NC-149
12.05.2023
Capita a tutti di vivere almeno una volta un déjà-vu, un momento dove si ha come la sensazione di aver già fatto, visto o detto qualcosa. Questo effetto lo avranno sicuramente provato anche gli amanti del cinema asiatico nel vedere il trailer di Plan 75 di Chie Hayakawa. Questa sensazione di déjà-vu non è dovuta alla trama o alle possibili tematiche inserite nel film, ma perché effettivamente non è la prima volta che il lavoro della giovane regista viene presentato al grande pubblico in Italia. Nel 2019 al Far East Film Festival di Udine (il festival più importante in Europa per quanto riguarda la cinematografia asiatica), Hayakawa presentò il progetto Jûn-nen, Ten Years Japan, una pellicola composta da cinque corti di cinque registi diversi che, attraverso l’arte del cinema, immaginavano come potesse diventare il proprio Paese in un futuro non troppo lontano. L’idea di Ten Years, in realtà, nasce nel 2015 a Hong Kong. Il film divenne successivamente un cult non solo per la qualità dei corti, ma anche per le questioni politiche che presentava. La rappresentazione disperata di una Hong Kong sull'orlo del baratro (visione che purtroppo diventerà fin troppo reale ) fece infuriare le autorità cinesi, che condannarono il progetto.
Questo fatto portò il film ad essere un grande successo in Asia, ispirando delle successive versioni realizzate a Taiwan, in Thailandia e, appunto, in Giappone. La versione giapponese di Ten Years è stata curata dal regista Kore’eda Hirokazu, vincitore della Palma d’oro a Cannes nel 2018 con Un affare di famiglia, che ha supervisionato i lavori dei giovani registi. Analogo alle altre versioni, Ten Years Japan, non presenta un futuro elettrizzante e supertecnologico come venne descritto in Ritorno al futuro (Robert Zemeckis, 1985), ma ciò che viene mostrato è un presente ancora più inquietante del nostro, dove il cambiamento climatico porterà le persone a vivere sotto terra e ad essere controllate in ogni singolo movimento. Ed è in questa visione agghiacciante che viene introdotta per la prima volta l’idea dietro a Plan 75.
Chie Hayakawa mostra un Paese dove il governo attua una legge che favorisce l’accesso all’eutanasia agli anziani che hanno superato i 75 anni e sono indigenti e disabili. Il protagonista è un giovane funzionario che, con un sorriso professionale stampato in faccia, illustra il piano governativo agli interessati. Spiega i vantaggi della morta assistita, che i costi funerari saranno spesati dallo Stato, e che il loro “sacrificio” aiuterà le sorti della Nazione. Davanti a questa scena, per certi aspetti glaciale e allo stesso tempo familiare, lo spettatore sembra quasi convincersi, come anche gli anziani, delle potenzialità di plan 75, pur mantenendo qualche remora. Il giovane, infatti, svolge il suo lavoro egregiamente e senza farsi mai coinvolgere dai “pazienti”, finché non è la stessa moglie a proporgli di iscrivere la suocera, ormai colpita da demenza senile, al programma. Chie Hayakawa, in soli 20 minuti, riesce a denunciare il sistema giapponese, rappresentando come, attraverso delle belle parole, esso riesca a mettere in atto una serie di azioni crudeli nei confronti dei più fragili, ponendoci davanti alla realtà che semmai si attuasse davvero un programma del genere, nessuno farebbe nulla per fermarlo.
Fin dalle origini Plan 75 doveva essere un lungometraggio, ma va detto che se il corto colpisce dritto allo stomaco per l’argomento trattato e per l’occhio analitico di Hayakawa nel raccontarlo, la versione estesa, uscita cinque anni dopo, purtroppo non riesce a mantenere la stessa forza emotiva, e per certi aspetti si perde nei dettagli. Il corto del 2018 si apriva con l’immagine di un anziano nella sala d’attesa degli uffici di plan 75, catapultando così lo spettatore nel pieno della storia, ed era solo attraverso una voce registrata diffusa nella stanza che si scoprivano maggiori dettagli sul famigerato piano governativo.
È soprattutto nel film del 2023 che Chiea Hayakawa riesce a presentare le motivazioni che spingono il Giappone a creare una legge all’apparenza sensata ma, nella realtà, crudele. La pellicola, infatti, si apre con una sequenza all’interno di quella che sembra essere una residenza per anziani. Man mano che la telecamera si sposta, si notano segni di violenza: sangue, carrozzine ribaltate, stanze messe a soqquadro. Nel centro del caos si trova un giovane che recita la sua lettera di intenti. Spiega che il suo gesto verso gli anziani, non è una strage, ma un atto di fede nei confronti del suo paese che si sente ormai schiacciato dalla crisi economica e dalla responsabilità di dover mantenere chi non è più utile alla società. La scena iniziale è importante per comprendere uno degli spunti che hanno portato Hayakawa a scrivere questa storia. La regista non ricorda come sia nata l’idea di Plan 75, ma afferma di essere rimasta colpita da un attentato, avvenuto nel 2016 nella residenza per disabili della città di Sagamihara, dove un ragazzo di 26 anni armato di coltello uccise 19 persone e ne ferì altre 25.
La strage apre dunque la strada alla legge plan 75, che una radio di sottofondo spiega essere nata per limitare le aggressioni ai danni degli anziani. Da questa sequenza iniziale ci vengono poi presentati i tre personaggi principali. La prima è Michi, interpretata dalla grande attrice e cantante Chieko Baisho (Tora-san e Il castello errante di Howl ), un’anziana signora che, nonostante l’età, continua a lavorare come donna delle pulizie per potersi mantenere, ma che con l’andare avanti del tempo si ritroverà costretta a rivolgersi a plan 75. Il secondo personaggio è quello di Hiromu (Hayato Isomura, conosciuto per Alice in Borderland), consulente presso plan 75, che incomincerà ad avere sempre più remore sul proprio lavoro quando si ritroverà suo zio come cliente. Infine, ci viene presentata Maria (Stefanie Arianne), una ragazza filippina che lavora in Giappone per poter pagare le cure mediche della figlia. All’inizio del film si può credere che Michi, Hiromu e Maria siano i protagonisti della storia, ma andando avanti con la visione si realizza che il vero e unico protagonista sia proprio plan 75 e che i tre personaggi servano solo a illustrarne le varie sfumature.
Purtroppo questa forma narrativa si dimostra essere sia il punto di forza che la debolezza del film. Non lascia il tempo di affezionarsi appieno a nessuno dei personaggi, e per tanto rimane freddo nella sua narrazione. A differenza il corto si focalizza completamente sui tre characters, e il plan 75 si percepisce senza rimanere centrale, permettendo in questo modo un maggiore coinvolgimento emotivo dello spettatore che assiste, come il giovane dipendente, alla crudeltà di questa legge. Nel lungometraggio ritroviamo questa connessione con l’unico personaggio con il quale la regista vuole farci immedesimare: Yoko (Yumi Kawai), una giovane ragazza che lavora al call-center di plan 75 è che ha il compito di assistere gli ultimi giorni dei pazienti e di cercare di convincerli a non cambiare idea. Ed è proprio attraverso una telefonata che Yoko conosce e si affeziona a Michi, comprendendo che il sistema messo in piedi dal governo è ingiusto. Hayakawa vede in Yoko il possibile legame col pubblico, scelta enfatizzata da uno sguardo dritto in camera, per tanto verso lo spettatore, che la ragazza compie rompendo così la quarta parete.
È innegabile che una durata maggiore aiuti meglio nella comprensione di cosa sia Plan 75, cioè un piano governativo dove la morte assistita viene utilizzata come strumento di sterminio, ma oltre a far riflettere e temere che un futuro del genere possa accadere, non lascia nulla di più. L’eccesso di dettaglio e i salti continui tra un personaggio e l’altro non danno modo di approfondire e legare con le storie che vengono raccontate. Il che è un peccato, poiché fin dal corto si era notata la bravura di Chie Hayakawa nel presentare dei personaggi profondamente umani e che, pur rimanendo bloccati in un sistema crudele, mostravano momenti di calore e unione tra loro. Note di speranza che la regista mostra al pubblico come memento che, per quanto il mondo possa optare per il male e la morte, saranno sempre i singoli a poter cambiare le sorti del proprio destino.
NC-149
12.05.2023
Capita a tutti di vivere almeno una volta un déjà-vu, un momento dove si ha come la sensazione di aver già fatto, visto o detto qualcosa. Questo effetto lo avranno sicuramente provato anche gli amanti del cinema asiatico nel vedere il trailer di Plan 75 di Chie Hayakawa. Questa sensazione di déjà-vu non è dovuta alla trama o alle possibili tematiche inserite nel film, ma perché effettivamente non è la prima volta che il lavoro della giovane regista viene presentato al grande pubblico in Italia. Nel 2019 al Far East Film Festival di Udine (il festival più importante in Europa per quanto riguarda la cinematografia asiatica), Hayakawa presentò il progetto Jûn-nen, Ten Years Japan, una pellicola composta da cinque corti di cinque registi diversi che, attraverso l’arte del cinema, immaginavano come potesse diventare il proprio Paese in un futuro non troppo lontano. L’idea di Ten Years, in realtà, nasce nel 2015 a Hong Kong. Il film divenne successivamente un cult non solo per la qualità dei corti, ma anche per le questioni politiche che presentava. La rappresentazione disperata di una Hong Kong sull'orlo del baratro (visione che purtroppo diventerà fin troppo reale ) fece infuriare le autorità cinesi, che condannarono il progetto.
Questo fatto portò il film ad essere un grande successo in Asia, ispirando delle successive versioni realizzate a Taiwan, in Thailandia e, appunto, in Giappone. La versione giapponese di Ten Years è stata curata dal regista Kore’eda Hirokazu, vincitore della Palma d’oro a Cannes nel 2018 con Un affare di famiglia, che ha supervisionato i lavori dei giovani registi. Analogo alle altre versioni, Ten Years Japan, non presenta un futuro elettrizzante e supertecnologico come venne descritto in Ritorno al futuro (Robert Zemeckis, 1985), ma ciò che viene mostrato è un presente ancora più inquietante del nostro, dove il cambiamento climatico porterà le persone a vivere sotto terra e ad essere controllate in ogni singolo movimento. Ed è in questa visione agghiacciante che viene introdotta per la prima volta l’idea dietro a Plan 75.
Chie Hayakawa mostra un Paese dove il governo attua una legge che favorisce l’accesso all’eutanasia agli anziani che hanno superato i 75 anni e sono indigenti e disabili. Il protagonista è un giovane funzionario che, con un sorriso professionale stampato in faccia, illustra il piano governativo agli interessati. Spiega i vantaggi della morta assistita, che i costi funerari saranno spesati dallo Stato, e che il loro “sacrificio” aiuterà le sorti della Nazione. Davanti a questa scena, per certi aspetti glaciale e allo stesso tempo familiare, lo spettatore sembra quasi convincersi, come anche gli anziani, delle potenzialità di plan 75, pur mantenendo qualche remora. Il giovane, infatti, svolge il suo lavoro egregiamente e senza farsi mai coinvolgere dai “pazienti”, finché non è la stessa moglie a proporgli di iscrivere la suocera, ormai colpita da demenza senile, al programma. Chie Hayakawa, in soli 20 minuti, riesce a denunciare il sistema giapponese, rappresentando come, attraverso delle belle parole, esso riesca a mettere in atto una serie di azioni crudeli nei confronti dei più fragili, ponendoci davanti alla realtà che semmai si attuasse davvero un programma del genere, nessuno farebbe nulla per fermarlo.
Fin dalle origini Plan 75 doveva essere un lungometraggio, ma va detto che se il corto colpisce dritto allo stomaco per l’argomento trattato e per l’occhio analitico di Hayakawa nel raccontarlo, la versione estesa, uscita cinque anni dopo, purtroppo non riesce a mantenere la stessa forza emotiva, e per certi aspetti si perde nei dettagli. Il corto del 2018 si apriva con l’immagine di un anziano nella sala d’attesa degli uffici di plan 75, catapultando così lo spettatore nel pieno della storia, ed era solo attraverso una voce registrata diffusa nella stanza che si scoprivano maggiori dettagli sul famigerato piano governativo.
È soprattutto nel film del 2023 che Chiea Hayakawa riesce a presentare le motivazioni che spingono il Giappone a creare una legge all’apparenza sensata ma, nella realtà, crudele. La pellicola, infatti, si apre con una sequenza all’interno di quella che sembra essere una residenza per anziani. Man mano che la telecamera si sposta, si notano segni di violenza: sangue, carrozzine ribaltate, stanze messe a soqquadro. Nel centro del caos si trova un giovane che recita la sua lettera di intenti. Spiega che il suo gesto verso gli anziani, non è una strage, ma un atto di fede nei confronti del suo paese che si sente ormai schiacciato dalla crisi economica e dalla responsabilità di dover mantenere chi non è più utile alla società. La scena iniziale è importante per comprendere uno degli spunti che hanno portato Hayakawa a scrivere questa storia. La regista non ricorda come sia nata l’idea di Plan 75, ma afferma di essere rimasta colpita da un attentato, avvenuto nel 2016 nella residenza per disabili della città di Sagamihara, dove un ragazzo di 26 anni armato di coltello uccise 19 persone e ne ferì altre 25.
La strage apre dunque la strada alla legge plan 75, che una radio di sottofondo spiega essere nata per limitare le aggressioni ai danni degli anziani. Da questa sequenza iniziale ci vengono poi presentati i tre personaggi principali. La prima è Michi, interpretata dalla grande attrice e cantante Chieko Baisho (Tora-san e Il castello errante di Howl ), un’anziana signora che, nonostante l’età, continua a lavorare come donna delle pulizie per potersi mantenere, ma che con l’andare avanti del tempo si ritroverà costretta a rivolgersi a plan 75. Il secondo personaggio è quello di Hiromu (Hayato Isomura, conosciuto per Alice in Borderland), consulente presso plan 75, che incomincerà ad avere sempre più remore sul proprio lavoro quando si ritroverà suo zio come cliente. Infine, ci viene presentata Maria (Stefanie Arianne), una ragazza filippina che lavora in Giappone per poter pagare le cure mediche della figlia. All’inizio del film si può credere che Michi, Hiromu e Maria siano i protagonisti della storia, ma andando avanti con la visione si realizza che il vero e unico protagonista sia proprio plan 75 e che i tre personaggi servano solo a illustrarne le varie sfumature.
Purtroppo questa forma narrativa si dimostra essere sia il punto di forza che la debolezza del film. Non lascia il tempo di affezionarsi appieno a nessuno dei personaggi, e per tanto rimane freddo nella sua narrazione. A differenza il corto si focalizza completamente sui tre characters, e il plan 75 si percepisce senza rimanere centrale, permettendo in questo modo un maggiore coinvolgimento emotivo dello spettatore che assiste, come il giovane dipendente, alla crudeltà di questa legge. Nel lungometraggio ritroviamo questa connessione con l’unico personaggio con il quale la regista vuole farci immedesimare: Yoko (Yumi Kawai), una giovane ragazza che lavora al call-center di plan 75 è che ha il compito di assistere gli ultimi giorni dei pazienti e di cercare di convincerli a non cambiare idea. Ed è proprio attraverso una telefonata che Yoko conosce e si affeziona a Michi, comprendendo che il sistema messo in piedi dal governo è ingiusto. Hayakawa vede in Yoko il possibile legame col pubblico, scelta enfatizzata da uno sguardo dritto in camera, per tanto verso lo spettatore, che la ragazza compie rompendo così la quarta parete.
È innegabile che una durata maggiore aiuti meglio nella comprensione di cosa sia Plan 75, cioè un piano governativo dove la morte assistita viene utilizzata come strumento di sterminio, ma oltre a far riflettere e temere che un futuro del genere possa accadere, non lascia nulla di più. L’eccesso di dettaglio e i salti continui tra un personaggio e l’altro non danno modo di approfondire e legare con le storie che vengono raccontate. Il che è un peccato, poiché fin dal corto si era notata la bravura di Chie Hayakawa nel presentare dei personaggi profondamente umani e che, pur rimanendo bloccati in un sistema crudele, mostravano momenti di calore e unione tra loro. Note di speranza che la regista mostra al pubblico come memento che, per quanto il mondo possa optare per il male e la morte, saranno sempre i singoli a poter cambiare le sorti del proprio destino.