INT-30
21.04.2023
Qualche mese fa, al festival di Berlino, Emily Atef ha presentato il suo quarto lungometraggio, Someday We’ll Tell Each Other Everything, adattamento dell’omonimo romanzo di Daniela Krien. Ambientato nel 1990, poco dopo la caduta del Muro di Berlino, il film racconta della relazione clandestina tra Maria (Marlene Burow), una giovane diciannovenne che vive con il suo ragazzo Joannes e la sua famiglia in campagna, e il rude quarantenne Henner (Felix Kramer). L’opera si focalizza sul desiderio sessuale della ragazza verso l’uomo, analizzando le conseguenze di tale rapporto. Emily Atef dirige un melodramma interessante, anche se non del tutto privo di difetti.
Abbiamo intervistato la regista, e discusso con lei sui possibili aspetti “controversi” legati al film e su ciò che l’ha spinta ad adattare il romanzo della Krien.
Durante la conferenza stampa del film hai rimarcato il tuo amore per questo romanzo, volevo chiederti cosa ti avesse affascinato così tanto da volerne dirigere un adattamento cinematografico.
Non credo di aver mai visto un film che mostri il desiderio sessuale di una giovane ragazza come quello descritto nel romanzo. Maria è un personaggio “attivo”, cerca sempre di spingersi oltre i propri limiti. La relazione con Ennar è grezza ed arcaica, non scambiano molte parole tra di loro, sono i loro corpi a comunicare, non solo dal punto di vista sessuale, ma anche attraverso piccoli gesti, come quando l’uomo versa da bere della vodka a Maria. Mi piaceva molto l’idea che con Ennar, non sai mai cosa potrebbe capitare. All’inizio si potrebbe identificare l’uomo come troppo aggressivo, ma se pensi ad esempio alla scena nel bar dove lui è ubriaco e inizia a seguire Maria, tu come spettatore inizi a pensare al peggio, che la colpirà, ma dopo averla spinta a terra, il suo viso si trasforma in quello di un ragazzino problematico che sta per implorarla di tornare da lui. Potrei fare lo stesso discorso sull’imprevedibilità di Ennar anche nelle sequenze dove Maria è ammalata e lui legge delle poesie a letto. C’è questa sensazione di timore e paura nella ragazza, ma sono reazioni oneste e naturali. C’è il sangue, c’è il sudore e c’è la natura che osserva costantemente questa relazione clandestina. Entrambi sanno che finirà male, è un amour fou, una passione d’amore così ostinata e intensa che può portare solo alla distruzione.
Mi fa piacere che tu abbia citato il ruolo dell’ambiente naturale nel film, anche perché questo elemento aveva già una certa importanza in Plus que jamais (2022). Volevo chiederti come fosse stato il processo di ricerca delle location. Più che altro perché l’ambiente rurale nel tuo film assume centralità e in qualche modo diventa un “personaggio” della storia.
Esattamente. In entrambi i film la location assume una grande rilevanza, sono stati processi di ricerca piuttosto lunghi. In Plus que jamais (2022) era importante perché la protagonista decide di andare in Norvegia alla ricerca di un personaggio. Mentre in Someday We’ll Tell Each Other Everything, volevo che il paesaggio assumesse il ruolo di una “divinità” che osserva gli esseri umani e i loro comportamenti. In Norvegia è stato più facile perché c’è così tanta natura, ci abitano soltanto 4 milioni di persone e non ci sono così tante case in giro. In Germania ce ne sono 80 milioni, però c’è la Turingia, quest’area nella Germania dell’Est, che è uno dei posti meno abitati della nazione, e proprio questo aspetto mi ha ricordato la mia esperienza negli anni ‘90. Non si usavano ancora gli insetticidi e c’erano insetti ovunque. Mi ricordo che quando andavo in auto, trovavo sempre insetti morti sui vetri. Al giorno d’oggi, in città, la situazione è decisamente cambiata. Inoltre, nel suo romanzo, Daniela descrive in modo dettagliato gli alberi e come questi le facevano ricordare il periodo storico. Abbiamo prestato molta attenzione sulla natura, sia nella ricerca, ma anche nel modo in cui dovevo riprenderla e catturare il suono.
Sei originaria dell’ “allora” Germania dell’Ovest, mentre nel film vediamo personaggi e ambientazioni della Germania dell’Est. Volevo chiederti come avessi approfondito i vari aspetti storico-sociali del periodo.
È vero che sono originaria della parte ovest di Berlino, ma sono rimasta lì solo fino all’età di sette anni. Inoltre sono figlia di genitori franco-iraniani e sono tornata nella capitale solo vent’anni fa, quando ho iniziato la scuola di cinema. E durante quel periodo, ho fatto amicizia con diversi ragazzi, poi diventati colleghi, che provenivano dalla parte est. Inoltre, l’amicizia con Daniela è stata fondamentale, ci abbiamo messo tanto ad ottenere i diritti del romanzo e quindi abbiamo passato molto tempo insieme. Mi ha raccontato diverse storie che mi hanno affascinato. Spesso nei film o altri media, la parte est della Germania è rappresentata in maniera cupa e grigia, quando in verità le persone e le atmosfere erano più “leggere” in qualche modo. Anche Maria, non sembra un personaggio tedesco, ma più francese o anche italiano. Le piace sempre vestirsi bene e indossa i tacchi perché si sente “piccola” di statura. Prendi ad esempio anche le varie scene dove la famiglia mangia. Volevo rappresentare più una famiglia italiana. Ho obbligato il cast e la crew a mangiare, anche tutto il giorno (la regista ride, n.d.r.)! Non sopporto quando gli attori fanno gli schizzinosi e si limitano solo ad assaggiare un boccone. Inoltre, non esiste una distinzione netta tra questi personaggi; quando il fratello del padre, che era nella Germania dell’Ovest, rivede i suoi cari dopo tanti anni, soprattutto la madre e c’è quella scena toccante dove si abbracciano, tu puoi sentire il dolore che provano. Sono sempre i civili a soffrire. E la loro sofferenza è causata da uomini politici narcisisti ed egocentrici. Hanno diviso famiglie e amici… e hanno addirittura costruito un muro per dividere la nazione, un atteggiamento davvero primitivo.
Al giorno d’oggi, purtroppo, c’è una mentalità dove anche un minimo dettaglio può causare reazioni smisurate, provocare e cambiare la percezione di un film, ma anche di un romanzo. Come facciamo a convivere con questa realtà?
Come facciamo? Prendi ad esempio il “rogo dei libri”, secondo me è un crimine. Grandi pensatori, filosofi e scrittori di duecento anni fa non hanno mai avuto a che fare con certi dittatori, ma sono stati coinvolti in questa pratica. Nel film vediamo che Ennar è traumatizzato da quello che è successo a sua madre a causa dei russi. Ma allo stesso tempo, lei stava con una guardia dell’ SS, è una situazione contraddittoria. Da cineasta, ti posso dire che bisogna essere “liberi” e non limitare la nostra visione a questi aspetti controversi. Altrimenti non avrei mai potuto fare questo film. La gente avrebbe detto “come fai a mostrare questa relazione tra una diciannovenne e un uomo di mezz’età? È disgustoso.”. Beh dieci anni fa non sarebbe sembrato così disgustoso… E poi, io, come donna, non ho il permesso di raccontare il desiderio femminile? Mi stai per caso dicendo che io, come femminista, non posso parlare o scrivere di queste tematiche? No, non posso. E chi mi dice questo? Un uomo? Quello che voglio dire è che ognuno dovrebbe avere la libertà di raccontare qualsiasi cosa senza particolari limiti. Se leggerai mai il romanzo troverai una citazione di Knut Hamsun, un grande autore norvegese, che scrive qualcosa del tipo: “il mondo è nato attraverso il sangue e i fiori, il sangue e i fiori… il sangue e i fiori.” Volevo aggiungere questa frase all’inizio del film, perché questa è una storia d’amore nata attraverso il sangue e i fiori. E posso ricollegarmi a quello che dicevo prima, Knut Hamsun, alla fine della sua vita, è diventato un nazista. Ma la situazione era complicata, aveva pure incontrato Hitler e pensò che fosse un pazzoide. Molti mi hanno detto di non inserire Hamsun nella pellicola perché è un film tedesco e altre cose.
Rimanendo sull’argomento, Maria nel romanzo ha diciassette anni, mentre nel film ne ha diciannove. Hai deciso di cambiare l’età del personaggio per evitare ulteriori controversie sulla relazione centrale del film?
Nel romanzo Maria ha 16/17 anni e, per un po’ di tempo, era quella l’età del personaggio nel film. Ma ad un certo punto, ho realizzato che anche con un’età di 18/19 anni la relazione sarebbe risultata controversa lo stesso, anche perché Ennar ha chiaramente più del doppio dei suoi anni. Inoltre Maria viene dalla campagna, ed è una situazione diversa rispetto a quella di una ragazza di città. Non sono interessata alle controversie, quando ho letto il romanzo non ho mai pensato “uh, questo provocherà alcune persone”, ero più interessata al viaggio di maturazione della protagonista e ad esplorare questo desiderio femminile sessuale verso “l’oscurità”. In secondo luogo, ho visto una sessantina di ragazze durante le audizioni, e se avessi trovato una ragazza di diciassette anni in grado di stupirmi così tanto, l’avrei presa subito nel film e avrei pensato “ok, cavolo, ora devo pensare alle controversie”. Ma appena ho visto Malene, sapevo che lei era l’attrice perfetta per interpretare Maria. E non assomiglia per niente a una sedicenne, nessuno ci avrebbe mai creduto. Quando abbiamo girato il film ne aveva ventuno, ma era piuttosto credibile come diciannovenne. E di conseguenza ho dovuto cambiare l’età di Maria nel film.
INT-30
21.04.2023
Qualche mese fa, al festival di Berlino, Emily Atef ha presentato il suo quarto lungometraggio, Someday We’ll Tell Each Other Everything, adattamento dell’omonimo romanzo di Daniela Krien. Ambientato nel 1990, poco dopo la caduta del Muro di Berlino, il film racconta della relazione clandestina tra Maria (Marlene Burow), una giovane diciannovenne che vive con il suo ragazzo Joannes e la sua famiglia in campagna, e il rude quarantenne Henner (Felix Kramer). L’opera si focalizza sul desiderio sessuale della ragazza verso l’uomo, analizzando le conseguenze di tale rapporto. Emily Atef dirige un melodramma interessante, anche se non del tutto privo di difetti.
Abbiamo intervistato la regista, e discusso con lei sui possibili aspetti “controversi” legati al film e su ciò che l’ha spinta ad adattare il romanzo della Krien.
Durante la conferenza stampa del film hai rimarcato il tuo amore per questo romanzo, volevo chiederti cosa ti avesse affascinato così tanto da volerne dirigere un adattamento cinematografico.
Non credo di aver mai visto un film che mostri il desiderio sessuale di una giovane ragazza come quello descritto nel romanzo. Maria è un personaggio “attivo”, cerca sempre di spingersi oltre i propri limiti. La relazione con Ennar è grezza ed arcaica, non scambiano molte parole tra di loro, sono i loro corpi a comunicare, non solo dal punto di vista sessuale, ma anche attraverso piccoli gesti, come quando l’uomo versa da bere della vodka a Maria. Mi piaceva molto l’idea che con Ennar, non sai mai cosa potrebbe capitare. All’inizio si potrebbe identificare l’uomo come troppo aggressivo, ma se pensi ad esempio alla scena nel bar dove lui è ubriaco e inizia a seguire Maria, tu come spettatore inizi a pensare al peggio, che la colpirà, ma dopo averla spinta a terra, il suo viso si trasforma in quello di un ragazzino problematico che sta per implorarla di tornare da lui. Potrei fare lo stesso discorso sull’imprevedibilità di Ennar anche nelle sequenze dove Maria è ammalata e lui legge delle poesie a letto. C’è questa sensazione di timore e paura nella ragazza, ma sono reazioni oneste e naturali. C’è il sangue, c’è il sudore e c’è la natura che osserva costantemente questa relazione clandestina. Entrambi sanno che finirà male, è un amour fou, una passione d’amore così ostinata e intensa che può portare solo alla distruzione.
Mi fa piacere che tu abbia citato il ruolo dell’ambiente naturale nel film, anche perché questo elemento aveva già una certa importanza in Plus que jamais (2022). Volevo chiederti come fosse stato il processo di ricerca delle location. Più che altro perché l’ambiente rurale nel tuo film assume centralità e in qualche modo diventa un “personaggio” della storia.
Esattamente. In entrambi i film la location assume una grande rilevanza, sono stati processi di ricerca piuttosto lunghi. In Plus que jamais (2022) era importante perché la protagonista decide di andare in Norvegia alla ricerca di un personaggio. Mentre in Someday We’ll Tell Each Other Everything, volevo che il paesaggio assumesse il ruolo di una “divinità” che osserva gli esseri umani e i loro comportamenti. In Norvegia è stato più facile perché c’è così tanta natura, ci abitano soltanto 4 milioni di persone e non ci sono così tante case in giro. In Germania ce ne sono 80 milioni, però c’è la Turingia, quest’area nella Germania dell’Est, che è uno dei posti meno abitati della nazione, e proprio questo aspetto mi ha ricordato la mia esperienza negli anni ‘90. Non si usavano ancora gli insetticidi e c’erano insetti ovunque. Mi ricordo che quando andavo in auto, trovavo sempre insetti morti sui vetri. Al giorno d’oggi, in città, la situazione è decisamente cambiata. Inoltre, nel suo romanzo, Daniela descrive in modo dettagliato gli alberi e come questi le facevano ricordare il periodo storico. Abbiamo prestato molta attenzione sulla natura, sia nella ricerca, ma anche nel modo in cui dovevo riprenderla e catturare il suono.
Sei originaria dell’ “allora” Germania dell’Ovest, mentre nel film vediamo personaggi e ambientazioni della Germania dell’Est. Volevo chiederti come avessi approfondito i vari aspetti storico-sociali del periodo.
È vero che sono originaria della parte ovest di Berlino, ma sono rimasta lì solo fino all’età di sette anni. Inoltre sono figlia di genitori franco-iraniani e sono tornata nella capitale solo vent’anni fa, quando ho iniziato la scuola di cinema. E durante quel periodo, ho fatto amicizia con diversi ragazzi, poi diventati colleghi, che provenivano dalla parte est. Inoltre, l’amicizia con Daniela è stata fondamentale, ci abbiamo messo tanto ad ottenere i diritti del romanzo e quindi abbiamo passato molto tempo insieme. Mi ha raccontato diverse storie che mi hanno affascinato. Spesso nei film o altri media, la parte est della Germania è rappresentata in maniera cupa e grigia, quando in verità le persone e le atmosfere erano più “leggere” in qualche modo. Anche Maria, non sembra un personaggio tedesco, ma più francese o anche italiano. Le piace sempre vestirsi bene e indossa i tacchi perché si sente “piccola” di statura. Prendi ad esempio anche le varie scene dove la famiglia mangia. Volevo rappresentare più una famiglia italiana. Ho obbligato il cast e la crew a mangiare, anche tutto il giorno (la regista ride, n.d.r.)! Non sopporto quando gli attori fanno gli schizzinosi e si limitano solo ad assaggiare un boccone. Inoltre, non esiste una distinzione netta tra questi personaggi; quando il fratello del padre, che era nella Germania dell’Ovest, rivede i suoi cari dopo tanti anni, soprattutto la madre e c’è quella scena toccante dove si abbracciano, tu puoi sentire il dolore che provano. Sono sempre i civili a soffrire. E la loro sofferenza è causata da uomini politici narcisisti ed egocentrici. Hanno diviso famiglie e amici… e hanno addirittura costruito un muro per dividere la nazione, un atteggiamento davvero primitivo.
Al giorno d’oggi, purtroppo, c’è una mentalità dove anche un minimo dettaglio può causare reazioni smisurate, provocare e cambiare la percezione di un film, ma anche di un romanzo. Come facciamo a convivere con questa realtà?
Come facciamo? Prendi ad esempio il “rogo dei libri”, secondo me è un crimine. Grandi pensatori, filosofi e scrittori di duecento anni fa non hanno mai avuto a che fare con certi dittatori, ma sono stati coinvolti in questa pratica. Nel film vediamo che Ennar è traumatizzato da quello che è successo a sua madre a causa dei russi. Ma allo stesso tempo, lei stava con una guardia dell’ SS, è una situazione contraddittoria. Da cineasta, ti posso dire che bisogna essere “liberi” e non limitare la nostra visione a questi aspetti controversi. Altrimenti non avrei mai potuto fare questo film. La gente avrebbe detto “come fai a mostrare questa relazione tra una diciannovenne e un uomo di mezz’età? È disgustoso.”. Beh dieci anni fa non sarebbe sembrato così disgustoso… E poi, io, come donna, non ho il permesso di raccontare il desiderio femminile? Mi stai per caso dicendo che io, come femminista, non posso parlare o scrivere di queste tematiche? No, non posso. E chi mi dice questo? Un uomo? Quello che voglio dire è che ognuno dovrebbe avere la libertà di raccontare qualsiasi cosa senza particolari limiti. Se leggerai mai il romanzo troverai una citazione di Knut Hamsun, un grande autore norvegese, che scrive qualcosa del tipo: “il mondo è nato attraverso il sangue e i fiori, il sangue e i fiori… il sangue e i fiori.” Volevo aggiungere questa frase all’inizio del film, perché questa è una storia d’amore nata attraverso il sangue e i fiori. E posso ricollegarmi a quello che dicevo prima, Knut Hamsun, alla fine della sua vita, è diventato un nazista. Ma la situazione era complicata, aveva pure incontrato Hitler e pensò che fosse un pazzoide. Molti mi hanno detto di non inserire Hamsun nella pellicola perché è un film tedesco e altre cose.
Rimanendo sull’argomento, Maria nel romanzo ha diciassette anni, mentre nel film ne ha diciannove. Hai deciso di cambiare l’età del personaggio per evitare ulteriori controversie sulla relazione centrale del film?
Nel romanzo Maria ha 16/17 anni e, per un po’ di tempo, era quella l’età del personaggio nel film. Ma ad un certo punto, ho realizzato che anche con un’età di 18/19 anni la relazione sarebbe risultata controversa lo stesso, anche perché Ennar ha chiaramente più del doppio dei suoi anni. Inoltre Maria viene dalla campagna, ed è una situazione diversa rispetto a quella di una ragazza di città. Non sono interessata alle controversie, quando ho letto il romanzo non ho mai pensato “uh, questo provocherà alcune persone”, ero più interessata al viaggio di maturazione della protagonista e ad esplorare questo desiderio femminile sessuale verso “l’oscurità”. In secondo luogo, ho visto una sessantina di ragazze durante le audizioni, e se avessi trovato una ragazza di diciassette anni in grado di stupirmi così tanto, l’avrei presa subito nel film e avrei pensato “ok, cavolo, ora devo pensare alle controversie”. Ma appena ho visto Malene, sapevo che lei era l’attrice perfetta per interpretare Maria. E non assomiglia per niente a una sedicenne, nessuno ci avrebbe mai creduto. Quando abbiamo girato il film ne aveva ventuno, ma era piuttosto credibile come diciannovenne. E di conseguenza ho dovuto cambiare l’età di Maria nel film.