NC-290
24.03.2025
Negli ultimi anni, il cinema americano ha riscoperto il biopic, declinandolo in molteplici forme e sfumature. Da lunedì 24 marzo, tonerà nelle sale grazie alla Lucky Red, restaurato in 4K, il leggendario Amadeus (1984) di Miloš Forman, vincitore di otto premi Oscar. Il film non si limita a raccontare la biografia del compositore austriaco Wolfgang Amadeus Mozart attraverso la prospettiva di Antonio Salieri, ma approfondisce anche il concetto di "performance" sotto molteplici aspetti.
Amadeus è, infatti, insieme performance musicale, teatrale e operistica, un lavoro che, esplora la fluidità sociale e la rappresentazione dei ruoli nella società, fino a suggerire che l'intera esistenza sia una messa in scena, in un gioco pirandelliano in cui arte e vita diventano inseparabili. Seguendo le teorie di Bazin, infatti, si può associare a Miloš Forman il ruolo di artista capace di far trasparire la propria visione della Storia attraverso la sua opera. Tramite una narrazione intensa e una messa in scena sofisticata, Amadeus riflette su come l'arte e l'identità siano profondamente legate alla dimensione della performance.
Miloš Forman e Tom Hulce sul set di Amadeus (1984)
Tom Hulce nel ruolo di Wolfgang Amadeus Mozart
Uno degli aspetti centrali del film è proprio la rappresentazione della performance musicale, incarnata dal talento innato di Mozart. La narrazione onnisciente di Salieri che accompagna tutto il film sottolinea costantemente come la musica del compositore austriaco sia "divina" e come ogni sua composizione scaturisca da un'ispirazione apparentemente soprannaturale. Il lungometraggio mette in contrasto il genio di Mozart con la mediocrità di Salieri, evidenziando la loro relazione in modo profondamente "metziano" tramite lo studio di due caratteri allo stesso tempo anti-tetici e complementari.
Le scene in cui Mozart (Tom Hulce) compone e suona (spesso in modo spontaneo) evidenziano il suo approccio istintivo alla musica, in netto contrasto con il metodo più accademico e laborioso di Salieri (F. Murray Abraham). Questo aspetto si riversa anche nella recitazione dei due attori principali, il method acting, in Amadeus, si fa portatore di questa dicotomia, passando dalla recitazione decisamente più istrionica da parte di Hulce, che ricalca fedelmente la parte “geniale” del suo ruolo, alla maggior compostezza e al passo molto più fermo e radicale della mimica di Murray Abraham.
Questi contrasti si notano benissimo anche nel confronto caratteriale tra i due rivali. La musica diventa infatti il campo di battaglia ideale per misurare il valore artistico e, di conseguenza, anche il valore della propria personalità. Nei momenti più intensi riguardanti Mozart, infatti, il montaggio diventa frenetico e la regia di Forman enfatizza benissimo quest’esaltazione con estrosità, riprendendo più volte in piani sequenza e dolly di vario tipo il protagonista (come nella scena in cui detta a Salieri il Requiem).
F. Murray Abraham nel ruolo di Antonio Salieri
La performance musicale è anche esaltata attraverso le sequenze operistiche, che costituiscono una parte essenziale della narrazione visiva e sonora del film. Le rappresentazioni de Il ratto dal serraglio, Don Giovanni e Il flauto magico servono a Forman per riflettere lo stato emotivo e la parabola esistenziale di Mozart. In particolare, la messinscena del Don Giovanni diventa una metafora della lotta interiore del compositore con la figura del padre defunto, un elemento che il film sottolinea con immagini inquietanti e una forte carica drammatica. Le scene in cui il pubblico assiste alle rappresentazioni sono cruciali per comprendere il rapporto tra autore e spettatore. La reazione dell'imperatore e della sua corte alle opere di Mozart è indicativa dell'influenza della società sulla creazione artistica e dell'idea che ogni esibizione venga inevitabilmente giudicata. Forman costruisce il film stesso come una grande performance teatrale, con la narrazione di Salieri che funge da cornice diegetica. L'anziano compositore, chiuso in manicomio, racconta la sua storia come una confessione pubblica, enfatizzando il carattere teatrale della sua stessa esistenza.
Un altro elemento chiave del concetto di performance in Amadeus riguarda la dimensione sociale. Mozart, nonostante il suo talento straordinario, fatica a gestire con successo le dinamiche della corte viennese. La sua personalità esuberante, il comportamento irriverente e il linguaggio spesso scurrile lo rendono inadeguato al ruolo che la società dell'epoca si aspetterebbe da un artista di fama. Salieri, al contrario, è maestro nella performance sociale. Abile nel navigare i giochi di potere e nel presentarsi come un uomo devoto e rispettabile, costruisce la propria immagine pubblica con grande attenzione. Tuttavia, dietro questa facciata si nasconde l'invidia e il rancore nei confronti di Mozart, la cui autentica genialità lo umilia costantemente. Il musicista italiano, d’altronde, si percepisce come il "servo di Dio", convinto che la sua mediocrità sia una punizione divina per aver osato competere con il talento di Mozart. La sua esistenza diventa una rappresentazione teatrale della propria sofferenza e della sua autodistruzione morale, mentre Mozart è diviso a metà tra la sincerità della sua personalità e la sfrontatezza di chi lotta per essere compreso in un mondo del tutto ostile.
Emma Stone in The Favorite (La Favorita, 2018)
Le scene in cui Mozart tenta di ottenere incarichi e sostegno economico evidenziano la tensione nel bilanciare la performance artistica con quella sociale. Il suo fallimento nel conformarsi alle aspettative aristocratiche lo porta a un progressivo isolamento, aggravato dalle macchinazioni di Salieri. Nel corso del film, la sua maschera cade progressivamente, rivelando la vulnerabilità e la disperazione di un uomo schiacciato dalle pressioni artistiche e finanziarie. Si erge, dunque, un rapporto di potere che è espressione diretta di un mondo in cui a dominare non è solamente il talento o l’intelligenza, quanto piuttosto la capacità di giocare il proprio ruolo in un sistema altamente competitivo e ipocrita. Un’idea che trova eco nel cinema contemporaneo, soprattutto con Yorgos Lanthimos e il suo The Favourite (La Favorita, 2018).
Rispetto al film di Forman, Lanthimos porta tutto ad un livello maggiormente psicologico, manifestando in primo piano il potere dello spettacolo su ogni altra cosa. Entrambe le pellicole mostrano come il potere non porti mai alla vera soddisfazione, ma lo fanno in un modo radicalmente opposto. Se in Amadeus Salieri ottiene vendetta senza trovare pace, in The Favourite Abigail (intepretata da un’abilissima Emma Stone) scala la piramide sociale e ottiene potere, solo per scoprire che proprio quest’ultimo la condannerà a una vita di servitù. Mozart e Sarah (Rachel Weisz), d’altro canto, falliscono perché troppo autentici per sopravvivere in un mondo di menzogne. Dunque, la questione è completamente connaturata alla performance, a quanto, nel mondo borghese, sia molto più conveniente saper recitare bene piuttosto che affrontare le incombenze della vita faccia a faccia. Una consapevolezza forte e amara, in cui non ci sono né vincitori né vinti, ma solamente attori capaci di cambiare il proprio “vestito” all’occorrenza, di situazione in situazione.
In qualche modo, siamo di fronte a due facce della stessa medaglia. Entrambi le opere suggeriscono con toni estremamente pessimistici che, nella società, l’arte più importante non è la musica o la politica, ma la manipolazione e la messa in scena. Con una visione pirandelliana, ribadiscono l’importanza di saper indossare una maschera, del saper performare all’interno del contesto borghese: non tanto per protezione nei confronti degli altri, ma per sfruttare il sistema e ottenere un tornaconto.
L'incontro/scontro tra i protagonisti di Amadeus (1984)
NC-290
24.03.2025
Miloš Forman e Tom Hulce sul set di Amadeus (1984)
Negli ultimi anni, il cinema americano ha riscoperto il biopic, declinandolo in molteplici forme e sfumature. Da lunedì 24 marzo, tonerà nelle sale grazie alla Lucky Red, restaurato in 4K, il leggendario Amadeus (1984) di Miloš Forman, vincitore di otto premi Oscar. Il film non si limita a raccontare la biografia del compositore austriaco Wolfgang Amadeus Mozart attraverso la prospettiva di Antonio Salieri, ma approfondisce anche il concetto di "performance" sotto molteplici aspetti.
Amadeus è, infatti, insieme performance musicale, teatrale e operistica, un lavoro che, esplora la fluidità sociale e la rappresentazione dei ruoli nella società, fino a suggerire che l'intera esistenza sia una messa in scena, in un gioco pirandelliano in cui arte e vita diventano inseparabili. Seguendo le teorie di Bazin, infatti, si può associare a Miloš Forman il ruolo di artista capace di far trasparire la propria visione della Storia attraverso la sua opera. Tramite una narrazione intensa e una messa in scena sofisticata, Amadeus riflette su come l'arte e l'identità siano profondamente legate alla dimensione della performance.
Tom Hulce nel ruolo di Wolfgang Amadeus Mozart
Uno degli aspetti centrali del film è proprio la rappresentazione della performance musicale, incarnata dal talento innato di Mozart. La narrazione onnisciente di Salieri che accompagna tutto il film sottolinea costantemente come la musica del compositore austriaco sia "divina" e come ogni sua composizione scaturisca da un'ispirazione apparentemente soprannaturale. Il lungometraggio mette in contrasto il genio di Mozart con la mediocrità di Salieri, evidenziando la loro relazione in modo profondamente "metziano" tramite lo studio di due caratteri allo stesso tempo anti-tetici e complementari.
Le scene in cui Mozart (Tom Hulce) compone e suona (spesso in modo spontaneo) evidenziano il suo approccio istintivo alla musica, in netto contrasto con il metodo più accademico e laborioso di Salieri (F. Murray Abraham). Questo aspetto si riversa anche nella recitazione dei due attori principali, il method acting, in Amadeus, si fa portatore di questa dicotomia, passando dalla recitazione decisamente più istrionica da parte di Hulce, che ricalca fedelmente la parte “geniale” del suo ruolo, alla maggior compostezza e al passo molto più fermo e radicale della mimica di Murray Abraham.
Questi contrasti si notano benissimo anche nel confronto caratteriale tra i due rivali. La musica diventa infatti il campo di battaglia ideale per misurare il valore artistico e, di conseguenza, anche il valore della propria personalità. Nei momenti più intensi riguardanti Mozart, infatti, il montaggio diventa frenetico e la regia di Forman enfatizza benissimo quest’esaltazione con estrosità, riprendendo più volte in piani sequenza e dolly di vario tipo il protagonista (come nella scena in cui detta a Salieri il Requiem).
F. Murray Abraham nel ruolo di Antonio Salieri
La performance musicale è anche esaltata attraverso le sequenze operistiche, che costituiscono una parte essenziale della narrazione visiva e sonora del film. Le rappresentazioni de Il ratto dal serraglio, Don Giovanni e Il flauto magico servono a Forman per riflettere lo stato emotivo e la parabola esistenziale di Mozart. In particolare, la messinscena del Don Giovanni diventa una metafora della lotta interiore del compositore con la figura del padre defunto, un elemento che il film sottolinea con immagini inquietanti e una forte carica drammatica. Le scene in cui il pubblico assiste alle rappresentazioni sono cruciali per comprendere il rapporto tra autore e spettatore. La reazione dell'imperatore e della sua corte alle opere di Mozart è indicativa dell'influenza della società sulla creazione artistica e dell'idea che ogni esibizione venga inevitabilmente giudicata. Forman costruisce il film stesso come una grande performance teatrale, con la narrazione di Salieri che funge da cornice diegetica. L'anziano compositore, chiuso in manicomio, racconta la sua storia come una confessione pubblica, enfatizzando il carattere teatrale della sua stessa esistenza.
Un altro elemento chiave del concetto di performance in Amadeus riguarda la dimensione sociale. Mozart, nonostante il suo talento straordinario, fatica a gestire con successo le dinamiche della corte viennese. La sua personalità esuberante, il comportamento irriverente e il linguaggio spesso scurrile lo rendono inadeguato al ruolo che la società dell'epoca si aspetterebbe da un artista di fama. Salieri, al contrario, è maestro nella performance sociale. Abile nel navigare i giochi di potere e nel presentarsi come un uomo devoto e rispettabile, costruisce la propria immagine pubblica con grande attenzione. Tuttavia, dietro questa facciata si nasconde l'invidia e il rancore nei confronti di Mozart, la cui autentica genialità lo umilia costantemente. Il musicista italiano, d’altronde, si percepisce come il "servo di Dio", convinto che la sua mediocrità sia una punizione divina per aver osato competere con il talento di Mozart. La sua esistenza diventa una rappresentazione teatrale della propria sofferenza e della sua autodistruzione morale, mentre Mozart è diviso a metà tra la sincerità della sua personalità e la sfrontatezza di chi lotta per essere compreso in un mondo del tutto ostile.
Emma Stone in The Favorite (La Favorita, 2018)
Le scene in cui Mozart tenta di ottenere incarichi e sostegno economico evidenziano la tensione nel bilanciare la performance artistica con quella sociale. Il suo fallimento nel conformarsi alle aspettative aristocratiche lo porta a un progressivo isolamento, aggravato dalle macchinazioni di Salieri. Nel corso del film, la sua maschera cade progressivamente, rivelando la vulnerabilità e la disperazione di un uomo schiacciato dalle pressioni artistiche e finanziarie. Si erge, dunque, un rapporto di potere che è espressione diretta di un mondo in cui a dominare non è solamente il talento o l’intelligenza, quanto piuttosto la capacità di giocare il proprio ruolo in un sistema altamente competitivo e ipocrita. Un’idea che trova eco nel cinema contemporaneo, soprattutto con Yorgos Lanthimos e il suo The Favourite (La Favorita, 2018).
Rispetto al film di Forman, Lanthimos porta tutto ad un livello maggiormente psicologico, manifestando in primo piano il potere dello spettacolo su ogni altra cosa. Entrambe le pellicole mostrano come il potere non porti mai alla vera soddisfazione, ma lo fanno in un modo radicalmente opposto. Se in Amadeus Salieri ottiene vendetta senza trovare pace, in The Favourite Abigail (intepretata da un’abilissima Emma Stone) scala la piramide sociale e ottiene potere, solo per scoprire che proprio quest’ultimo la condannerà a una vita di servitù. Mozart e Sarah (Rachel Weisz), d’altro canto, falliscono perché troppo autentici per sopravvivere in un mondo di menzogne. Dunque, la questione è completamente connaturata alla performance, a quanto, nel mondo borghese, sia molto più conveniente saper recitare bene piuttosto che affrontare le incombenze della vita faccia a faccia. Una consapevolezza forte e amara, in cui non ci sono né vincitori né vinti, ma solamente attori capaci di cambiare il proprio “vestito” all’occorrenza, di situazione in situazione.
In qualche modo, siamo di fronte a due facce della stessa medaglia. Entrambi le opere suggeriscono con toni estremamente pessimistici che, nella società, l’arte più importante non è la musica o la politica, ma la manipolazione e la messa in scena. Con una visione pirandelliana, ribadiscono l’importanza di saper indossare una maschera, del saper performare all’interno del contesto borghese: non tanto per protezione nei confronti degli altri, ma per sfruttare il sistema e ottenere un tornaconto.
L'incontro/scontro tra i protagonisti di Amadeus (1984)