Bambini mancati,
recensione di Federico Mattioni
RV-19
02.06.2023
La vita di provincia non aiuta di certo ad affrontare l’assenza di un padre. Nel caso di Billy può compensare la vicinanza di una madre eccentrica, pendolo emotivo delle sue lunaticità. A soli nove anni il suo talento viene svezzato dall’invenzione di un podcast musicale di successo, ma a partire dall’adolescenza Billy comincia a soffrire di attacchi di panico. Da quando ha cominciato a desiderare la graziosa vicina di casa Lena le cose sembrano cambiare, prendere una direzione potenzialmente accomodante. Gli amici che più e meglio lo spalleggiano sono altri bambini prodigio o adulti rimasti bambini, a volte i limiti si confondono. Non è da meno un certo Zippo, rockstar di cui Billy è fan e che egli incontra quando, sospeso nell’incapacità di figurarsi un posto nel mondo, arriva l’ora di avere una vera compagnia. Ed è proprio questa la sensazione che lasciano tutti i personaggi del film, quella di esserci semplicemente per tenere compagnia. Una compagnia sfuggente. A volte possono bastare un sorriso di approvazione, un piccolo gesto, uno sguardo d’intesa affinché la prospettiva dia la sensazione di poter mutare.
Allo stesso tempo, gli adulti paiono volersi poggiare sulle illusioni dei più giovani, senza convinzione. Si è sospesi persino nella mancanza di giudizio. Billy, sotto questo punto di vista, necessita del supporto sentimentale di Lena che d’altro canto è così facile a sedursi da non lasciare spazio alla progressione di un amore. Il cammino di Billy, tutelato dalla docile mano della sceneggiatrice e regista Emilia Mazzacurati, figlia d’arte all’esordio in un’età coetanea a quella dei suoi simbiotici fratelli e delle loro sorelle, si muove ondivago tra una supposizione e l’altra. Se non vi è certezza non può esserci una reale progressione. Lo sguardo di Mazzacurati è pacato e riflessivo nell’evitare l’eloquenza verbosa di chi si lascia trascinare dagli sfregamenti psicologici giovanili. Lei li osserva muta.
Nonostante la sceneggiatura non spicchi mai davvero il volo, nel suo muoversi a passi felpati dentro un mondo ipercinetico tenuto a debita distanza, i riflessi di un condizionamento emotivo sono lasciati agire, descritti dal comfort di un paesaggio della provincia nordica che non si prende il primo piano rispetto al linguaggio dei corpi in lento movimento. Corpi che tuttavia offrono loro un supporto, o meglio, una stampella d’appoggio. I rapporti non evolvono perché non avrebbe senso lasciarli corrompere dal desiderio d’infettare le ferite emotive. Questo è un film che sopravvive di prospettiva, senza indulgere nell’autorialità di un’idea precisa a livello registico che volutamente non c’è, perché la visione si mantiene distaccata da qualsiasi forma di autorità.
Lo sguardo giovanile, partecipato e a tratti solenne, pianamente sfumato nelle perlustrazioni fumettistiche di una rielaborazione dell’infantilismo, pare riformulare certe focalizzazioni associabili al cinema di Peter Del Monte, ai palindromi di Todd Solondz, o ancora all’infantilismo di pura osservazione del Marco Ferreri di Chiedo asilo. Non è tanto la buffa malinconia a predominare, visivamente vicina ai toni e ai colori della Febbre da fieno di Laura Luchetti, quanto piuttosto una disamina sospesa nel tempo, incollocabile, sull’assenza di un piano che non debba necessariamente predisporsi in un programma, giacché a mancare sono i punti di riferimento.
Nella sua coralità da romanzo di formazione coming of age, pertanto, Billy sceglie di non lasciar emergere un carattere su di un altro. Lo stesso Billy, interpretato dal ventitreenne Matteo Oscar Giuggioli, è difatti l’espressione dell’assenza di un’espressione. Non c’è falsa costruzione. S’incanta per non esprimersi. La sfrontata Lena (Benedetta Gris) agisce d’istinto e prende la vita come viene, evitando di mostrarsi preoccupata per una gravidanza presumibile. Zippo è interpretato da un insolito Alessandro Gassman, rockettaro capellone che fornisce un supporto bonario in maniera giocosa ma non molto convinta. Poi c’è mamma Regina, una signorile e sorridente Carla Signoris. E non può mancare l’amicone Giuseppe Battiston a interpretare Massimo, l’amico su cui si può sempre contare. Carlo, il padre ora assente, un po' come quello di Billy per Emilia, ne sapeva qualcosa. In fin dei conti, sono tutti bambini mancati e adulti appena accennati.
Bambini mancati,
recensione di Federico Mattioni
RV-19
02.06.2023
La vita di provincia non aiuta di certo ad affrontare l’assenza di un padre. Nel caso di Billy può compensare la vicinanza di una madre eccentrica, pendolo emotivo delle sue lunaticità. A soli nove anni il suo talento viene svezzato dall’invenzione di un podcast musicale di successo, ma a partire dall’adolescenza Billy comincia a soffrire di attacchi di panico. Da quando ha cominciato a desiderare la graziosa vicina di casa Lena le cose sembrano cambiare, prendere una direzione potenzialmente accomodante. Gli amici che più e meglio lo spalleggiano sono altri bambini prodigio o adulti rimasti bambini, a volte i limiti si confondono. Non è da meno un certo Zippo, rockstar di cui Billy è fan e che egli incontra quando, sospeso nell’incapacità di figurarsi un posto nel mondo, arriva l’ora di avere una vera compagnia. Ed è proprio questa la sensazione che lasciano tutti i personaggi del film, quella di esserci semplicemente per tenere compagnia. Una compagnia sfuggente. A volte possono bastare un sorriso di approvazione, un piccolo gesto, uno sguardo d’intesa affinché la prospettiva dia la sensazione di poter mutare.
Allo stesso tempo, gli adulti paiono volersi poggiare sulle illusioni dei più giovani, senza convinzione. Si è sospesi persino nella mancanza di giudizio. Billy, sotto questo punto di vista, necessita del supporto sentimentale di Lena che d’altro canto è così facile a sedursi da non lasciare spazio alla progressione di un amore. Il cammino di Billy, tutelato dalla docile mano della sceneggiatrice e regista Emilia Mazzacurati, figlia d’arte all’esordio in un’età coetanea a quella dei suoi simbiotici fratelli e delle loro sorelle, si muove ondivago tra una supposizione e l’altra. Se non vi è certezza non può esserci una reale progressione. Lo sguardo di Mazzacurati è pacato e riflessivo nell’evitare l’eloquenza verbosa di chi si lascia trascinare dagli sfregamenti psicologici giovanili. Lei li osserva muta.
Nonostante la sceneggiatura non spicchi mai davvero il volo, nel suo muoversi a passi felpati dentro un mondo ipercinetico tenuto a debita distanza, i riflessi di un condizionamento emotivo sono lasciati agire, descritti dal comfort di un paesaggio della provincia nordica che non si prende il primo piano rispetto al linguaggio dei corpi in lento movimento. Corpi che tuttavia offrono loro un supporto, o meglio, una stampella d’appoggio. I rapporti non evolvono perché non avrebbe senso lasciarli corrompere dal desiderio d’infettare le ferite emotive. Questo è un film che sopravvive di prospettiva, senza indulgere nell’autorialità di un’idea precisa a livello registico che volutamente non c’è, perché la visione si mantiene distaccata da qualsiasi forma di autorità.
Lo sguardo giovanile, partecipato e a tratti solenne, pianamente sfumato nelle perlustrazioni fumettistiche di una rielaborazione dell’infantilismo, pare riformulare certe focalizzazioni associabili al cinema di Peter Del Monte, ai palindromi di Todd Solondz, o ancora all’infantilismo di pura osservazione del Marco Ferreri di Chiedo asilo. Non è tanto la buffa malinconia a predominare, visivamente vicina ai toni e ai colori della Febbre da fieno di Laura Luchetti, quanto piuttosto una disamina sospesa nel tempo, incollocabile, sull’assenza di un piano che non debba necessariamente predisporsi in un programma, giacché a mancare sono i punti di riferimento.
Nella sua coralità da romanzo di formazione coming of age, pertanto, Billy sceglie di non lasciar emergere un carattere su di un altro. Lo stesso Billy, interpretato dal ventitreenne Matteo Oscar Giuggioli, è difatti l’espressione dell’assenza di un’espressione. Non c’è falsa costruzione. S’incanta per non esprimersi. La sfrontata Lena (Benedetta Gris) agisce d’istinto e prende la vita come viene, evitando di mostrarsi preoccupata per una gravidanza presumibile. Zippo è interpretato da un insolito Alessandro Gassman, rockettaro capellone che fornisce un supporto bonario in maniera giocosa ma non molto convinta. Poi c’è mamma Regina, una signorile e sorridente Carla Signoris. E non può mancare l’amicone Giuseppe Battiston a interpretare Massimo, l’amico su cui si può sempre contare. Carlo, il padre ora assente, un po' come quello di Billy per Emilia, ne sapeva qualcosa. In fin dei conti, sono tutti bambini mancati e adulti appena accennati.