NC-173
30.10.2023
Oggi si conclude la XVI edizione di Archivio Aperto, il festival cinematografico di Bologna organizzato da Home Movies e interamente dedicato al riuso di materiali d’archivio e memorie famigliari. Questa edizione - la seconda con un concorso di respiro internazionale - è stata caratterizzata da una selezione di straordinario eclettismo, in cui il “pensare l’archivio” ha assunto le forme più disparate, originali e inconsuete. Vogliamo quindi segnalare alcune visioni di particolare rilevanza, documentari e film sperimentali che nei loro rapporti con la memoria e il passato hanno saputo legarsi con incredibile urgenza al momento presente.
Mast-del di Maryam Tafakory
Il cinema dell’iraniana Tafakory è in grado di coniugare ambizioni saggistiche con intuizioni poetiche e a far compenetrare la riflessione sulla forma filmica in un discorso di dolorosa autobiografia. Lontano da qualsiasi retorica facile sulla violenza di genere e sulla repressione sessuale, il suo ultimo cortometraggio è un lavoro di struggente delicatezza, in cui inquadrature al negativo sui corpi nudi dell’autrice e della sua compagna si mescolano a scene del cinema iraniano post-rivoluzione. Ricostruire la propria storia grazie al cinema, nel tentativo di colmare lacune, ferite e limiti della rappresentazione. Ritrovare se stessi al negativo, nel dolore di un amore proibito e nel silenzio del discorso. Mast-del è un film piccolo e sussurrato che riecheggia come una grande canzone d’amore.
A History of the World According to Getty Images di Richard Misek
Quello di Misek è un film-saggio che con piglio lucido e divertito illustra uno dei problemi principali del cinema d’archivio contemporaneo: il dominio degli archivi privati. Misek monta in successione alcuni momenti iconici della storia moderna - dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale all’attacco alle Torri Gemelle, dalle prime acrobazie in volo ai più recenti disastri ecologici. Ma sulle immagini è impresso il watermark di Getty Images, il più grande archivio privato del mondo. La riflessione di Misek parte proprio da uno studio approfondito dei filmati disponibili sul servizio e da un interrogativo sulla legittimità del loro sfruttamento commerciale (se Misek avesse voluto noleggiare gli stessi filmati in modo professionale avrebbe dovuto spendere più di 40.000 dollari). La storia del mondo raccontata da Misek è una riflessione puntuale sui rapporti di potere che legano le immagini al mercato. E nel raccontare questa storia in un cortometraggio copyright free, l’autore si pone di fatto con spirito sovversivo verso un sistema che è tutto da combattere. Un curioso film di denuncia che è anche un profondo gesto d’amore verso il cinema.
El juicio di Ulises de la Orden
30.000 desaparecidos e almeno 2.300 omicidi politici. Eppure i numeri non bastano a restituire la gravità dei crimini di guerra di cui si sono macchiate le Giunte militari dell’ultima dittatura argentina tra il 1976 e il 1983. La violenza di quei giorni non è da ricercare nell’astrattezza dei dati, ma nella concretezza delle testimonianze. Il regista argentino Ulises de la Orden attinge a un archivio di oltre 530 ore di registrazioni su nastri U-matic che documentano uno dei processi giudiziari più importanti e strazianti della storia moderna. Grazie a un montaggio puntuale che ha del prodigioso, de la Orden e il montatore Alberto Ponce condensano in una durata di appena 3 ore un processo che si è protratto per oltre 90 giorni, riuscendo nell’impresa di restituire il cuore delle vicende giudiziarie nonché, di riflesso, il peso delle atrocità perpetrate al popolo argentino. Le immagini vengono accostate seguendo un ritmo che è assolutamente cinematografico, ma senza mai scadere in un alcun tipo di spettacolarizzazione del materiale d’archivio. L’operazione di de la Orden è anzi la meno retorica e la più giusta che il cinema possa mettere in campo: ricercare una narrazione possibile nei materiali originali e quindi ritrovarla nei protagonisti che sono sopravvissuti, nei parenti delle vittime e degli scomparsi, nelle lacrime e nei singhiozzi di chi non vorrebbe ricordare e nella severità della voce di chi continua a ritenersi innocente. El juicio è tutto costruito sulle parole e sui volti di giudici, imputati, avvocati e testimoni, ma è al tempo stesso il film più esplicito sull’argomento. Vero capolavoro di questa edizione di Archivio Aperto, nonché uno dei film più importanti degli ultimi anni.
National Anarchist: Lino Brocka di Khavn De La Cruz
Lino Brocka è forse il più celebrato regista delle Filippine, autore di oltre sessanta film popolari, tra cui alcuni dei melodrammi più importanti degli anni ’70 e ’80. Nei suoi film di forti sentimenti e passioni travolgenti, Brocka non ha mai esitato a rappresentare in modo crudo la realtà dei quartieri più malfamati di Manila e le contraddizioni della legge marziale. Il regista sperimentale Khavn De La Cruz parte proprio da qui, da quei segni di cui Brocka ha disseminato il suo cinema e che rimandano a uno spirito squisitamente sovversivo, mescolando queste immagini di violenza, eros, miseria e lotta alle dichiarazioni pubbliche del regista. La scomparsa prematura di Brocka - avvenuta nel 1991 in un incidente stradale - si apre così a certe ipotesi cospiratorie: che le parole e le azioni del regista contro la politica di Marcos siano state alla base della sua morte? Khavn sfrutta la fluviale filmografia del maestro filippino come archivio di immagini da sistematizzare e giustapporre in un film-saggio dal ritmo eccitato, in cui il montaggio interviene come strumento di vivisezione su un corpus filmico ancora vibrante. Quello di Khavn è uno studio monografico ricco di spunti critici, forse un po’ ridondante e prolisso nella forma, ma che delinea a dovere l’importanza e l’umanità di un grande artista popolare.
Kim’s Video di David Redmon e Ashley Sabin
Nel 1990 apre a New York un emporio di videonoleggio che diventa presto un punto di riferimento fondamentale per i cinefili più accaniti: Kim’s Video. Quello del coreano Kim - arrivato in America con pochi soldi in tasca per studiare cinema - si trasforma presto in un piccolo impero conosciuto in tutta la città, con sei negozi all’attivo e una collezione di oltre 55.000 film. Tutto finisce nel 2008, quando Kim comunica la chiusura dell’attività e il desiderio di donare l’intera collezione all’istituzione o associazione culturale che farà l’offerta migliore. Incredibilmente, l’offerta migliore non arriva dalla città di New York. Ma da Salemi, in Sicilia. Dopo quasi quindici anni di silenzio intorno allo stato attuale della collezione, il cinefilo David Redmon decide di intraprendere un viaggio per scoprire la verità sulla più famosa raccolta di film rari ed esoterici. Il documentario che costruisce con Ashlery Sabin è una testimonianza inusuale e divertente che da un lato smaschera la verità su un progetto di corruzione nella (per lui) lontana Sicilia, e dall’altro sviscera nel profondo l’intimità dello stesso Redmon. In Kim’s Video la forma del reportage d’indagine si mescola con una narrazione in prima persona, lasciando spazio a libere associazioni cinefile e momenti di autobiografia. Non manca una certa retorica - a tratti stucchevole - sull’amore per il cinema, ma colpisce la forza di uno studio ritrattistico dedicato a una piccola città siciliana, con personaggi da fumetto e volti noti (tra tutti, quello di Vittorio Sgarbi). La Sicilia è qui vista con gli occhi ingenui di un giovane americano che si ritroverà a fare i conti con una verità disarmante: il futuro non può essere memoria, non in mano all’Italia fascista e mafiosa.
NC-173
30.10.2023
Oggi si conclude la XVI edizione di Archivio Aperto, il festival cinematografico di Bologna organizzato da Home Movies e interamente dedicato al riuso di materiali d’archivio e memorie famigliari. Questa edizione - la seconda con un concorso di respiro internazionale - è stata caratterizzata da una selezione di straordinario eclettismo, in cui il “pensare l’archivio” ha assunto le forme più disparate, originali e inconsuete. Vogliamo quindi segnalare alcune visioni di particolare rilevanza, documentari e film sperimentali che nei loro rapporti con la memoria e il passato hanno saputo legarsi con incredibile urgenza al momento presente.
Mast-del di Maryam Tafakory
Il cinema dell’iraniana Tafakory è in grado di coniugare ambizioni saggistiche con intuizioni poetiche e a far compenetrare la riflessione sulla forma filmica in un discorso di dolorosa autobiografia. Lontano da qualsiasi retorica facile sulla violenza di genere e sulla repressione sessuale, il suo ultimo cortometraggio è un lavoro di struggente delicatezza, in cui inquadrature al negativo sui corpi nudi dell’autrice e della sua compagna si mescolano a scene del cinema iraniano post-rivoluzione. Ricostruire la propria storia grazie al cinema, nel tentativo di colmare lacune, ferite e limiti della rappresentazione. Ritrovare se stessi al negativo, nel dolore di un amore proibito e nel silenzio del discorso. Mast-del è un film piccolo e sussurrato che riecheggia come una grande canzone d’amore.
A History of the World According to Getty Images di Richard Misek
Quello di Misek è un film-saggio che con piglio lucido e divertito illustra uno dei problemi principali del cinema d’archivio contemporaneo: il dominio degli archivi privati. Misek monta in successione alcuni momenti iconici della storia moderna - dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale all’attacco alle Torri Gemelle, dalle prime acrobazie in volo ai più recenti disastri ecologici. Ma sulle immagini è impresso il watermark di Getty Images, il più grande archivio privato del mondo. La riflessione di Misek parte proprio da uno studio approfondito dei filmati disponibili sul servizio e da un interrogativo sulla legittimità del loro sfruttamento commerciale (se Misek avesse voluto noleggiare gli stessi filmati in modo professionale avrebbe dovuto spendere più di 40.000 dollari). La storia del mondo raccontata da Misek è una riflessione puntuale sui rapporti di potere che legano le immagini al mercato. E nel raccontare questa storia in un cortometraggio copyright free, l’autore si pone di fatto con spirito sovversivo verso un sistema che è tutto da combattere. Un curioso film di denuncia che è anche un profondo gesto d’amore verso il cinema.
El juicio di Ulises de la Orden
30.000 desaparecidos e almeno 2.300 omicidi politici. Eppure i numeri non bastano a restituire la gravità dei crimini di guerra di cui si sono macchiate le Giunte militari dell’ultima dittatura argentina tra il 1976 e il 1983. La violenza di quei giorni non è da ricercare nell’astrattezza dei dati, ma nella concretezza delle testimonianze. Il regista argentino Ulises de la Orden attinge a un archivio di oltre 530 ore di registrazioni su nastri U-matic che documentano uno dei processi giudiziari più importanti e strazianti della storia moderna. Grazie a un montaggio puntuale che ha del prodigioso, de la Orden e il montatore Alberto Ponce condensano in una durata di appena 3 ore un processo che si è protratto per oltre 90 giorni, riuscendo nell’impresa di restituire il cuore delle vicende giudiziarie nonché, di riflesso, il peso delle atrocità perpetrate al popolo argentino. Le immagini vengono accostate seguendo un ritmo che è assolutamente cinematografico, ma senza mai scadere in un alcun tipo di spettacolarizzazione del materiale d’archivio. L’operazione di de la Orden è anzi la meno retorica e la più giusta che il cinema possa mettere in campo: ricercare una narrazione possibile nei materiali originali e quindi ritrovarla nei protagonisti che sono sopravvissuti, nei parenti delle vittime e degli scomparsi, nelle lacrime e nei singhiozzi di chi non vorrebbe ricordare e nella severità della voce di chi continua a ritenersi innocente. El juicio è tutto costruito sulle parole e sui volti di giudici, imputati, avvocati e testimoni, ma è al tempo stesso il film più esplicito sull’argomento. Vero capolavoro di questa edizione di Archivio Aperto, nonché uno dei film più importanti degli ultimi anni.
National Anarchist: Lino Brocka di Khavn De La Cruz
Lino Brocka è forse il più celebrato regista delle Filippine, autore di oltre sessanta film popolari, tra cui alcuni dei melodrammi più importanti degli anni ’70 e ’80. Nei suoi film di forti sentimenti e passioni travolgenti, Brocka non ha mai esitato a rappresentare in modo crudo la realtà dei quartieri più malfamati di Manila e le contraddizioni della legge marziale. Il regista sperimentale Khavn De La Cruz parte proprio da qui, da quei segni di cui Brocka ha disseminato il suo cinema e che rimandano a uno spirito squisitamente sovversivo, mescolando queste immagini di violenza, eros, miseria e lotta alle dichiarazioni pubbliche del regista. La scomparsa prematura di Brocka - avvenuta nel 1991 in un incidente stradale - si apre così a certe ipotesi cospiratorie: che le parole e le azioni del regista contro la politica di Marcos siano state alla base della sua morte? Khavn sfrutta la fluviale filmografia del maestro filippino come archivio di immagini da sistematizzare e giustapporre in un film-saggio dal ritmo eccitato, in cui il montaggio interviene come strumento di vivisezione su un corpus filmico ancora vibrante. Quello di Khavn è uno studio monografico ricco di spunti critici, forse un po’ ridondante e prolisso nella forma, ma che delinea a dovere l’importanza e l’umanità di un grande artista popolare.
Kim’s Video di David Redmon e Ashley Sabin
Nel 1990 apre a New York un emporio di videonoleggio che diventa presto un punto di riferimento fondamentale per i cinefili più accaniti: Kim’s Video. Quello del coreano Kim - arrivato in America con pochi soldi in tasca per studiare cinema - si trasforma presto in un piccolo impero conosciuto in tutta la città, con sei negozi all’attivo e una collezione di oltre 55.000 film. Tutto finisce nel 2008, quando Kim comunica la chiusura dell’attività e il desiderio di donare l’intera collezione all’istituzione o associazione culturale che farà l’offerta migliore. Incredibilmente, l’offerta migliore non arriva dalla città di New York. Ma da Salemi, in Sicilia. Dopo quasi quindici anni di silenzio intorno allo stato attuale della collezione, il cinefilo David Redmon decide di intraprendere un viaggio per scoprire la verità sulla più famosa raccolta di film rari ed esoterici. Il documentario che costruisce con Ashlery Sabin è una testimonianza inusuale e divertente che da un lato smaschera la verità su un progetto di corruzione nella (per lui) lontana Sicilia, e dall’altro sviscera nel profondo l’intimità dello stesso Redmon. In Kim’s Video la forma del reportage d’indagine si mescola con una narrazione in prima persona, lasciando spazio a libere associazioni cinefile e momenti di autobiografia. Non manca una certa retorica - a tratti stucchevole - sull’amore per il cinema, ma colpisce la forza di uno studio ritrattistico dedicato a una piccola città siciliana, con personaggi da fumetto e volti noti (tra tutti, quello di Vittorio Sgarbi). La Sicilia è qui vista con gli occhi ingenui di un giovane americano che si ritroverà a fare i conti con una verità disarmante: il futuro non può essere memoria, non in mano all’Italia fascista e mafiosa.