NC-182
09.01.2024
Con la notte del 7 Gennaio si è dato finalmente inizio alla nuova stagione dei premi del cinema americano attraverso la serata dei “famigerati” Golden Globes. Negli ultimi anni questi riconoscimenti hanno assunto una sorta di ruolo di predizione rispetto agli Oscar. In molti guardano ai Globes come alla bussola che meglio può indicare le direzioni che prenderanno i nuovi premi della stagione dell’Academy. Quest’anno si è segnato un primato anche televisivo per quel che riguarda la manifestazione: l’edizione 2024 è stata infatti la prima ad andare ufficialmente in onda in worldwide sulla CBS.
Non è l’unica trasformazione del primo importante appuntamento dell’anno cinematografico americano. Infatti, per la prima volta, è stato addirittura triplicato il numero di giurati che hanno decretato i film a cui sono stati assegnati i premi. Non più 100, come nelle stagioni passate, ma 300. Un segnale molto importante, che in qualche modo contribuirà, anche prossimamente, a rendere la sfida all’interno delle premiazioni tra i film in competizione ancora più ostica e difficoltosa da prevedere. Naturalmente, chi ne ha giovato in modo netto è "lo spettacolo", vero alfiere di punta di tutte le manifestazioni più importanti dell’anno.
Le pellicole in competizione sono state di qualità molto alta, il successo di esse, però, dipende solo in maniera parziale dalla loro effettiva artisticità. Ad essere presi in causa, infatti, sono elementi come la visibilità o la campagna promozionale che le case produttrici hanno riservato ai lavori in gara. Proprio in virtù di questi particolari metodi di scelta nel criterio relativo alle premiazioni, nel 2024 sembravano essere due i favoriti dell’anno. Parliamo, infatti, del film di Greta Gerwig, Barbie (2023), dedicato alla bambola più famosa di sempre, e di Christopher Nolan, Oppenheimer (2023), biopic sul creatore della bomba atomica.
Le chance relative ai due lavori erano da dividere al 50%. Infatti, la divisione che permette lo sdoppiamento della categoria del Miglior film in film drammatico e film comico/musicale poteva tranquillamente volgere la faccenda in favore dei due lungometraggi più chiacchierati della scorsa stagione cinematografica, anche in virtù del fenomeno “Barbienheimer”, in cui ciascuna delle due pellicole, uscite lo stesso giorno al cinema, ha trainato l’altra verso un successo di pubblico e critica a dir poco sfavillante.
Per quanto riguarda il Miglior film e la Miglior regia, tra gli sfidanti principali della coppia Gerwig/Nolan vi erano nomi d’alto peso. In prima fila l’eterno Martin Scorsese, che con il suo Killers Of The Flower Moon (2023) poteva rappresentare un pericoloso contendente. Gli altri candidati hanno invece rappresentato la grande varietà, e qualità, nel cinema dell’anno appena trascorso. La competizione era durissima: da Anatomie D’Une Chute (2023), opera diretta da Justine Triet e vincitrice della Palma d’Oro, a The Zone Of Interest (2023) di Jonathan Glazer, fino a Poor Things (2023), lungometraggio di Yorgos Lanthimos che, oltre ad essere premiato per il Miglior film comico/musicale e la Miglior attrice (per Emma Stone), è stato il vincitore del Leone d’Oro al Festival di Venezia.
In linea di massima, si può dire che i Golden Globes di quest’anno abbiano sancito il primo grande "trionfatore" e il primo grande "sconfitto" di questa stagione. Il fenomeno “Barbienheimer” ha riscosso successo solamente per quel che riguarda una metà di “coppia”. Mentre il lungometraggio di Christopher Nolan ha fatto incetta di premi (Miglior Film drammatico, Miglior regia, Miglior colonna sonora originale) quello di Greta Gerwig è infatti (quasi) rimasto a bocca asciutta, portando a casa solo due Golden Globes (Miglior canzone e Miglior incasso) a fronte delle sue nove nomination. Una vera e propria debacle, molto simile a quella affrontata agli Oscar del 2019 da The Favourite (2018) di Lanthimos, che su dieci nomination portò a casa solamente il premio per la Miglior attrice, conferito alla straordinaria Olivia Colman.
Di contro, quello di Christopher Nolan è stato un successo che, con ogni probabilità, si ripeterà anche agli Oscar. Occhio agli outsider, però: nella categoria relativa alla Miglior commedia ha trionfato Poor Things (2023), che a seguito della vittoria veneziana si candida come antagonista più forte di Oppenheimer ai prossimi Oscar.
Oppenheimer ha insomma “cannibalizzato” le statuette, portando al successo anche i suoi due attori Cillian Murphy (Miglior attore in un film drammatico) e Robert Downey Jr. (Miglior attore non protagonista), quasi certamente favoriti agli Oscar, con Leonardo DiCaprio, Paul Giamatti, Robert De Niro e Ryan Gosling che partiranno “in seconda fila”, costretti a rincorrere un dominio praticamente certificato. In contemporanea, Barbie, che si sperava potesse dare battaglia alla creatura di Nolan, ne esce incredibilmente sconfitto.
Sono avvenuti, però, anche trionfi inaspettati all’interno della serata. Il più lieto è stato quello da parte dell’eterno Hayao Miyazaki nella categoria per il Miglior film d’animazione. The Boy And The Heron (2023), uno dei suoi lavori più ipnotici, ha interrotto, per la prima volta dopo molto tempo, l’egemonia americana sul premio relativo al film d’animazione. Merito di un prodotto eccelso, che conferma la sensibilità unica di un autore sempre troppo poco celebrato. Una vittoria, dunque, più che meritata.
Un’altra grande sorpresa è accaduta per il premio alla miglior sceneggiatura. A discapito di tutti i pronostici, e più che giustamente, soprattutto per via di una scrittura davvero intelligente e di ferro, Anatomie D’Une Chute di Justine Triet ha soffiato il Globe a giganti come Oppenheimer, Barbie e Poor Things, sbaragliando la concorrenza.
Le più grosse delusioni hanno riguardato, di contro, senza dubbio Killers Of The Flower Moon di Scorsese, che si è aggiudicato un solo premio - Miglior attrice in un film drammatico a Lily Gladstone - su sette nomination, mostrando come la debacle avuta con The Irishman (2019) fosse un sentore inequivocabile di un Academy che, ormai, piuttosto che privilegiare la qualità delle singole opere, si attacca al fenomeno del momento, come successo negli ultimi anni con i casi CODA (2022) ed Everything Everywhere All At Once (2023).
Con quest’anno, invece, l’effetto Parasite (2019) che aveva trainato anche il meraviglioso Drive My Car (2021) alla conquista di Golden Globe e Oscar, si può considerare definitivamente concluso. L’ibridazione Corea-USA, riproposta con Past Lives (2023), dopo il tentativo riuscito solamente in parte da Minari nel 2021, è definitivamente naufragata. Un chiaro segnale del fatto che, oltre ad essersi sgonfiato rispetto alla bolla di qualche anno fa, il cinema orientale imbastardito dagli americani non fa presa all’interno delle manifestazioni più importanti. Se però non si cambia marcia e si ritorna alle origini, si rischierà di avere un effetto boomerang non indifferente, che porterà nuovamente l’egemonia americana al comando, come del resto sta accadendo già in quest’ultimo periodo.
Proprio per questi motivi, anche nella categoria relativa al miglior film straniero non vi era la presenza di un film orientale (Past Lives è comunque co-prodotto dagli USA). Il cinema europeo, di contro, si difende molto bene e sembra essersi ripreso dopo una stagione di magra. Oltre alla vittoria della Triet, infatti, il dato impressionante è quello delle candidature, composte praticamente da soli Paesi europei, tolto il film di Celine Song. Un chiaro segnale di una stagione cinematografica in cui il Vecchio Continente ha colto decisamente nel segno.
In generale, il dato più forte che risulta dalla serata dei Golden Globes è quello di un’inversione di tendenza in molte delle categorie presenti, che finalmente sembrano aver premiato il merito a discapito del nome e della fama. Che questo possa essere di buon auspicio per godere di Premi Oscar contraddistinti da nomination e vincitori convincenti, in nome del cinema, e non solamente da figurine e star come si è verificato a più riprese negli ultimi anni? Ai posteri l’ardua sentenza. Intanto, la strada intrapresa sembra essere proprio questa: quella di una trasformazione che possa coinvolgere la manifestazione e tutti gli addetti ai lavori.
NC-182
09.01.2024
Con la notte del 7 Gennaio si è dato finalmente inizio alla nuova stagione dei premi del cinema americano attraverso la serata dei “famigerati” Golden Globes. Negli ultimi anni questi riconoscimenti hanno assunto una sorta di ruolo di predizione rispetto agli Oscar. In molti guardano ai Globes come alla bussola che meglio può indicare le direzioni che prenderanno i nuovi premi della stagione dell’Academy. Quest’anno si è segnato un primato anche televisivo per quel che riguarda la manifestazione: l’edizione 2024 è stata infatti la prima ad andare ufficialmente in onda in worldwide sulla CBS.
Non è l’unica trasformazione del primo importante appuntamento dell’anno cinematografico americano. Infatti, per la prima volta, è stato addirittura triplicato il numero di giurati che hanno decretato i film a cui sono stati assegnati i premi. Non più 100, come nelle stagioni passate, ma 300. Un segnale molto importante, che in qualche modo contribuirà, anche prossimamente, a rendere la sfida all’interno delle premiazioni tra i film in competizione ancora più ostica e difficoltosa da prevedere. Naturalmente, chi ne ha giovato in modo netto è "lo spettacolo", vero alfiere di punta di tutte le manifestazioni più importanti dell’anno.
Le pellicole in competizione sono state di qualità molto alta, il successo di esse, però, dipende solo in maniera parziale dalla loro effettiva artisticità. Ad essere presi in causa, infatti, sono elementi come la visibilità o la campagna promozionale che le case produttrici hanno riservato ai lavori in gara. Proprio in virtù di questi particolari metodi di scelta nel criterio relativo alle premiazioni, nel 2024 sembravano essere due i favoriti dell’anno. Parliamo, infatti, del film di Greta Gerwig, Barbie (2023), dedicato alla bambola più famosa di sempre, e di Christopher Nolan, Oppenheimer (2023), biopic sul creatore della bomba atomica.
Le chance relative ai due lavori erano da dividere al 50%. Infatti, la divisione che permette lo sdoppiamento della categoria del Miglior film in film drammatico e film comico/musicale poteva tranquillamente volgere la faccenda in favore dei due lungometraggi più chiacchierati della scorsa stagione cinematografica, anche in virtù del fenomeno “Barbienheimer”, in cui ciascuna delle due pellicole, uscite lo stesso giorno al cinema, ha trainato l’altra verso un successo di pubblico e critica a dir poco sfavillante.
Per quanto riguarda il Miglior film e la Miglior regia, tra gli sfidanti principali della coppia Gerwig/Nolan vi erano nomi d’alto peso. In prima fila l’eterno Martin Scorsese, che con il suo Killers Of The Flower Moon (2023) poteva rappresentare un pericoloso contendente. Gli altri candidati hanno invece rappresentato la grande varietà, e qualità, nel cinema dell’anno appena trascorso. La competizione era durissima: da Anatomie D’Une Chute (2023), opera diretta da Justine Triet e vincitrice della Palma d’Oro, a The Zone Of Interest (2023) di Jonathan Glazer, fino a Poor Things (2023), lungometraggio di Yorgos Lanthimos che, oltre ad essere premiato per il Miglior film comico/musicale e la Miglior attrice (per Emma Stone), è stato il vincitore del Leone d’Oro al Festival di Venezia.
In linea di massima, si può dire che i Golden Globes di quest’anno abbiano sancito il primo grande "trionfatore" e il primo grande "sconfitto" di questa stagione. Il fenomeno “Barbienheimer” ha riscosso successo solamente per quel che riguarda una metà di “coppia”. Mentre il lungometraggio di Christopher Nolan ha fatto incetta di premi (Miglior Film drammatico, Miglior regia, Miglior colonna sonora originale) quello di Greta Gerwig è infatti (quasi) rimasto a bocca asciutta, portando a casa solo due Golden Globes (Miglior canzone e Miglior incasso) a fronte delle sue nove nomination. Una vera e propria debacle, molto simile a quella affrontata agli Oscar del 2019 da The Favourite (2018) di Lanthimos, che su dieci nomination portò a casa solamente il premio per la Miglior attrice, conferito alla straordinaria Olivia Colman.
Di contro, quello di Christopher Nolan è stato un successo che, con ogni probabilità, si ripeterà anche agli Oscar. Occhio agli outsider, però: nella categoria relativa alla Miglior commedia ha trionfato Poor Things (2023), che a seguito della vittoria veneziana si candida come antagonista più forte di Oppenheimer ai prossimi Oscar.
Oppenheimer ha insomma “cannibalizzato” le statuette, portando al successo anche i suoi due attori Cillian Murphy (Miglior attore in un film drammatico) e Robert Downey Jr. (Miglior attore non protagonista), quasi certamente favoriti agli Oscar, con Leonardo DiCaprio, Paul Giamatti, Robert De Niro e Ryan Gosling che partiranno “in seconda fila”, costretti a rincorrere un dominio praticamente certificato. In contemporanea, Barbie, che si sperava potesse dare battaglia alla creatura di Nolan, ne esce incredibilmente sconfitto.
Sono avvenuti, però, anche trionfi inaspettati all’interno della serata. Il più lieto è stato quello da parte dell’eterno Hayao Miyazaki nella categoria per il Miglior film d’animazione. The Boy And The Heron (2023), uno dei suoi lavori più ipnotici, ha interrotto, per la prima volta dopo molto tempo, l’egemonia americana sul premio relativo al film d’animazione. Merito di un prodotto eccelso, che conferma la sensibilità unica di un autore sempre troppo poco celebrato. Una vittoria, dunque, più che meritata.
Un’altra grande sorpresa è accaduta per il premio alla miglior sceneggiatura. A discapito di tutti i pronostici, e più che giustamente, soprattutto per via di una scrittura davvero intelligente e di ferro, Anatomie D’Une Chute di Justine Triet ha soffiato il Globe a giganti come Oppenheimer, Barbie e Poor Things, sbaragliando la concorrenza.
Le più grosse delusioni hanno riguardato, di contro, senza dubbio Killers Of The Flower Moon di Scorsese, che si è aggiudicato un solo premio - Miglior attrice in un film drammatico a Lily Gladstone - su sette nomination, mostrando come la debacle avuta con The Irishman (2019) fosse un sentore inequivocabile di un Academy che, ormai, piuttosto che privilegiare la qualità delle singole opere, si attacca al fenomeno del momento, come successo negli ultimi anni con i casi CODA (2022) ed Everything Everywhere All At Once (2023).
Con quest’anno, invece, l’effetto Parasite (2019) che aveva trainato anche il meraviglioso Drive My Car (2021) alla conquista di Golden Globe e Oscar, si può considerare definitivamente concluso. L’ibridazione Corea-USA, riproposta con Past Lives (2023), dopo il tentativo riuscito solamente in parte da Minari nel 2021, è definitivamente naufragata. Un chiaro segnale del fatto che, oltre ad essersi sgonfiato rispetto alla bolla di qualche anno fa, il cinema orientale imbastardito dagli americani non fa presa all’interno delle manifestazioni più importanti. Se però non si cambia marcia e si ritorna alle origini, si rischierà di avere un effetto boomerang non indifferente, che porterà nuovamente l’egemonia americana al comando, come del resto sta accadendo già in quest’ultimo periodo.
Proprio per questi motivi, anche nella categoria relativa al miglior film straniero non vi era la presenza di un film orientale (Past Lives è comunque co-prodotto dagli USA). Il cinema europeo, di contro, si difende molto bene e sembra essersi ripreso dopo una stagione di magra. Oltre alla vittoria della Triet, infatti, il dato impressionante è quello delle candidature, composte praticamente da soli Paesi europei, tolto il film di Celine Song. Un chiaro segnale di una stagione cinematografica in cui il Vecchio Continente ha colto decisamente nel segno.
In generale, il dato più forte che risulta dalla serata dei Golden Globes è quello di un’inversione di tendenza in molte delle categorie presenti, che finalmente sembrano aver premiato il merito a discapito del nome e della fama. Che questo possa essere di buon auspicio per godere di Premi Oscar contraddistinti da nomination e vincitori convincenti, in nome del cinema, e non solamente da figurine e star come si è verificato a più riprese negli ultimi anni? Ai posteri l’ardua sentenza. Intanto, la strada intrapresa sembra essere proprio questa: quella di una trasformazione che possa coinvolgere la manifestazione e tutti gli addetti ai lavori.