di Omar Franini
NC-91
14.02.2022
In questi giorni ODG magazine sta seguendo la 72° Edizione del Festival di Berlino. La nostra volontà non è solo quella di visionare i film più attesi della Competizione Ufficiale ma anche di vivere una manifestazione cinematografica diversa e troppo spesso oscurata dai Festival di Cannes e Venezia. Qui di seguito cercheremo di raccontarvi come stiamo vivendo l'esperienza festivaliera.
La Berlinale del 2020 è stato l’ultimo grande festival prima della pandemia; dopo questa edizione, il circuito festivaliero ha dovuto adattarsi alla situazione includendo maggiormente la componente virtuale e modificando le modalità di partecipazione. È stata introdotta la prenotazione online dei posti a sedere e la riduzione della capienza totale delle sale, al fine di eliminare le lunghe code che si formavano fuori dagli edifici. Al contrario, l’edizione del 2021 si era svolta in due fasi: la prima interamente virtuale per la giuria e gli addetti stampa, la seconda, nel mese di giugno, aperta al pubblico. Una scelta che purtroppo non ha rispecchiato l’alta qualità dei film in programma di autori quali Radu Jude, Ryusuke Hamaguchi, Céline Sciamma, Dominik Graf e Maria Speth, che hanno presentato alcune delle opere più interessanti di tutta la loro carriera.
È indubbio ancora oggi, tuttavia, che il Festival di Berlino non abbia nulla da invidiare agli altri due festival europei citati poc'anzi; le uniche “mancanze” che lo contraddistinguono sono l’indifferenza nei confronti dell’aspetto “glamour” legato alle grandi star internazionali e la limitazione delle grandi produzioni Hollywoodiane che, a loro volta, hanno sempre considerato (ingiustamente) la Berlinale come una vetrina minore.
Nel 2020 Carlo Chatrian è stato nominato direttore artistico e ha portato una ventata d’aria fresca alle programmazioni, azzardando e dando spazio a giovani esordienti e anche a nomi conosciuti solo alle cerchie di cinefili. Il Festival ha cercato di far conoscere il lavoro di questi al pubblico. Questa tendenza è continuata nell’edizione del 2022, quando in Competizione Ufficiale, sono stati presentati diversi film di prestigio come il film dell’acclamata regista francese Claire Denis, autrice spesso snobbata dai grandi festival e il grande ritorno del maestro Dario Argento, ma anche le opere di due giovani promettenti registe quali l’indonesiana Kamila Andini (con il suo Nana) e la messicana Natalia Lòpez Gallardo (uno straordinario Robe of Gems). Non è un caso che i nomi appena citati siano per lo più di registe donne; negli ultimi anni, infatti, la Berlinale si è contraddistinta per la qualità elevata di progetti al femminile. Nel 2020 con First Cow di Kelly Reichardt e Never Rarely Sometimes Always di Eliza Hittman, l’anno seguente con Petite Maman di Céline Sciamma, il documentario Mr. Bachmann and His Class di Maria Speth e I’m Your Man di Maria Schrader.
Prima di entrare nel cuore dei singoli film presentati quest’anno alla Berlinale, vogliamo raccontarvi qual è stata l'atmosfera che si respira in questa edizione.
I primi giorni della mostra sono sembrati piuttosto spenti nonostante la presentazione di alcuni dei film più attesi, quali Avec Amour et Acharnement e Occhiali Neri dei già citati Claire Denis e Dario Argento, La Ligne di Ursula Meier con Valeria Bruni Tedeschi presente nel cast, Petra Von Kant di François Ozon e Rimini del regista austriaco Ulrich Seidl. Anche se la capienza era ridotta del 50%, ogni screening a cui abbiamo partecipato presentava molti posti vuoti, sia negli spettacoli riservati alla stampa, sia alle premiere dedicate al pubblico. Dopo aver messo a rischio la presente edizione per cause COVID, la Berlinale ha seguito un rigido protocollo di controllo pandemico, richiedendo test antigeni negativi ogni 24 ore (a carico del Festival), verifica del Green Pass o del certificato di avvenuta guarigione, comportando così un inevitabile calo di presenze di pubblico internazionale.
Il programma di quest’anno è stato contraddistinto da una tematica centrale: quella del cambiamento. Un cambiamento che, per citare le parole di Carlo Chatrian coinvolge l’idea del “mondo che era prima e di come questo potrebbe cambiare nel futuro”; un cambiamento che potrebbe essere dovuto ad un incontro casuale con un proprio ex come avviene in Avec Amour et Acharment e in Nana, alla ricerca di un’intesa emotiva con la propria famiglia come in Rimini e La LIgne di Ursula Meier o a determinate situazioni, fuori del nostro controllo, che ci possono condizionare definitivamente, come succede alla protagonista di Coma di Bertrand Bonello. Un cambiamento, in definitiva, che è stato mostrato in modo brutale, ossessivo e a volte umoristico, ma mai banale, da tutti i registi citati.
Vogliamo proseguire il nostro racconto presentandovi, in un prossimo articolo, quelli che sono stati per noi i film più degni di nota del festival. Vi lasciamo intanto con una foto che racchiude forse il ricordo più bello della nostra esperienza, partecipare alla conferenza stampa del film Avec Amour et Acharnement con la presenza di Claire Denis, Juliette Binoche e Vincent Lindon .
di Omar Franini
NC-91
14.02.2022
In questi giorni ODG magazine sta seguendo la 72° Edizione del Festival di Berlino. La nostra volontà non è solo quella di visionare i film più attesi della Competizione Ufficiale ma anche di vivere una manifestazione cinematografica diversa e troppo spesso oscurata dai Festival di Cannes e Venezia. Qui di seguito cercheremo di raccontarvi come stiamo vivendo l'esperienza festivaliera.
La Berlinale del 2020 è stato l’ultimo grande festival prima della pandemia; dopo questa edizione, il circuito festivaliero ha dovuto adattarsi alla situazione includendo maggiormente la componente virtuale e modificando le modalità di partecipazione. È stata introdotta la prenotazione online dei posti a sedere e la riduzione della capienza totale delle sale, al fine di eliminare le lunghe code che si formavano fuori dagli edifici. Al contrario, l’edizione del 2021 si era svolta in due fasi: la prima interamente virtuale per la giuria e gli addetti stampa, la seconda, nel mese di giugno, aperta al pubblico. Una scelta che purtroppo non ha rispecchiato l’alta qualità dei film in programma di autori quali Radu Jude, Ryusuke Hamaguchi, Céline Sciamma, Dominik Graf e Maria Speth, che hanno presentato alcune delle opere più interessanti di tutta la loro carriera.
È indubbio ancora oggi, tuttavia, che il Festival di Berlino non abbia nulla da invidiare agli altri due festival europei citati poc'anzi; le uniche “mancanze” che lo contraddistinguono sono l’indifferenza nei confronti dell’aspetto “glamour” legato alle grandi star internazionali e la limitazione delle grandi produzioni Hollywoodiane che, a loro volta, hanno sempre considerato (ingiustamente) la Berlinale come una vetrina minore.
Nel 2020 Carlo Chatrian è stato nominato direttore artistico e ha portato una ventata d’aria fresca alle programmazioni, azzardando e dando spazio a giovani esordienti e anche a nomi conosciuti solo alle cerchie di cinefili. Il Festival ha cercato di far conoscere il lavoro di questi al pubblico. Questa tendenza è continuata nell’edizione del 2022, quando in Competizione Ufficiale, sono stati presentati diversi film di prestigio come il film dell’acclamata regista francese Claire Denis, autrice spesso snobbata dai grandi festival e il grande ritorno del maestro Dario Argento, ma anche le opere di due giovani promettenti registe quali l’indonesiana Kamila Andini (con il suo Nana) e la messicana Natalia Lòpez Gallardo (uno straordinario Robe of Gems). Non è un caso che i nomi appena citati siano per lo più di registe donne; negli ultimi anni, infatti, la Berlinale si è contraddistinta per la qualità elevata di progetti al femminile. Nel 2020 con First Cow di Kelly Reichardt e Never Rarely Sometimes Always di Eliza Hittman, l’anno seguente con Petite Maman di Céline Sciamma, il documentario Mr. Bachmann and His Class di Maria Speth e I’m Your Man di Maria Schrader.
Prima di entrare nel cuore dei singoli film presentati quest’anno alla Berlinale, vogliamo raccontarvi qual è stata l'atmosfera che si respira in questa edizione.
I primi giorni della mostra sono sembrati piuttosto spenti nonostante la presentazione di alcuni dei film più attesi, quali Avec Amour et Acharnement e Occhiali Neri dei già citati Claire Denis e Dario Argento, La Ligne di Ursula Meier con Valeria Bruni Tedeschi presente nel cast, Petra Von Kant di François Ozon e Rimini del regista austriaco Ulrich Seidl. Anche se la capienza era ridotta del 50%, ogni screening a cui abbiamo partecipato presentava molti posti vuoti, sia negli spettacoli riservati alla stampa, sia alle premiere dedicate al pubblico. Dopo aver messo a rischio la presente edizione per cause COVID, la Berlinale ha seguito un rigido protocollo di controllo pandemico, richiedendo test antigeni negativi ogni 24 ore (a carico del Festival), verifica del Green Pass o del certificato di avvenuta guarigione, comportando così un inevitabile calo di presenze di pubblico internazionale.
Il programma di quest’anno è stato contraddistinto da una tematica centrale: quella del cambiamento. Un cambiamento che, per citare le parole di Carlo Chatrian coinvolge l’idea del “mondo che era prima e di come questo potrebbe cambiare nel futuro”; un cambiamento che potrebbe essere dovuto ad un incontro casuale con un proprio ex come avviene in Avec Amour et Acharment e in Nana, alla ricerca di un’intesa emotiva con la propria famiglia come in Rimini e La LIgne di Ursula Meier o a determinate situazioni, fuori del nostro controllo, che ci possono condizionare definitivamente, come succede alla protagonista di Coma di Bertrand Bonello. Un cambiamento, in definitiva, che è stato mostrato in modo brutale, ossessivo e a volte umoristico, ma mai banale, da tutti i registi citati.
Vogliamo proseguire il nostro racconto presentandovi, in un prossimo articolo, quelli che sono stati per noi i film più degni di nota del festival. Vi lasciamo intanto con una foto che racchiude forse il ricordo più bello della nostra esperienza, partecipare alla conferenza stampa del film Avec Amour et Acharnement con la presenza di Claire Denis, Juliette Binoche e Vincent Lindon .