di Omar Franini
NC-154
10.06.2023
Dopo aver dato una panoramica su quella che è stata la 76ª edizione del Festival di Cannes, e cercato di analizzare le scelte della giuria e i vari vincitori, è arrivato il momento di approfondire le pellicole che ci hanno maggiormente colpito. Vi proponiamo quindi una selezione dei migliori film presentati durante la kermesse francese che vi consigliamo, assolutamente, di recuperare.
Anatomie d’une Chute, di Justine Triet
Sandra (Sandra Hüller), il marito Samuel e il figlio Daniel vivono isolati in una casa di in remota una località montana. Quando l’uomo viene trovato morto fuori dall’abitazione, la moglie viene accusata del suo omicidio. Il film, vincitore della Palma d’Oro, si focalizza sulle misteriose vicende di una donna e sul lungo processo che essa deve affrontare per determinare la sua innocenza. Anatomy of a Fall è un’opera straordinaria sotto molteplici punti di vista, dove Triet e lo sceneggiatore Arthur Harari intrecciano abilmente diverse tematiche e generi. Il lungometraggio è un thriller ambiguo e misterioso, un courtroom drama avvincente, la spietata analisi di una relazione tortuosa. Oltre alla scrittura complessa e articolata dietro al personaggio di Sandra, il punto di forza del film risiede nell’interpretazione centrale della Hüller, un tour-de-force emotivo dove l’attrice riesce a trasmettere la condizione sofferente del proprio personaggio. La regia di Triet è originale, intrigante e, come nel film precedente, costruisce una sequenza iniziale indimenticabile, grazie anche all’utilizzo di una versione strumentale di PIMP di 50 Cents. Dopo la visione della pellicola sarà impossibile non pensare continuamente a quella sequenza proprio grazie al ritmo della canzone.
Anatomy of a Fall arriverà prossimamente nelle nostre sale grazie a Teodora Film.
About Dry Grasses, di Nuri Bilge Ceylan
Samet è un insegnante di arte che lavora nella scuola di un remoto villaggio turco. Con la speranza di essere trasferito nella città di Instanbul, l’uomo cercherà di completare il suo mandato obbligatorio nel migliore dei modi, ma sorgeranno dei problemi con una sua studentessa che potrebbero far rimandare il suo trasferimento. È affascinante vedere come Ceylan, nelle prime scene, mostri Samet come un insegnante modello, per poi “decostruire” la sua figura man mano che il film prosegue. Con una durata di tre ore e venti, About Dry Grasses risulta una delle visioni più gratificanti dell’intera annata, ogni conversazione è accattivante, soprattutto nel modo in cui il regista crea un affascinante contrasto tra Samet e gli altri personaggi. Il protagonista Deniz Celiloglu porta sullo schermo una presenza davvero carismatica e, tramite il suo sguardo profondo e cupo, riesce a comunicare l’arroganza e l’insolenza che il suo ruolo richiede. Le tematiche principali del film possono essere racchiuse in una delle sequenze più belle dell’intera filmografia di Ceylan: una cena tra Samet e la collega Nuray (Merve Dizdar, vincitrice del premio alla miglior attrice). Le lunghe conversazioni che i due hanno, e il netto contrasto tra i loro punti di vista, ci ha affascinato e stupito. About Dry Grasses, non è solo la summa del cinema di Ceylan, ma anche il suo film migliore.
Il lungometraggio arriverà prossimamente nelle nostre sale grazie a Movies Inspired.
Cerrar Los Ojos, di Victor Erice
La nuova pellicola di Victor Erice inizia seguendo una crew cinematografica che sta girando un film storico, ma le riprese vengono fermate solo dopo alcuni giorni perché Julio Arenas, l’attore protagonista, scompare e, anche se il corpo non viene rinvenuto, la polizia lo dichiara morto. Dopo molti anni, il misterioso caso dell’attore viene ricordato in televisione e Miguel Garay, regista del film mai completato, inizia a indagare per cercare di scoprire la verità. Erice racconta una storia sull’amicizia, sull’assenza e su come il cinema possa aiutare a ricongiungersi con gli altri e con la propria persona. Con l’obbiettivo di scoprire la verità, Garay inizia a incontrare i suoi vecchi collaboratori. Il tempo passato con queste persone farà affiorare ricordi e compiere una riflessione personale al regista sul perché la sua carriera non sia proseguita dopo quella triste vicenda. Tutte queste tematiche acquisiscono una dimensione personale se si riflette sulla travagliata carriera di Erice e i problemi avuti nella produzione dei suoi film. Cerrar Los Ojos è un film magistralmente diretto, il ritmo lento e delicato delle lunghe conversazioni è davvero toccante e, tutte queste scene, aiutano a costruire un’eccezionale crescendo emotivo. Un film imperdibile, che speriamo venga presto acquistato per una distribuzione italiana.
Cobweb, di Kim Jee-woon
Il nuovo film di Kim Jee-woon ruota attorno ad un regista (Song Kang-ho) che ha richiesto un paio di giorni in più alla casa di produzione per rigirare il finale del suo nuovo lungometraggio poiché crede che, modificando la sequenza conclusiva, riuscirà a creare un capolavoro. Kim dirige un’opera delirante e divertente, dove riesce a descrivere al meglio l’atmosfera caotica di un set cinematografico. Triangoli amorosi, produttori malcontenti, problemi economici e attori stravaganti sono solo alcune delle difficoltà che il regista dovrà affrontare per completare il film. Per la realizzazione di Cobweb, Kim ha collaborato con i migliori talenti del cinema coreano. Song Kang-ho fa brillare il suo personaggio, mentre Jeon Yeon-been e Krystal Jung sono esilaranti nei rispettivi ruoli di aiuto produttrice e “attrice”. Anche se Cobweb non raggiunge gli apici di I Saw The Devil, il capolavoro di Kim, rimane pur sempre una delle pellicole più entusiasmanti che abbiamo visto al festival. Ci auguriamo che il film possa essere presto distribuito nel nostro paese.
Inside The Yellow Cocoon Shell, di Pham Thien Ahn
L’opera prima del vietnamita Pham Thien Ahn, vincitrice della Camera d’Or, segue le vicende di Thien che, dopo aver perso la cognata, si vede costretto a portare il corpo della donna al suo villaggio e a prendersi cura del nipote rimasto orfano. Durante questo viaggio, Thien cercherà anche di scoprire cosa sia successo al fratello scomparso anni prima e capire le motivazioni dietro l’abbandono della famiglia da parte dell’uomo. L’utilizzo prevalente di piani sequenza, che seguono le lunghe conversazioni che il protagonista ha con le persone che incontra, è ingegnoso soprattutto nel modo in cui la camera segue i personaggi dentro e fuori dai frame. La narrativa, a tratti non lineare, il ritmo lento e il viaggio spirituale che Thien compie alla ricerca della propria “fede” religiosa e non, ci ha ricordato vagamente il cinema di Tarkovsky e Apichatpong. Inside the Yellow Cocoon Shell un’opera trascendentale e Pham Thien Ahn un regista davvero promettente. Speriamo che, anche in questo caso, il suo straordinario debutto venga presto acquistato per un uscita in Italia.
Killers of the Flower Moon, di Martin Scorsese
Ambientato negli anni 20’, nella contea di Osage, Killers of the Flower Moon è il monumentale adattamento dell’omonimo romanzo di David Grann che narra le vicende attorno a diversi omicidi di una tribù di indiani americani. Queste uccisioni sono motivate dalla presenza del petrolio nella terra indigena, una risorsa che scatena l’avidità, e la sete di potere, di alcuni uomini tra cui William Hale (Robert De Niro). Un giorno il “nipote” di Hale, Ernest Burkhart, torna nella contea Osage e, durante il suo soggiorno, conosce Mollie (Lily Gladstone), una donna indiana di cui si innamorerà in breve tempo.Il film presenta i tratti classici del cinema di Scorsese, dalla serie di uccisioni, che richiamano Goodfellas (1990) e Casino (1995), all’uso, quasi costante, della colonna sonora di sottofondo come in The Irishman (2019), fino alla presenza di due dei suoi più grandi collaboratori, ovvero DiCaprio e De Niro. Quest’ultimo, in una delle sue interpretazioni migliori, trova il giusto equilibrio per il suo suo personaggio: William Hale è un villain complesso, sadico e ironico, e sarebbe stato facile cadere nella caricatura. DiCaprio è sempre una certezza con Scorsese, il personaggio da lui interpretato è forse una delle più grandi sfide della sua carriera e trova la complessità morale dietro a Ernest. Ma la sua interpretazione non funzionerebbe senza Lily Gladstone; i manierismi del primo creano un interessante contrasto con l’interpretazione minimalista di quest’ultima. Gladstone è anche in grado di rubare la scena della sua co-star solo con un semplice sguardo.
Killers of the Flower Moon uscirà nelle nostre sale il 19 Ottobre grazie alla 01 Distribution.
La Chimera, di Alice Rohrwacher
Ambientato negli anni ‘80, La Chimera segue le vicende di uno strambo gruppo di tombaroli che, durante la notte, vanno in cerca di reperti archeologi etruschi da vendere al mercato nero dell’arte. Tra questi c’è Arthur (Josh O’Connor), detto “l’Inglese”, un uomo che ha una speciale abilità nell’individuare le tombe nascoste. Questo gruppo di persone è alla ricerca della “chimera”, un concetto metafisico che rappresenta ciò che si vuole di più al mondo. Per alcune persone è un guadagno facile, ma per Arthur è Beniamina, la donna da lui tanto amata morta ormai da tempo. Rohrwacher si concentra proprio sul lutto e la crisi interiore di Arthur per dirigere un’opera affascinante, leggera e ricca di umorismo sulla connessione tra la vita e la morte. O’Connor, che recita in italiano per la maggior parte del film, stupisce nel ruolo principale. Vanno anche citate la presenza di Isabella Rossellini, Alba Rohrwacher, in un breve ruolo dal forte impatto, e Carol Duarte, la giovane attrice brasiliana protagonista de La Vita Invisibile di Euridice Gusmao.
La Chimera è l’ennesimo, imperdibile, lavoro di Alice Rohrwacher e arriverà nelle nostre sale con 01 Distribution.
Le Passion de Dodin Bouffant, di Tran Ahn Hung
Eugenie (Juliette Binoche) e Dodin (Benoît Magimel) sono due cuochi gourmet che lavorano insieme da più di vent’anni, e le prelibatezze che preparano sono invidiate e amate da chiunque. Il film, vincitore del premio per miglior regia, è una delle commedie romantiche più belle degli ultimi anni. Le interpretazioni minimaliste ed intime degli attori sono sublimi, e sentire le lunghe conversazioni che questi hanno sull’amore e sulla propria passione per la cucina ci hanno fatto appassionare al film sin dai primi minuti. Le Passion de Dodin Bouffant diventerà in poco tempo uno dei classici del genere romantico e soprattutto culinario, ai livelli di film come Big Night (1996) e Babette’s Feast (1987). Da segnalare è la prima mezz’ora, dove vediamo i protagonisti preparare un delizioso pranzo per alcuni ospiti. I leggeri movimenti di camera, che seguono le gesta dei due cuochi, sono perfetti, il soundscape culinario è curato nel dettaglio e questo ci ha trasmesso appieno l’amore verso l’arte della gastronomia.
Il film uscirà prossimamente nelle nostre sale grazie a Lucky Red.
Los Delincuentes, di Rodrigo Moreno
L’evoluzione che il cinema argentino d’autore ha avuto in questi anni è stata davvero impressionante. Diversi cineasti si sono cimentati nel creare opere uniche nel proprio genere, e tra questi c’è Rodrigo Moreno. Diviso in due parti, Los Delincuentes racconta la storia di due impiegati bancari, Morán e Román, che conducono una vita piuttosto monotona. Un giorno, il primo, decide di ideare un piano per cambiare la propria vita, ovvero derubare la banca per cui lavora, ma per far sì che funzioni, deve essere aiutato dal collega. Nonostante il colpo sia un successo, questo evento condizionerà, e in qualche modo peggiorerà, la loro esistenza. Rodrigo Moreno dirige un heist movie con un ritmo piuttosto pacato che, nonostante la durata di tre ore, ha saputo mantenere il nostro interesse in ogni momento. Forse perché nella seconda parte il regista cambia completamente il tono del film per trasformarlo in un dramma esistenziale che analizza le condizioni dei personaggi. È proprio in questo frangente che Moreno mostra come la libertà, tanto sperata dai due, sia in realtà solo un miraggio.
Los Delincuentes verrà distribuito prossimamente dalla piattaforma MUBI.
Occupied City, di Steve McQueen
Steve McQueen dirige un documentario monumentale adattato da Atlas of an Occupied City, Amsterdam 1940-1945 di Bianca Stigter, libro, strutturato come una “mappa”, che racconta l’invasione nazista della città negli anni 40’. McQueen compie un interessante lavoro, mostrando gli edifici della città, le strade, i parchi ed altri posti dove si sono compiuti gli atroci eventi della seconda guerra mondiale. Riprendendo la città di Amsterdam al giorno d’oggi, il cineasta cerca di fare un’affascinante paragone tra i due periodi storici, non concentrandosi su un confronto diretto tra la gravità degli eventi accaduti in queste due epoche, ma mostrando la solidarietà della città nei momenti difficili. L’uso della voce narrante, che racconta i fatti del passato, sovrapposta alle immagini del presente è una scelta azzeccata, coronata, in alcune scene, da un’agghiacciante “demolished” per gli edifici che sono stati abbattuti. Il modo in cui il cineasta gestisce la lunga durata di quattro ore è notevole, McQueen è in grado di inserire scene a tratti sperimentali, come il punto di vista di un giovane ciclista durante il lockdown, o sequenze completamente inaspettate, come quella finale che riguarda il bar mitzvah di alcuni giovani ragazzi. Occupied City non ha ancora trovato una distribuzione nel nostro paese.
The Zone of Interest, di Jonathan Glazer
Il nuovo, magistrale, film di Jonathan Glazer dovrebbe essere l’adattamento dell’omonimo romanzo di Martin Amis, ma come nel precedente Under the Skin (2013), il cineasta prende solo qualche spunto della storia per creare una visione terrificante e struggente dell’Olocausto. Il film segue le vicende di Rudolf Höss (Christian Friedel), un caporale nazista che vive insieme alla moglie Hedwig (Sandra Hüller) e il resto della loro famiglia, in una villa a un centinaio di metri da Auschwitz. La peculiarità di questo luogo è la rigogliosa vegetazione, che crea un netto contrasto con il grigiore e i fumi del campo di concentramento. Dal punto di vista visivo il film si candida ad essere uno dei migliori visti negli ultimi anni; l’utilizzo di piani fissi, ad eccezione di tre/quattro carrellate che mostrano i due protagonisti camminare lungo questo enorme giardino, e la meticolosa composizione dell’immagine, ci hanno lasciati senza parole. Glazer e il direttore della fotografia Lukas Zał sperimentano anche con la visione notturna in bianco e nero per creare una delle sequenze più inquietanti che vedremo in questa annata cinematografica. Il lavoro sul suono è impeccabile, il regista utilizza abilmente il contrasto tra il soundscape naturale della vegetazione, e quello del campo di concentramento, per ricreare un’atmosfera angosciante in cui si può intuire l’orrore di quello che sta accadendo. L’utilizzo calibrato della colonna sonora di Mica Levi è geniale, infatti nel film si potranno udire solo quattro/cinque brani e, quando questo accade, Glazer si focalizza completamente sulla musica, come nella peculiare sequenza iniziale.
The Zone of Interest, un capolavoro che non si dimenticherà facilmente, arriverà nelle nostre sale grazie a I Wonder Pictures.
di Omar Franini
NC-154
10.06.2023
Dopo aver dato una panoramica su quella che è stata la 76ª edizione del Festival di Cannes, e cercato di analizzare le scelte della giuria e i vari vincitori, è arrivato il momento di approfondire le pellicole che ci hanno maggiormente colpito. Vi proponiamo quindi una selezione dei migliori film presentati durante la kermesse francese che vi consigliamo, assolutamente, di recuperare.
Anatomie d’une Chute, di Justine Triet
Sandra (Sandra Hüller), il marito Samuel e il figlio Daniel vivono isolati in una casa di in remota una località montana. Quando l’uomo viene trovato morto fuori dall’abitazione, la moglie viene accusata del suo omicidio. Il film, vincitore della Palma d’Oro, si focalizza sulle misteriose vicende di una donna e sul lungo processo che essa deve affrontare per determinare la sua innocenza. Anatomy of a Fall è un’opera straordinaria sotto molteplici punti di vista, dove Triet e lo sceneggiatore Arthur Harari intrecciano abilmente diverse tematiche e generi. Il lungometraggio è un thriller ambiguo e misterioso, un courtroom drama avvincente, la spietata analisi di una relazione tortuosa. Oltre alla scrittura complessa e articolata dietro al personaggio di Sandra, il punto di forza del film risiede nell’interpretazione centrale della Hüller, un tour-de-force emotivo dove l’attrice riesce a trasmettere la condizione sofferente del proprio personaggio. La regia di Triet è originale, intrigante e, come nel film precedente, costruisce una sequenza iniziale indimenticabile, grazie anche all’utilizzo di una versione strumentale di PIMP di 50 Cents. Dopo la visione della pellicola sarà impossibile non pensare continuamente a quella sequenza proprio grazie al ritmo della canzone.
Anatomy of a Fall arriverà prossimamente nelle nostre sale grazie a Teodora Film.
About Dry Grasses, di Nuri Bilge Ceylan
Samet è un insegnante di arte che lavora nella scuola di un remoto villaggio turco. Con la speranza di essere trasferito nella città di Instanbul, l’uomo cercherà di completare il suo mandato obbligatorio nel migliore dei modi, ma sorgeranno dei problemi con una sua studentessa che potrebbero far rimandare il suo trasferimento. È affascinante vedere come Ceylan, nelle prime scene, mostri Samet come un insegnante modello, per poi “decostruire” la sua figura man mano che il film prosegue. Con una durata di tre ore e venti, About Dry Grasses risulta una delle visioni più gratificanti dell’intera annata, ogni conversazione è accattivante, soprattutto nel modo in cui il regista crea un affascinante contrasto tra Samet e gli altri personaggi. Il protagonista Deniz Celiloglu porta sullo schermo una presenza davvero carismatica e, tramite il suo sguardo profondo e cupo, riesce a comunicare l’arroganza e l’insolenza che il suo ruolo richiede. Le tematiche principali del film possono essere racchiuse in una delle sequenze più belle dell’intera filmografia di Ceylan: una cena tra Samet e la collega Nuray (Merve Dizdar, vincitrice del premio alla miglior attrice). Le lunghe conversazioni che i due hanno, e il netto contrasto tra i loro punti di vista, ci ha affascinato e stupito. About Dry Grasses, non è solo la summa del cinema di Ceylan, ma anche il suo film migliore.
Il lungometraggio arriverà prossimamente nelle nostre sale grazie a Movies Inspired.
Cerrar Los Ojos, di Victor Erice
La nuova pellicola di Victor Erice inizia seguendo una crew cinematografica che sta girando un film storico, ma le riprese vengono fermate solo dopo alcuni giorni perché Julio Arenas, l’attore protagonista, scompare e, anche se il corpo non viene rinvenuto, la polizia lo dichiara morto. Dopo molti anni, il misterioso caso dell’attore viene ricordato in televisione e Miguel Garay, regista del film mai completato, inizia a indagare per cercare di scoprire la verità. Erice racconta una storia sull’amicizia, sull’assenza e su come il cinema possa aiutare a ricongiungersi con gli altri e con la propria persona. Con l’obbiettivo di scoprire la verità, Garay inizia a incontrare i suoi vecchi collaboratori. Il tempo passato con queste persone farà affiorare ricordi e compiere una riflessione personale al regista sul perché la sua carriera non sia proseguita dopo quella triste vicenda. Tutte queste tematiche acquisiscono una dimensione personale se si riflette sulla travagliata carriera di Erice e i problemi avuti nella produzione dei suoi film. Cerrar Los Ojos è un film magistralmente diretto, il ritmo lento e delicato delle lunghe conversazioni è davvero toccante e, tutte queste scene, aiutano a costruire un’eccezionale crescendo emotivo. Un film imperdibile, che speriamo venga presto acquistato per una distribuzione italiana.
Cobweb, di Kim Jee-woon
Il nuovo film di Kim Jee-woon ruota attorno ad un regista (Song Kang-ho) che ha richiesto un paio di giorni in più alla casa di produzione per rigirare il finale del suo nuovo lungometraggio poiché crede che, modificando la sequenza conclusiva, riuscirà a creare un capolavoro. Kim dirige un’opera delirante e divertente, dove riesce a descrivere al meglio l’atmosfera caotica di un set cinematografico. Triangoli amorosi, produttori malcontenti, problemi economici e attori stravaganti sono solo alcune delle difficoltà che il regista dovrà affrontare per completare il film. Per la realizzazione di Cobweb, Kim ha collaborato con i migliori talenti del cinema coreano. Song Kang-ho fa brillare il suo personaggio, mentre Jeon Yeon-been e Krystal Jung sono esilaranti nei rispettivi ruoli di aiuto produttrice e “attrice”. Anche se Cobweb non raggiunge gli apici di I Saw The Devil, il capolavoro di Kim, rimane pur sempre una delle pellicole più entusiasmanti che abbiamo visto al festival. Ci auguriamo che il film possa essere presto distribuito nel nostro paese.
Inside The Yellow Cocoon Shell, di Pham Thien Ahn
L’opera prima del vietnamita Pham Thien Ahn, vincitrice della Camera d’Or, segue le vicende di Thien che, dopo aver perso la cognata, si vede costretto a portare il corpo della donna al suo villaggio e a prendersi cura del nipote rimasto orfano. Durante questo viaggio, Thien cercherà anche di scoprire cosa sia successo al fratello scomparso anni prima e capire le motivazioni dietro l’abbandono della famiglia da parte dell’uomo. L’utilizzo prevalente di piani sequenza, che seguono le lunghe conversazioni che il protagonista ha con le persone che incontra, è ingegnoso soprattutto nel modo in cui la camera segue i personaggi dentro e fuori dai frame. La narrativa, a tratti non lineare, il ritmo lento e il viaggio spirituale che Thien compie alla ricerca della propria “fede” religiosa e non, ci ha ricordato vagamente il cinema di Tarkovsky e Apichatpong. Inside the Yellow Cocoon Shell un’opera trascendentale e Pham Thien Ahn un regista davvero promettente. Speriamo che, anche in questo caso, il suo straordinario debutto venga presto acquistato per un uscita in Italia.
Killers of the Flower Moon, di Martin Scorsese
Ambientato negli anni 20’, nella contea di Osage, Killers of the Flower Moon è il monumentale adattamento dell’omonimo romanzo di David Grann che narra le vicende attorno a diversi omicidi di una tribù di indiani americani. Queste uccisioni sono motivate dalla presenza del petrolio nella terra indigena, una risorsa che scatena l’avidità, e la sete di potere, di alcuni uomini tra cui William Hale (Robert De Niro). Un giorno il “nipote” di Hale, Ernest Burkhart, torna nella contea Osage e, durante il suo soggiorno, conosce Mollie (Lily Gladstone), una donna indiana di cui si innamorerà in breve tempo.Il film presenta i tratti classici del cinema di Scorsese, dalla serie di uccisioni, che richiamano Goodfellas (1990) e Casino (1995), all’uso, quasi costante, della colonna sonora di sottofondo come in The Irishman (2019), fino alla presenza di due dei suoi più grandi collaboratori, ovvero DiCaprio e De Niro. Quest’ultimo, in una delle sue interpretazioni migliori, trova il giusto equilibrio per il suo suo personaggio: William Hale è un villain complesso, sadico e ironico, e sarebbe stato facile cadere nella caricatura. DiCaprio è sempre una certezza con Scorsese, il personaggio da lui interpretato è forse una delle più grandi sfide della sua carriera e trova la complessità morale dietro a Ernest. Ma la sua interpretazione non funzionerebbe senza Lily Gladstone; i manierismi del primo creano un interessante contrasto con l’interpretazione minimalista di quest’ultima. Gladstone è anche in grado di rubare la scena della sua co-star solo con un semplice sguardo.
Killers of the Flower Moon uscirà nelle nostre sale il 19 Ottobre grazie alla 01 Distribution.
La Chimera, di Alice Rohrwacher
Ambientato negli anni ‘80, La Chimera segue le vicende di uno strambo gruppo di tombaroli che, durante la notte, vanno in cerca di reperti archeologi etruschi da vendere al mercato nero dell’arte. Tra questi c’è Arthur (Josh O’Connor), detto “l’Inglese”, un uomo che ha una speciale abilità nell’individuare le tombe nascoste. Questo gruppo di persone è alla ricerca della “chimera”, un concetto metafisico che rappresenta ciò che si vuole di più al mondo. Per alcune persone è un guadagno facile, ma per Arthur è Beniamina, la donna da lui tanto amata morta ormai da tempo. Rohrwacher si concentra proprio sul lutto e la crisi interiore di Arthur per dirigere un’opera affascinante, leggera e ricca di umorismo sulla connessione tra la vita e la morte. O’Connor, che recita in italiano per la maggior parte del film, stupisce nel ruolo principale. Vanno anche citate la presenza di Isabella Rossellini, Alba Rohrwacher, in un breve ruolo dal forte impatto, e Carol Duarte, la giovane attrice brasiliana protagonista de La Vita Invisibile di Euridice Gusmao.
La Chimera è l’ennesimo, imperdibile, lavoro di Alice Rohrwacher e arriverà nelle nostre sale con 01 Distribution.
Le Passion de Dodin Bouffant, di Tran Ahn Hung
Eugenie (Juliette Binoche) e Dodin (Benoît Magimel) sono due cuochi gourmet che lavorano insieme da più di vent’anni, e le prelibatezze che preparano sono invidiate e amate da chiunque. Il film, vincitore del premio per miglior regia, è una delle commedie romantiche più belle degli ultimi anni. Le interpretazioni minimaliste ed intime degli attori sono sublimi, e sentire le lunghe conversazioni che questi hanno sull’amore e sulla propria passione per la cucina ci hanno fatto appassionare al film sin dai primi minuti. Le Passion de Dodin Bouffant diventerà in poco tempo uno dei classici del genere romantico e soprattutto culinario, ai livelli di film come Big Night (1996) e Babette’s Feast (1987). Da segnalare è la prima mezz’ora, dove vediamo i protagonisti preparare un delizioso pranzo per alcuni ospiti. I leggeri movimenti di camera, che seguono le gesta dei due cuochi, sono perfetti, il soundscape culinario è curato nel dettaglio e questo ci ha trasmesso appieno l’amore verso l’arte della gastronomia.
Il film uscirà prossimamente nelle nostre sale grazie a Lucky Red.
Los Delincuentes, di Rodrigo Moreno
L’evoluzione che il cinema argentino d’autore ha avuto in questi anni è stata davvero impressionante. Diversi cineasti si sono cimentati nel creare opere uniche nel proprio genere, e tra questi c’è Rodrigo Moreno. Diviso in due parti, Los Delincuentes racconta la storia di due impiegati bancari, Morán e Román, che conducono una vita piuttosto monotona. Un giorno, il primo, decide di ideare un piano per cambiare la propria vita, ovvero derubare la banca per cui lavora, ma per far sì che funzioni, deve essere aiutato dal collega. Nonostante il colpo sia un successo, questo evento condizionerà, e in qualche modo peggiorerà, la loro esistenza. Rodrigo Moreno dirige un heist movie con un ritmo piuttosto pacato che, nonostante la durata di tre ore, ha saputo mantenere il nostro interesse in ogni momento. Forse perché nella seconda parte il regista cambia completamente il tono del film per trasformarlo in un dramma esistenziale che analizza le condizioni dei personaggi. È proprio in questo frangente che Moreno mostra come la libertà, tanto sperata dai due, sia in realtà solo un miraggio.
Los Delincuentes verrà distribuito prossimamente dalla piattaforma MUBI.
Occupied City, di Steve McQueen
Steve McQueen dirige un documentario monumentale adattato da Atlas of an Occupied City, Amsterdam 1940-1945 di Bianca Stigter, libro, strutturato come una “mappa”, che racconta l’invasione nazista della città negli anni 40’. McQueen compie un interessante lavoro, mostrando gli edifici della città, le strade, i parchi ed altri posti dove si sono compiuti gli atroci eventi della seconda guerra mondiale. Riprendendo la città di Amsterdam al giorno d’oggi, il cineasta cerca di fare un’affascinante paragone tra i due periodi storici, non concentrandosi su un confronto diretto tra la gravità degli eventi accaduti in queste due epoche, ma mostrando la solidarietà della città nei momenti difficili. L’uso della voce narrante, che racconta i fatti del passato, sovrapposta alle immagini del presente è una scelta azzeccata, coronata, in alcune scene, da un’agghiacciante “demolished” per gli edifici che sono stati abbattuti. Il modo in cui il cineasta gestisce la lunga durata di quattro ore è notevole, McQueen è in grado di inserire scene a tratti sperimentali, come il punto di vista di un giovane ciclista durante il lockdown, o sequenze completamente inaspettate, come quella finale che riguarda il bar mitzvah di alcuni giovani ragazzi. Occupied City non ha ancora trovato una distribuzione nel nostro paese.
The Zone of Interest, di Jonathan Glazer
Il nuovo, magistrale, film di Jonathan Glazer dovrebbe essere l’adattamento dell’omonimo romanzo di Martin Amis, ma come nel precedente Under the Skin (2013), il cineasta prende solo qualche spunto della storia per creare una visione terrificante e struggente dell’Olocausto. Il film segue le vicende di Rudolf Höss (Christian Friedel), un caporale nazista che vive insieme alla moglie Hedwig (Sandra Hüller) e il resto della loro famiglia, in una villa a un centinaio di metri da Auschwitz. La peculiarità di questo luogo è la rigogliosa vegetazione, che crea un netto contrasto con il grigiore e i fumi del campo di concentramento. Dal punto di vista visivo il film si candida ad essere uno dei migliori visti negli ultimi anni; l’utilizzo di piani fissi, ad eccezione di tre/quattro carrellate che mostrano i due protagonisti camminare lungo questo enorme giardino, e la meticolosa composizione dell’immagine, ci hanno lasciati senza parole. Glazer e il direttore della fotografia Lukas Zał sperimentano anche con la visione notturna in bianco e nero per creare una delle sequenze più inquietanti che vedremo in questa annata cinematografica. Il lavoro sul suono è impeccabile, il regista utilizza abilmente il contrasto tra il soundscape naturale della vegetazione, e quello del campo di concentramento, per ricreare un’atmosfera angosciante in cui si può intuire l’orrore di quello che sta accadendo. L’utilizzo calibrato della colonna sonora di Mica Levi è geniale, infatti nel film si potranno udire solo quattro/cinque brani e, quando questo accade, Glazer si focalizza completamente sulla musica, come nella peculiare sequenza iniziale.
The Zone of Interest, un capolavoro che non si dimenticherà facilmente, arriverà nelle nostre sale grazie a I Wonder Pictures.