INT-66
09.04.2024
Quest'anno Ray Yeung è tornato a Berlino, nella sezione Panorama (la prima volta fu nel 2020 con Suk Suk), con All Shall Be Well. Come è già avvenuto nei suoi precedenti lavori, il regista di Hong Kong torna ad affrontare alcune tematiche legate alla comunità lgbtq+ del suo paese. Non a caso il lungometraggio si è aggiudicato il prestigioso Teddy Award, il premio per il miglior film queer all’interno di tutta la Berlinale.
Nonostante l’ambientazione geografica, All Shall Be Well riesce a raccontare una storia universale per la comunità queer, dove anche poter vivere un lutto diventa una lotta per i propri diritti. Il film, infatti, racconta la storia di Angie (Patra Au), una donna sulla sessantina, che dopo aver perso Pat (Lin-lin Li), la compagna di una vita, si ritroverà sola, ad affrontare le stesse persone che prima la consideravano una di famiglia e a lottare per la casa dove ha vissuto per oltre trent’anni.
Abbiamo avuto il grande piacere di incontrare Ray Yeung, che ci ha parlato del suo ultimo lavoro e raccontato dell’evoluzione che la rappresentazione queer ha avuto in Asia.
Allora, vorrei iniziare chiedendole com'è nata l’idea del film? Perché ha deciso di affrontare questo tipo di storia?
Allora, nel 2020 sono andato ad un incontro della comunità lgbtq+ di Hong Kong che trattava di diritti ed eredità. Uno dei relatori, durante il proprio intervento, ha portato dei casi studio, raccontando di alcune persone che, dopo la scomparsa del partner, avevano perso tutto. L’intervento mi ha molto colpito, e così ho chiesto al relatore se poteva presentarmi qualcuna delle persone di cui aveva parlato per poterle intervistare. Lo fece. Certi dissero di sì altri di no, e dopo essermi incontrato con alcuni di loro scoprii che tutti avevano in comune il fatto di essere molto aperti con le rispettive famiglie. Questo anche perché stavano insieme al partner da 30 o 40 anni, erano assolutamente integrati nei vari nuclei familiari e avevano creato dei legami molto forti. Ma appena il partner era venuto a mancare, i rapporti con le famiglie cambiavano, diventando velocemente qualcosa di conflittuale e negativo. Una donna in particolare, mi raccontò che il giorno dopo che la sua compagna morì la famiglia di quest’ultima si presentò da lei e le chiesero tutti gli orologi della partner. Esattamente così! (il regista sorride e risponde alla mia espressione sconvolta davanti a questa storia n.d.r) Anch’io ho reagito in questo modo. E cose del genere sono successe a molte altre coppie, e da lì ho pensato “okay, dovrò scrivere una storia su questo”. Non volevo essere troppo tragico o risultare troppo melodrammatico, non volevo che il pubblico non si immedesimasse pensando “questa gente è crudele, non mi ci rivedo”, desideravo scrivere una storia dove si potesse empatizzare con tutti i membri della famiglia e conoscerli. Inoltre, volevo porre questa domanda allo spettatore: in una situazione del genere, se tu fossi un membro di quella famiglia e l’ego si mettesse di mezzo, tu cosa faresti? Prenderesti tutto o lasceresti Angie (la protagonista del film n.d.r) vivere con ciò che rimane?
A proposito di questo è interessante vedere come cambiano i rapporti quando è coinvolto il denaro, come infatti dice anche l’avvocata e amica della protagonista. Nel film, infatti, lei ci mostra come Angie sia ben voluta dalla famiglia di Pat e come invece tutto cambi con la morte di quest’ultima.
Sì, penso che sia perché la morte di Pat esplori anche l’omofobia latente che c’è nella sua famiglia. Se ci si pensa, le due stanno insieme da quasi trent’anni, sono ben accette e amate, tutti sono carini con loro e le vedono come una coppia egualitaria, ma nel momento in cui tutto questo viene sconvolto ci si rende conto che, in realtà, la loro relazione non sia accolta, né dalla società, e né dalla legge. L’omofobia appare velocemente, e la situazione è molto simile a quella del razzismo, basti pensare al periodo del covid, dato che il virus proveniva dalla Cina, molte comunità di asiatici in giro per il mondo sono state discriminate. E questo si riflette in tanti aspetti, alla fine fingiamo tutti di sentirci accettati per quello che siamo, ma basta un minimo cambiamento e tutto il brutto dei pregiudizi e delle discriminazioni esce fuori.
Già (annuiamo entrambi tristemente n.d.r), a proposito di questo, volevo chiederle del personaggio della cognata di Angie, che da prima è molto legata a lei, ma poi arriva ad utilizzare la cultura/superstizione come scusa per il suo atteggiamento sprezzante. Come quando usa la figura dell’indovino come scusa per dirle “non puoi stare con noi” o “devi fare così” perché lo dice quell’uomo (il regista sorride n.d.r). Questo aspetto emerge soprattutto nella scena del funerale (il regista annuisce n.d.r) dove Angie viene costretta a sedere dietro ai parenti di Pat, quando in realtà è stata lei la sua vera famiglia per anni.
Penso che questa sia una questione culturale, ma anche legale, perché attualmente non ci sono gli stessi diritti, e anche se ci fossero, la tradizione è sempre stata predominante anche nei confronti degli eterosessuali, che siano maschi o femmine. Purtroppo il fratello maggiore di Pat, essendo un uomo, eredita e decide tutto. É la rappresentazione che viviamo in una società patriarcale, perché è lui che diventa il capo famiglia, anche se vediamo chiaramente che è il personaggio più superfluo all’interno del film (il regista scoppia a ridere n.d.r).
(Ridendo n.d.r.) Effettivamente è vero. Questo aspetto lo vediamo anche nella scena in banca, dove Angie non può prelevare i propri soldi senza la firma del cognato perché il conto è cointestato con Pat. Questa scena mi ha fatto molto riflettere, perché in Italia la situazione è abbastanza simile, dal momento che le coppie lgbt+ non hanno gli stessi diritti delle coppie etero, e spesso vivono molte difficoltà quando si separano o il partner viene a mancare.
Ancora oggi? Non avete il matrimonio omosessuale in Italia?
Una sorta
Una sorta? (il regista scoppia a ridere n.d.r.)
Non abbiamo proprio un matrimonio egualitario
Un'unione civile?
Esattamente, è un unione con meno diritti di un matrimonio eterosessuale (il regista annuisce n.d.r.). Hanno preso la legge del matrimonio e iniziato a togliere diritti, come l’adozione (il regista annuisce interessato n.d.r.), quindi sì, per la legge si è ufficialmente una coppia, ma la comunità continua ad avere molti problemi. Ma tornando a noi, volevo chiederle qualcosa anche a proposito dei suoi film precedenti, perché lei ha sempre mostrato diverse tipologie di relazioni, amori e sfumature nella comunità lgbtq+.
(Annuendo n.d.r.) Penso che da quando ho iniziato a scrivere film, avendo vissuto all’estero, prima a Londra e poi a New York, ho pensato di voler parlare delle mie esperienze, anche perché ci sono molti film queer in occidente, ma nessuno rappresenta la storia di persone asiatiche appartenenti alla comunità. Quindi tutto parte da qui, dall’avere una voce. Non esistevano storie su di noi (il regista fa riferimento alle persone asiatiche n.d.r), o se c’erano erano fortemente stereotipate, e questo è il motivo per il quale ho voluto realizzare i miei primi due film (Cut Sleeve Boys del 2006 e Front Cover, del 2015 n.d.r.). Dopo questi primi lavori presi la decisione di ritornare ad Hong Kong, questo perché i film erano in lingua inglese e volevo realizzare una pellicola in lingua cantonese, e così sono tornato alle mie origini e, una volta a casa, ho potuto esplorare nuove tematiche riguardanti la rappresentazione della comunità legbt+. Il mio obbiettivo era quello di affrontare nuovi argomenti, è così che sono arrivato a raccontare storie di coppie gay più mature, e queste storie hanno poi ispirato il mio film Suk Suk (2019).
Volevo chiederle della rappresentazione lgbtq+ in Asia, soprattutto nel cinema, che come ha ricordato è spesso stereotipata, come pensa sia la situazione in questo momento? Pensa che il pubblico sia maggiormente aperto al tema o no?
Recentemente è cresciuto l'interesse verso questo genere di film, anche grazie alla programmazione di festival come quello di Hong Kong, il Lesbian & Gay Film Festival, che nei primi 10 anni ha cercato di portare all’attenzione il cinema queer asiatico, ma era una selezione difficile perché non c’era molto materiale da proiettare. Negli ultimi anni i film sono però aumentati, sono giunti ottimi lavori da paesi come la Corea del Sud o il Giappone. Inoltre, non so se ne hai mai sentito parlare, ma in Asia vanno molto i BL movie (BL è la sigla che sta per Boys Love, un genere che ha spopolato in Asia e non solo n.d.r.), film tratti da racconti web, nati da fantasie che narrano di storie d’amore tra ragazzi, e sono molto popolari, il che è davvero interessante perché non nascono all’interno della comunità, ma sono scritti da ragazze, donne. Difatti in molti all’interno della comunità non considerano i BL movie (o manga n.d.r) come parte della propria cultura, ma li vedono solo come fantasie di donne etero, anche perché non mostrano i reali problemi che la comunità vive. Ma io credo che in fondo aiutino la causa, perché mostrano una parte di noi e anche grazie a loro la società si è maggiormente aperta nei nostri confronti, ci hanno “normalizzati”.
Capisco, le do ragione e mi viene da sorridere perché conosco i BL.
Li hai visti? (il regista nel chiederlo è sorpreso e sorride n.d.r.)
Sì, visti e letti, anche perché ho molte amiche che hanno studiato giapponese o coreano e mi hanno consigliato molti BL, manga e film (il regista annuisce e ride n.d.r). Ed effettivamente, leggendoli, si capisce che sono scritti da persone non appartenenti alla comunità, ma da donne eterosessuali, perché in queste narrazioni non esistono reali problemi.
Sì, e se ci sono si risolvono molto velocemente, anche perché sono quasi sempre malintesi tra i due personaggi.
Esatto, e la trama è sempre la stessa ma con diversi protagonisti o scenari; ma tornando al film (io e il regista scoppiamo a ridere n.d.r), volevo farle un’ultima domanda. Ho davvero amato molto il finale. Capiamo che Angie ha perso tutto, ma nonostante ciò la vediamo felice con le sue amiche… e poi riesce finalmente a commemorare Pat a modo suo.
Sì, con Patra (Patra Au n.d.r), cioè l’attrice che interpreta la protagonista, parlando del suo personaggio, abbiamo voluto mostrare come Angie, alla fine, perda tutto: la casa dove vive, la famiglia che pensava di aver trovato e la propria identità e dignità. Ma quando commemora Pat, realizza che si sono amate davvero. Quindi tutta la sua storia non è stata una perdita di tempo, perché capisce di aver passato parte della sua vita con la persona che ha amato con tutto il suo cuore, ed è con questo pensiero che andrà avanti. Lei sa di aver perso tutto ma non la cosa più importante. Alla fine il suo non è un lieto fine, ma presenta quella speranza che spesso arriva dopo la scomparsa di qualcuno.
Grazie davvero di tutto e complimenti ancora per il film.
Grazie, mi saluti le sue amiche e spero di venire presto in Italia.
INT-66
09.04.2024
Quest'anno Ray Yeung è tornato a Berlino, nella sezione Panorama (la prima volta fu nel 2020 con Suk Suk), con All Shall Be Well. Come è già avvenuto nei suoi precedenti lavori, il regista di Hong Kong torna ad affrontare alcune tematiche legate alla comunità lgbtq+ del suo paese. Non a caso il lungometraggio si è aggiudicato il prestigioso Teddy Award, il premio per il miglior film queer all’interno di tutta la Berlinale.
Nonostante l’ambientazione geografica, All Shall Be Well riesce a raccontare una storia universale per la comunità queer, dove anche poter vivere un lutto diventa una lotta per i propri diritti. Il film, infatti, racconta la storia di Angie (Patra Au), una donna sulla sessantina, che dopo aver perso Pat (Lin-lin Li), la compagna di una vita, si ritroverà sola, ad affrontare le stesse persone che prima la consideravano una di famiglia e a lottare per la casa dove ha vissuto per oltre trent’anni.
Abbiamo avuto il grande piacere di incontrare Ray Yeung, che ci ha parlato del suo ultimo lavoro e raccontato dell’evoluzione che la rappresentazione queer ha avuto in Asia.
Allora, vorrei iniziare chiedendole com'è nata l’idea del film? Perché ha deciso di affrontare questo tipo di storia?
Allora, nel 2020 sono andato ad un incontro della comunità lgbtq+ di Hong Kong che trattava di diritti ed eredità. Uno dei relatori, durante il proprio intervento, ha portato dei casi studio, raccontando di alcune persone che, dopo la scomparsa del partner, avevano perso tutto. L’intervento mi ha molto colpito, e così ho chiesto al relatore se poteva presentarmi qualcuna delle persone di cui aveva parlato per poterle intervistare. Lo fece. Certi dissero di sì altri di no, e dopo essermi incontrato con alcuni di loro scoprii che tutti avevano in comune il fatto di essere molto aperti con le rispettive famiglie. Questo anche perché stavano insieme al partner da 30 o 40 anni, erano assolutamente integrati nei vari nuclei familiari e avevano creato dei legami molto forti. Ma appena il partner era venuto a mancare, i rapporti con le famiglie cambiavano, diventando velocemente qualcosa di conflittuale e negativo. Una donna in particolare, mi raccontò che il giorno dopo che la sua compagna morì la famiglia di quest’ultima si presentò da lei e le chiesero tutti gli orologi della partner. Esattamente così! (il regista sorride e risponde alla mia espressione sconvolta davanti a questa storia n.d.r) Anch’io ho reagito in questo modo. E cose del genere sono successe a molte altre coppie, e da lì ho pensato “okay, dovrò scrivere una storia su questo”. Non volevo essere troppo tragico o risultare troppo melodrammatico, non volevo che il pubblico non si immedesimasse pensando “questa gente è crudele, non mi ci rivedo”, desideravo scrivere una storia dove si potesse empatizzare con tutti i membri della famiglia e conoscerli. Inoltre, volevo porre questa domanda allo spettatore: in una situazione del genere, se tu fossi un membro di quella famiglia e l’ego si mettesse di mezzo, tu cosa faresti? Prenderesti tutto o lasceresti Angie (la protagonista del film n.d.r) vivere con ciò che rimane?
A proposito di questo è interessante vedere come cambiano i rapporti quando è coinvolto il denaro, come infatti dice anche l’avvocata e amica della protagonista. Nel film, infatti, lei ci mostra come Angie sia ben voluta dalla famiglia di Pat e come invece tutto cambi con la morte di quest’ultima.
Sì, penso che sia perché la morte di Pat esplori anche l’omofobia latente che c’è nella sua famiglia. Se ci si pensa, le due stanno insieme da quasi trent’anni, sono ben accette e amate, tutti sono carini con loro e le vedono come una coppia egualitaria, ma nel momento in cui tutto questo viene sconvolto ci si rende conto che, in realtà, la loro relazione non sia accolta, né dalla società, e né dalla legge. L’omofobia appare velocemente, e la situazione è molto simile a quella del razzismo, basti pensare al periodo del covid, dato che il virus proveniva dalla Cina, molte comunità di asiatici in giro per il mondo sono state discriminate. E questo si riflette in tanti aspetti, alla fine fingiamo tutti di sentirci accettati per quello che siamo, ma basta un minimo cambiamento e tutto il brutto dei pregiudizi e delle discriminazioni esce fuori.
Già (annuiamo entrambi tristemente n.d.r), a proposito di questo, volevo chiederle del personaggio della cognata di Angie, che da prima è molto legata a lei, ma poi arriva ad utilizzare la cultura/superstizione come scusa per il suo atteggiamento sprezzante. Come quando usa la figura dell’indovino come scusa per dirle “non puoi stare con noi” o “devi fare così” perché lo dice quell’uomo (il regista sorride n.d.r). Questo aspetto emerge soprattutto nella scena del funerale (il regista annuisce n.d.r) dove Angie viene costretta a sedere dietro ai parenti di Pat, quando in realtà è stata lei la sua vera famiglia per anni.
Penso che questa sia una questione culturale, ma anche legale, perché attualmente non ci sono gli stessi diritti, e anche se ci fossero, la tradizione è sempre stata predominante anche nei confronti degli eterosessuali, che siano maschi o femmine. Purtroppo il fratello maggiore di Pat, essendo un uomo, eredita e decide tutto. É la rappresentazione che viviamo in una società patriarcale, perché è lui che diventa il capo famiglia, anche se vediamo chiaramente che è il personaggio più superfluo all’interno del film (il regista scoppia a ridere n.d.r).
(Ridendo n.d.r.) Effettivamente è vero. Questo aspetto lo vediamo anche nella scena in banca, dove Angie non può prelevare i propri soldi senza la firma del cognato perché il conto è cointestato con Pat. Questa scena mi ha fatto molto riflettere, perché in Italia la situazione è abbastanza simile, dal momento che le coppie lgbt+ non hanno gli stessi diritti delle coppie etero, e spesso vivono molte difficoltà quando si separano o il partner viene a mancare.
Ancora oggi? Non avete il matrimonio omosessuale in Italia?
Una sorta
Una sorta? (il regista scoppia a ridere n.d.r.)
Non abbiamo proprio un matrimonio egualitario
Un'unione civile?
Esattamente, è un unione con meno diritti di un matrimonio eterosessuale (il regista annuisce n.d.r.). Hanno preso la legge del matrimonio e iniziato a togliere diritti, come l’adozione (il regista annuisce interessato n.d.r.), quindi sì, per la legge si è ufficialmente una coppia, ma la comunità continua ad avere molti problemi. Ma tornando a noi, volevo chiederle qualcosa anche a proposito dei suoi film precedenti, perché lei ha sempre mostrato diverse tipologie di relazioni, amori e sfumature nella comunità lgbtq+.
(Annuendo n.d.r.) Penso che da quando ho iniziato a scrivere film, avendo vissuto all’estero, prima a Londra e poi a New York, ho pensato di voler parlare delle mie esperienze, anche perché ci sono molti film queer in occidente, ma nessuno rappresenta la storia di persone asiatiche appartenenti alla comunità. Quindi tutto parte da qui, dall’avere una voce. Non esistevano storie su di noi (il regista fa riferimento alle persone asiatiche n.d.r), o se c’erano erano fortemente stereotipate, e questo è il motivo per il quale ho voluto realizzare i miei primi due film (Cut Sleeve Boys del 2006 e Front Cover, del 2015 n.d.r.). Dopo questi primi lavori presi la decisione di ritornare ad Hong Kong, questo perché i film erano in lingua inglese e volevo realizzare una pellicola in lingua cantonese, e così sono tornato alle mie origini e, una volta a casa, ho potuto esplorare nuove tematiche riguardanti la rappresentazione della comunità legbt+. Il mio obbiettivo era quello di affrontare nuovi argomenti, è così che sono arrivato a raccontare storie di coppie gay più mature, e queste storie hanno poi ispirato il mio film Suk Suk (2019).
Volevo chiederle della rappresentazione lgbtq+ in Asia, soprattutto nel cinema, che come ha ricordato è spesso stereotipata, come pensa sia la situazione in questo momento? Pensa che il pubblico sia maggiormente aperto al tema o no?
Recentemente è cresciuto l'interesse verso questo genere di film, anche grazie alla programmazione di festival come quello di Hong Kong, il Lesbian & Gay Film Festival, che nei primi 10 anni ha cercato di portare all’attenzione il cinema queer asiatico, ma era una selezione difficile perché non c’era molto materiale da proiettare. Negli ultimi anni i film sono però aumentati, sono giunti ottimi lavori da paesi come la Corea del Sud o il Giappone. Inoltre, non so se ne hai mai sentito parlare, ma in Asia vanno molto i BL movie (BL è la sigla che sta per Boys Love, un genere che ha spopolato in Asia e non solo n.d.r.), film tratti da racconti web, nati da fantasie che narrano di storie d’amore tra ragazzi, e sono molto popolari, il che è davvero interessante perché non nascono all’interno della comunità, ma sono scritti da ragazze, donne. Difatti in molti all’interno della comunità non considerano i BL movie (o manga n.d.r) come parte della propria cultura, ma li vedono solo come fantasie di donne etero, anche perché non mostrano i reali problemi che la comunità vive. Ma io credo che in fondo aiutino la causa, perché mostrano una parte di noi e anche grazie a loro la società si è maggiormente aperta nei nostri confronti, ci hanno “normalizzati”.
Capisco, le do ragione e mi viene da sorridere perché conosco i BL.
Li hai visti? (il regista nel chiederlo è sorpreso e sorride n.d.r.)
Sì, visti e letti, anche perché ho molte amiche che hanno studiato giapponese o coreano e mi hanno consigliato molti BL, manga e film (il regista annuisce e ride n.d.r). Ed effettivamente, leggendoli, si capisce che sono scritti da persone non appartenenti alla comunità, ma da donne eterosessuali, perché in queste narrazioni non esistono reali problemi.
Sì, e se ci sono si risolvono molto velocemente, anche perché sono quasi sempre malintesi tra i due personaggi.
Esatto, e la trama è sempre la stessa ma con diversi protagonisti o scenari; ma tornando al film (io e il regista scoppiamo a ridere n.d.r), volevo farle un’ultima domanda. Ho davvero amato molto il finale. Capiamo che Angie ha perso tutto, ma nonostante ciò la vediamo felice con le sue amiche… e poi riesce finalmente a commemorare Pat a modo suo.
Sì, con Patra (Patra Au n.d.r), cioè l’attrice che interpreta la protagonista, parlando del suo personaggio, abbiamo voluto mostrare come Angie, alla fine, perda tutto: la casa dove vive, la famiglia che pensava di aver trovato e la propria identità e dignità. Ma quando commemora Pat, realizza che si sono amate davvero. Quindi tutta la sua storia non è stata una perdita di tempo, perché capisce di aver passato parte della sua vita con la persona che ha amato con tutto il suo cuore, ed è con questo pensiero che andrà avanti. Lei sa di aver perso tutto ma non la cosa più importante. Alla fine il suo non è un lieto fine, ma presenta quella speranza che spesso arriva dopo la scomparsa di qualcuno.
Grazie davvero di tutto e complimenti ancora per il film.
Grazie, mi saluti le sue amiche e spero di venire presto in Italia.