Com’è cambiata la parodia? I trent’anni che separano
Roger Rabbit da Cip & Ciop agenti speciali,
provano a farcelo capire,
di Davide Merola
TR-63
04.07.2022
«Hollywood è trasformazione, chirurgia, evoluzione, nuova umanità e costante trasformazione di una forma in un'altra. Gli esseri umani rimangono gli stessi mentre le proprietà intellettuali, i cartoni animati e le produzioni sono condannati a diventare qualcos'altro perché non vogliono morire. E forse, così come sono, sono più adatti a sopravvivere.»
Lo scrive il critico Gabriele Niola, nella sua recensione su Letterboxd di Cip & Ciop agenti speciali.
Ora più che mai il cinema, Hollywood e lo star system vivono un periodo di radicale trasformazione. C’entra sicuramente anche la pandemia, ma il cambiamento che sta attraversando l’industria è da ricercare anni addietro. Chi – riprendendo il pensiero di Niola – è riuscito a sopravvivere a questa trasformazione? Non le idee, paradossalmente. Ci siamo accorti a nostre spese che quelle mancano o iniziano ormai a scarseggiare. Lo storytelling si è fatto ripetitivo e le storie, di conseguenza, vacue. L’era dei remaquel (reboot, remake, prequel, sequel…) che stiamo vivendo al cinema è la testimonianza di questo corso. Non è necessariamente una visione apocalittica della narrazione, perché qualcosa di buono viene ed è venuto fuori anche da questo periodo. Ma com’è sopravvissuto il guizzo creativo in un momento così arido?
Lo ha fatto prendendosi in giro e mettendo a nudo i propri vizi. Hollywood arranca così. Non è una novità, lo ha sempre fatto. In Cip & Ciop compare il cartellone pubblicitario di Batman vs E.T.; in Ritorno al Futuro – Parte II era il cartellone de Lo squalo 19. Quest’ultimo, premonitore di tutti quei ritorni a cui abbiamo assistito negli ultimi anni (da Star Wars a Jurassic Park), si trova in un film del 1989. Il primo – ipotetico, si spera – viene invece da un film del 2022, e gioca con la nostalgia di qualcosa che non abbiamo («la nostalgia di un futuro perduto», direbbe Mark Fisher), ma che ci elettrizza e ci fa ridere così tanto. Anche solo immaginare che possa realizzarsi. D’altronde abbiamo quasi avuto un crossover tra 21 Jump Street e Men in Black. Che cosa, in questi trent’anni, ha tenuto unite tutte queste consapevoli prese in giro?
Un film, per la precisione: Chi ha incastrato Roger Rabbit. L’anno è il 1988 e il film di Robert Zemeckis è visionario. Una storia a tecnica mista in cui i cartoni animati sono essere viventi (attori con le loro controparti), e che si rifà a noir come La fiamma del peccato e Viale del tramonto. La “tensione” è spezzata da un’intelligente ironia che mostra le proprietà intellettuali più famose dell’epoca come vere e proprie icone dello star system, con tutti i loro vizi e virtù. Paperino e Duffy Duck litigano durante una serata di varietà; Betty Boop è costretta a fare la cameriera perché rimasta personaggio in bianco e nero nella nuova era dei colori (come Norma Desmond, l’ex diva del cinema muto di Billy Wilder); Topolino e Bugs Bunny fanno paracadutismo nell’unica scena della storia del cinema che li vede insieme nello stesso film. Il film di Zemeckis ironizza così su un’epoca hollywoodiana più vicina a quegli anni, sul modo di fare quei film e sui personaggi di quelle storie. Funziona perché lo fa con espedienti come camei che soddisfano gli spettatori (Dumbo che riceve il suo stipendio in noccioline, Porky Pig che chiude il film con il suo iconico «that’s all folks!»), ma è la parodia lo strumento principale. Il metodo funziona perché parodizza il sistema e porta la risata al parossismo. E ha funzionato così tanto che questo modo di fare è rimasto praticamente intatto negli anni.
Dal 1988 al 2022 cos’è cambiato invece? Sicuramente la cultura. Il mondo che ci circonda e la società in cui viviamo sono andati incontro a grossi cambiamenti. Questi si sono riflessi non solo nel mondo del cinema e della televisione, ma anche in altri ambiti e nei nostri modi di fare. Da Roger Rabbit ai Lonely Island (i comici che si sono occupati del film di Cip e Ciop), ne sono successe di cose. Il trio, composto da Jorma Taccone, Andy Samberg e Akiva Schaffer, trova la sua fama nel Saturday Night Live, al quale approdano nel 2005. Lì diventano celebri per i loro digital shorts, parodie di clip musicali che ironizzano sui temi più beceri, e che rimarranno virali negli anni avvenire (Dick In A Box, Jizz In My Pants, I Just Had Sex, solo per citarne alcune). La parodia è quindi l’origine dei Lonely Island, che attraverso di essa si sono sempre dimostrati attenti alle cose che li circondavano. Prima di arrivare a Cip & Ciop, infatti, lavorano a un mockumentary musicale sulla vita di una popstar in declino: Conner4Real.
Il film è Popstar: Never Stop Never Stopping, che già nel titolo originale e nelle movenze del protagonista ironizza su un “archetipo Justin Bieber”. È, ancora una volta, una parodia da manuale – quel manuale datato 1988 e firmato Roger Rabbit. Farcito di camei di personaggi del mondo della musica (da Questlove a Adam Levine) e con una colonna sonora degna di nota, il film dei Lonely Island dissacra l’industria musicale costruendo un racconto fittizio e inserendolo in un microcosmo reale. Qui il trio di comici dimostra il suo ingegno in una formula non così diversa da quella che verrà utilizzata in Cip & Ciop.
In Cip & Ciop agenti speciali, al quale lavorano due componenti su tre dei Lonely Island (Akiva Schaffer alla regia, Andy Samberg dà la voce a Ciop), la storia non cambia. C’è un legame spezzato da ricostruire: in Chi ha incastrato Roger Rabbit Eddie Valiant perdeva il fratello a causa di un toon, ma è proprio grazie a uno di loro che ritroverà poi quel legame; in Popstar, Conner sceglieva la carriera da solista per poi accorgersi che, senza gli altri due membri del suo vecchio trio, non avrebbe potuto realizzare la musica che aveva sempre desiderato fare. In Cip & Ciop, i due scoiattoli seguono un percorso simile, in cui Ciop – stanco di essere il buffone del duo e desideroso di avere uno show tutto suo – manda in malora Rescue Rangers (la loro serie) provocandone la cancellazione. Trent’anni dopo, Cip è un agente assicurativo che vive una vita piuttosto noiosa, mentre Ciop si è sottoposto ad un intervento di “chirurgia CGI” e passa le sue giornate a presenziare alle convention come una vecchia gloria. Le strade dei due scoiattoli si incroceranno di nuovo quando il loro amico e collega Monterey Jack scomparirà nel nulla, e Cip e Ciop si ritroveranno invischiati in un complotto all’interno dell’industria cinematografica.
Il film è, in tutto e per tutto, un sequel spirituale di Roger Rabbit (il coniglio compare anche in una delle scene iniziali). E, più che un racconto surreale inserito nel nostro microcosmo, è una storia iper-reale. Cip e Ciop vivono in un mondo che potrebbe essere tranquillamente il nostro, rappresentato da una nostalgia che colpisce soprattutto il pubblico dei millennials. È un mondo che prende gli estremi dell’industria su cui ironizza, e lo fa con i soliti riferimenti e una storyline metanarrativa. La parodia, nel film, sta ad esempio in Peter Pan che è ormai un uomo sulla cinquantina, imbruttito e alcolizzato perché – proprio lui che non sarebbe mai dovuto crescere – è diventato adulto, e Hollywood non lo vuole più (un’operazione simile c’era già stata con la saga di Shrek, che dissacrava i personaggi delle fiabe modernizzandoli). I vizi vengono messi a nudo, e tra un manifesto pubblicitario di Fast & Furious Baby e Lego Misérables, c’è anche spazio per la versione (con i denti fin troppo umani) di Sonic, quella tanto bistrattata dal web diventata tristemente famosa per i meme e per essere dovuta incorrere in una correzione in corso d’opera. La presa in giro è diretta, senza freni né peli sulla lingua, e nel paradosso della morte dell’idea è proprio il brillante escamotage della “chirurgia CGI” che tiene in piedi il dissacrante teatro grottesco della consapevolezza.
Quella di Cip e Ciop, come quella di Roger Rabbit e di Conner4Real, è una storia finta, fittizia, addirittura aliena, eppure non così lontana dalla nostra realtà. Ha l’ingrato compito di dire allo spettatore: “sappiamo di essere imperfetti, egoisti, avidi” e quant’altro, ma lo fa con la risata; con lo sfottò, con la presa in giro. E in questo retropensiero dell’industria cinematografica c’è una grossa e metaforica pacca sulla spalla di Hollywood… proveniente da Hollywood stessa. Mr. Wolf avrebbe detto che «non è ancora arrivato il momento di farci i pompini a vicenda», ma forse quel momento, invece, è davvero arrivato. Non è un caso che il film di Cip e Ciop, infatti, provenga dalla Disney e arrivi in tutto il mondo sulla sua piattaforma di streaming che sta ormai superando i pilastri del settore.
La consapevolezza e l’indulgenza ci seppelliranno, insieme ad una risata. Prima c’era la salamoia, poi la chirurgia CGI. Nel frattempo, fuori dagli schermi, la parodia è diventata realtà e si è fatta cultura. Nelle fazioni della risata, c’è chi questa cultura la vorrebbe cancellare (ma non entreremo nel merito di questo annoso dibattito qui, in una disamina su due scoiattoli parlanti) o chi la vuole difendere ad ogni costo. Le cose però stanno cambiando. C’è una nuova squadra in gioco, quella di chi reagisce, addirittura con le mani: lo abbiamo visto col clamoroso battibecco della notte degli Oscar in cui Will Smith ha schiaffeggiato Chris Rock in diretta, e tempo dopo è avvenuto un episodio simile durante uno spettacolo di Dave Chappelle, con spettatore che lo assale e lo placca sul palco. L’idea, pur di non rischiare di morire, si prende troppo sul serio e da pacca sulla spalla diventa schiaffo in faccia.
Tutto ciò che avviene in questa industria è ricorsivo, e Hollywood è sempre stata il soggetto di questo tipo di storie: dal già citato Viale del tramonto – anche se lì si premeva su una feroce critica dello star system, più che sulla parodia – fino a Roger Rabbit e Cip e Ciop. Quanto tempo dovrà passare prima di vedere la pacca trasformarsi in uno schiaffo, anche in queste storie? Anche sul grande e fittizio schermo? E lì la realtà si sarà fatta parodia, fino a quando il meccanismo non si ripeterà di nuovo. Toccherà aspettare la prossima morte dell’idea, tra altri trent’anni? Nel frattempo, è molto più probabile che troppa consapevolezza e indulgenza ci seppelliranno, letteralmente.
Com’è cambiata la parodia?
I trent’anni che separano Roger Rabbit da Cip & Ciop agenti speciali, provano a farcelo capire,
di Davide Merola
TR-63
04.07.2022
«Hollywood è trasformazione, chirurgia, evoluzione, nuova umanità e costante trasformazione di una forma in un'altra. Gli esseri umani rimangono gli stessi mentre le proprietà intellettuali, i cartoni animati e le produzioni sono condannati a diventare qualcos'altro perché non vogliono morire. E forse, così come sono, sono più adatti a sopravvivere.»
Lo scrive il critico Gabriele Niola, nella sua recensione su Letterboxd di Cip & Ciop agenti speciali.
Ora più che mai il cinema, Hollywood e lo star system vivono un periodo di radicale trasformazione. C’entra sicuramente anche la pandemia, ma il cambiamento che sta attraversando l’industria è da ricercare anni addietro. Chi – riprendendo il pensiero di Niola – è riuscito a sopravvivere a questa trasformazione? Non le idee, paradossalmente. Ci siamo accorti a nostre spese che quelle mancano o iniziano ormai a scarseggiare. Lo storytelling si è fatto ripetitivo e le storie, di conseguenza, vacue. L’era dei remaquel (reboot, remake, prequel, sequel…) che stiamo vivendo al cinema è la testimonianza di questo corso. Non è necessariamente una visione apocalittica della narrazione, perché qualcosa di buono viene ed è venuto fuori anche da questo periodo. Ma com’è sopravvissuto il guizzo creativo in un momento così arido?
Lo ha fatto prendendosi in giro e mettendo a nudo i propri vizi. Hollywood arranca così. Non è una novità, lo ha sempre fatto. In Cip & Ciop compare il cartellone pubblicitario di Batman vs E.T.; in Ritorno al Futuro – Parte II era il cartellone de Lo squalo 19. Quest’ultimo, premonitore di tutti quei ritorni a cui abbiamo assistito negli ultimi anni (da Star Wars a Jurassic Park), si trova in un film del 1989. Il primo – ipotetico, si spera – viene invece da un film del 2022, e gioca con la nostalgia di qualcosa che non abbiamo («la nostalgia di un futuro perduto», direbbe Mark Fisher), ma che ci elettrizza e ci fa ridere così tanto. Anche solo immaginare che possa realizzarsi. D’altronde abbiamo quasi avuto un crossover tra 21 Jump Street e Men in Black. Che cosa, in questi trent’anni, ha tenuto unite tutte queste consapevoli prese in giro?
Un film, per la precisione: Chi ha incastrato Roger Rabbit. L’anno è il 1988 e il film di Robert Zemeckis è visionario. Una storia a tecnica mista in cui i cartoni animati sono essere viventi (attori con le loro controparti), e che si rifà a noir come La fiamma del peccato e Viale del tramonto. La “tensione” è spezzata da un’intelligente ironia che mostra le proprietà intellettuali più famose dell’epoca come vere e proprie icone dello star system, con tutti i loro vizi e virtù. Paperino e Duffy Duck litigano durante una serata di varietà; Betty Boop è costretta a fare la cameriera perché rimasta personaggio in bianco e nero nella nuova era dei colori (come Norma Desmond, l’ex diva del cinema muto di Billy Wilder); Topolino e Bugs Bunny fanno paracadutismo nell’unica scena della storia del cinema che li vede insieme nello stesso film. Il film di Zemeckis ironizza così su un’epoca hollywoodiana più vicina a quegli anni, sul modo di fare quei film e sui personaggi di quelle storie. Funziona perché lo fa con espedienti come camei che soddisfano gli spettatori (Dumbo che riceve il suo stipendio in noccioline, Porky Pig che chiude il film con il suo iconico «that’s all folks!»), ma è la parodia lo strumento principale. Il metodo funziona perché parodizza il sistema e porta la risata al parossismo. E ha funzionato così tanto che questo modo di fare è rimasto praticamente intatto negli anni.
Dal 1988 al 2022 cos’è cambiato invece? Sicuramente la cultura. Il mondo che ci circonda e la società in cui viviamo sono andati incontro a grossi cambiamenti. Questi si sono riflessi non solo nel mondo del cinema e della televisione, ma anche in altri ambiti e nei nostri modi di fare. Da Roger Rabbit ai Lonely Island (i comici che si sono occupati del film di Cip e Ciop), ne sono successe di cose. Il trio, composto da Jorma Taccone, Andy Samberg e Akiva Schaffer, trova la sua fama nel Saturday Night Live, al quale approdano nel 2005. Lì diventano celebri per i loro digital shorts, parodie di clip musicali che ironizzano sui temi più beceri, e che rimarranno virali negli anni avvenire (Dick In A Box, Jizz In My Pants, I Just Had Sex, solo per citarne alcune). La parodia è quindi l’origine dei Lonely Island, che attraverso di essa si sono sempre dimostrati attenti alle cose che li circondavano. Prima di arrivare a Cip & Ciop, infatti, lavorano a un mockumentary musicale sulla vita di una popstar in declino: Conner4Real.
Il film è Popstar: Never Stop Never Stopping, che già nel titolo originale e nelle movenze del protagonista ironizza su un “archetipo Justin Bieber”. È, ancora una volta, una parodia da manuale – quel manuale datato 1988 e firmato Roger Rabbit. Farcito di camei di personaggi del mondo della musica (da Questlove a Adam Levine) e con una colonna sonora degna di nota, il film dei Lonely Island dissacra l’industria musicale costruendo un racconto fittizio e inserendolo in un microcosmo reale. Qui il trio di comici dimostra il suo ingegno in una formula non così diversa da quella che verrà utilizzata in Cip & Ciop.
In Cip & Ciop agenti speciali, al quale lavorano due componenti su tre dei Lonely Island (Akiva Schaffer alla regia, Andy Samberg dà la voce a Ciop), la storia non cambia. C’è un legame spezzato da ricostruire: in Chi ha incastrato Roger Rabbit Eddie Valiant perdeva il fratello a causa di un toon, ma è proprio grazie a uno di loro che ritroverà poi quel legame; in Popstar, Conner sceglieva la carriera da solista per poi accorgersi che, senza gli altri due membri del suo vecchio trio, non avrebbe potuto realizzare la musica che aveva sempre desiderato fare. In Cip & Ciop, i due scoiattoli seguono un percorso simile, in cui Ciop – stanco di essere il buffone del duo e desideroso di avere uno show tutto suo – manda in malora Rescue Rangers (la loro serie) provocandone la cancellazione. Trent’anni dopo, Cip è un agente assicurativo che vive una vita piuttosto noiosa, mentre Ciop si è sottoposto ad un intervento di “chirurgia CGI” e passa le sue giornate a presenziare alle convention come una vecchia gloria. Le strade dei due scoiattoli si incroceranno di nuovo quando il loro amico e collega Monterey Jack scomparirà nel nulla, e Cip e Ciop si ritroveranno invischiati in un complotto all’interno dell’industria cinematografica.
Il film è, in tutto e per tutto, un sequel spirituale di Roger Rabbit (il coniglio compare anche in una delle scene iniziali). E, più che un racconto surreale inserito nel nostro microcosmo, è una storia iper-reale. Cip e Ciop vivono in un mondo che potrebbe essere tranquillamente il nostro, rappresentato da una nostalgia che colpisce soprattutto il pubblico dei millennials. È un mondo che prende gli estremi dell’industria su cui ironizza, e lo fa con i soliti riferimenti e una storyline metanarrativa. La parodia, nel film, sta ad esempio in Peter Pan che è ormai un uomo sulla cinquantina, imbruttito e alcolizzato perché – proprio lui che non sarebbe mai dovuto crescere – è diventato adulto, e Hollywood non lo vuole più (un’operazione simile c’era già stata con la saga di Shrek, che dissacrava i personaggi delle fiabe modernizzandoli). I vizi vengono messi a nudo, e tra un manifesto pubblicitario di Fast & Furious Baby e Lego Misérables, c’è anche spazio per la versione (con i denti fin troppo umani) di Sonic, quella tanto bistrattata dal web diventata tristemente famosa per i meme e per essere dovuta incorrere in una correzione in corso d’opera. La presa in giro è diretta, senza freni né peli sulla lingua, e nel paradosso della morte dell’idea è proprio il brillante escamotage della “chirurgia CGI” che tiene in piedi il dissacrante teatro grottesco della consapevolezza.
Quella di Cip e Ciop, come quella di Roger Rabbit e di Conner4Real, è una storia finta, fittizia, addirittura aliena, eppure non così lontana dalla nostra realtà. Ha l’ingrato compito di dire allo spettatore: “sappiamo di essere imperfetti, egoisti, avidi” e quant’altro, ma lo fa con la risata; con lo sfottò, con la presa in giro. E in questo retropensiero dell’industria cinematografica c’è una grossa e metaforica pacca sulla spalla di Hollywood… proveniente da Hollywood stessa. Mr. Wolf avrebbe detto che «non è ancora arrivato il momento di farci i pompini a vicenda», ma forse quel momento, invece, è davvero arrivato. Non è un caso che il film di Cip e Ciop, infatti, provenga dalla Disney e arrivi in tutto il mondo sulla sua piattaforma di streaming che sta ormai superando i pilastri del settore.
La consapevolezza e l’indulgenza ci seppelliranno, insieme ad una risata. Prima c’era la salamoia, poi la chirurgia CGI. Nel frattempo, fuori dagli schermi, la parodia è diventata realtà e si è fatta cultura. Nelle fazioni della risata, c’è chi questa cultura la vorrebbe cancellare (ma non entreremo nel merito di questo annoso dibattito qui, in una disamina su due scoiattoli parlanti) o chi la vuole difendere ad ogni costo. Le cose però stanno cambiando. C’è una nuova squadra in gioco, quella di chi reagisce, addirittura con le mani: lo abbiamo visto col clamoroso battibecco della notte degli Oscar in cui Will Smith ha schiaffeggiato Chris Rock in diretta, e tempo dopo è avvenuto un episodio simile durante uno spettacolo di Dave Chappelle, con spettatore che lo assale e lo placca sul palco. L’idea, pur di non rischiare di morire, si prende troppo sul serio e da pacca sulla spalla diventa schiaffo in faccia.
Tutto ciò che avviene in questa industria è ricorsivo, e Hollywood è sempre stata il soggetto di questo tipo di storie: dal già citato Viale del tramonto – anche se lì si premeva su una feroce critica dello star system, più che sulla parodia – fino a Roger Rabbit e Cip e Ciop. Quanto tempo dovrà passare prima di vedere la pacca trasformarsi in uno schiaffo, anche in queste storie? Anche sul grande e fittizio schermo? E lì la realtà si sarà fatta parodia, fino a quando il meccanismo non si ripeterà di nuovo. Toccherà aspettare la prossima morte dell’idea, tra altri trent’anni? Nel frattempo, è molto più probabile che troppa consapevolezza e indulgenza ci seppelliranno, letteralmente.