione siano disparati, l'horror è senza dubbio tra quelli meglio rappresentati, basti pensare a The Witch del 2015 e Hereditary del 2019. Più precisamente, la A24 diventa terreno fertile per l'horror più sottile e ragionato che gli anni post 2000 ci hanno riservato, spesso definito post horror.
In un’intervista del mese scorso in merito al suo film d’esordio, Saint Maud, la regista britannica Rose Glass dichiara di aver avuto fin dalla tenera età un’educazione di stampo cattolico, che retrospettivamente le ha dato modo di ragionare sul peso e il valore che il sentimento spirituale ha ancora oggi nella sua vita adulta.
Il debutto della giovane inglese è uno slow-burning tipico della nuova ondata di post-horror (di cui vi avevamo parlato in uno specifico treatment), che indaga il legame tra una giovane infermiera, Maud, e una paziente in stato terminale, Amanda, la quale sta affrontando gli ultimi mesi di vita in condizioni di autonomia domiciliata precaria. Rendendo fin da subito esplicito il legame tra la narrazione e il divino, in senso strettamente cristiano, Glass ci trasporta nella psiche e nei rituali di Maud, nei suoi dialoghi interiori con Dio, nelle punizioni che infligge e che si infligge, fino ad una sezione finale della pellicola che segue un crescendo bruciante di tensione e brutalità.
Il rischio poteva essere quello di cadere nel banale, o, peggio ancora, nella convinzione errata di essere riusciti a non esserlo: da una parte, quindi, ci si potrebbe aspettare una delle (troppe) pellicole horror tradizionali basate su jumpscares e bambini posseduti che girano minacciosi per l’antica magione di famiglia, dall’altra un desiderio irrefrenabile di interrompere la narrativa tipica del genere solamente per risultare diversi, fuori dagli schemi, salvo riproporne altri parimenti chiusi.
Qui ci si chiede invece, senza timore di ricevere risposte cariche di dolore e angoscia, che cosa significa credere, di fronte all’idea di morire e di andarsene da questo mondo per sempre. Se spesso viene ricordato il potere consolatorio e palliativo della preghiera, in qualsiasi forma, Maud dovrà imparare a sue spese che cosa significa lottare per un credo e difendere le sue prerogative quando la realtà irrompe con forza sull’immaginario. Spesso assistiamo infatti a momenti quotidiani di scarsa rilevanza interrotti da improvvise estasi, come a dire: il mondo della fede ha potere tanto quanto la realtà nuda e cruda di ogni giorno, che forse le scintille mistiche improvvise possono contribuire a vivificare.
Esemplificazione massima di questa simbiosi tra azioni rituali e azioni terrene estremamente semplici, Maud esce di casa con delle scarpe la cui suola presenta dei chiodi appuntiti che bucano la carne del piede, ad ogni passo sempre di più, l’autoflagellazione senza fruste e senza chiese, ma racchiusa insospettabilmente in ogni minimo passo di una giovane che cerca redenzione e che vorrebbe vivere come un Dio le chiede di fare.
In che cosa ho peccato? Che cosa ho fatto per meritarmi tutto questo? Forse non ho seguito abbastanza alla lettera ciò che mi chiedevi. Il solo dubbio che la fede non stia funzionando, per quanto Maud si colpevolizzi e non cerchi colpe altrove, la porta ad una serie di prove da superare, dall’esito indefinito fino al decadente finale.
NC-53
21.04.2021
Da questa settimana, su alcune piattaforme VOD tra cui Chili, è disponibile un nuovo horror targato dalla celebre e riconosciuta casa di produzione A24. Nonostante i generi di cui si occupa questa casa di produzione siano disparati, l'horror è senza dubbio tra quelli meglio rappresentati, basti pensare a The Witch del 2015 e Hereditary del 2019. Più precisamente, la A24 diventa terreno fertile per l'horror più sottile e ragionato che gli anni post 2000 ci hanno riservato, spesso definito post horror.
In un’intervista del mese scorso in merito al suo film d’esordio, Saint Maud, la regista britannica Rose Glass dichiara di aver avuto fin dalla tenera età un’educazione di stampo cattolico, che retrospettivamente le ha dato modo di ragionare sul peso e il valore che il sentimento spirituale ha ancora oggi nella sua vita adulta.
Il debutto della giovane inglese è uno slow-burning tipico della nuova ondata di post-horror (di cui vi avevamo parlato in uno specifico treatment), che indaga il legame tra una giovane infermiera, Maud, e una paziente in stato terminale, Amanda, la quale sta affrontando gli ultimi mesi di vita in condizioni di autonomia domiciliata precaria. Rendendo fin da subito esplicito il legame tra la narrazione e il divino, in senso strettamente cristiano, Glass ci trasporta nella psiche e nei rituali di Maud, nei suoi dialoghi interiori con Dio, nelle punizioni che infligge e che si infligge, fino ad una sezione finale della pellicola che segue un crescendo bruciante di tensione e brutalità.
Il rischio poteva essere quello di cadere nel banale, o, peggio ancora, nella convinzione errata di essere riusciti a non esserlo: da una parte, quindi, ci si potrebbe aspettare una delle (troppe) pellicole horror tradizionali basate su jumpscares e bambini posseduti che girano minacciosi per l’antica magione di famiglia, dall’altra un desiderio irrefrenabile di interrompere la narrativa tipica del genere solamente per risultare diversi, fuori dagli schemi, salvo riproporne altri parimenti chiusi.
Qui ci si chiede invece, senza timore di ricevere risposte cariche di dolore e angoscia, che cosa significa credere, di fronte all’idea di morire e di andarsene da questo mondo per sempre. Se spesso viene ricordato il potere consolatorio e palliativo della preghiera, in qualsiasi forma, Maud dovrà imparare a sue spese che cosa significa lottare per un credo e difendere le sue prerogative quando la realtà irrompe con forza sull’immaginario. Spesso assistiamo infatti a momenti quotidiani di scarsa rilevanza interrotti da improvvise estasi, come a dire: il mondo della fede ha potere tanto quanto la realtà nuda e cruda di ogni giorno, che forse le scintille mistiche improvvise possono contribuire a vivificare.
Esemplificazione massima di questa simbiosi tra azioni rituali e azioni terrene estremamente semplici, Maud esce di casa con delle scarpe la cui suola presenta dei chiodi appuntiti che bucano la carne del piede, ad ogni passo sempre di più, l’autoflagellazione senza fruste e senza chiese, ma racchiusa insospettabilmente in ogni minimo passo di una giovane che cerca redenzione e che vorrebbe vivere come un Dio le chiede di fare.
In che cosa ho peccato? Che cosa ho fatto per meritarmi tutto questo? Forse non ho seguito abbastanza alla lettera ciò che mi chiedevi. Il solo dubbio che la fede non stia funzionando, per quanto Maud si colpevolizzi e non cerchi colpe altrove, la porta ad una serie di prove da superare, dall’esito indefinito fino al decadente finale.