INT-28
09.04.2023
Il prossimo 27 aprile uscirà nelle nostre sale Suzume no tojomari, la nuova opera di Makoto Shinkai. Attualmente il cineasta giapponese è uno dei più rinomati nel campo dell’animazione, Shinkai ha acquisito sempre più fama a livello internazionale grazie al grande successo di Your Name (2016) e Weathering with You (2019). Suzume no tojomari è un toccante coming of age dove il regista cerca di onorare la memoria delle vittime del terremoto del Tōhoku del 2011. Per farlo, Shinkai racconta la storia di una diciassettenne, Suzume, che mentre percorre la strada per andare a scuola, s’imbatte in Souta, giovane dall’aspetto misterioso che porterà la ragazza a seguirlo. Suzume si ritroverà così coinvolta in un’avventura insieme al giovane (che nel frattempo è stato “trasformato” in una sedia per via di un incantesimo) in cui dovrà salvare il mondo da una terribile catastrofe naturale.
Il film è stato presentato alla 73esima edizione della Berlinale. Abbiamo avuto l’occasione di intervistare Makoto Shinkai, e approfondire con lui le tematiche chiave del suo cinema e le motivazioni dietro la creazione di Suzume no tojomari.
Nelle tue opere precedenti, come Your Name (2016), Weathering with You (2019), ma anche in Suzume no tojomari, adoperi sempre questo mix tra drama e sci-fi per raccontare dei coming of age. Come mai sei interessato a questo periodo di vita nei tuoi personaggi?
Racconto spesso storie di coming of age perché il target principale dei film d’animazione è per lo più un pubblico giovane, le cosiddette nuove generazioni. Inoltre, l’animazione mi ha aiutato molto quando ero giovane. Nei momenti più difficili della mia adolescenza, riuscivo a trovare confronto attraverso i film d’animazione, quindi volevo dare qualcosa “in cambio” ai giovani che magari stanno vivendo un momento difficile nelle loro vite.
C’è qualche significato dietro alla differenza di età tra i due protagonisti come in Weathering with You?
In Weathering with You, la differenza d’età era qualcosa di pianificato e fondamentale per la storia, in Suzume no tojomari non molto perché la storia d’amore tra i due assume meno importanza rispetto alle mie opere precedenti. Secondo me, non ci sarebbe stata nessuna differenza se i due protagonisti avessero avuto età differenti o fossero stati due ragazzi/e.
Mono no aware, ovvero il concetto estetico giapponese che esprime una forte partecipazione emotiva nei confronti della bellezza della natura della vita umana, sembra essere uno dei temi ricorrenti nei tuoi film. Puoi spiegare meglio l’importanza di questo concetto nelle tue opere ?
La traduzione letterale del termine Mono no aware sarebbe “niente dura per sempre” e in Giappone sappiamo bene che la terra sotto di noi è piuttosto fragile, ci sono spesso dei terremoti e abbiamo la sensazione che il terreno “non durerà per sempre”. Tutti ne sono consapevoli. Quando sono arrivato in Europa, una cosa che mi ha colpito molto è stata la presenza di edifici che hanno un centinaio d’anni e in Giappone non ne abbiamo molti a causa di questi disastri naturali. È proprio per questo motivo che nel mio Paese c’è questa consapevolezza che “nulla durerà per sempre”, è un sentimento piuttosto triste che accomuna le generazione più vecchie e affligge anche noi registi d’animazione.
Parlando di questo, Suzume no tojomari è stato ispirato dal disastroso terremoto del Tōhoku che ha colpito la nazione nel 2011. Quando hai iniziato a pensare di fare un film su questo tragico evento e trasformarlo in un’opera fantasy?
Quando ho iniziato a pensare alla possibile trama di Suzume no tojomari, sapevo che volevo rappresentare il Giappone del giorno d’oggi. Inoltre, volevo che la protagonista compisse questo viaggio attorno alla nazione. La prima cosa che mi è venuta in mente sono stati gli edifici abbandonati e semi distrutti, dove nessuno ci abita più a causa del declino della popolazione e dei disastri naturali. Quando ho pensato all’obiettivo del film, ovvero dove volevo andare a parare con questa storia, ho pensato alle regioni nel nord est del Giappone, quelle più afflitte dal terremoto del 2011. Dovevo inserire questo aspetto, altrimenti il film non avrebbe funzionato. Nel senso, non puoi parlare della società giapponese moderna senza citare questo disastro naturale.
Suzume no tojomari è stato il primo film d’animazione giapponese presentato in competizione a Berlino in vent’anni (l’ultimo era stato La Città Incantata di Miyazaki nel 2002, n.d.r.). Quanto è stata importante per te questa selezione?
È stato un sogno per me. Ventuno anni fa, Miyazaki era stato invitato alla Berlinale per presentare La Città Incantata, e aveva anche vinto l’Orso d’Oro! In Giappone questa notizia ha fatto molto parlare, ero piuttosto sbalordito perché avevo appena cominciato la mia carriera da regista e mai avrei pensato che il cinema d’animazione giapponese avrebbe potuto avere questo successo. È stato davvero un sogno per me.
La giovane protagonista di Suzume no tojomari, vive con la zia, i genitori non sono presenti. C’è qualche ragione sociologica dietro a questa scelta?
Suzume vive con la zia perché il terremoto del 2011 ha coinvolto le regioni del nord est del Giappone. Molti ragazzi si sono ritrovati orfani e sono andati a vivere con altri parenti che vivevano nelle regioni a ovest. È stata questa la principale motivazione dietro a questa scelta. Inoltre, nei manga e negli anime, trovi spesso ragazzi che vivono con un genitore/parente, non so di preciso perché, forse per poter sviluppare una relazione più “semplice” tra i personaggi. Scusami, non è forse la risposta migliore a questa domanda (il regista ride, n.d.r.). Tornando a Suzume, possiamo vedere che la protagonista è cresciuta solo con la madre in tenera età, e possiamo immaginare che i genitori abbiano divorziato. Poi ha perso la madre a causa del terremoto. E in questo caso c’è anche una piccola motivazione personale. Io ho una figlia piccola, abbiamo un’ottima relazione, ma a volte, non sono sicuro di cosa posso fare per lei come padre. È per questo che trovo sempre difficile rappresentare il genitore maschile nei miei film.
Hai guardato la realtà che ti circonda per ideare Suzume no tojomari, volevo chiederti se ti fossi ispirato anche alla mitologia giapponese, e più nello specifico alla figura di Namazu (creatura mitologia dalle sembianze di un pesce gatto gigante, n.d.r.).
Si, mi sono ispirato alla mitologia del periodo Edo. Le persone credevano che i terremoti fossero causati da Namazu, una gigantesca creatura che vive nel sottosuolo. Il mito dice che essa rimane bloccata sotto terra grazie a delle chiavi di volta e quando queste si muovono, scoppia un terremoto.
Quale è stata la sequenza più complessa da girare dal punto di vista dell’animazione?
Le parti “visive” sono state quelle più difficili, più che altro perché avevamo parti animate disegnate a mano combinate con altre dove spiccava l’utilizzo del 3D e del CGI. Ad esempio, il personaggio di Suzume è disegnato a mano, mentre la sedia era in 3D/CGI, e volevamo far sembrare anche quest’ultima disegnata a mano. Le sequenza d’azione con questi due personaggi e Daijin sono state davvero impegnative.
Quanto ha influito la pandemia sulla produzione del film?
La produzione è avvenuta durante la pandemia, ma non ci sono stati grossi problemi perché siamo stati in grado di lavorare bene a distanza. Posso dire che non ci ha colpito molto. Però, mentre stavamo lavorando al film, avevo il timore che la pandemia, che è stata una tragedia globale che ci ha coinvolto tutti, facesse dimenticare il disastro del terremoto del 2011. Non volevo che questo succedesse, e infatti è stato uno dei motivi che mi ha spinto ad inserire il terremoto nel background di Suzume no tojomari.
I social media hanno una particolare importanza nel tuo film. Ad esempio, i due protagonisti si mettono a cercare Daijin seguendo i vari video postati su Instagram. Puoi approfondire queste scelte?
L’utilizzo dei social media ormai è una parte importante nella vita delle nuove generazioni, ma anche di noi adulti a dire il vero. Le nostre vite sono dominate dagli smartphone e da altri device. Non so se ci hai fatto caso, ma ogni volta che Suzume esce di casa, ha solo il suo cellulare con sé, nemmeno un portafoglio o altro.
Puoi spiegare in poche parole perché hai scelto di trasformare un personaggio in una… sedia?
Certamente (Il regista scoppia a ridere, n.d.r.). Volevo fare un film d’intrattenimento con Suzume no tojomari e siccome il background della storia era piuttosto triste, visto che la protagonista è orfana e la tragedia del terremoto ha una certa importanza, dovevo trovare qualcosa che potesse connettere un pubblico più ampio. Volevo far ridere e volevo vedere la gente sorridere mentre guarda il film. Dovevo trovare un “partner” per Suzume che l’accompagnasse durante il suo viaggio, qualcuno o qualcosa di adorabile e divertente. Per questo mi è venuta l’idea di trasformare uno dei personaggi in una sedia.
L’animazione, al giorno d’oggi, si sta evolvendo sempre più, soprattutto grazie all’invenzione di nuove tecnologie. Cerchi di sperimentare con queste o rimani fissato su un certo stile?
Più o meno, abbiamo delle nuove tecnologie A.I. che sono in grado di disegnare o addirittura raccontare intere storie, come ad esempio ChatGPT. Non le ho ancora utilizzate, ma in futuro non le escluderei. Ho iniziato la mia carriera di creatore di contenuti d’animazione vent’anni fa e in quel periodo l’industria giapponese stava facendo la transizione da analogico a digitale, ma io ho sempre lavorato con quest’ultimo approccio. Non sono fissato con l’utilizzo di tecniche tradizionali e sono piuttosto aperto all’utilizzo di nuove tecnologie. Anzi, queste mi aiutano a sperimentare e a essere più creativo.
INT-28
09.04.2023
Il prossimo 27 aprile uscirà nelle nostre sale Suzume no tojomari, la nuova opera di Makoto Shinkai. Attualmente il cineasta giapponese è uno dei più rinomati nel campo dell’animazione, Shinkai ha acquisito sempre più fama a livello internazionale grazie al grande successo di Your Name (2016) e Weathering with You (2019). Suzume no tojomari è un toccante coming of age dove il regista cerca di onorare la memoria delle vittime del terremoto del Tōhoku del 2011. Per farlo, Shinkai racconta la storia di una diciassettenne, Suzume, che mentre percorre la strada per andare a scuola, s’imbatte in Souta, giovane dall’aspetto misterioso che porterà la ragazza a seguirlo. Suzume si ritroverà così coinvolta in un’avventura insieme al giovane (che nel frattempo è stato “trasformato” in una sedia per via di un incantesimo) in cui dovrà salvare il mondo da una terribile catastrofe naturale.
Il film è stato presentato alla 73esima edizione della Berlinale. Abbiamo avuto l’occasione di intervistare Makoto Shinkai, e approfondire con lui le tematiche chiave del suo cinema e le motivazioni dietro la creazione di Suzume no tojomari.
Nelle tue opere precedenti, come Your Name (2016), Weathering with You (2019), ma anche in Suzume no tojomari, adoperi sempre questo mix tra drama e sci-fi per raccontare dei coming of age. Come mai sei interessato a questo periodo di vita nei tuoi personaggi?
Racconto spesso storie di coming of age perché il target principale dei film d’animazione è per lo più un pubblico giovane, le cosiddette nuove generazioni. Inoltre, l’animazione mi ha aiutato molto quando ero giovane. Nei momenti più difficili della mia adolescenza, riuscivo a trovare confronto attraverso i film d’animazione, quindi volevo dare qualcosa “in cambio” ai giovani che magari stanno vivendo un momento difficile nelle loro vite.
C’è qualche significato dietro alla differenza di età tra i due protagonisti come in Weathering with You?
In Weathering with You, la differenza d’età era qualcosa di pianificato e fondamentale per la storia, in Suzume no tojomari non molto perché la storia d’amore tra i due assume meno importanza rispetto alle mie opere precedenti. Secondo me, non ci sarebbe stata nessuna differenza se i due protagonisti avessero avuto età differenti o fossero stati due ragazzi/e.
Mono no aware, ovvero il concetto estetico giapponese che esprime una forte partecipazione emotiva nei confronti della bellezza della natura della vita umana, sembra essere uno dei temi ricorrenti nei tuoi film. Puoi spiegare meglio l’importanza di questo concetto nelle tue opere ?
La traduzione letterale del termine Mono no aware sarebbe “niente dura per sempre” e in Giappone sappiamo bene che la terra sotto di noi è piuttosto fragile, ci sono spesso dei terremoti e abbiamo la sensazione che il terreno “non durerà per sempre”. Tutti ne sono consapevoli. Quando sono arrivato in Europa, una cosa che mi ha colpito molto è stata la presenza di edifici che hanno un centinaio d’anni e in Giappone non ne abbiamo molti a causa di questi disastri naturali. È proprio per questo motivo che nel mio Paese c’è questa consapevolezza che “nulla durerà per sempre”, è un sentimento piuttosto triste che accomuna le generazione più vecchie e affligge anche noi registi d’animazione.
Parlando di questo, Suzume no tojomari è stato ispirato dal disastroso terremoto del Tōhoku che ha colpito la nazione nel 2011. Quando hai iniziato a pensare di fare un film su questo tragico evento e trasformarlo in un’opera fantasy?
Quando ho iniziato a pensare alla possibile trama di Suzume no tojomari, sapevo che volevo rappresentare il Giappone del giorno d’oggi. Inoltre, volevo che la protagonista compisse questo viaggio attorno alla nazione. La prima cosa che mi è venuta in mente sono stati gli edifici abbandonati e semi distrutti, dove nessuno ci abita più a causa del declino della popolazione e dei disastri naturali. Quando ho pensato all’obiettivo del film, ovvero dove volevo andare a parare con questa storia, ho pensato alle regioni nel nord est del Giappone, quelle più afflitte dal terremoto del 2011. Dovevo inserire questo aspetto, altrimenti il film non avrebbe funzionato. Nel senso, non puoi parlare della società giapponese moderna senza citare questo disastro naturale.
Suzume no tojomari è stato il primo film d’animazione giapponese presentato in competizione a Berlino in vent’anni (l’ultimo era stato La Città Incantata di Miyazaki nel 2002, n.d.r.). Quanto è stata importante per te questa selezione?
È stato un sogno per me. Ventuno anni fa, Miyazaki era stato invitato alla Berlinale per presentare La Città Incantata, e aveva anche vinto l’Orso d’Oro! In Giappone questa notizia ha fatto molto parlare, ero piuttosto sbalordito perché avevo appena cominciato la mia carriera da regista e mai avrei pensato che il cinema d’animazione giapponese avrebbe potuto avere questo successo. È stato davvero un sogno per me.
La giovane protagonista di Suzume no tojomari, vive con la zia, i genitori non sono presenti. C’è qualche ragione sociologica dietro a questa scelta?
Suzume vive con la zia perché il terremoto del 2011 ha coinvolto le regioni del nord est del Giappone. Molti ragazzi si sono ritrovati orfani e sono andati a vivere con altri parenti che vivevano nelle regioni a ovest. È stata questa la principale motivazione dietro a questa scelta. Inoltre, nei manga e negli anime, trovi spesso ragazzi che vivono con un genitore/parente, non so di preciso perché, forse per poter sviluppare una relazione più “semplice” tra i personaggi. Scusami, non è forse la risposta migliore a questa domanda (il regista ride, n.d.r.). Tornando a Suzume, possiamo vedere che la protagonista è cresciuta solo con la madre in tenera età, e possiamo immaginare che i genitori abbiano divorziato. Poi ha perso la madre a causa del terremoto. E in questo caso c’è anche una piccola motivazione personale. Io ho una figlia piccola, abbiamo un’ottima relazione, ma a volte, non sono sicuro di cosa posso fare per lei come padre. È per questo che trovo sempre difficile rappresentare il genitore maschile nei miei film.
Hai guardato la realtà che ti circonda per ideare Suzume no tojomari, volevo chiederti se ti fossi ispirato anche alla mitologia giapponese, e più nello specifico alla figura di Namazu (creatura mitologia dalle sembianze di un pesce gatto gigante, n.d.r.).
Si, mi sono ispirato alla mitologia del periodo Edo. Le persone credevano che i terremoti fossero causati da Namazu, una gigantesca creatura che vive nel sottosuolo. Il mito dice che essa rimane bloccata sotto terra grazie a delle chiavi di volta e quando queste si muovono, scoppia un terremoto.
Quale è stata la sequenza più complessa da girare dal punto di vista dell’animazione?
Le parti “visive” sono state quelle più difficili, più che altro perché avevamo parti animate disegnate a mano combinate con altre dove spiccava l’utilizzo del 3D e del CGI. Ad esempio, il personaggio di Suzume è disegnato a mano, mentre la sedia era in 3D/CGI, e volevamo far sembrare anche quest’ultima disegnata a mano. Le sequenza d’azione con questi due personaggi e Daijin sono state davvero impegnative.
Quanto ha influito la pandemia sulla produzione del film?
La produzione è avvenuta durante la pandemia, ma non ci sono stati grossi problemi perché siamo stati in grado di lavorare bene a distanza. Posso dire che non ci ha colpito molto. Però, mentre stavamo lavorando al film, avevo il timore che la pandemia, che è stata una tragedia globale che ci ha coinvolto tutti, facesse dimenticare il disastro del terremoto del 2011. Non volevo che questo succedesse, e infatti è stato uno dei motivi che mi ha spinto ad inserire il terremoto nel background di Suzume no tojomari.
I social media hanno una particolare importanza nel tuo film. Ad esempio, i due protagonisti si mettono a cercare Daijin seguendo i vari video postati su Instagram. Puoi approfondire queste scelte?
L’utilizzo dei social media ormai è una parte importante nella vita delle nuove generazioni, ma anche di noi adulti a dire il vero. Le nostre vite sono dominate dagli smartphone e da altri device. Non so se ci hai fatto caso, ma ogni volta che Suzume esce di casa, ha solo il suo cellulare con sé, nemmeno un portafoglio o altro.
Puoi spiegare in poche parole perché hai scelto di trasformare un personaggio in una… sedia?
Certamente (Il regista scoppia a ridere, n.d.r.). Volevo fare un film d’intrattenimento con Suzume no tojomari e siccome il background della storia era piuttosto triste, visto che la protagonista è orfana e la tragedia del terremoto ha una certa importanza, dovevo trovare qualcosa che potesse connettere un pubblico più ampio. Volevo far ridere e volevo vedere la gente sorridere mentre guarda il film. Dovevo trovare un “partner” per Suzume che l’accompagnasse durante il suo viaggio, qualcuno o qualcosa di adorabile e divertente. Per questo mi è venuta l’idea di trasformare uno dei personaggi in una sedia.
L’animazione, al giorno d’oggi, si sta evolvendo sempre più, soprattutto grazie all’invenzione di nuove tecnologie. Cerchi di sperimentare con queste o rimani fissato su un certo stile?
Più o meno, abbiamo delle nuove tecnologie A.I. che sono in grado di disegnare o addirittura raccontare intere storie, come ad esempio ChatGPT. Non le ho ancora utilizzate, ma in futuro non le escluderei. Ho iniziato la mia carriera di creatore di contenuti d’animazione vent’anni fa e in quel periodo l’industria giapponese stava facendo la transizione da analogico a digitale, ma io ho sempre lavorato con quest’ultimo approccio. Non sono fissato con l’utilizzo di tecniche tradizionali e sono piuttosto aperto all’utilizzo di nuove tecnologie. Anzi, queste mi aiutano a sperimentare e a essere più creativo.