NC-93
16.02.2022
MUBI ha rivoluzionato la fruizione del cinema d’autore. La piattaforma streaming turca creata da Efe Cakarel ha permesso di portare alla luce film di numerosi registi passati solo ed esclusivamente per i festival di tutto il mondo e mai arrivati nelle sale. Una fetta di pubblico decisamente più ampia rispetto a quella usuale ha quindi potuto scoprire numerose opere e diversi autori la cui conoscenza sarebbe rimasta, con ogni probabilità, ad appannaggio solo della critica. Quelli che seguono sono cinque (più uno) registi che vantano un cospicuo numero di film nel catalogo di MUBI che vi consigliamo di scoprire.
1 - Krzysztof Zanussi (1939 - )
Caposcuola di quella che viene spesso definita Terza generazione del cinema polacco, Zanussi è stato un regista sempre presente nella storia del cinema europeo degli ultimi cinquant’anni. Su MUBI è disponibile un’ampia selezione dei suoi film a partire dall’esordio, La struttura del cristallo (1969) fino ai più recenti La vita come malattia fatale sessualmente trasmessa (2000) e il complementare Supplemento (2001).
Tema centrale dei film di Zanussi è la figura dell’intellettuale lacerato da dubbi etici e morali, spesso incapace di gestire la propria vita privata per via di ossessioni filosofiche. Caratterizzati da una scrittura dei dialoghi estremamente complessa e da un’immagine filmica nevrotica e instabile, i film di Zanussi arrivano spesso ad assumere il carattere del dialogo filosofico in cui a far da padrone è però il sentimento di inadeguatezza e incompiutezza che contraddistingue i protagonisti dei film. Emblematici sono film come Illuminazione, Colori mimetici e La costante, tre lungometraggi che dissezionano alla perfezione i nuovi intellettuali negli ultimi anni dell’URSS che, scioccati dal non ritrovare nella realtà gli ideali scientifici e filosofici che hanno studiato, cadono in balìa di nevrosi e di comportamenti autodistruttivi che arrivano ad annientare non solo i presupposti dei propri pensieri, ma anche le relazioni sociali che essi hanno stabilito a fatica.
2 - Alexei Balabanov (1959-2013)
Fra i principali volti del cinema russo post-sovietico, Alexei Balabanov è un regista venuto a mancare troppo presto che, nella sua poco più che ventennale carriera, ha saputo raccontare alla perfezione il mutamento della società russa. Lo ha fatto lavorando sia su generi come il gangster-movie, che lo ha portato a dirigere i cult Brother, Brother 2 e Dead Man’s Bluff, sia dirigendo veri e propri drammi come Morphine, The Stoker e l’agghiacciante Cargo 200, uno spietato affresco degli ultimi anni dell’Unione Sovietica, che ricorda per la rigidità dello stile e l’assenza di mediazione il primo Michael Haneke.
Avvolti da un nichilismo e un senso costante di rassegnazione alla realtà, come si può già ben notare in uno dei suoi primi lavori, presente su MUBI, Il castello (tratto dall’omonimo romanzo di Kafka), i film di Balabanov portano in scena personaggi definiti esclusivamente dal loro agire spesso razzisti, misogini e alcolizzati. Ma quello del regista russo, pur essendo un cinema che relega speranza e bontà nell’utopia, ha la grande capacità di mettere in luce le zone oscure della società russa di ieri e di oggi, una società che diventa specchio del mondo intero nel suo ultimo film, Me Too, in cui un gangster, una prostituta, un alcolista e un musicista depresso intraprendono un viaggio verso un campanile in grado di garantire loro la felicità. I rimandi a Stalker di Tarkovskij sono evidenti, ma il misticismo e i dibattiti morali del grande autore sovietico vengono sostituiti da un’opprimente atmosfera in cui dominano insensatezza e desolazione.
3 - Andrea Arnold (1961 - )
Proveniente dal cinema underground britannico, Andrea Arnold è una regista che ha sempre presentato grandi ritratti di esistenze ai margini della società, con un’attenzione alla psicologia dei personaggi, resi carne anche grazie a uno stile di regia estremamente realistico, che le ha fruttato numerosi riconoscimenti in tutto il mondo.
Su MUBI sono presenti i suoi primi cortometraggi, Milk, Dog e Wasp, vincitore dell’Oscar, che mettono bene in luce le caratteristiche e i temi cardine del cinema della regista. Donne allo sbando e alla ricerca di amore, che vivono in condizioni di disagio sociale e psicologico, popolano cortometraggi dotati di un’incredibile capacità di sintesi che riescono ad avere un’enorme forza comunicativa senza avvalersi di una forma ricercata, contraddistinti da una sensibilità che riesce a trasmettere in pochi minuti tutta la verità e la difficoltà di momenti dell’esistenza estremamente drammatici. Un’analoga operazione viene messa in atto anche in Cow, ultimo film della regista distribuito direttamente da MUBI, in cui i parametri del cinema della Arnold vengono traslati, mantenendo la loro potenza comunicativa, dall’uomo alla mucca.
4 - Kelly Reichardt (1963 - )
Se c’è una regista indipendente americana che fino a poco tempo fa aveva fatto parlare di sé troppo poco questa non poteva che essere Kelly Reichardt. Il successo di film come Certain Women e l’ultimo First Cow ha iniziato ad aprire gli occhi anche al grande pubblico statunitense sul talento di una regista che ha fatto dell’essenzialità il proprio marchio di fabbrica. In Italia la regista è meno nota, ma su MUBI sono disponibili tre film (Old Joy, Wendy and Lucy e First Cow) che possono farla conoscere e apprezzare anche dal pubblico italiano.
I tre film sono accomunati dall’essere ambientati in Oregon, stato in cui si concentra la maggior parte della produzione della regista, e dal raccontare storie di amicizia. Lavorando abilmente di sottrazione, Kelly Reichardt riesce a restituire la psicologia dei propri personaggi con una profondità che nel panorama del cinema indipendente americano è sempre più raro trovare. Basta un movimento banale, un breve scambio, un particolare apparentemente di poco conto per far apparire fondamentale quel che fino a poco prima sembrava insignificante. L’epifania a cui va incontro lo spettatore quando ciò si verifica è quanto di più bello si possa chiedere al cinema.
5 - Guillaume Brac (1977 - )
Tra i registi francesi più celebrati in patria degli ultimi anni, Guillaume Brac è un regista che in Italia potrebbe incontrare un certo successo per il modo in cui si ricollega a un amatissimo maestro della Nouvelle Vague, Eric Rohmer, portando situazioni e schemi tipici del suo cinema nel contesto della società francese contemporanea.
Grande cantore di estati sin dal suo film d'esordio, Un monde sans femmes di cui consigliamo la visione anche solo per l’incredibile prova di Vincent Macaigne, Guillaume Brac pone al centro del suo cinema un’atmosfera di costante malinconia, la stessa che caratterizza l’estate quando finisce, in cui si insinuano tematiche come quella dell’immigrazione e dell’integrazione. La capacità del regista di passare dal particolare all’universale è ben evidente nel secondo episodio di Contes de juillet ed in L’ile au trésor, studio antropologico di grande finezza che racconta, sotto la forma del documentario, la varia umanità che ruota attorno a un lago in cui è presente uno stabilimento balneare, meta di molte persone che durante l’estate non possono permettersi di andare in villeggiatura al mare. Il suo ultimo A’ l’abordage, inserito nella lista dei migliori dieci film dell’anno dai Cahiers du cinéma, è una divertente commedia che, raccontando una breve vacanza estiva di due ragazzi francesi di origine africana, riesce a far emergere da un testo tipicamente rohmeriano, senza renderle esplicite, tutte quelle piccole ipocrisie e pregiudizi nei confronti dei francesi di seconda o terza generazione che caratterizzano ancora oggi la società.
Bonus: Wong Kar-wai (1958 - )
Wong Kar-wai è un regista estremamente noto, ma è anche l’unico grande maestro contemporaneo di cui il catalogo di MUBI offre una panoramica quasi completa. Sulla piattaforma streaming sono presenti, infatti, tutti i film del regista di Hong Kong ad eccezione di Ashes of Time e 2046. Per chi è interessato a conoscere o approfondire il cinema di uno dei migliori registi degli ultimi trent’anni l’occasione è da prendere al volo.
NC-93
16.02.2022
MUBI ha rivoluzionato la fruizione del cinema d’autore. La piattaforma streaming turca creata da Efe Cakarel ha permesso di portare alla luce film di numerosi registi passati solo ed esclusivamente per i festival di tutto il mondo e mai arrivati nelle sale. Una fetta di pubblico decisamente più ampia rispetto a quella usuale ha quindi potuto scoprire numerose opere e diversi autori la cui conoscenza sarebbe rimasta, con ogni probabilità, ad appannaggio solo della critica. Quelli che seguono sono cinque (più uno) registi che vantano un cospicuo numero di film nel catalogo di MUBI che vi consigliamo di scoprire.
1 - Krzysztof Zanussi (1939 - )
Caposcuola di quella che viene spesso definita Terza generazione del cinema polacco, Zanussi è stato un regista sempre presente nella storia del cinema europeo degli ultimi cinquant’anni. Su MUBI è disponibile un’ampia selezione dei suoi film a partire dall’esordio, La struttura del cristallo (1969) fino ai più recenti La vita come malattia fatale sessualmente trasmessa (2000) e il complementare Supplemento (2001).
Tema centrale dei film di Zanussi è la figura dell’intellettuale lacerato da dubbi etici e morali, spesso incapace di gestire la propria vita privata per via di ossessioni filosofiche. Caratterizzati da una scrittura dei dialoghi estremamente complessa e da un’immagine filmica nevrotica e instabile, i film di Zanussi arrivano spesso ad assumere il carattere del dialogo filosofico in cui a far da padrone è però il sentimento di inadeguatezza e incompiutezza che contraddistingue i protagonisti dei film. Emblematici sono film come Illuminazione, Colori mimetici e La costante, tre lungometraggi che dissezionano alla perfezione i nuovi intellettuali negli ultimi anni dell’URSS che, scioccati dal non ritrovare nella realtà gli ideali scientifici e filosofici che hanno studiato, cadono in balìa di nevrosi e di comportamenti autodistruttivi che arrivano ad annientare non solo i presupposti dei propri pensieri, ma anche le relazioni sociali che essi hanno stabilito a fatica.
2 - Alexei Balabanov (1959-2013)
Fra i principali volti del cinema russo post-sovietico, Alexei Balabanov è un regista venuto a mancare troppo presto che, nella sua poco più che ventennale carriera, ha saputo raccontare alla perfezione il mutamento della società russa. Lo ha fatto lavorando sia su generi come il gangster-movie, che lo ha portato a dirigere i cult Brother, Brother 2 e Dead Man’s Bluff, sia dirigendo veri e propri drammi come Morphine, The Stoker e l’agghiacciante Cargo 200, uno spietato affresco degli ultimi anni dell’Unione Sovietica, che ricorda per la rigidità dello stile e l’assenza di mediazione il primo Michael Haneke.
Avvolti da un nichilismo e un senso costante di rassegnazione alla realtà, come si può già ben notare in uno dei suoi primi lavori, presente su MUBI, Il castello (tratto dall’omonimo romanzo di Kafka), i film di Balabanov portano in scena personaggi definiti esclusivamente dal loro agire spesso razzisti, misogini e alcolizzati. Ma quello del regista russo, pur essendo un cinema che relega speranza e bontà nell’utopia, ha la grande capacità di mettere in luce le zone oscure della società russa di ieri e di oggi, una società che diventa specchio del mondo intero nel suo ultimo film, Me Too, in cui un gangster, una prostituta, un alcolista e un musicista depresso intraprendono un viaggio verso un campanile in grado di garantire loro la felicità. I rimandi a Stalker di Tarkovskij sono evidenti, ma il misticismo e i dibattiti morali del grande autore sovietico vengono sostituiti da un’opprimente atmosfera in cui dominano insensatezza e desolazione.
3 - Andrea Arnold (1961 - )
Proveniente dal cinema underground britannico, Andrea Arnold è una regista che ha sempre presentato grandi ritratti di esistenze ai margini della società, con un’attenzione alla psicologia dei personaggi, resi carne anche grazie a uno stile di regia estremamente realistico, che le ha fruttato numerosi riconoscimenti in tutto il mondo.
Su MUBI sono presenti i suoi primi cortometraggi, Milk, Dog e Wasp, vincitore dell’Oscar, che mettono bene in luce le caratteristiche e i temi cardine del cinema della regista. Donne allo sbando e alla ricerca di amore, che vivono in condizioni di disagio sociale e psicologico, popolano cortometraggi dotati di un’incredibile capacità di sintesi che riescono ad avere un’enorme forza comunicativa senza avvalersi di una forma ricercata, contraddistinti da una sensibilità che riesce a trasmettere in pochi minuti tutta la verità e la difficoltà di momenti dell’esistenza estremamente drammatici. Un’analoga operazione viene messa in atto anche in Cow, ultimo film della regista distribuito direttamente da MUBI, in cui i parametri del cinema della Arnold vengono traslati, mantenendo la loro potenza comunicativa, dall’uomo alla mucca.
4 - Kelly Reichardt (1963 - )
Se c’è una regista indipendente americana che fino a poco tempo fa aveva fatto parlare di sé troppo poco questa non poteva che essere Kelly Reichardt. Il successo di film come Certain Women e l’ultimo First Cow ha iniziato ad aprire gli occhi anche al grande pubblico statunitense sul talento di una regista che ha fatto dell’essenzialità il proprio marchio di fabbrica. In Italia la regista è meno nota, ma su MUBI sono disponibili tre film (Old Joy, Wendy and Lucy e First Cow) che possono farla conoscere e apprezzare anche dal pubblico italiano.
I tre film sono accomunati dall’essere ambientati in Oregon, stato in cui si concentra la maggior parte della produzione della regista, e dal raccontare storie di amicizia. Lavorando abilmente di sottrazione, Kelly Reichardt riesce a restituire la psicologia dei propri personaggi con una profondità che nel panorama del cinema indipendente americano è sempre più raro trovare. Basta un movimento banale, un breve scambio, un particolare apparentemente di poco conto per far apparire fondamentale quel che fino a poco prima sembrava insignificante. L’epifania a cui va incontro lo spettatore quando ciò si verifica è quanto di più bello si possa chiedere al cinema.
5 - Guillaume Brac (1977 - )
Tra i registi francesi più celebrati in patria degli ultimi anni, Guillaume Brac è un regista che in Italia potrebbe incontrare un certo successo per il modo in cui si ricollega a un amatissimo maestro della Nouvelle Vague, Eric Rohmer, portando situazioni e schemi tipici del suo cinema nel contesto della società francese contemporanea.
Grande cantore di estati sin dal suo film d'esordio, Un monde sans femmes di cui consigliamo la visione anche solo per l’incredibile prova di Vincent Macaigne, Guillaume Brac pone al centro del suo cinema un’atmosfera di costante malinconia, la stessa che caratterizza l’estate quando finisce, in cui si insinuano tematiche come quella dell’immigrazione e dell’integrazione. La capacità del regista di passare dal particolare all’universale è ben evidente nel secondo episodio di Contes de juillet ed in L’ile au trésor, studio antropologico di grande finezza che racconta, sotto la forma del documentario, la varia umanità che ruota attorno a un lago in cui è presente uno stabilimento balneare, meta di molte persone che durante l’estate non possono permettersi di andare in villeggiatura al mare. Il suo ultimo A’ l’abordage, inserito nella lista dei migliori dieci film dell’anno dai Cahiers du cinéma, è una divertente commedia che, raccontando una breve vacanza estiva di due ragazzi francesi di origine africana, riesce a far emergere da un testo tipicamente rohmeriano, senza renderle esplicite, tutte quelle piccole ipocrisie e pregiudizi nei confronti dei francesi di seconda o terza generazione che caratterizzano ancora oggi la società.
Bonus: Wong Kar-wai (1958 - )
Wong Kar-wai è un regista estremamente noto, ma è anche l’unico grande maestro contemporaneo di cui il catalogo di MUBI offre una panoramica quasi completa. Sulla piattaforma streaming sono presenti, infatti, tutti i film del regista di Hong Kong ad eccezione di Ashes of Time e 2046. Per chi è interessato a conoscere o approfondire il cinema di uno dei migliori registi degli ultimi trent’anni l’occasione è da prendere al volo.