NC-105
09.04.2022
Agli Oscar di quest’anno Kristen Stewart era tra le cinque candidate al premio di migliore attrice protagonista per la sua interpretazione della principessa Diana nel film Spencer del regista cileno Pablo Larraín. Pur non avendo ricevuto la statuetta, difficilmente ci si dimenticherà della sua interpretazione. In un film che si discosta dagli stereotipi del biopic tradizionale per raccontare il mondo interiore di Lady Diana, Kristen Stewart è perfetta nell’assorbire fin dalla prima sequenza la personalità della principessa. Dalla postura ai movimenti del corpo fino alle microespressioni del volto, si arriva a un punto della narrazione visiva in cui i confini tra persona e personaggio si fanno indistinguibili. Divenuta celebre nell’immaginario dei più per la sua interpretazione nei panni di Bella Swan in tutti i film della saga di Twilight, Kristen Stewart, che oggi compie 32 anni, è riuscita nel corso del tempo a reinventarsi costantemente, cambiando pelle, recitando sotto la direzione di alcuni dei più grandi registi contemporanei e diventando così una delle ultime vere icone del cinema contemporaneo.
Stewart inizia la carriera giovanissima; il suo esordio cinematografico la vede ricoprire un piccolo ruolo in The Safety of Objects, racconto corale per la regia di Rose Troche. Ma è Panic Room (2002) il film che la consacra, seppur ancora bambina, come volto noto al grande pubblico. Per la regia di David Fincher, Panic Room è un thriller claustrofobico e una perfetta macchina di adrenalina e suspense che vede Kristen Stewart a fianco di una straordinaria Jodie Foster. Tra il 2002 e il 2008, anno di uscita di Twilight, Stewart ricopre ruoli molto diversi, spaziando tra film drammatici come Speak di Jessica Sharzer o Fierce People al fianco di Diane Lane, Donald Sutherland e Chris Evans, e horror o commedie d’intrattenimento. Nel 2008 arriva la fama. Il volto e il nome di Kristen Stewart cominciano a fare il giro del mondo, insieme a quello di Robert Pattinson, controparte maschile nella saga sui vampiri. I due insieme sono perfetti. Giovani, misteriosi e bellissimi, le voci sulla loro presunta relazione li portano sulle vette della notorietà.
Quando si è di fronte a fenomeni del genere, il rischio di terminare il proprio successo di pari passo con la fine del ruolo è sempre molto alto. Kristen Stewart però non smette di lavorare, diversificando le sue parti e accettando ruoli da protagonista e non in film di produzione americana. Nel 2014 la svolta. Il regista francese Olivier Assayas la sceglie come coprotagonista a fianco della splendida Juliette Binoche per Sils Maria. Il film, di produzione franco tedesca, ha una struttura complessa e riflette sulla costruzione identitaria di Maria (Juliette Binoche), attrice di teatro che si trova costretta a indossare i panni di un altro personaggio femminile (e più in là con gli anni) nel remake dello stesso spettacolo grazie a cui da giovane aveva raggiunto successo. Il complesso rapporto tra personaggio e persona nella finzione dell’opera sembra quindi replicarsi tra la protagonista e la sua assistente Valentine (Kristen Stewart). Il rapporto tra attrice e assistente è un topos della Hollywood classica, ma nel film di Assayas si rivela solo una delle false piste, suggerito e poi disatteso. Kristen Stewart non vuole prendere il posto della diva, bensì instaura con lei un rapporto ambiguo, a tratti simbiotico. Due donne che sono specchio di due generazioni diverse a confronto l’una con l’altra, in un fine gioco di rimandi cinematografici sapientemente architettato dal regista.
La collaborazione con il regista francese continua nel 2016 con Personal Shopper, film che valse al regista il premio per la migliore regia al festival di Cannes. In una Parigi che appare svuotata, Kristen Stewart è l’unico riferimento dello spettatore. Maureen ha un lavoro che detesta, si occupa del guardaroba di una celebrità della moda. Aspetta un segno dallo spirito del fratello gemello Lewis, morto pochi mesi prima. La sua è una dimensione di sospensione e attesa. Sotto le vesti di una ghost story, Assayas costruisce un film che scava nella natura del cinema come strumento di contatto tra ciò che è reale e tangibile e quel che non si vede. Kristen Stewart è l’unico elemento vivo fatto di carne e sangue, la macchina da presa la segue esprimendone sensazioni, desideri e timori. Maureen brama i vestiti d’alta moda che non le appartengono, è alla ricerca di un segnale dall’aldilà da cui è attratta ma al contempo spaventata.
Sempre nel 2016 Kristen Stewart è una delle protagoniste a fianco di Jesse Eisenberg di Cafè Society di Woody Allen. Un film leggiadro, ironico (di un’ironia tipicamente alleniana), amaro e nostalgico. L’opera, ambientata negli anni Trenta, segue il viaggio di Bobby da New York a Los Angeles e racconta lo scontro tra aspirazioni e realtà di un giovane in cerca di successo. All’interno di un universo narrativo tanto circoscritto quanto universale, Kristen Stewart col suo viso aperto e gli occhi ridenti rappresenta il vero motore dell’azione, ragazza fragile e carica di fascino, deus ex machina dell’impianto narrativo.
Da sottolineare dunque è la capacità di quest’attrice di modellare la propria recitazione di volta in volta in progetti di natura estremamente diversa, che si tratti di grandi blockbuster americani, di film in cui a prevalere è la visione autoriale o di biopic (si pensi a Seberg, 2019, in cui veste i panni di Jean Seberg, o al suddetto Spencer). Un personaggio divisivo, amato e odiato, senza dubbio una figura carismatica in grado come nessun’altra oggi nel mondo del cinema di far discutere e appassionare.
NC-105
09.04.2022
Agli Oscar di quest’anno Kristen Stewart era tra le cinque candidate al premio di migliore attrice protagonista per la sua interpretazione della principessa Diana nel film Spencer del regista cileno Pablo Larraín. Pur non avendo ricevuto la statuetta, difficilmente ci si dimenticherà della sua interpretazione. In un film che si discosta dagli stereotipi del biopic tradizionale per raccontare il mondo interiore di Lady Diana, Kristen Stewart è perfetta nell’assorbire fin dalla prima sequenza la personalità della principessa. Dalla postura ai movimenti del corpo fino alle microespressioni del volto, si arriva a un punto della narrazione visiva in cui i confini tra persona e personaggio si fanno indistinguibili. Divenuta celebre nell’immaginario dei più per la sua interpretazione nei panni di Bella Swan in tutti i film della saga di Twilight, Kristen Stewart, che oggi compie 32 anni, è riuscita nel corso del tempo a reinventarsi costantemente, cambiando pelle, recitando sotto la direzione di alcuni dei più grandi registi contemporanei e diventando così una delle ultime vere icone del cinema contemporaneo.
Stewart inizia la carriera giovanissima; il suo esordio cinematografico la vede ricoprire un piccolo ruolo in The Safety of Objects, racconto corale per la regia di Rose Troche. Ma è Panic Room (2002) il film che la consacra, seppur ancora bambina, come volto noto al grande pubblico. Per la regia di David Fincher, Panic Room è un thriller claustrofobico e una perfetta macchina di adrenalina e suspense che vede Kristen Stewart a fianco di una straordinaria Jodie Foster. Tra il 2002 e il 2008, anno di uscita di Twilight, Stewart ricopre ruoli molto diversi, spaziando tra film drammatici come Speak di Jessica Sharzer o Fierce People al fianco di Diane Lane, Donald Sutherland e Chris Evans, e horror o commedie d’intrattenimento. Nel 2008 arriva la fama. Il volto e il nome di Kristen Stewart cominciano a fare il giro del mondo, insieme a quello di Robert Pattinson, controparte maschile nella saga sui vampiri. I due insieme sono perfetti. Giovani, misteriosi e bellissimi, le voci sulla loro presunta relazione li portano sulle vette della notorietà.
Quando si è di fronte a fenomeni del genere, il rischio di terminare il proprio successo di pari passo con la fine del ruolo è sempre molto alto. Kristen Stewart però non smette di lavorare, diversificando le sue parti e accettando ruoli da protagonista e non in film di produzione americana. Nel 2014 la svolta. Il regista francese Olivier Assayas la sceglie come coprotagonista a fianco della splendida Juliette Binoche per Sils Maria. Il film, di produzione franco tedesca, ha una struttura complessa e riflette sulla costruzione identitaria di Maria (Juliette Binoche), attrice di teatro che si trova costretta a indossare i panni di un altro personaggio femminile (e più in là con gli anni) nel remake dello stesso spettacolo grazie a cui da giovane aveva raggiunto successo. Il complesso rapporto tra personaggio e persona nella finzione dell’opera sembra quindi replicarsi tra la protagonista e la sua assistente Valentine (Kristen Stewart). Il rapporto tra attrice e assistente è un topos della Hollywood classica, ma nel film di Assayas si rivela solo una delle false piste, suggerito e poi disatteso. Kristen Stewart non vuole prendere il posto della diva, bensì instaura con lei un rapporto ambiguo, a tratti simbiotico. Due donne che sono specchio di due generazioni diverse a confronto l’una con l’altra, in un fine gioco di rimandi cinematografici sapientemente architettato dal regista.
La collaborazione con il regista francese continua nel 2016 con Personal Shopper, film che valse al regista il premio per la migliore regia al festival di Cannes. In una Parigi che appare svuotata, Kristen Stewart è l’unico riferimento dello spettatore. Maureen ha un lavoro che detesta, si occupa del guardaroba di una celebrità della moda. Aspetta un segno dallo spirito del fratello gemello Lewis, morto pochi mesi prima. La sua è una dimensione di sospensione e attesa. Sotto le vesti di una ghost story, Assayas costruisce un film che scava nella natura del cinema come strumento di contatto tra ciò che è reale e tangibile e quel che non si vede. Kristen Stewart è l’unico elemento vivo fatto di carne e sangue, la macchina da presa la segue esprimendone sensazioni, desideri e timori. Maureen brama i vestiti d’alta moda che non le appartengono, è alla ricerca di un segnale dall’aldilà da cui è attratta ma al contempo spaventata.
Sempre nel 2016 Kristen Stewart è una delle protagoniste a fianco di Jesse Eisenberg di Cafè Society di Woody Allen. Un film leggiadro, ironico (di un’ironia tipicamente alleniana), amaro e nostalgico. L’opera, ambientata negli anni Trenta, segue il viaggio di Bobby da New York a Los Angeles e racconta lo scontro tra aspirazioni e realtà di un giovane in cerca di successo. All’interno di un universo narrativo tanto circoscritto quanto universale, Kristen Stewart col suo viso aperto e gli occhi ridenti rappresenta il vero motore dell’azione, ragazza fragile e carica di fascino, deus ex machina dell’impianto narrativo.
Da sottolineare dunque è la capacità di quest’attrice di modellare la propria recitazione di volta in volta in progetti di natura estremamente diversa, che si tratti di grandi blockbuster americani, di film in cui a prevalere è la visione autoriale o di biopic (si pensi a Seberg, 2019, in cui veste i panni di Jean Seberg, o al suddetto Spencer). Un personaggio divisivo, amato e odiato, senza dubbio una figura carismatica in grado come nessun’altra oggi nel mondo del cinema di far discutere e appassionare.