di Mario Vannoni
NC-281
03.03.2025
Il calendario, di solito, si appende in cucina sotto l’orologio, come a creare un asse simmetrico e incrementale di scansione del tempo. I secondi diventano ore, che diventano giorni, che diventano settimane, fino a che le caselle si esauriscono, e bisogna comprarne uno nuovo. Oltre che dal meteo e dalla notte che si avvicina o si allontana, sui calendari i mesi vengono contraddistinti da un’immagine - un’ape che raccoglie il polline, un'aerea dell’Empire State Building, un quadro di Miró - che in un modo o nell’altro cerca di racchiudere l’essenza di questa particolare trentina di giorni.
Per questo Marzo, al posto della singola illustrazione a cui siamo abituati, ODG pubblicherà una selezione di dieci film da vedere durante il mese e appositamente scelti per marcare ricorrenze, anniversari e affinità umorali.
3 marzo. Parasite (2019), di Bong Joon-Ho
Parasite è una satira realisticamente cruda delle storture del capitalismo e dello squilibrio strutturale della società coreana e, per estensione, di quella occidentale. Bong non fa sconti a nessuno, muovendosi su un registro che, come certo suo cinema, oscilla tra il comico e il tragico, sfruttando un sistema di costruzioni simboliche di volta in volta ri-giocato e ri-composto. Se le sue opere precedenti già indagavano le dinamiche sociali attraverso il filtro del genere, qui il regista affronta l’argomento di petto, mettendoci di fronte a una serie di scelte dalle quali è impossibile uscire illesi. Parasite resta un unicum nella storia dei premi cinematografici, capace di accaparrarsi l’Oscar al Miglior film (prima opera non in lingua inglese a riuscirci), alla Miglior sceneggiatura originale (primo lungometraggio non in lingua inglese da Parla con lei di Almodovar, del 2003), alla regia e al Miglior film internazionale (prima pellicola sudcoreana in assoluto), vincendo parallelamente la Palma d’Oro al Festival di Cannes (anche in questo caso, è il primo film sudcoreano a compiere l’impresa). Il discorso dei riconoscimenti è superfluo nella determinazione della qualità di un prodotto, ma è pur raro trovare un’opera così lucida, completa, teorica e al contempo in grado di intrattenere un pubblico vasto (è il film sudcoreano più visto di sempre, nonché il maggiore incasso della carriera del regista) riuscendo a incanalare un consenso così ampio. Rivedetelo; e se non l’avete ancora visto cosa state aspettando? Il 6 marzo esce il nuovo film di Bong: Mickey 17.
Disponibile su MUBI e Amazon Prime Video e noleggiabile su Apple TV, Google Play Film, Rakuten TV e You Tube.
6 marzo. Un gatto a Parigi (2010), di Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol
A febbraio è uscito nelle sale Nina e il segreto del riccio, l’ultimo film della coppia di registi d’animazione Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol. È l’occasione perfetta per recuperare il loro esordio nel lungometraggio, Un gatto a Parigi, che a prima vista potrebbe apparire un piccolo film (lo è), ma che sfoggia anche un’animazione affascinante, fieramente bidimensionale, fatta di corpi tondeggianti e spigolosi a un tempo, esempio indicativo di una cinematografia - quella dell’animazione francese - che persegue tendenze proprie e si differenzia dal dominio del 3d. Scorrazzando per i tetti di Parigi si intravede l’influenza di Il gobbo di Notre Dame (Gary Trousdale e Kirk Wise, 1996), quantomeno nell’ispirazione narrativa, che vede un gatto svolgere una doppia vita, di giorno e di notte, fino ad assumere tratti quasi da heist movie. Un piccolo gioiellino da gustare tutto d’un fiato (dura appena 70 minuti!).
Disponibile a noleggio su You Tube, Google Play Film e Rakuten TV.
8 marzo. Non sarai sola (2022), di Goran Stolevski
Per la giornata della donna lascerei perdere film che promuovono un femminismo un po’ alla spicciolata come Blink Twice (Zoë Kravitz, 2024) o anche quelli che suggeriscono delle deformazioni quasi supereroistiche come Una donna promettente (Emerald Fennell, 2020).Non sarai sola è passato molto in sordina nonostante abbia goduto di una distribuzione nei principali circuiti cinematografici che gestiscono i multisala. Un peccato, perché è un film in grado di affrontare un tema complesso attraverso una trama ricca e uno stile che resta impresso anche dopo una singola visione. È interessante il modo in cui il regista si appropria del topos della stregoneria e della possessione quasi per rovesciarlo di segno ma lasciandolo aderente alla mitologia che gli è propria. Una riflessione sul parto, sull’essere madre e sul non volerlo essere. Un’opera importante che utilizza l’horror come sguardo sulla Natura (il film è interamente ambientato nei boschi), non per fare paura, ma per suggerire uno stato d’animo. Merita sicuramente maggiore attenzione. Splendida e commovente l’interpretazione di Noomi Rapace.
Disponibile a noleggio su Google Play Film, Rakuten TV e Apple TV.
10 marzo. The Northman (2022), di Robert Eggers
Tra i film più chiacchierati degli ultimi mesi c’è sicuramente Nosferatu (2024), che, come il resto della produzione di Robert Eggers (fatta eccezione per The Witch, del 2015), ha spaccato in due il pubblico e la critica. Opere indegne o capolavori, senza sfumature. Sicuramente il cinema del regista contiene sempre degli elementi interessanti che fomentano il dibattito e forniscono strumenti per analizzare lo stato, le forme e gli stili del cinema contemporaneo. The Northman è forse il lavoro meno riuscito di Eggers, ma credo sia stato valutato troppo frettolosamente sia da chi, dopo The Lighthouse (2019), ci ha visto il definitivo crollo di un formalista senza nulla da dire, che da coloro che avevano amato il film precedente e avevano accolto questo come un clamoroso passo falso, non all’altezza delle vette degli esordi. A ben vedere invece The Northman è l’espressione massima del modo di intendere il cinema di Eggers: mitologia e miti, usi e costumi, approccio filologico e ricerca del folklore, immagini visivamente stupefacenti inscatolate nel contenitore del prodotto mainstream. Una volta lo chiamavamo blockbuster d’autore. Oggi sembra quasi un insulto.
Disponibile a noleggio su Amazon Prime Video, You Tube, Google Play Film, Apple TV e Rakuten TV.
15 marzo. Cuore selvaggio (1990), di David Lynch
Impiegheremo mesi, o forse anni ad elaborare la morte di David Lynch. Il suo cinema (e la sua arte tutta) ci è entrata sottopelle senza che avessimo modo di accorgercene e continua a popolare il nostro immaginario con scene disturbanti e familiari allo stesso tempo. Ma Lynch è stato anche un personaggio bonario, placido, sorridente, una di quelle persone capace di trasmettere gioia con la sua sola presenza. Per ricordarlo voglio consigliare Cuore selvaggio, che non è il suo miglior film, ma forse è quello a cui sono più affezionato e che meglio riflette questa caratteristica umana che nel resto della sua filmografia rischia di passare in secondo piano agli sguardi meno attenti. Laura Dern e Nicolas Cage sono fantastici e scatenati, vettori del fuoco che fa da refrain al film e veicoli di una passionalità, di una gioia di vivere che si manifesta nelle forme più infantili e tenere: dall’ossessione ingenua di lui per Elvis, che imita in aspetti e modi, e la cui Love Me Tender diventa una delle dichiarazioni d’amore più dolci della storia del cinema; alla formulazione da fiaba - in quanto tale anche macabra e grottesca - cui Il mago di Oz presta moduli, forme e figure. Cuore selvaggio è un film caldo, come pochi ne ricordo. Il caldo di quel fuoco che brucia, e quindi conforta ma anche ferisce. Un po’ come la vita. Forse l’unico autentico lieto fine di David Lynch.
Disponibile su Tim Vision e noleggiabile su Amazon Prime Video, You Tube, Apple TV e Google Play Film.
19 marzo. La terra dei figli (2021), di Claudio Cupellini
Quando lo vidi al Noir in Festival, La terra dei figli fu una bella sorpresa. Non conoscevo Claudio Cupellini e a visione in corso scopro con piacere che a interpretare il protagonista c’è Leon Faun - che come primo mestiere fa il rapper - di cui apprezzo la produzione musicale. Anche come attore interpreta con forza un personaggio non facile, scisso tra un rapporto paterno problematico e la necessità di sopravvivere a un mondo alla deriva. La regia di Cupellini, più che concentrarsi su rappresentazioni stereotipiche derivanti dalle distopie, costruisce gli spazi e dedica molta attenzione ai paesaggi e agli elementi naturalistici, quasi fossero l’unica cosa a cui aggrapparsi quando la civiltà scompare. In questo ricorda molto un certo cinema russo, soprattutto nelle atmosfere grigie e rarefatte - penso soprattutto a Va e vedi (1985), di Elem Klimov. Il film è amaro, ma lungo la sua durata sa regalare anche momenti di estrema tenerezza. Un ritratto umanista di un mondo che sarà o che forse non sarà più. Ottima l’interpretazione di Valerio Mastandrea, in uno dei suoi più atipici ma migliori ruoli.
Disponibile su NOW e noleggiabile su You Tube, Google Play Film e Apple TV.
20 marzo. Biancaneve e i sette nani (1937), di David Hand, Perce Pearce, William Cottrell, Larry Morey, Wilfred Jackson, Ben Sharpsteen
Non so se questo sia un consiglio per prepararsi o per depurarsi. Fatto sta che il 20 marzo uscirà la versione live action del capolavoro Biancaneve e i sette nani. Primo lungometraggio animato Disney, l’originale ha cambiato per sempre la storia del cinema e quella della cultura: senza Biancaneve non esisterebbe l’animazione per come la conosciamo oggi e il film non è invecchiato di un giorno dal punto di vista tecnico. Semplicemente un classico. Per questo la paura per il remake è alta, ma forse peggio de La sirenetta (Rob Marshall, 2023) non si può fare.
Disponibile su Disney+ e Tim Vision e noleggiabile su Rakuten TV, Amazon Prime Video, You Tube, Google Play Film e Apple TV.
25 marzo. Gatta Cenerentola (2017), di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone
Da Biancaneve a Cenerentola, ma in questo caso il film è tratto dall’omonima fiaba di Giambattista Basile, lo stesso di Lo cunto de li cunti da cui Matteo Garrone ha tratto il suo Il racconto dei racconti (2015). Gatta Cenerentola è forse la produzione animata più notevole mai realizzata in Italia. Lo è per ispirazione, fantasia visiva, respiro del racconto e trasfigurazione mitica – e distopica – di credenze e folklore locale (siamo in una Napoli futuristica), ergendosi a parabola del destino umano. La fiaba di Cenerentola è sfruttata per imbastire una storia di speranza che però si fonda, in maniera antifrastica, sulla disillusione totale (non è questa in fondo la medesima dinamica del classico Disney?), e la scarpetta di cristallo anche qui esercita tutta la sua forza simbolica a puntellare un discorso morale sulla responsabilità individuale e i limiti dell’ambizione. Tra buoni e cattivi ci sono infinite sfumature, tanto da confondersi gli uni negli altri.
Disponibile su Rai Play e noleggiabile su You Tube, Google Play Film, Chili, Apple TV, Rakuten TV e Amazon Prime Video.
27 marzo. Viale del tramonto (1950), di Billy Wilder
Il 27 marzo 2002 moriva Billy Wilder, regista che non ha certo bisogno di presentazioni, così come la pellicola qui proposta, uno dei grandi capolavori del cinema mondiale. Giusto per tracciare un fil rouge, era tra i film preferiti di David Lynch, che ne amava le atmosfere, gli oggetti, la sospensione, quel clima di irrealtà interna al reale che rischia di fratturare la finzione. Ma Viale del tramonto è stata un’opera rivoluzionaria per molteplici aspetti, in particolare per il periodo in cui è uscita, anni ancora dominati dal cinema classico hollywoodiano. L’idea di raccontare la storia attraverso la voce di un morto ha fatto scuola ed è l’elemento essenziale che determina il tono enunciativo del film. Un film di fantasmi, di memorie che ritornano e di ossessioni ricorrenti, concretizzate in un personaggio femminile, Norma Desmond (interpretata magnificamente da Gloria Swanson), frustrato, deluso ma non disilluso, che anzi coltiva l’illusione di una vita e simultaneamente di un tempo che fu e che non può ritornare, ma che tuttavia lei anela. La sequenza d’apertura è un manuale di regia per come le componenti della messa in scena interagiscono tra loro in maniera significante. E l’inquadratura finale, con tutto il suo mistero e il suo fascino, resta una delle più belle della storia del cinema.
Disponibile su Paramount+ e noleggiabile su You Tube, Google Play Film, Rakuten TV e Amazon Prime Video.
31 marzo. Dahomey (2024), di Mati Diop
Chiudiamo questo marzo con il Festival di Berlino 2025 conclusosi da un mese abbondante. L’anno scorso l’Orso d’oro era andato proprio a Dahomey, documentario che attribuisce a un gruppo di oggetti (opere d’arte), saccheggiati dalle truppe francesi nel 1892 e restituiti nel 2021 al Benin, il valore simbolico di un’opera mossa da intenti anticolonialisti. Una sorta di contro-sguardo sul mondo occidentale, con la pretesa di una presa di coscienza che si fa sempre più necessaria e urgente; al contempo un monito: a non dimenticare e al senso di responsabilità nei confronti di una visione del mondo problematica e, di certo, non innocente.
Disponibile su MUBI e noleggiabile su Apple TV e Amazon Prime Video.
di Mario Vannoni
NC-281
03.03.2025
Il calendario, di solito, si appende in cucina sotto l’orologio, come a creare un asse simmetrico e incrementale di scansione del tempo. I secondi diventano ore, che diventano giorni, che diventano settimane, fino a che le caselle si esauriscono, e bisogna comprarne uno nuovo. Oltre che dal meteo e dalla notte che si avvicina o si allontana, sui calendari i mesi vengono contraddistinti da un’immagine - un’ape che raccoglie il polline, un'aerea dell’Empire State Building, un quadro di Miró - che in un modo o nell’altro cerca di racchiudere l’essenza di questa particolare trentina di giorni.
Per questo Marzo, al posto della singola illustrazione a cui siamo abituati, ODG pubblicherà una selezione di dieci film da vedere durante il mese e appositamente scelti per marcare ricorrenze, anniversari e affinità umorali.
3 marzo. Parasite (2019), di Bong Joon-Ho
Parasite è una satira realisticamente cruda delle storture del capitalismo e dello squilibrio strutturale della società coreana e, per estensione, di quella occidentale. Bong non fa sconti a nessuno, muovendosi su un registro che, come certo suo cinema, oscilla tra il comico e il tragico, sfruttando un sistema di costruzioni simboliche di volta in volta ri-giocato e ri-composto. Se le sue opere precedenti già indagavano le dinamiche sociali attraverso il filtro del genere, qui il regista affronta l’argomento di petto, mettendoci di fronte a una serie di scelte dalle quali è impossibile uscire illesi. Parasite resta un unicum nella storia dei premi cinematografici, capace di accaparrarsi l’Oscar al Miglior film (prima opera non in lingua inglese a riuscirci), alla Miglior sceneggiatura originale (primo lungometraggio non in lingua inglese da Parla con lei di Almodovar, del 2003), alla regia e al Miglior film internazionale (prima pellicola sudcoreana in assoluto), vincendo parallelamente la Palma d’Oro al Festival di Cannes (anche in questo caso, è il primo film sudcoreano a compiere l’impresa). Il discorso dei riconoscimenti è superfluo nella determinazione della qualità di un prodotto, ma è pur raro trovare un’opera così lucida, completa, teorica e al contempo in grado di intrattenere un pubblico vasto (è il film sudcoreano più visto di sempre, nonché il maggiore incasso della carriera del regista) riuscendo a incanalare un consenso così ampio. Rivedetelo; e se non l’avete ancora visto cosa state aspettando? Il 6 marzo esce il nuovo film di Bong: Mickey 17.
Disponibile su MUBI e Amazon Prime Video e noleggiabile su Apple TV, Google Play Film, Rakuten TV e You Tube.
6 marzo. Un gatto a Parigi (2010), di Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol
A febbraio è uscito nelle sale Nina e il segreto del riccio, l’ultimo film della coppia di registi d’animazione Jean-Loup Felicioli e Alain Gagnol. È l’occasione perfetta per recuperare il loro esordio nel lungometraggio, Un gatto a Parigi, che a prima vista potrebbe apparire un piccolo film (lo è), ma che sfoggia anche un’animazione affascinante, fieramente bidimensionale, fatta di corpi tondeggianti e spigolosi a un tempo, esempio indicativo di una cinematografia - quella dell’animazione francese - che persegue tendenze proprie e si differenzia dal dominio del 3d. Scorrazzando per i tetti di Parigi si intravede l’influenza di Il gobbo di Notre Dame (Gary Trousdale e Kirk Wise, 1996), quantomeno nell’ispirazione narrativa, che vede un gatto svolgere una doppia vita, di giorno e di notte, fino ad assumere tratti quasi da heist movie. Un piccolo gioiellino da gustare tutto d’un fiato (dura appena 70 minuti!).
Disponibile a noleggio su You Tube, Google Play Film e Rakuten TV.
8 marzo. Non sarai sola (2022), di Goran Stolevski
Per la giornata della donna lascerei perdere film che promuovono un femminismo un po’ alla spicciolata come Blink Twice (Zoë Kravitz, 2024) o anche quelli che suggeriscono delle deformazioni quasi supereroistiche come Una donna promettente (Emerald Fennell, 2020).Non sarai sola è passato molto in sordina nonostante abbia goduto di una distribuzione nei principali circuiti cinematografici che gestiscono i multisala. Un peccato, perché è un film in grado di affrontare un tema complesso attraverso una trama ricca e uno stile che resta impresso anche dopo una singola visione. È interessante il modo in cui il regista si appropria del topos della stregoneria e della possessione quasi per rovesciarlo di segno ma lasciandolo aderente alla mitologia che gli è propria. Una riflessione sul parto, sull’essere madre e sul non volerlo essere. Un’opera importante che utilizza l’horror come sguardo sulla Natura (il film è interamente ambientato nei boschi), non per fare paura, ma per suggerire uno stato d’animo. Merita sicuramente maggiore attenzione. Splendida e commovente l’interpretazione di Noomi Rapace.
Disponibile a noleggio su Google Play Film, Rakuten TV e Apple TV.
10 marzo. The Northman (2022), di Robert Eggers
Tra i film più chiacchierati degli ultimi mesi c’è sicuramente Nosferatu (2024), che, come il resto della produzione di Robert Eggers (fatta eccezione per The Witch, del 2015), ha spaccato in due il pubblico e la critica. Opere indegne o capolavori, senza sfumature. Sicuramente il cinema del regista contiene sempre degli elementi interessanti che fomentano il dibattito e forniscono strumenti per analizzare lo stato, le forme e gli stili del cinema contemporaneo. The Northman è forse il lavoro meno riuscito di Eggers, ma credo sia stato valutato troppo frettolosamente sia da chi, dopo The Lighthouse (2019), ci ha visto il definitivo crollo di un formalista senza nulla da dire, che da coloro che avevano amato il film precedente e avevano accolto questo come un clamoroso passo falso, non all’altezza delle vette degli esordi. A ben vedere invece The Northman è l’espressione massima del modo di intendere il cinema di Eggers: mitologia e miti, usi e costumi, approccio filologico e ricerca del folklore, immagini visivamente stupefacenti inscatolate nel contenitore del prodotto mainstream. Una volta lo chiamavamo blockbuster d’autore. Oggi sembra quasi un insulto.
Disponibile a noleggio su Amazon Prime Video, You Tube, Google Play Film, Apple TV e Rakuten TV.
15 marzo. Cuore selvaggio (1990), di David Lynch
Impiegheremo mesi, o forse anni ad elaborare la morte di David Lynch. Il suo cinema (e la sua arte tutta) ci è entrata sottopelle senza che avessimo modo di accorgercene e continua a popolare il nostro immaginario con scene disturbanti e familiari allo stesso tempo. Ma Lynch è stato anche un personaggio bonario, placido, sorridente, una di quelle persone capace di trasmettere gioia con la sua sola presenza. Per ricordarlo voglio consigliare Cuore selvaggio, che non è il suo miglior film, ma forse è quello a cui sono più affezionato e che meglio riflette questa caratteristica umana che nel resto della sua filmografia rischia di passare in secondo piano agli sguardi meno attenti. Laura Dern e Nicolas Cage sono fantastici e scatenati, vettori del fuoco che fa da refrain al film e veicoli di una passionalità, di una gioia di vivere che si manifesta nelle forme più infantili e tenere: dall’ossessione ingenua di lui per Elvis, che imita in aspetti e modi, e la cui Love Me Tender diventa una delle dichiarazioni d’amore più dolci della storia del cinema; alla formulazione da fiaba - in quanto tale anche macabra e grottesca - cui Il mago di Oz presta moduli, forme e figure. Cuore selvaggio è un film caldo, come pochi ne ricordo. Il caldo di quel fuoco che brucia, e quindi conforta ma anche ferisce. Un po’ come la vita. Forse l’unico autentico lieto fine di David Lynch.
Disponibile su Tim Vision e noleggiabile su Amazon Prime Video, You Tube, Apple TV e Google Play Film.
19 marzo. La terra dei figli (2021), di Claudio Cupellini
Quando lo vidi al Noir in Festival, La terra dei figli fu una bella sorpresa. Non conoscevo Claudio Cupellini e a visione in corso scopro con piacere che a interpretare il protagonista c’è Leon Faun - che come primo mestiere fa il rapper - di cui apprezzo la produzione musicale. Anche come attore interpreta con forza un personaggio non facile, scisso tra un rapporto paterno problematico e la necessità di sopravvivere a un mondo alla deriva. La regia di Cupellini, più che concentrarsi su rappresentazioni stereotipiche derivanti dalle distopie, costruisce gli spazi e dedica molta attenzione ai paesaggi e agli elementi naturalistici, quasi fossero l’unica cosa a cui aggrapparsi quando la civiltà scompare. In questo ricorda molto un certo cinema russo, soprattutto nelle atmosfere grigie e rarefatte - penso soprattutto a Va e vedi (1985), di Elem Klimov. Il film è amaro, ma lungo la sua durata sa regalare anche momenti di estrema tenerezza. Un ritratto umanista di un mondo che sarà o che forse non sarà più. Ottima l’interpretazione di Valerio Mastandrea, in uno dei suoi più atipici ma migliori ruoli.
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20 marzo. Biancaneve e i sette nani (1937), di David Hand, Perce Pearce, William Cottrell, Larry Morey, Wilfred Jackson, Ben Sharpsteen
Non so se questo sia un consiglio per prepararsi o per depurarsi. Fatto sta che il 20 marzo uscirà la versione live action del capolavoro Biancaneve e i sette nani. Primo lungometraggio animato Disney, l’originale ha cambiato per sempre la storia del cinema e quella della cultura: senza Biancaneve non esisterebbe l’animazione per come la conosciamo oggi e il film non è invecchiato di un giorno dal punto di vista tecnico. Semplicemente un classico. Per questo la paura per il remake è alta, ma forse peggio de La sirenetta (Rob Marshall, 2023) non si può fare.
Disponibile su Disney+ e Tim Vision e noleggiabile su Rakuten TV, Amazon Prime Video, You Tube, Google Play Film e Apple TV.
25 marzo. Gatta Cenerentola (2017), di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone
Da Biancaneve a Cenerentola, ma in questo caso il film è tratto dall’omonima fiaba di Giambattista Basile, lo stesso di Lo cunto de li cunti da cui Matteo Garrone ha tratto il suo Il racconto dei racconti (2015). Gatta Cenerentola è forse la produzione animata più notevole mai realizzata in Italia. Lo è per ispirazione, fantasia visiva, respiro del racconto e trasfigurazione mitica – e distopica – di credenze e folklore locale (siamo in una Napoli futuristica), ergendosi a parabola del destino umano. La fiaba di Cenerentola è sfruttata per imbastire una storia di speranza che però si fonda, in maniera antifrastica, sulla disillusione totale (non è questa in fondo la medesima dinamica del classico Disney?), e la scarpetta di cristallo anche qui esercita tutta la sua forza simbolica a puntellare un discorso morale sulla responsabilità individuale e i limiti dell’ambizione. Tra buoni e cattivi ci sono infinite sfumature, tanto da confondersi gli uni negli altri.
Disponibile su Rai Play e noleggiabile su You Tube, Google Play Film, Chili, Apple TV, Rakuten TV e Amazon Prime Video.
27 marzo. Viale del tramonto (1950), di Billy Wilder
Il 27 marzo 2002 moriva Billy Wilder, regista che non ha certo bisogno di presentazioni, così come la pellicola qui proposta, uno dei grandi capolavori del cinema mondiale. Giusto per tracciare un fil rouge, era tra i film preferiti di David Lynch, che ne amava le atmosfere, gli oggetti, la sospensione, quel clima di irrealtà interna al reale che rischia di fratturare la finzione. Ma Viale del tramonto è stata un’opera rivoluzionaria per molteplici aspetti, in particolare per il periodo in cui è uscita, anni ancora dominati dal cinema classico hollywoodiano. L’idea di raccontare la storia attraverso la voce di un morto ha fatto scuola ed è l’elemento essenziale che determina il tono enunciativo del film. Un film di fantasmi, di memorie che ritornano e di ossessioni ricorrenti, concretizzate in un personaggio femminile, Norma Desmond (interpretata magnificamente da Gloria Swanson), frustrato, deluso ma non disilluso, che anzi coltiva l’illusione di una vita e simultaneamente di un tempo che fu e che non può ritornare, ma che tuttavia lei anela. La sequenza d’apertura è un manuale di regia per come le componenti della messa in scena interagiscono tra loro in maniera significante. E l’inquadratura finale, con tutto il suo mistero e il suo fascino, resta una delle più belle della storia del cinema.
Disponibile su Paramount+ e noleggiabile su You Tube, Google Play Film, Rakuten TV e Amazon Prime Video.
31 marzo. Dahomey (2024), di Mati Diop
Chiudiamo questo marzo con il Festival di Berlino 2025 conclusosi da un mese abbondante. L’anno scorso l’Orso d’oro era andato proprio a Dahomey, documentario che attribuisce a un gruppo di oggetti (opere d’arte), saccheggiati dalle truppe francesi nel 1892 e restituiti nel 2021 al Benin, il valore simbolico di un’opera mossa da intenti anticolonialisti. Una sorta di contro-sguardo sul mondo occidentale, con la pretesa di una presa di coscienza che si fa sempre più necessaria e urgente; al contempo un monito: a non dimenticare e al senso di responsabilità nei confronti di una visione del mondo problematica e, di certo, non innocente.
Disponibile su MUBI e noleggiabile su Apple TV e Amazon Prime Video.