Parallelismi e proiezioni,
recensione di Francesco Sellitti
RV-42
11.12.2023
Ambizione, intraprendenza, coraggio, devozione: queste sono le principali virtù del protagonista di Napoleon (2023), ultima fatica con cui il regista Ridley Scott torna a raccontare un soggetto storico. Il film narra l’ascesa e la caduta della carriera militare e politica di Napoleone Bonaparte (Joaquin Phoenix), da giovane colonnello a imperatore di Francia e infine esiliato sull’isola di Sant’Elena, volgendo anche particolare attenzione al rapporto con la compagna Giuseppina Beauharnais (Vanessa Kirby).
Presentato così, Napoleon potrebbe apparire come una “semplice” pellicola storica, l’ennesima a narrare le gesta del condottiero corso, ma ciò non potrebbe essere più lontano dal vero ed è il film stesso a dircelo nelle sue battute iniziali: la prima sequenza è ambientata nel 1789, al termine degli scontri rivoluzionari, più precisamente al momento della decapitazione della regina Maria Antonietta; Napoleone è presente fra la folla e osserva con sguardo deciso la testa mozzata della sovrana mentre viene sollevata verso il popolo. Questo incipit fornisce già numerose informazioni allo spettatore: a livello visivo conosciamo il protagonista e il linguaggio cruento che avrà il racconto, con una regia che non nasconde la violenza dell’esecuzione e la sua immediata esaltazione; a livello metaforico comprendiamo l’aspirazione di Napoleone (il suo sguardo fisso è rivolto verso la carica della sovrana, non verso la sua persona fisica) e il suo inevitabile esito (la ghigliottina diventa qui premonizione di sconfitta); a livello storico invece viene immediatamente esposto il disinteresse dell’autore per l’attinenza alla documentazione scientifica, in quanto il vero Napoleone in quell’occasione non era affatto presente.
Ecco dunque spiegato come affrontare questo Napoleon: prescindere dalla fattualità storica e considerare il film come una narrazione autonoma che si ispira a eventi realmente accaduti. Napoleone per Scott è infatti un personaggio con il quale poter riflettere e affrontare numerose tematiche che si rifanno a tutta la sua produzione precedente: una su tutte è l’inconciliabilità tra lavoro e affetti familiari persi nella distanza. Pur di sottolineare l’importanza di tale argomento, Scott arriva a stravolgere completamente la realtà storica: il ritorno in fretta e furia di Napoleone dall’Egitto a causa del tradimento di Giuseppina è storicamente doppiamente errato, in quanto non solo l’allora generale non avrebbe mai abbandonato il campo di battaglia per una questione privata, ma anche perché la ritirata dall’Egitto fu causata dai continui attacchi dell’ammiraglio Nelson, nemesi fra le più importanti del Napoleone storico e nella pellicola mai citato.
Il punto è proprio questo: a Scott non interessa Napoleone, a Scott interessa la storia che ha coinvolto Napoleone e attraverso questa si confronta con sé stesso. Se si prova infatti a fare un parallelismo fra il Napoleone raccontato e la vita del regista si possono notare varie similitudini, a partire dalle continue campagne militari, che portano il condottiero lontano da casa proprio come le necessarie trasferte sui set in giro per il mondo fanno con un regista. La realizzazione personale in ambito lavorativo a discapito delle relazioni affettive sembra essere un tema caro allo Scott storico, in quanto ben presente ne Il Gladiatore (2000), nel quale Massimo non riesce a difendere la propria famiglia a causa della lontananza e Marco Aurelio riconosce il proprio fallimento nell’educazione di Commodo per via delle sue continue campagne, e in The Last Duel (2021), in cui la violenza ai danni di Marguerite avviene durante la lontananza del marito Jean, sempre per ragioni lavorative.
Altro tema degno di nota in Napoleon è il rapporto con i grandi sovrani del passato: ancora una volta torna utile la campagna d’Egitto, in cui prima Napoleone scrive a Giuseppina di star “ricalcando le orme di Alessandro il Grande” e poi si confronta direttamente con la mummia di un faraone, cercando di porsi alla stessa altezza mediante l’utilizzo di uno sgabello (qui da interpretare non come la propagandistica resa della bassa statura di Napoleone, ma come un vero e proprio confronto con la propria aspirazione all’eternità che quei sovrani hanno raggiunto). In un’ottica meta cinematografica, Scott sta facendo la medesima operazione, cercando di dialogare con una lunga tradizione di pellicole su Napoleone (ricordiamo fra i tanti il Napoleon di Abel Gance) e di assurgere all’Olimpo dei registi più influenti della storia del cinema. In questa stessa ottica assume particolare importanza il possibile parallelismo fra la storia di Napoleone e la carriera di Scott: da giovane intraprendente a uomo dalla fama internazionale, destinato però a cedere il passo alle nuove generazioni, dalle quali rimane comunque altamente rispettato. Non è un caso, infatti, che nelle battute finali del film Napoleone si rivolga spesso ai giovanissimi, come volesse volgersi a mentore per i futuri uomini di successo che possano ricalcare le sue orme.
Ecco, quindi, che Napoleon appare quasi come un testamento artistico di Scott: giunto all’età di 86 anni, il regista porta in sala un film che riprende allo stesso tempo il periodo storico del suo film d’esordio, I duellanti (1977), la cui tematica era stata già ripresa nel precedente The Last Duel, e Joaquin Phoenix nei panni di un imperatore storicamente inaccurato come lo era Commodo, ma che contribuì alla sua fama internazionale. E a proposito di Commodo, non è forse un caso che le quattro virtù che afferma di possedere nel suo ultimo dialogo con Marco Aurelio siano proprio ambizione, intraprendenza, coraggio e devozione, le stesse che ritroviamo incarnate in questo nuovo Napoleone.
Parallelismi e proiezioni,
recensione di Francesco Sellitti
RV-42
11.12.2023
Ambizione, intraprendenza, coraggio, devozione: queste sono le principali virtù del protagonista di Napoleon (2023), ultima fatica con cui il regista Ridley Scott torna a raccontare un soggetto storico. Il film narra l’ascesa e la caduta della carriera militare e politica di Napoleone Bonaparte (Joaquin Phoenix), da giovane colonnello a imperatore di Francia e infine esiliato sull’isola di Sant’Elena, volgendo anche particolare attenzione al rapporto con la compagna Giuseppina Beauharnais (Vanessa Kirby).
Presentato così, Napoleon potrebbe apparire come una “semplice” pellicola storica, l’ennesima a narrare le gesta del condottiero corso, ma ciò non potrebbe essere più lontano dal vero ed è il film stesso a dircelo nelle sue battute iniziali: la prima sequenza è ambientata nel 1789, al termine degli scontri rivoluzionari, più precisamente al momento della decapitazione della regina Maria Antonietta; Napoleone è presente fra la folla e osserva con sguardo deciso la testa mozzata della sovrana mentre viene sollevata verso il popolo. Questo incipit fornisce già numerose informazioni allo spettatore: a livello visivo conosciamo il protagonista e il linguaggio cruento che avrà il racconto, con una regia che non nasconde la violenza dell’esecuzione e la sua immediata esaltazione; a livello metaforico comprendiamo l’aspirazione di Napoleone (il suo sguardo fisso è rivolto verso la carica della sovrana, non verso la sua persona fisica) e il suo inevitabile esito (la ghigliottina diventa qui premonizione di sconfitta); a livello storico invece viene immediatamente esposto il disinteresse dell’autore per l’attinenza alla documentazione scientifica, in quanto il vero Napoleone in quell’occasione non era affatto presente.
Ecco dunque spiegato come affrontare questo Napoleon: prescindere dalla fattualità storica e considerare il film come una narrazione autonoma che si ispira a eventi realmente accaduti. Napoleone per Scott è infatti un personaggio con il quale poter riflettere e affrontare numerose tematiche che si rifanno a tutta la sua produzione precedente: una su tutte è l’inconciliabilità tra lavoro e affetti familiari persi nella distanza. Pur di sottolineare l’importanza di tale argomento, Scott arriva a stravolgere completamente la realtà storica: il ritorno in fretta e furia di Napoleone dall’Egitto a causa del tradimento di Giuseppina è storicamente doppiamente errato, in quanto non solo l’allora generale non avrebbe mai abbandonato il campo di battaglia per una questione privata, ma anche perché la ritirata dall’Egitto fu causata dai continui attacchi dell’ammiraglio Nelson, nemesi fra le più importanti del Napoleone storico e nella pellicola mai citato.
Il punto è proprio questo: a Scott non interessa Napoleone, a Scott interessa la storia che ha coinvolto Napoleone e attraverso questa si confronta con sé stesso. Se si prova infatti a fare un parallelismo fra il Napoleone raccontato e la vita del regista si possono notare varie similitudini, a partire dalle continue campagne militari, che portano il condottiero lontano da casa proprio come le necessarie trasferte sui set in giro per il mondo fanno con un regista. La realizzazione personale in ambito lavorativo a discapito delle relazioni affettive sembra essere un tema caro allo Scott storico, in quanto ben presente ne Il Gladiatore (2000), nel quale Massimo non riesce a difendere la propria famiglia a causa della lontananza e Marco Aurelio riconosce il proprio fallimento nell’educazione di Commodo per via delle sue continue campagne, e in The Last Duel (2021), in cui la violenza ai danni di Marguerite avviene durante la lontananza del marito Jean, sempre per ragioni lavorative.
Altro tema degno di nota in Napoleon è il rapporto con i grandi sovrani del passato: ancora una volta torna utile la campagna d’Egitto, in cui prima Napoleone scrive a Giuseppina di star “ricalcando le orme di Alessandro il Grande” e poi si confronta direttamente con la mummia di un faraone, cercando di porsi alla stessa altezza mediante l’utilizzo di uno sgabello (qui da interpretare non come la propagandistica resa della bassa statura di Napoleone, ma come un vero e proprio confronto con la propria aspirazione all’eternità che quei sovrani hanno raggiunto). In un’ottica meta cinematografica, Scott sta facendo la medesima operazione, cercando di dialogare con una lunga tradizione di pellicole su Napoleone (ricordiamo fra i tanti il Napoleon di Abel Gance) e di assurgere all’Olimpo dei registi più influenti della storia del cinema. In questa stessa ottica assume particolare importanza il possibile parallelismo fra la storia di Napoleone e la carriera di Scott: da giovane intraprendente a uomo dalla fama internazionale, destinato però a cedere il passo alle nuove generazioni, dalle quali rimane comunque altamente rispettato. Non è un caso, infatti, che nelle battute finali del film Napoleone si rivolga spesso ai giovanissimi, come volesse volgersi a mentore per i futuri uomini di successo che possano ricalcare le sue orme.
Ecco, quindi, che Napoleon appare quasi come un testamento artistico di Scott: giunto all’età di 86 anni, il regista porta in sala un film che riprende allo stesso tempo il periodo storico del suo film d’esordio, I duellanti (1977), la cui tematica era stata già ripresa nel precedente The Last Duel, e Joaquin Phoenix nei panni di un imperatore storicamente inaccurato come lo era Commodo, ma che contribuì alla sua fama internazionale. E a proposito di Commodo, non è forse un caso che le quattro virtù che afferma di possedere nel suo ultimo dialogo con Marco Aurelio siano proprio ambizione, intraprendenza, coraggio e devozione, le stesse che ritroviamo incarnate in questo nuovo Napoleone.