NC-22
18.06.2020
Hereditary, l’esordio di Ari Aster, rappresentava un tipo ferale, diretto, di paura, tra paranormale classico e innovazioni stilistiche sorprendenti. Il successivo Midsommar, un altrettanto riuscito lavoro a cavallo tra horror e surrealismo, lasciava che il simbolico prendesse ancora più piede rispetto allo spazio che gli era stato riservato nel film precedente. Queste premesse non possono che far ben sperare in vista della terza fatica del regista americano classe ‘86, soprattutto dopo l’annuncio ufficiale relativo a questo nuovo film e qualche informazione trapelata al riguardo.
Sembra che la pellicola sarà piuttosto lunga rispetto agli standard dell’horror che, come da tradizione, “fa 90 (minuti)” come la paura nella smorfia napoletana. Lo stesso regista ha dichiarato, durante un’intervista rilasciata agli studenti di cinema dell’università di Santa Barbara, che il genere verterà sull’ibrido horror/comedy e, nonostante qualche testata giornalistica abbia preso questa affermazione come l’anticipazione di una rottura con i film precedenti, è forse meglio attendere di sapere altro prima di sbilanciarsi. Nell’intervista, Ari Aster ha parlato di come si sia sempre ispirato a registi che ammirava e ha ammesso scherzosamente di aver tratto da loro molti spunti per i suoi film, oltre ad aver divorato da adolescente qualsiasi dvd horror che gli capitasse a tiro, cosa che gli ha permesso di costruire quel sublime “occhio orrorifico” che riesce a gettare sul mondo per poi trasporlo in produzione artistica.
Quello che spinge a riflettere, soprattutto ora che attendiamo un trailer che chiarisca le idee, è che Aster ha più volte ribadito, anche di fronte agli studenti di Santa Barbara, di non sentirsi affatto una nuova leva del cinema horror. Per quanto infatti ne sia un profondo conoscitore, quando pianifica l’inizio delle riprese non ha in mente un preciso genere a cui fare riferimento, quanto piuttosto delle immagini che zampillano nel suo cervello e che deve tramutare in scene da girare. Per questo, di fronte alle molte domande degli studenti in merito a Midsommar e alla potenza disturbante che il film presenta, si sente di precisare che era una ben definita estetica che aveva in mente, non la voglia di creare necessariamente una storia terrificante. La parabola discendente verso un inferno in terra che accompagna i giovani studenti americani in visita in Svezia è infatti costellata di episodi bizzarri, un’attenzione smodata al colore e alle esplosioni di luci e suoni, una cavalcata psichedelica che parte in sordina e cresce in un climax di morte e orrore.
Non potevano mancare domande anche riguardo al suo debutto, ma le premesse da cui il regista è partito nel parlarne sono simili: ha dichiarato infatti che non aveva in mente di creare un “nuovo canone di film paranormali”. Il cuore di quanto vediamo rappresentato è infatti il peso dei lutti e delle scelte che si fanno nel corso della vita, da un lato, e dei rapporti di sangue che legano per sempre chi appartiene allo stesso albero genealogico, dall’altro. Il fatto che tale scenario abbia poi portato a quanto visto in Hereditary, senza dubbio un film horror, non certifica un’intenzione pregressa di sfornare una pietra miliare del genere.
Per questo sembra azzardato esprimere pareri sull’operazione che ha ora in cantiere, e non solo per le poche informazioni, ma soprattutto per il carattere sempre sfaccettato e imprevedibile che le sue storie esibiscono. Il terzo film di Ari Aster, come i precedenti, sarà svelato agli spettatori solo al cinema, in un tripudio di immagini e sensazioni, questa volta per minimo 240 minuti di tela da dipingere come le sue visioni gli imporranno.
NC-22
18.06.2020
Hereditary, l’esordio di Ari Aster, rappresentava un tipo ferale, diretto, di paura, tra paranormale classico e innovazioni stilistiche sorprendenti. Il successivo Midsommar, un altrettanto riuscito lavoro a cavallo tra horror e surrealismo, lasciava che il simbolico prendesse ancora più piede rispetto allo spazio che gli era stato riservato nel film precedente. Queste premesse non possono che far ben sperare in vista della terza fatica del regista americano classe ‘86, soprattutto dopo l’annuncio ufficiale relativo a questo nuovo film e qualche informazione trapelata al riguardo.
Sembra che la pellicola sarà piuttosto lunga rispetto agli standard dell’horror che, come da tradizione, “fa 90 (minuti)” come la paura nella smorfia napoletana. Lo stesso regista ha dichiarato, durante un’intervista rilasciata agli studenti di cinema dell’università di Santa Barbara, che il genere verterà sull’ibrido horror/comedy e, nonostante qualche testata giornalistica abbia preso questa affermazione come l’anticipazione di una rottura con i film precedenti, è forse meglio attendere di sapere altro prima di sbilanciarsi. Nell’intervista, Ari Aster ha parlato di come si sia sempre ispirato a registi che ammirava e ha ammesso scherzosamente di aver tratto da loro molti spunti per i suoi film, oltre ad aver divorato da adolescente qualsiasi dvd horror che gli capitasse a tiro, cosa che gli ha permesso di costruire quel sublime “occhio orrorifico” che riesce a gettare sul mondo per poi trasporlo in produzione artistica.
Quello che spinge a riflettere, soprattutto ora che attendiamo un trailer che chiarisca le idee, è che Aster ha più volte ribadito, anche di fronte agli studenti di Santa Barbara, di non sentirsi affatto una nuova leva del cinema horror. Per quanto infatti ne sia un profondo conoscitore, quando pianifica l’inizio delle riprese non ha in mente un preciso genere a cui fare riferimento, quanto piuttosto delle immagini che zampillano nel suo cervello e che deve tramutare in scene da girare. Per questo, di fronte alle molte domande degli studenti in merito a Midsommar e alla potenza disturbante che il film presenta, si sente di precisare che era una ben definita estetica che aveva in mente, non la voglia di creare necessariamente una storia terrificante. La parabola discendente verso un inferno in terra che accompagna i giovani studenti americani in visita in Svezia è infatti costellata di episodi bizzarri, un’attenzione smodata al colore e alle esplosioni di luci e suoni, una cavalcata psichedelica che parte in sordina e cresce in un climax di morte e orrore.
Non potevano mancare domande anche riguardo al suo debutto, ma le premesse da cui il regista è partito nel parlarne sono simili: ha dichiarato infatti che non aveva in mente di creare un “nuovo canone di film paranormali”. Il cuore di quanto vediamo rappresentato è infatti il peso dei lutti e delle scelte che si fanno nel corso della vita, da un lato, e dei rapporti di sangue che legano per sempre chi appartiene allo stesso albero genealogico, dall’altro. Il fatto che tale scenario abbia poi portato a quanto visto in Hereditary, senza dubbio un film horror, non certifica un’intenzione pregressa di sfornare una pietra miliare del genere.
Per questo sembra azzardato esprimere pareri sull’operazione che ha ora in cantiere, e non solo per le poche informazioni, ma soprattutto per il carattere sempre sfaccettato e imprevedibile che le sue storie esibiscono. Il terzo film di Ari Aster, come i precedenti, sarà svelato agli spettatori solo al cinema, in un tripudio di immagini e sensazioni, questa volta per minimo 240 minuti di tela da dipingere come le sue visioni gli imporranno.