NC-49
16.03.2021
Nonostante il 2020, anno funesto, ci abbia privato dell’uscita di moltissimi film e della possibilità di fruirne nelle sale cinematografiche, la produzione artistica internazionale è stata una delle più feconde degli ultimi anni. Le nomination agli Oscar 2021 hanno confermato questa considerazione selezionando film di un livello nettamente superiore, indipendenti e dallo stampo più autoriale rispetto agli anni passati.
In testa a tutti domina Mank di David Fincher, con ben 10 candidature, ma la verità è che probabilmente vincerà solamente i premi tecnici. Incuriosisce il fatto che film come Tenet e Mank, che hanno condotto la propria campagna di marketing rispettivamente sulla complessità del montaggio e sulla sceneggiatura scritta dal padre di Fincher negli anni ‘90, non siano stati candidati proprio per quelle categorie, da una parte facendoci domandare perché invece sia stato scelto The Trial of the Chicago 7 per il montaggio e dall’altra comprovando ciò che un pò tutti abbiamo pensato vedendo Mank: il problema di quel film è proprio la sceneggiatura.
Ma per cosa dobbiamo esultare ed essere felici di queste nomination?
Innanzitutto, dal momento che il nostro patriottismo emerge solo per il Campionato dei mondiali di calcio e per gli Oscar, l'entusiasmo per le nomination a Laura Pausini con Io sì, Massimo Cantini Parrini, Dalia Colli e Francesco Pegoretti, rispettivamente per i Costumi e il Trucco e Parrucco per Pinocchio, è giustificato, ma ciò per cui dovremmo realmente gioire ed essere orgogliosi è l’abbattimento delle barriere di genere e di etnia, rispetto all’anno scorso.
Se infatti è vero che il cinema non dovrebbe avere “genere”, è impossibile tuttavia non notare come sia presente, in questa edizione, tra i ruoli più ambiti, una componente femminile molto forte rispetto a tutta la storia degli Oscar, e come l’internazionalità, sancita con la vittoria di Parasite, sia aumentata sia per le lingue parlate nei film (coreano, danese, cinese ecc.), sia per il multiculturalismo degli attori (Riz Ahmed e Steven Yeun), dei registi (Chloé Zhao e Thomas Vinterberg) e delle storie raccontate (Minari, Judas and the Black Messias).
Chloé Zhao, che potrebbe vincere il meritato premio alla regia con il suo meraviglioso ritratto di un'America in movimento, con moltissimi riconoscimenti vinti finora (tra cui ricordiamo il Leone d’Oro), è simbolo, insieme a Emerald Fennell e al suo sconvolgente Promising Young Woman, del grande cambiamento che quest’annata di premi attuerà nel futuro prossimo: le donne, da sempre snobbate nei ruoli più prestigiosi (regia e sceneggiatura), adesso sono al pari dei loro colleghi uomini.
La categoria più eterogenea, che ci farà stare più in trepidazione, oltre a quella di Miglior attrice protagonista, sarà sicuramente quella di Miglior attrice non protagonista dove ogni performance è stata spettacolare e degna della statuetta, con qualche dubbio in merito solo per Glenn Close; inoltre, per la prima volta nella storia degli Oscar, vediamo candidate un’attrice bulgara, Marija Bakalova (Мария Бакалова), e una coreana, Youn Yoe-jeong (윤여정). Quest’ultima, in particolare, ha dato vita al ruolo universale di una “nonna”, che rimane impressa nel cuore dello spettatore per l’arco narrativo che compie lungo tutto Minari e per la sua genuinità e bravura.
Potrebbe essere scontato il premio come Miglior attore allo scomparso Chadwick Boseman, che ha comunque regalato una bellissima performance in Ma Rainey's Black Bottom, mentre per la categoria Miglior Attore non Protagonista, in cui in modo un po’ insensato sono stati nominati i due attori protagonisti di Judas and the Black Messias, meritevole di grande attenzione è Paul Raci che, nonostante emerga indiscutibilmente rispetto agli altri nominati, probabilmente non riuscirà a vincere.
Per quanto riguarda le altre categorie degli Oscar, purtroppo, bisogna notare come spesso non venga prestata sufficiente attenzione in quanto, da una parte, il mercato dei cortometraggi (fiction o d’animazione) è davvero limitato, non dando valore a un formato che invece spesso regala perle come il nominato If Anything Happens I Love You, dall’altra la colonna sonora, che invece rende memorabile un’opera, sia considerata ancora un aspetto di nicchia in un film. In quest’ultima categoria sono particolarmente meritevoli quelle di Minari di Emile Mosseri e quella di Soul di Trent Reznor, Atticus Ross e Jon Batiste.
Il 2020 entra così nei libri di Storia per la pandemia in corso ma entra anche in quelli della Storia del Cinema grazie alla varietà dimostrata in queste nomination (e speriamo anche nelle vittorie) della statuetta cinematografica più prestigiosa al mondo. Questa edizione degli Oscar non appare quindi sminuita rispetto alla passata stagione, e ci fa sentire a pieni polmoni l’aria di cambiamento e di maggiore parità.
Diffidate quindi da coloro che provano una delusione immotivata per queste nomination, molti di loro probabilmente non hanno visto i film perché, mi sbilancio nel dire che siamo di fronte a una delle migliori edizioni degli Oscar di sempre.
NC-49
16.03.2021
Nonostante il 2020, anno funesto, ci abbia privato dell’uscita di moltissimi film e della possibilità di fruirne nelle sale cinematografiche, la produzione artistica internazionale è stata una delle più feconde degli ultimi anni. Le nomination agli Oscar 2021 hanno confermato questa considerazione selezionando film di un livello nettamente superiore, indipendenti e dallo stampo più autoriale rispetto agli anni passati.
In testa a tutti domina Mank di David Fincher, con ben 10 candidature, ma la verità è che probabilmente vincerà solamente i premi tecnici. Incuriosisce il fatto che film come Tenet e Mank, che hanno condotto la propria campagna di marketing rispettivamente sulla complessità del montaggio e sulla sceneggiatura scritta dal padre di Fincher negli anni ‘90, non siano stati candidati proprio per quelle categorie, da una parte facendoci domandare perché invece sia stato scelto The Trial of the Chicago 7 per il montaggio e dall’altra comprovando ciò che un pò tutti abbiamo pensato vedendo Mank: il problema di quel film è proprio la sceneggiatura.
Ma per cosa dobbiamo esultare ed essere felici di queste nomination?
Innanzitutto, dal momento che il nostro patriottismo emerge solo per il Campionato dei mondiali di calcio e per gli Oscar, l'entusiasmo per le nomination a Laura Pausini con Io sì, Massimo Cantini Parrini, Dalia Colli e Francesco Pegoretti, rispettivamente per i Costumi e il Trucco e Parrucco per Pinocchio, è giustificato, ma ciò per cui dovremmo realmente gioire ed essere orgogliosi è l’abbattimento delle barriere di genere e di etnia, rispetto all’anno scorso.
Se infatti è vero che il cinema non dovrebbe avere “genere”, è impossibile tuttavia non notare come sia presente, in questa edizione, tra i ruoli più ambiti, una componente femminile molto forte rispetto a tutta la storia degli Oscar, e come l’internazionalità, sancita con la vittoria di Parasite, sia aumentata sia per le lingue parlate nei film (coreano, danese, cinese ecc.), sia per il multiculturalismo degli attori (Riz Ahmed e Steven Yeun), dei registi (Chloé Zhao e Thomas Vinterberg) e delle storie raccontate (Minari, Judas and the Black Messias).
Chloé Zhao, che potrebbe vincere il meritato premio alla regia con il suo meraviglioso ritratto di un'America in movimento, con moltissimi riconoscimenti vinti finora (tra cui ricordiamo il Leone d’Oro), è simbolo, insieme a Emerald Fennell e al suo sconvolgente Promising Young Woman, del grande cambiamento che quest’annata di premi attuerà nel futuro prossimo: le donne, da sempre snobbate nei ruoli più prestigiosi (regia e sceneggiatura), adesso sono al pari dei loro colleghi uomini.
La categoria più eterogenea, che ci farà stare più in trepidazione, oltre a quella di Miglior attrice protagonista, sarà sicuramente quella di Miglior attrice non protagonista dove ogni performance è stata spettacolare e degna della statuetta, con qualche dubbio in merito solo per Glenn Close; inoltre, per la prima volta nella storia degli Oscar, vediamo candidate un’attrice bulgara, Marija Bakalova (Мария Бакалова), e una coreana, Youn Yoe-jeong (윤여정). Quest’ultima, in particolare, ha dato vita al ruolo universale di una “nonna”, che rimane impressa nel cuore dello spettatore per l’arco narrativo che compie lungo tutto Minari e per la sua genuinità e bravura.
Potrebbe essere scontato il premio come Miglior attore allo scomparso Chadwick Boseman, che ha comunque regalato una bellissima performance in Ma Rainey's Black Bottom, mentre per la categoria Miglior Attore non Protagonista, in cui in modo un po’ insensato sono stati nominati i due attori protagonisti di Judas and the Black Messias, meritevole di grande attenzione è Paul Raci che, nonostante emerga indiscutibilmente rispetto agli altri nominati, probabilmente non riuscirà a vincere.
Per quanto riguarda le altre categorie degli Oscar, purtroppo, bisogna notare come spesso non venga prestata sufficiente attenzione in quanto, da una parte, il mercato dei cortometraggi (fiction o d’animazione) è davvero limitato, non dando valore a un formato che invece spesso regala perle come il nominato If Anything Happens I Love You, dall’altra la colonna sonora, che invece rende memorabile un’opera, sia considerata ancora un aspetto di nicchia in un film. In quest’ultima categoria sono particolarmente meritevoli quelle di Minari di Emile Mosseri e quella di Soul di Trent Reznor, Atticus Ross e Jon Batiste.
Il 2020 entra così nei libri di Storia per la pandemia in corso ma entra anche in quelli della Storia del Cinema grazie alla varietà dimostrata in queste nomination (e speriamo anche nelle vittorie) della statuetta cinematografica più prestigiosa al mondo. Questa edizione degli Oscar non appare quindi sminuita rispetto alla passata stagione, e ci fa sentire a pieni polmoni l’aria di cambiamento e di maggiore parità.
Diffidate quindi da coloro che provano una delusione immotivata per queste nomination, molti di loro probabilmente non hanno visto i film perché, mi sbilancio nel dire che siamo di fronte a una delle migliori edizioni degli Oscar di sempre.