La parabola di un regista bambino,
recensione di Federico Mattioni
RV-37
31.10.2023
Marc è un giovane regista eccentrico che a seguito dell’ennesima diatriba con il produttore di turno decide di risolvere la faccenda in maniera autarchica, derubando tutti gli strumenti di lavoro presenti in sala montaggio. Si ritira quindi in un villaggio rurale delle Cevennes, a casa di sua zia Denise che continua affettuosamente a sostenerlo contro le resistenze di tutto e tutti. A supportarlo in questa impresa disperata vi è una piccola squadra di donne: la montatrice, l’assistente alla regia e, per l’appunto, sua zia. Il film a cui Marc sta lavorando è però un disastro e occorrerà trovare una soluzione davvero fuori degli schemi per poterlo salvare. Che si tratti di una gittata d’acqua dal tubo del giardino di casa per simulare la pioggia ricreata sui grandi set, del tentativo di sfuggire alle morse domestiche dei collaboratori, dell’improvvisazione creativa riguardo la colonna sonora oppure al ritrovamento di un libro dal titolo “Le livre des solutions” rimasto in bianco, quel che urge nell’animo in tumulto di Marc è scovare una soluzione ai suoi guai. E fa di tutto per farsi accettare, per fagocitare gli altri nel suo ampio e curioso universo creativo.
Una parabola che ha il gusto del ritorno ai capitomboli dell’infanzia. La parabola dello stesso sceneggiatore e regista francese, Michel Gondry, reduce da una crisi creativa che sembrerebbe essere stata causata dall’ostracismo produttivo, incapace, a quanto pare, di osare con coraggio e fiducia dentro un’idea di cinema artigianalmente audace e inventiva. Sembra essere dovuta a questo la sua lunga pausa dalle scene durata otto anni, nella ferma volontà di ambire a qualcosa di più articolato e composito in termini produttivi. Il giovane regista protagonista del film, interpretato da uno scatenato Pierre Niney, non è altri perciò che Gondry, con tutti i suoi disagi emotivi, gli impedimenti produttivi che evidentemente lo hanno costretto a una crisi creativa più lunga del previsto.
Questo è però un film che resta in una sorta di limbo tra due posizioni: l’esigenza di raccontarsi nitidamente, seppur in maniera indiretta, e il desiderio di tornare a fare un cinema degno dei suoi risultati più alti (Eternal Sunshine of a Spotless Mind e Be Kind Rewind). In questo limbo idealizzante, riesce tuttavia a divertire e soprattutto a divertirsi, escogitando qua e là frammenti di pura schizofrenia creativa, delle invenzioni degne dei suoi tempi migliori. Detto questo, non bisogna fare l’errore di pretendere troppo da una commedia stralunata che cerca di fare dell’autoironia.
Il libro delle soluzioni è un leggiadro piacere, non ha tentennamenti di sorta, semmai delle fragilità di sussistenza narrativa in quanto il film nel film viene appena mostrato, rivelando troppo poco dei suoi contenuti. Per quale motivo non approfondire la meta finzione per aiutare a comprendere meglio il fallimento? L’opera sembra essere in fondo una parodia mascherata di alcuni dei film di Gondry maggiormente ricchi di invenzioni a livello scenografico e in fatto di effetti digitali (vedi The Science of Sleep e La schiuma dei giorni), come a voler ammettere che bisognerebbe unire quelle belle e fanciullesche invenzioni a una narrazione più centrata e focalizzata su personaggi a tutto tondo, oppure che quelle invenzioni sono state in seguito considerate degli inutili ornamenti. Ma Gondry è fatto per giocare, cincischiando con i meccanismi sospensivi del suo lato onirico in modo da evidenziare una natura di cineasta eternamente bambino. Soluzioni creative di animazione unite a un’intimità che filtra dai pori di storie d’amore sempre sul punto di nascere o morire. Anche per Marc è così. Lo stesso Marc che inanella consapevolmente una serie di fallimenti, si dà alla fuga e si nasconde dietro un narcisismo mal disposto pur di non uscire veramente allo scoperto e ammettere che quei fallimenti sono prima amorosi e soltanto dopo lavorativi, cinematografici. Come ogni regista che dopotutto, ha sempre qualcosa da dire, qualcosa da raccontare. A modo suo.
La parabola di un regista bambino,
recensione di Federico Mattioni
RV-37
31.10.2023
Marc è un giovane regista eccentrico che a seguito dell’ennesima diatriba con il produttore di turno decide di risolvere la faccenda in maniera autarchica, derubando tutti gli strumenti di lavoro presenti in sala montaggio. Si ritira quindi in un villaggio rurale delle Cevennes, a casa di sua zia Denise che continua affettuosamente a sostenerlo contro le resistenze di tutto e tutti. A supportarlo in questa impresa disperata vi è una piccola squadra di donne: la montatrice, l’assistente alla regia e, per l’appunto, sua zia. Il film a cui Marc sta lavorando è però un disastro e occorrerà trovare una soluzione davvero fuori degli schemi per poterlo salvare. Che si tratti di una gittata d’acqua dal tubo del giardino di casa per simulare la pioggia ricreata sui grandi set, del tentativo di sfuggire alle morse domestiche dei collaboratori, dell’improvvisazione creativa riguardo la colonna sonora oppure al ritrovamento di un libro dal titolo “Le livre des solutions” rimasto in bianco, quel che urge nell’animo in tumulto di Marc è scovare una soluzione ai suoi guai. E fa di tutto per farsi accettare, per fagocitare gli altri nel suo ampio e curioso universo creativo.
Una parabola che ha il gusto del ritorno ai capitomboli dell’infanzia. La parabola dello stesso sceneggiatore e regista francese, Michel Gondry, reduce da una crisi creativa che sembrerebbe essere stata causata dall’ostracismo produttivo, incapace, a quanto pare, di osare con coraggio e fiducia dentro un’idea di cinema artigianalmente audace e inventiva. Sembra essere dovuta a questo la sua lunga pausa dalle scene durata otto anni, nella ferma volontà di ambire a qualcosa di più articolato e composito in termini produttivi. Il giovane regista protagonista del film, interpretato da uno scatenato Pierre Niney, non è altri perciò che Gondry, con tutti i suoi disagi emotivi, gli impedimenti produttivi che evidentemente lo hanno costretto a una crisi creativa più lunga del previsto.
Questo è però un film che resta in una sorta di limbo tra due posizioni: l’esigenza di raccontarsi nitidamente, seppur in maniera indiretta, e il desiderio di tornare a fare un cinema degno dei suoi risultati più alti (Eternal Sunshine of a Spotless Mind e Be Kind Rewind). In questo limbo idealizzante, riesce tuttavia a divertire e soprattutto a divertirsi, escogitando qua e là frammenti di pura schizofrenia creativa, delle invenzioni degne dei suoi tempi migliori. Detto questo, non bisogna fare l’errore di pretendere troppo da una commedia stralunata che cerca di fare dell’autoironia.
Il libro delle soluzioni è un leggiadro piacere, non ha tentennamenti di sorta, semmai delle fragilità di sussistenza narrativa in quanto il film nel film viene appena mostrato, rivelando troppo poco dei suoi contenuti. Per quale motivo non approfondire la meta finzione per aiutare a comprendere meglio il fallimento? L’opera sembra essere in fondo una parodia mascherata di alcuni dei film di Gondry maggiormente ricchi di invenzioni a livello scenografico e in fatto di effetti digitali (vedi The Science of Sleep e La schiuma dei giorni), come a voler ammettere che bisognerebbe unire quelle belle e fanciullesche invenzioni a una narrazione più centrata e focalizzata su personaggi a tutto tondo, oppure che quelle invenzioni sono state in seguito considerate degli inutili ornamenti. Ma Gondry è fatto per giocare, cincischiando con i meccanismi sospensivi del suo lato onirico in modo da evidenziare una natura di cineasta eternamente bambino. Soluzioni creative di animazione unite a un’intimità che filtra dai pori di storie d’amore sempre sul punto di nascere o morire. Anche per Marc è così. Lo stesso Marc che inanella consapevolmente una serie di fallimenti, si dà alla fuga e si nasconde dietro un narcisismo mal disposto pur di non uscire veramente allo scoperto e ammettere che quei fallimenti sono prima amorosi e soltanto dopo lavorativi, cinematografici. Come ogni regista che dopotutto, ha sempre qualcosa da dire, qualcosa da raccontare. A modo suo.