NC-202
01.05.2024
Il calendario, di solito, si appende in cucina sotto l’orologio, come a creare un asse simmetrico e incrementale di scansione del tempo. I secondi diventano ore, che diventano giorni, che diventano settimane, fino a che le caselle si esauriscono, e bisogna comprarne uno nuovo. Oltre che dal meteo e dalla notte che si avvicina o si allontana, sui calendari i mesi vengono contraddistinti da un’immagine - un’ape che raccoglie il polline, un'aerea dell’Empire State Building, un quadro di Miró - che in un modo o nell’altro cerca di racchiudere l’essenza di questa particolare trentina di giorni.
Per questo Maggio, al posto della singola illustrazione a cui siamo abituati, ODG pubblicherà una selezione di dieci film da vedere durante il mese, appositamente scelti per marcare ricorrenze, anniversari e affinità umorali.
2 maggio. Suspiria (2018) di Luca Guadagnino
Tremate tremate le streghe son tornate. Mentre Challengers (2024) sta riscontrando un grande successo di critica e pubblico, oggi vogliamo consigliarvi uno dei lavori più incompresi della filmografia di Luca Guadagnino. Partendo dallo scheletro narrativo del grande classico del 1977, il regista palermitano amplia e traccia una nuova versione della fiaba nera concepita da Argento e Daria Nicolodi. Una discesa negli inferi del femminile che compie una stratificata e complessa riflessione sulla creazione artistica, i deliranti meccanismi della Storia novecentesca e la colpa umana. Suspiria non può e non deve essere assolutamente considerato come un remake, ma come l'incredibile risultato di una ricerca originata dalla bruciante “passione cinefila” di un regista verso un grande capolavoro degli anni settanta. Troppo articolato per essere riconosciuto come un horror - di cui mantiene sapientemente determinati elementi spettrali e gore - ed eccessivamente metamorfico per poter essere inserito in un genere ben preciso, il Suspiria di Guadagnino fa scuola per la sua capacità di ri-concepire un racconto, raggelando e commuovendo lo spettatore nello stesso, fatale, istante.
Disponibile su Amazon Prime Video.
3 maggio. Tom Jones (1963) di Tony Richardson
Che cosa accade quando uno dei maestri del Free-Cinema decide di filmare un classico della narrativa settecentesca britannica? Bè…il risultato potrebbe essere Tom Jones, una delle trasposizioni letterarie più geniali e ben riuscite dell’intera storia del cinema. Adattare l’omonimo romanzo di Henry Fielding poteva rappresentare un’impresa praticamente impossibile, ma l’irriverente sguardo di Tony Richardson si sposa perfettamente con le picaresche atmosfere - così difficili da travisare sullo schermo - del testo d’origine. Merito anche di un apparato tecnico-artistico di prim’ordine, dalla brillante sceneggiatura del drammaturgo John Osborne alla ricercata fotografia del tedesco Walter Lassally, fino agli scansonati ritmi musicali di John Addison. Il risultato è sorprendente, e grazie alle sue geniali trovate stilistico-narrative Tom Jones è un film che può essere osservato attraverso molteplici punti di vista: come lo spassosissimo ritratto di un piantagrane, come un viaggio nella decadenza dei costumi della nobiltà inglese, o come un’irriverente e auto-ironica satira sociale. Una menzione speciale va però al cast, composto da un folto gruppo di grandissimi interpreti, come Hugh Griffith, Edith Evans, Joyce Redman, David Warner, Joan Greenwood e Susannah York, capitanati da un indimenticabile Albert Finney - che per questo ruolo si aggiudicò la Coppa Volpi alla 28ªedizione della Mostra del Cinema di Venezia - nei panni dell’edonistico protagonista.
Disponibile per il noleggio su Amazon Prime Video.
5 maggio. Quartet (1981) di James Ivory
Se si vuole comprendere al meglio il cinema di James Ivory, Quartet rappresenta una tappa assolutamente fondamentale con cui confrontarsi. Ruth Prawer Jhabvala - sceneggiatrice che grazie all’inossidabile collaborazione con il regista californiano porterà a casa ben due premi Oscar, per gli stupendi Camera con vista (1985) e Casa Howard (1992) - adatta superbamente il raffinato romanzo di Jean Rhys conservandone la straordinaria forza drammatica. Ciò che emerge è il perfetto ritratto di un’epoca - gli anni venti - e di un torbido quadrilatero sentimentale stupendamente delineato. La cura formale con cui Ivory inscena la sua “tragedia moderna” inaugura, insieme al precedente Gli europei (1979), il secondo capitolo della carriera dell’autore, un periodo di strettissima derivazione letteraria e meticolosa ricerca estetica. Ai vertici di quest’operazione sorprendente si posizionano i tre, magnetici, interpreti principali: il fagocitante Alan Bates, l’ambigua Maggie Smith e l’inquieta Isabelle Adjani - che grazie all’intenso ruolo della sventurata Maya si aggiudicò, meritatamente, il Prix d'interprétation féminine alla 34ª edizione del Festival di Cannes.
Disponibile su MUBI.
8 maggio. Nazarin (1958) di Luis Buñuel
Vincitore del Prix International al Festival di Cannes 1959, Nazarin segna uno dei risultati più stupefacenti dell’intera carriera di Luis Buñuel. Partendo da un racconto di Benito Pérez Galdós - scrittore da cui il cineasta trarrà anche il bellissimo Tristana (1970) - il diciottesimo lungometraggio dell’autore spagnolo è un’attenta e spietata disamina sul disfacimento della fede e lo smascheramento del dogma religioso. Un film in cui tutti gli elementi più cari al cinema di Buñuel convergono e si amalgamano con assoluto equilibrio. Le influenze sperimentali, attutite e incanalate proprio dal periodo messicano del regista, trovano spazio in una forma narrativa episodica che sembra richiamare, e ribaltare, la struttura dei Vangeli. Il personaggio di Padre Nazario - interpretato da un grande Francisco Rabal, che grazie a questo ruolo trovò la fama - diventa l’incarnazione di un Messia disilluso e frustrato, rappresentante perfetto dei nevrotici anti-eroi che popolano il cinema buñueliano. Il mirabile controllo che il regista esercita sulla messa in scena viene valorizzato dall’intramontabile bellezza della fotografia di Gabriel Figueroa, già collaboratore di Buñuel nel precedente I figli della violenza (1950).
Disponibile su Rarovideo.
11 maggio. Picnic a Hanging Rock (1975) di Peter Weir
Uno dei grandi capolavori della new wave australiana degli anni settanta, Picnic a Hanging Rock rimane ancora oggi un lavoro dal fascino indecifrabile. Superbo nella sua descrizione dello scontro tra una realtà puritana e razionale - la storia è ambientata durante gli ultimi anni dell’età vittoriana - e una natura ingovernabile e cabalistica, il film si inserisce perfettamente nel solco della perturbante poetica dei primi lavori di Peter Weir - di cui sono esempi lampanti titoli come Le macchine che distrussero Parigi (1974) o L’ultima onda (1977). Come in un racconto di Lewis Carrol la pellicola si muove in un’atmosfera arcana e irreale, tutto merito di un magistrale uso della luce, che richiama le sfumature dei dipinti di Botticelli, e di una colonna sonora che adopera genialmente le ipnotizzanti tonalità musicali del cosiddetto “Flauto di Pan”. Profondamente disturbante nella sua muta contemplatività, Picnic a Hanging Rock è un'opera unica nel suo genere, un film dal fascino intramontabile che non bisogna lasciarsi assolutamente scappare.
Disponibile su Amazon Prime Video e MUBI e noleggiabile su Google Play, Apple TV e You Tube.
15 maggio. Il mondo nuovo (1982) di Ettore Scola
Dopo capolavori come Dramma della gelosia (1970), C’eravamo tanto amati (1974), Brutti, sporchi e cattivi (1976), Una giornata particolare (1977) e La terrazza (1980), Ettore Scola decide di cimentarsi con un film dal respiro storico. Il mondo nuovo è la prova di come la formula corale che ha spesso caratterizzato il cinema del grande regista campano si adatti perfettamente al racconto della fine di un’epoca. Un’opera dalla doppia anima, che se da una parte appare satirica e beffarda dall’altra risulta malinconica e intrisa di rimpianto. Non a caso, La nuit de Varennes (titolo originale della pellicola, data la sua doppia produzione franco-italiana) si concentra sul periodo della Rivoluzione francese e più in particolare sulla notte in cui il potere della monarchia assolutista dei Borbone venne destituito. Un momento in cui tutto cambiò, e dove gli uomini si trovarono improvvisamente ad essere pedine della Storia. Scola decide quindi di imbarcarsi in un ragionamento metaforico sulla fine, costruendo una connessione tra la Francia rivoluzionaria e l’Italia dell’inizio degli anni ottanta, un paese appena uscito dal doloroso frangente degli Anni di piombo. Attraverso i toni fortemente crepuscolari che caratterizzano il racconto, Scola rincara la dose annunciando la morte della commedia all’italiana, non si può più ridere di gusto come una volta, ma solo sorridere del presente con consapevolezza e nostalgia. Stupefacente, in questo senso, è il carosello dei personaggi (costruito su un magnifico cast che vede alternarsi Marcello Mastroianni, Hanna Schygulla, Harvey Keitel, Laura Betti, Jean-Claude Brialy, Andréa Ferrol, Jean- Luis Trintignant e Michel Piccoli), maschere tragiche che barcollano verso l’oblio.
Disponibile su Amazon Prime Video.
17 maggio. Frenesia del piacere (1964) di Jack Clayton
Jack Clayton è stato un regista troppo a lungo dimenticato, un autore brillante che, attraverso una grande raffinatezza, ha saputo raccontare storie uniche nel loro genere. Dopo essersi cimentato con le atmosfere gotiche di The Innocents (1961), riuscitissimo adattamento del racconto Giro di vite (1898) di Henry James, il cineasta decide di realizzare un ritratto, enigmatico e nevrastenico, della borghesia britannica di inizio anni sessanta. Frenesia del piacere è un sincopato viaggio nella psiche di Jo, l’iconica protagonista interpretata da una superlativa Anne Bancroft - giustamente premiata con il Prix d'interprétation féminine durante la 17ª edizione del Festival di Cannes e nominata all’Oscar - che qui si sottopone ad un vero e proprio tour de force recitativo. Un’opera scomoda, che si muove nello spazio dell’anomalia e che viene fortemente influenzata dalla visione, distorta e mostruosa, della scrittura di Harold Pinter - che proprio in questi anni realizzerà le geniali sceneggiature de Il servo (1963) e L’incidente (1966).
Disponibile su Amazon Prime Video.
22 maggio. La regina Margot (1994) di Patrice Chéreau
Violento, carnale e selvaggio, La regina Margot rappresenta uno degli apici della filmografia di Patrice Chéreau, la saturazione di un’instancabile ricerca sulle infinte modalità espressive degli attori. Adattando l’omonimo romanzo di Alexander Dumas, Chéreau trova l’occasione per sperimentare sull'immagine ispirandosi all’illuminazione dei quadri rinascimentali di Lippi e Montega. La cura riservata ad ogni particolare, dalla fotografia di Philippe Rousselot ai costumi di Moidele Bickel fino all’accurata sceneggiatura scritta a quattro mani da Danièle Thompson e dallo stesso Chéreau, concorrono nel creare un dramma storico straordinariamente raffinato e impenetrabile. Merito anche dell’ensamble attoriale che si cala con cieca dedizione, e splendidi risultati, nei panni dei componenti della stirpe reale dei Valois. La coralità del film permette a ogni singolo interprete del ricco cast - composto da nomi come Jean-Hugues Anglade, Dominique Blanc, Daniel Auteuil e Pascal Greggory - di spiccare, ma sono Isabelle Adjani e Virna Lisi - riconosciuta con il Prix d'interprétation féminine alla 47ª edizione del Festival di Cannes - le vere padrone della scena. Chéreau si concentra sullo scontro psicologico tra le due attrici, nei panni di Caterina de’Medici e sua figlia Margot, tingendo la trama con delle sfumature melodrammatiche rosso sangue.
26 maggio. Vogliamo vivere! (1942) di Ernst Lubitsch
Uscito dalla tagliente penna di Edwin Justus Mayer e diretto con irripetibile maestria dal “guru” della commedia Ernst Lubitsch, Vogliamo Vivere! è un film che ricopre un posto di diritto nei grandi classici del cinema. Una satira impeccabile e perfettamente cadenzata che riesce a far riflettere sull’insensatezza della guerra e ridere di cuore. Il fine umorismo europeo di Lubitsch arricchisce il lungometraggio di sfumature inaspettate e sorprendenti. Perfette le parole del critico Gianni Volpi nel descrivere la potenza di un’opera talmente sublime da essere indefinibile: «Lubitsch osa l’inosabile, far ridere della paura, mettere in satira l’orrore nazista, e ne fa un capolavoro. Il film è tutto nel sapiente gioco di riflessi che viene a istituirsi. Il regista ha usato le sue armi: del resto ogni vera commedia non è sospesa su un abisso?».
Disponibile su MUBI.
31 maggio. Estate '85 (2020) di François Ozon
Caratterizzato da delle splendide tonalità acquarello, Estate ‘85 è un poetico racconto di formazione sentimentale. Il francese François Ozon costruisce uno dei suoi film più toccanti e, adattando in prima persona il romanzo Danza sulla mia tomba dello scrittore anglofono Aidan Chambers, ripercorre la sua stessa giovinezza proiettandosi nella figura dell’angelico protagonista. Perdendosi in un vortice di eros e morte, Estate ‘85 cattura l’anima dello spettatore che, travolto dalla potenza di una storia narrata con struggente intensità, non può che rimanere ossessionato dalle immagini che sono appena passate davanti ai suoi occhi.
NC-202
01.05.2024
Il calendario, di solito, si appende in cucina sotto l’orologio, come a creare un asse simmetrico e incrementale di scansione del tempo. I secondi diventano ore, che diventano giorni, che diventano settimane, fino a che le caselle si esauriscono, e bisogna comprarne uno nuovo. Oltre che dal meteo e dalla notte che si avvicina o si allontana, sui calendari i mesi vengono contraddistinti da un’immagine - un’ape che raccoglie il polline, un'aerea dell’Empire State Building, un quadro di Miró - che in un modo o nell’altro cerca di racchiudere l’essenza di questa particolare trentina di giorni.
Per questo Maggio, al posto della singola illustrazione a cui siamo abituati, ODG pubblicherà una selezione di dieci film da vedere durante il mese, appositamente scelti per marcare ricorrenze, anniversari e affinità umorali.
2 maggio. Suspiria (2018) di Luca Guadagnino
Tremate tremate le streghe son tornate. Mentre Challengers (2024) sta riscontrando un grande successo di critica e pubblico, oggi vogliamo consigliarvi uno dei lavori più incompresi della filmografia di Luca Guadagnino. Partendo dallo scheletro narrativo del grande classico del 1977, il regista palermitano amplia e traccia una nuova versione della fiaba nera concepita da Argento e Daria Nicolodi. Una discesa negli inferi del femminile che compie una stratificata e complessa riflessione sulla creazione artistica, i deliranti meccanismi della Storia novecentesca e la colpa umana. Suspiria non può e non deve essere assolutamente considerato come un remake, ma come l'incredibile risultato di una ricerca originata dalla bruciante “passione cinefila” di un regista verso un grande capolavoro degli anni settanta. Troppo articolato per essere riconosciuto come un horror - di cui mantiene sapientemente determinati elementi spettrali e gore - ed eccessivamente metamorfico per poter essere inserito in un genere ben preciso, il Suspiria di Guadagnino fa scuola per la sua capacità di ri-concepire un racconto, raggelando e commuovendo lo spettatore nello stesso, fatale, istante.
Disponibile su Amazon Prime Video.
3 maggio. Tom Jones (1963) di Tony Richardson
Che cosa accade quando uno dei maestri del Free-Cinema decide di filmare un classico della narrativa settecentesca britannica? Bè…il risultato potrebbe essere Tom Jones, una delle trasposizioni letterarie più geniali e ben riuscite dell’intera storia del cinema. Adattare l’omonimo romanzo di Henry Fielding poteva rappresentare un’impresa praticamente impossibile, ma l’irriverente sguardo di Tony Richardson si sposa perfettamente con le picaresche atmosfere - così difficili da travisare sullo schermo - del testo d’origine. Merito anche di un apparato tecnico-artistico di prim’ordine, dalla brillante sceneggiatura del drammaturgo John Osborne alla ricercata fotografia del tedesco Walter Lassally, fino agli scansonati ritmi musicali di John Addison. Il risultato è sorprendente, e grazie alle sue geniali trovate stilistico-narrative Tom Jones è un film che può essere osservato attraverso molteplici punti di vista: come lo spassosissimo ritratto di un piantagrane, come un viaggio nella decadenza dei costumi della nobiltà inglese, o come un’irriverente e auto-ironica satira sociale. Una menzione speciale va però al cast, composto da un folto gruppo di grandissimi interpreti, come Hugh Griffith, Edith Evans, Joyce Redman, David Warner, Joan Greenwood e Susannah York, capitanati da un indimenticabile Albert Finney - che per questo ruolo si aggiudicò la Coppa Volpi alla 28ªedizione della Mostra del Cinema di Venezia - nei panni dell’edonistico protagonista.
Disponibile per il noleggio su Amazon Prime Video.
5 maggio. Quartet (1981) di James Ivory
Se si vuole comprendere al meglio il cinema di James Ivory, Quartet rappresenta una tappa assolutamente fondamentale con cui confrontarsi. Ruth Prawer Jhabvala - sceneggiatrice che grazie all’inossidabile collaborazione con il regista californiano porterà a casa ben due premi Oscar, per gli stupendi Camera con vista (1985) e Casa Howard (1992) - adatta superbamente il raffinato romanzo di Jean Rhys conservandone la straordinaria forza drammatica. Ciò che emerge è il perfetto ritratto di un’epoca - gli anni venti - e di un torbido quadrilatero sentimentale stupendamente delineato. La cura formale con cui Ivory inscena la sua “tragedia moderna” inaugura, insieme al precedente Gli europei (1979), il secondo capitolo della carriera dell’autore, un periodo di strettissima derivazione letteraria e meticolosa ricerca estetica. Ai vertici di quest’operazione sorprendente si posizionano i tre, magnetici, interpreti principali: il fagocitante Alan Bates, l’ambigua Maggie Smith e l’inquieta Isabelle Adjani - che grazie all’intenso ruolo della sventurata Maya si aggiudicò, meritatamente, il Prix d'interprétation féminine alla 34ª edizione del Festival di Cannes.
Disponibile su MUBI.
8 maggio. Nazarin (1958) di Luis Buñuel
Vincitore del Prix International al Festival di Cannes 1959, Nazarin segna uno dei risultati più stupefacenti dell’intera carriera di Luis Buñuel. Partendo da un racconto di Benito Pérez Galdós - scrittore da cui il cineasta trarrà anche il bellissimo Tristana (1970) - il diciottesimo lungometraggio dell’autore spagnolo è un’attenta e spietata disamina sul disfacimento della fede e lo smascheramento del dogma religioso. Un film in cui tutti gli elementi più cari al cinema di Buñuel convergono e si amalgamano con assoluto equilibrio. Le influenze sperimentali, attutite e incanalate proprio dal periodo messicano del regista, trovano spazio in una forma narrativa episodica che sembra richiamare, e ribaltare, la struttura dei Vangeli. Il personaggio di Padre Nazario - interpretato da un grande Francisco Rabal, che grazie a questo ruolo trovò la fama - diventa l’incarnazione di un Messia disilluso e frustrato, rappresentante perfetto dei nevrotici anti-eroi che popolano il cinema buñueliano. Il mirabile controllo che il regista esercita sulla messa in scena viene valorizzato dall’intramontabile bellezza della fotografia di Gabriel Figueroa, già collaboratore di Buñuel nel precedente I figli della violenza (1950).
Disponibile su Rarovideo.
11 maggio. Picnic a Hanging Rock (1975) di Peter Weir
Uno dei grandi capolavori della new wave australiana degli anni settanta, Picnic a Hanging Rock rimane ancora oggi un lavoro dal fascino indecifrabile. Superbo nella sua descrizione dello scontro tra una realtà puritana e razionale - la storia è ambientata durante gli ultimi anni dell’età vittoriana - e una natura ingovernabile e cabalistica, il film si inserisce perfettamente nel solco della perturbante poetica dei primi lavori di Peter Weir - di cui sono esempi lampanti titoli come Le macchine che distrussero Parigi (1974) o L’ultima onda (1977). Come in un racconto di Lewis Carrol la pellicola si muove in un’atmosfera arcana e irreale, tutto merito di un magistrale uso della luce, che richiama le sfumature dei dipinti di Botticelli, e di una colonna sonora che adopera genialmente le ipnotizzanti tonalità musicali del cosiddetto “Flauto di Pan”. Profondamente disturbante nella sua muta contemplatività, Picnic a Hanging Rock è un'opera unica nel suo genere, un film dal fascino intramontabile che non bisogna lasciarsi assolutamente scappare.
Disponibile su Amazon Prime Video e MUBI e noleggiabile su Google Play, Apple TV e You Tube.
15 maggio. Il mondo nuovo (1982) di Ettore Scola
Dopo capolavori come Dramma della gelosia (1970), C’eravamo tanto amati (1974), Brutti, sporchi e cattivi (1976), Una giornata particolare (1977) e La terrazza (1980), Ettore Scola decide di cimentarsi con un film dal respiro storico. Il mondo nuovo è la prova di come la formula corale che ha spesso caratterizzato il cinema del grande regista campano si adatti perfettamente al racconto della fine di un’epoca. Un’opera dalla doppia anima, che se da una parte appare satirica e beffarda dall’altra risulta malinconica e intrisa di rimpianto. Non a caso, La nuit de Varennes (titolo originale della pellicola, data la sua doppia produzione franco-italiana) si concentra sul periodo della Rivoluzione francese e più in particolare sulla notte in cui il potere della monarchia assolutista dei Borbone venne destituito. Un momento in cui tutto cambiò, e dove gli uomini si trovarono improvvisamente ad essere pedine della Storia. Scola decide quindi di imbarcarsi in un ragionamento metaforico sulla fine, costruendo una connessione tra la Francia rivoluzionaria e l’Italia dell’inizio degli anni ottanta, un paese appena uscito dal doloroso frangente degli Anni di piombo. Attraverso i toni fortemente crepuscolari che caratterizzano il racconto, Scola rincara la dose annunciando la morte della commedia all’italiana, non si può più ridere di gusto come una volta, ma solo sorridere del presente con consapevolezza e nostalgia. Stupefacente, in questo senso, è il carosello dei personaggi (costruito su un magnifico cast che vede alternarsi Marcello Mastroianni, Hanna Schygulla, Harvey Keitel, Laura Betti, Jean-Claude Brialy, Andréa Ferrol, Jean- Luis Trintignant e Michel Piccoli), maschere tragiche che barcollano verso l’oblio.
Disponibile su Amazon Prime Video.
17 maggio. Frenesia del piacere (1964) di Jack Clayton
Jack Clayton è stato un regista troppo a lungo dimenticato, un autore brillante che, attraverso una grande raffinatezza, ha saputo raccontare storie uniche nel loro genere. Dopo essersi cimentato con le atmosfere gotiche di The Innocents (1961), riuscitissimo adattamento del racconto Giro di vite (1898) di Henry James, il cineasta decide di realizzare un ritratto, enigmatico e nevrastenico, della borghesia britannica di inizio anni sessanta. Frenesia del piacere è un sincopato viaggio nella psiche di Jo, l’iconica protagonista interpretata da una superlativa Anne Bancroft - giustamente premiata con il Prix d'interprétation féminine durante la 17ª edizione del Festival di Cannes e nominata all’Oscar - che qui si sottopone ad un vero e proprio tour de force recitativo. Un’opera scomoda, che si muove nello spazio dell’anomalia e che viene fortemente influenzata dalla visione, distorta e mostruosa, della scrittura di Harold Pinter - che proprio in questi anni realizzerà le geniali sceneggiature de Il servo (1963) e L’incidente (1966).
Disponibile su Amazon Prime Video.
22 maggio. La regina Margot (1994) di Patrice Chéreau
Violento, carnale e selvaggio, La regina Margot rappresenta uno degli apici della filmografia di Patrice Chéreau, la saturazione di un’instancabile ricerca sulle infinte modalità espressive degli attori. Adattando l’omonimo romanzo di Alexander Dumas, Chéreau trova l’occasione per sperimentare sull'immagine ispirandosi all’illuminazione dei quadri rinascimentali di Lippi e Montega. La cura riservata ad ogni particolare, dalla fotografia di Philippe Rousselot ai costumi di Moidele Bickel fino all’accurata sceneggiatura scritta a quattro mani da Danièle Thompson e dallo stesso Chéreau, concorrono nel creare un dramma storico straordinariamente raffinato e impenetrabile. Merito anche dell’ensamble attoriale che si cala con cieca dedizione, e splendidi risultati, nei panni dei componenti della stirpe reale dei Valois. La coralità del film permette a ogni singolo interprete del ricco cast - composto da nomi come Jean-Hugues Anglade, Dominique Blanc, Daniel Auteuil e Pascal Greggory - di spiccare, ma sono Isabelle Adjani e Virna Lisi - riconosciuta con il Prix d'interprétation féminine alla 47ª edizione del Festival di Cannes - le vere padrone della scena. Chéreau si concentra sullo scontro psicologico tra le due attrici, nei panni di Caterina de’Medici e sua figlia Margot, tingendo la trama con delle sfumature melodrammatiche rosso sangue.
26 maggio. Vogliamo vivere! (1942) di Ernst Lubitsch
Uscito dalla tagliente penna di Edwin Justus Mayer e diretto con irripetibile maestria dal “guru” della commedia Ernst Lubitsch, Vogliamo Vivere! è un film che ricopre un posto di diritto nei grandi classici del cinema. Una satira impeccabile e perfettamente cadenzata che riesce a far riflettere sull’insensatezza della guerra e ridere di cuore. Il fine umorismo europeo di Lubitsch arricchisce il lungometraggio di sfumature inaspettate e sorprendenti. Perfette le parole del critico Gianni Volpi nel descrivere la potenza di un’opera talmente sublime da essere indefinibile: «Lubitsch osa l’inosabile, far ridere della paura, mettere in satira l’orrore nazista, e ne fa un capolavoro. Il film è tutto nel sapiente gioco di riflessi che viene a istituirsi. Il regista ha usato le sue armi: del resto ogni vera commedia non è sospesa su un abisso?».
Disponibile su MUBI.
31 maggio. Estate '85 (2020) di François Ozon
Caratterizzato da delle splendide tonalità acquarello, Estate ‘85 è un poetico racconto di formazione sentimentale. Il francese François Ozon costruisce uno dei suoi film più toccanti e, adattando in prima persona il romanzo Danza sulla mia tomba dello scrittore anglofono Aidan Chambers, ripercorre la sua stessa giovinezza proiettandosi nella figura dell’angelico protagonista. Perdendosi in un vortice di eros e morte, Estate ‘85 cattura l’anima dello spettatore che, travolto dalla potenza di una storia narrata con struggente intensità, non può che rimanere ossessionato dalle immagini che sono appena passate davanti ai suoi occhi.