di Eric Scabar
NC-33
18.10.2020
È possibile riassumere un anno di cinema in poche righe? Cosa è successo nel…? è una rubrica in cui proveremo a darvi una panoramica, per quanto sintetica, di ciò che è accaduto in un anno solare nel mondo del cinema. In questo primo appuntamento vi raccontiamo il 1986.
Cominciamo da ciò che si è visto alla Berlinale, primo appuntamento annuale dei festival cosiddetti big three (assieme a Cannes e Venezia). In quell’anno Nanni Moretti vince l’Orso d’Argento, gran premio della giuria, con La messa è finita, film che prosegue l’esplorazione avviata con Bianca sulle difficoltà di costruire sani rapporti di coppia. Moretti con questo film rafforza la sua figura di regista di cinema d'essai esportabile all’estero, in un’epoca (gli anni ‘80) in cui l'autorialità italiana stava vivendo una profonda crisi identitaria. L’Orso d’Oro viene assegnato a Tema di Gleb Panfilov, realizzato nel 1979 ma fino ad allora mai distribuito in Unione Sovietica per problemi di censura. È una commedia metacinematografica su un drammaturgo che crede di essere un artista progressista ma finisce per scrivere solamente opere conformiste e vicine alle ideologie del regime. Attualmente questo film risulta essere praticamente introvabile, nonostante in quella edizione sia riuscito a vincere il premio più ambito sopra Platoon, grande apologo morale di Oliver Stone sulla guerra del Vietnam, ispirato ad eventi da lui stesso vissuti nel 1967-68, dato per favorito alla rassegna tedesca. Si rifarà alla notte degli Oscar dell’anno seguente, portando a casa 4 statuette tra le quali quella al miglior film e alla migliore regia. Sempre a Berlino Gian Maria Volontè vince il premio al miglior attore con Il caso Moro, diretto da Giuseppe Ferrara. Il tema della morte di Aldo Moro verrà ripreso il prossimo anno (2021) da Marco Bellocchio, che realizzerà la sua prima serie tv incentrata sul rapimento più famoso della storia della Repubblica Italiana. Concludiamo la parentesi Berlino citando l’esordio sulle passerelle internazionali di Leos Carax con Rosso Sangue, un noir fantascientifico squisitamente cinematografico che farà conoscere il suo enorme talento agli occhi della critica mondiale.
Alla 39ª edizione del Festival di Cannes il presidente di giuria Sydney Pollack consegna la Palma d’Oro a Mission di Roland Joffè, film contestatissimo dalla critica al momento dell’assegnazione (in quegli anni durante la premiazione i critici erano soliti fischiare per manifestare il loro dissenso). Chi scrive considera Mission un period-drama indelebile che ha fatto da apripista per molte produzioni successive fondate sul ripensamento di una grande tragedia storica collettiva. Questo genere di film è oggi ormai introvabile sul mercato cinematografico, l’ultimo esempio di un grande investimento per un’opera di questo tipo è Silence di Martin Scorsese, che vede Liam Neeson ricoprire un ruolo molto simile a quello ricoperto anche in The Mission.
Sulla Croisette Roberto Benigni, protagonista di Down by Law di Jim Jarmusch, si farà notare dalla stampa internazionale dando spettacolo durante la conferenza del film (tanto da essere invitato quello stesso anno al David Letterman Show). Sempre a Cannes Scorsese presenta quello che ancora oggi può essere considerato il suo film più anarchico e atipico: Fuori Orario, vincitore del premio alla miglior regia. Il gran premio speciale della giuria viene assegnato a Sacrificio, ultima fatica di Tarkovskij, deceduto proprio nel 1986, ad oggi considerato uno dei suoi più grandi capolavori.
A Venezia 43 la Biennale prosegue il suo percorso di “restauro” dopo la profondissima crisi degli anni ‘70, quando per un decennio il festival divenne non competitivo e la manifestazione rischiò di fallire più volte. Nel 1986 vediamo film provenienti da ogni parte del pianeta, in linea con Cannes e Berlino che in quegli anni avevano iniziato a dare grande visibilità alle produzioni indipendenti dai paesi più disparati. Ma il clamoroso escluso dal festival è David Lynch che con il suo Velluto Blu non viene nemmeno inserito nella selezione ufficiale.
Nel palmarès della 43ª Mostra di Venezia viene premiata quasi esclusivamente l’Italia,con quattro premi su cinque, spartiti tra Storia d’amore di Francesco Maselli e Regalo di Natale di Pupi Avati, a cui si aggiunge il premio alla carriera ai fratelli Taviani. Il Leone d’Oro viene invece assegnato a Il raggio verde di Eric Rohmer. Il film è la quintessenza della poetica rohmeriana, uno dei suoi film più indimenticabili che, in qualche modo, si collega tematicamente a La messa è finita di Moretti. In questo caso la pellicola narra le vicende di Delphine, una donna che vive una profonda crisi esistenziale di mezza età legata al suo travagliato rapporto con l’amore. Durante il film la vediamo affrontare questa crisi con lunghi dialoghi e passeggiate durante una vacanza in Costa Azzurra.
Al di là dei grandi festival, quali sono stati i film che hanno spopolato al box office? Ci sono due pellicole che si sono imposte su tutte, incassando più del doppio rispetto a quelle che le seguono: Top Gun e Mr. Crocodile Dundee. Il film con protagonista Tom Cruise, a fronte di un budget di soli 15 milioni di dollari, è stato il re del box office internazionale incassando 356 milioni e consacrando Cruise come la più importante star di Hollywood in ascesa. Top Gun è un film figlio dell’era reaganiana, un manifesto della cultura guerrafondaia degli Stati Uniti celebrata attraverso la supremazia della loro aviazione. Mr. Crocodile Dundee è invece un’action comedy commerciale in pieno spirito anni ‘80 di produzione australiana.
Tra i film che invece si sono imposti come manifesto pop della settima arte non possiamo non citare Stand by Me. Questo film, uscito un anno dopo il fortunatissimo The Goonies, è un’altra pietra miliare che ha focalizzato l’attenzione delle produzioni americane sui coming-of-age con protagonisti i bambini, che in quegli anni (e nei successivi) spopoleranno.
Il nostro viaggio nel 1986 prosegue con la notte degli Oscar che, come anticipato, ha visto trionfare Platoon. Tra i candidati di quell’anno non possiamo non menzionare Hannah e le sue sorelle. Presentato fuori concorso a Cannes, il 15° film di Woody Allen è un appassionato viaggio all’interno di una famiglia composta da tre sorelle alle prese con uomini insicuri ed egoisti. Un excursus intimista che segna uno dei momenti più alti della scrittura Alleniana degli anni ‘80, premiato con l’Oscar alla migliore sceneggiatura.
Terminiamo con l’immagine piú eloquente di quella serata: il volto speranzoso di David Lynch che stringe un pezzo di velluto blu durante la premiazione della statuetta al miglior regista. Personalmente ritengo che Blue Velvet sia il film più importante di quell’anno. Con quest’opera Lynch tenta di mostrare come dietro all’America più benestante e moderata si possa nascondere una brutalità inimmaginabile. Stilisticamente, Lynch ci introduce in quel mondo ricorrendo alla dimensione della soap opera rassicurante, salvo poi sconvolgerci con un’esplosione di violenza disturbante. Lynch ha creato un mash-up stilistico che si distacca da qualsiasi immaginario visto prima al cinema. Un film così singolare da permettergli di creare una serie tv, Twin Peaks, che cambierà le regole della narrazione televisiva e rappresenterà la più grande minaccia mai esistita per il cinema.
di Eric Scabar
NC-33
18.10.2020
È possibile riassumere un anno di cinema in poche righe? Cosa è successo nel…? è una rubrica in cui proveremo a darvi una panoramica, per quanto sintetica, di ciò che è accaduto in un anno solare nel mondo del cinema. In questo primo appuntamento vi raccontiamo il 1986.
Cominciamo da ciò che si è visto alla Berlinale, primo appuntamento annuale dei festival cosiddetti big three (assieme a Cannes e Venezia). In quell’anno Nanni Moretti vince l’Orso d’Argento, gran premio della giuria, con La messa è finita, film che prosegue l’esplorazione avviata con Bianca sulle difficoltà di costruire sani rapporti di coppia. Moretti con questo film rafforza la sua figura di regista di cinema d'essai esportabile all’estero, in un’epoca (gli anni ‘80) in cui l'autorialità italiana stava vivendo una profonda crisi identitaria. L’Orso d’Oro viene assegnato a Tema di Gleb Panfilov, realizzato nel 1979 ma fino ad allora mai distribuito in Unione Sovietica per problemi di censura. È una commedia metacinematografica su un drammaturgo che crede di essere un artista progressista ma finisce per scrivere solamente opere conformiste e vicine alle ideologie del regime. Attualmente questo film risulta essere praticamente introvabile, nonostante in quella edizione sia riuscito a vincere il premio più ambito sopra Platoon, grande apologo morale di Oliver Stone sulla guerra del Vietnam, ispirato ad eventi da lui stesso vissuti nel 1967-68, dato per favorito alla rassegna tedesca. Si rifarà alla notte degli Oscar dell’anno seguente, portando a casa 4 statuette tra le quali quella al miglior film e alla migliore regia. Sempre a Berlino Gian Maria Volontè vince il premio al miglior attore con Il caso Moro, diretto da Giuseppe Ferrara. Il tema della morte di Aldo Moro verrà ripreso il prossimo anno (2021) da Marco Bellocchio, che realizzerà la sua prima serie tv incentrata sul rapimento più famoso della storia della Repubblica Italiana. Concludiamo la parentesi Berlino citando l’esordio sulle passerelle internazionali di Leos Carax con Rosso Sangue, un noir fantascientifico squisitamente cinematografico che farà conoscere il suo enorme talento agli occhi della critica mondiale.
Alla 39ª edizione del Festival di Cannes il presidente di giuria Sydney Pollack consegna la Palma d’Oro a Mission di Roland Joffè, film contestatissimo dalla critica al momento dell’assegnazione (in quegli anni durante la premiazione i critici erano soliti fischiare per manifestare il loro dissenso). Chi scrive considera Mission un period-drama indelebile che ha fatto da apripista per molte produzioni successive fondate sul ripensamento di una grande tragedia storica collettiva. Questo genere di film è oggi ormai introvabile sul mercato cinematografico, l’ultimo esempio di un grande investimento per un’opera di questo tipo è Silence di Martin Scorsese, che vede Liam Neeson ricoprire un ruolo molto simile a quello ricoperto anche in The Mission.
Sulla Croisette Roberto Benigni, protagonista di Down by Law di Jim Jarmusch, si farà notare dalla stampa internazionale dando spettacolo durante la conferenza del film (tanto da essere invitato quello stesso anno al David Letterman Show). Sempre a Cannes Scorsese presenta quello che ancora oggi può essere considerato il suo film più anarchico e atipico: Fuori Orario, vincitore del premio alla miglior regia. Il gran premio speciale della giuria viene assegnato a Sacrificio, ultima fatica di Tarkovskij, deceduto proprio nel 1986, ad oggi considerato uno dei suoi più grandi capolavori.
Nel palmarès della 43ª Mostra di Venezia viene premiata quasi esclusivamente l’Italia,con quattro premi su cinque, spartiti tra Storia d’amore di Francesco Maselli e Regalo di Natale di Pupi Avati, a cui si aggiunge il premio alla carriera ai fratelli Taviani. Il Leone d’Oro viene invece assegnato a Il raggio verde di Eric Rohmer. Il film è la quintessenza della poetica rohmeriana, uno dei suoi film più indimenticabili che, in qualche modo, si collega tematicamente a La messa è finita di Moretti. In questo caso la pellicola narra le vicende di Delphine, una donna che vive una profonda crisi esistenziale di mezza età legata al suo travagliato rapporto con l’amore. Durante il film la vediamo affrontare questa crisi con lunghi dialoghi e passeggiate durante una vacanza in Costa Azzurra.
Al di là dei grandi festival, quali sono stati i film che hanno spopolato al box office? Ci sono due pellicole che si sono imposte su tutte, incassando più del doppio rispetto a quelle che le seguono: Top Gun e Mr. Crocodile Dundee. Il film con protagonista Tom Cruise, a fronte di un budget di soli 15 milioni di dollari, è stato il re del box office internazionale incassando 356 milioni e consacrando Cruise come la più importante star di Hollywood in ascesa. Top Gun è un film figlio dell’era reaganiana, un manifesto della cultura guerrafondaia degli Stati Uniti celebrata attraverso la supremazia della loro aviazione. Mr. Crocodile Dundee è invece un’action comedy commerciale in pieno spirito anni ‘80 di produzione australiana.
Tra i film che invece si sono imposti come manifesto pop della settima arte non possiamo non citare Stand by Me. Questo film, uscito un anno dopo il fortunatissimo The Goonies, è un’altra pietra miliare che ha focalizzato l’attenzione delle produzioni americane sui coming-of-age con protagonisti i bambini, che in quegli anni (e nei successivi) spopoleranno.
Il nostro viaggio nel 1986 prosegue con la notte degli Oscar che, come anticipato, ha visto trionfare Platoon. Tra i candidati di quell’anno non possiamo non menzionare Hannah e le sue sorelle. Presentato fuori concorso a Cannes, il 15° film di Woody Allen è un appassionato viaggio all’interno di una famiglia composta da tre sorelle alle prese con uomini insicuri ed egoisti. Un excursus intimista che segna uno dei momenti più alti della scrittura Alleniana degli anni ‘80, premiato con l’Oscar alla migliore sceneggiatura.
Terminiamo con l’immagine piú eloquente di quella serata: il volto speranzoso di David Lynch che stringe un pezzo di velluto blu durante la premiazione della statuetta al miglior regista. Personalmente ritengo che Blue Velvet sia il film più importante di quell’anno. Con quest’opera Lynch tenta di mostrare come dietro all’America più benestante e moderata si possa nascondere una brutalità inimmaginabile. Stilisticamente, Lynch ci introduce in quel mondo ricorrendo alla dimensione della soap opera rassicurante, salvo poi sconvolgerci con un’esplosione di violenza disturbante. Lynch ha creato un mash-up stilistico che si distacca da qualsiasi immaginario visto prima al cinema. Un film così singolare da permettergli di creare una serie tv, Twin Peaks, che cambierà le regole della narrazione televisiva e rappresenterà la più grande minaccia mai esistita per il cinema.