Quando il cinema incontra la pubblicità
il risultato può essere stupefacente
scritto da redazione ODG
TR-22
19.02.2021
“Io non capisco il motivo per cui uno debba fare pubblicità” si domanda Moretti in Aprile (1998) arrivando sul set di uno squallido spot promozionale diretto da Luchetti. Quando questi cinicamente gli ricorda che tutti fanno pubblicità, anche figure come Lynch, Polanski, Ridley Scott e Kiarostami, Moretti interviene, correggendolo sull’ultimo regista citato nell’elenco. Ma sta mentendo, perché Kiarostami in realtà per molto tempo ha finanziato i suoi film proprio grazie a quanto guadagnato tramite l’advertising. Per fortuna oggi insieme alle ideologie e al pensiero radicale sono cadute anche queste forme di pregiudizi. Motivo per cui i registi del cinema d’autore sono liberi di fare pubblicità senza essere etichettati come “venduti”.
Lars Von Trier
Danish Tourism Board - 2010
Si, ció che vedete è tutto vero e ha veramente dell’incredibile. Viene spontaneo domandarsi quale sia stato il funzionario pubblico al quale è venuta l’idea di affidare venti milioni di euro al più controverso regista al mondo per realizzare la nuova campagna per promuovere il turismo in Danimarca lasciandogli totalmente carta bianca. L’ente del turismo ha ufficialmente dichiarato che speravano che la visione cupa dell'acclamato regista e il suo modo inquietante di rappresentare la sessualità e la violenza potessero attirare più visitatori nel loro paese. È difficile comprendere se questa fosse una provocazione. Di certo questi spot rappresentano qualcosa che non ha eguali nel mondo e l’unico modo per farsi un’idea è vederne il risultato.
Scritto da Eric Scabar
Martin Scorsese
American Express - 2004
Se si tiene conto dello standard di qualità mantenuto in oltre cinquant’anni di carriera, è difficile trovare un regista che riesca a tener testa a Martin Scorsese. Con venticinque lungometraggi e sedici documentari alle spalle, Scorsese certo non ha mai avuto il problema di doversi tenere occupato, tanto da arrivare a caricaturare questa sua ossessività produttiva in uno spot del 2004 per l’American Express. In questa seconda collaborazione tra il regista e la società statunitense, Scorsese si concede alla camera solo per sparare a zero sulle proprie capacità registiche mentre osserva i risultati di un rullino scattato alla festa del nipote. È una di quelle pubblicità in cui non si vende nulla in particolare, se non lo stile di vita maniacale ed esilarante di un regista abbastanza famoso da diventare egli stesso il prodotto.
Scritto da Rodrigo Mella
Woody Allen
Telecom- 2000
EST. NEW YORK - GIORNO: sulle note di "Lullaby of Birdland” di George Shearing, ad un incrocio stradale decine di yellow cabs sostano e sfrecciano mentre dei pedoni imprudenti attraversano senza guardare, come direbbe Fran Lebowitz.
Questo breve spot del 2000 per la Telecom (vincitore del primo premio del Gran Galà della Pubblicità per la migliore sceneggiatura) potrebbe benissimo apparire come il prosieguo della scena di Hannah e le sue sorelle (1986) quando Allen, in preda a un attacco di ipocondria, uscito dall’ospedale per un check up, tenta in voice-over di tranquillizzarsi. Questa volta però, anziché tornare a casa e disperarsi, decide di chiamare il proprio psicanalista in cerca di conforto. Il regista, traslocando nel piccolo schermo, insieme alla sua immagine esporta tutto ciò che da sempre fa parte del suo cinema e della sua amata città. Così, attraverso la sua fobia per l’immortalità, sponsorizza la compagnia telefonica con l’eleganza del non detto, l’ironia e la nevrosi che da sempre lo contraddistinguono.
Scritto da Alice De Luca
Woody Allen
Coop - 1992
In puro stile alleniano, l’ironia e il paradosso regnano sovrane nei cinque mini-film (Aliens, Art gallery, Cocktail party, Farmhouse Apple, Workers) realizzati dal regista americano tra il 1992 e il 1993 per la catena italiana di supermercati Coop. Il suo sottile umorismo riesce ad esaltare la qualità dei prodotti a marchio Coop demistificando l’uomo moderno. Lo stesso Woody in un’intervista ha dichiarato di essersi divertito molto e di aver accettato perché ciò che avrebbe pubblicizzato rispettava appieno i suoi principi etici. Pur non comparendo lui in prima persona, non scende a compromessi e in modo provocatorio e dissacrante rimane sé stesso al cento per cento. Sin dai primi secondi è chiaro il suo tocco.
Art Gallery, in particolare, è paradossale nel rappresentare una galleria in cui le opere d’arte sono fatte di carne, come le “costolette postmoderne”. La voce fuori campo che esclama “la qualità è un’arte” esprime appieno lo scopo dello spot: la Coop diventa l’artista che ha realizzato delle opere talmente perfette da poter essere esposte. E i critici d’arte, con quel fare intellettuale tipico di Woody Allen, ne esaltano la qualità.
Scritto da Giulia Capogna
Yorgos Lanthimos
Tena Lady - 2020
Corpi che parlano, e non solo a parole, raccontano storie di identità in mutazione ma non per questo pronte alla resa. Protagonisti sono i cambiamenti fisici che le donne protagoniste dello spot normalizzano come parte della vita che avanza e si trasfigura, senza per questo perdere valore, ma anzi assumendo caratteri nuovi e produttivi. Lanthimos ci mostra fisici visti da vicino, con l’occhio indagatore di un chirurgo o di un attentissimo fotografo somatico, muscolare, viscerale nella sua disamina. Come è tipico nella bizzarria congenita alla Greek Weird Wave di cui il regista è massimo rappresentante, volti, parole e gesti si mescolano tra le pieghe dei corpi, in linea con il messaggio dello spot di piena accettazione di sé. Il cinema dell’eccesso e dello stravolgimento delle regole incarnato in carriera da Lanthimos è tanto sovversivo da divenire, all’occorrenza, il manifesto perfetto dell’amarsi senza barriere, con tutte le stranezze annesse.
Scritto da Federico Squillacioti
Spike Jonze
Gap - 2007
Spike Jonze attinge ai suoi primi lavori per pubblicizzare il rinnovo del brand americano Gap, dando vita a un’azione estremamente frenetica: Jonze cominciò infatti la sua carriera da adolescente filmando skaters e bikers, diventando poi regista di numerosi video musicali di successo. Quella stessa energia giovanile è ricreata in uno spot unico nel suo genere. In un giorno apparentemente tranquillo in uno dei negozi del brand, il regista ci mostra in crescendo le piccole trasgressioni da parte dei dipendenti annoiati. Solo dopo che una delle commesse spezza un appendiabiti, generando un’esplosione di schegge di plastica, la macchina da presa comincia a zoommare freneticamente al ritmo dell’iconico “In the Hall of the Mountain King” di Edvard Grieg, annunciando l’inferno che si sta per scatenare.
L’esuberanza e pazzia dello spot lo resero immediatamente un fenomeno del web: l’autoironia unita a un’intelligente metafora visiva sarebbe stata la soluzione perfetta per i problemi in cui riversava il brand all’epoca. Tuttavia, il consiglio di amministrazione non fu altrettanto convinto, decidendo così di rimuovere lo spot dai circuiti dopo solo pochi giorni.
Scritto da Vittoria Colangelo
Matteo Garrone
Salone del mobile - 2016
Per la 55esima edizione del Salone del Mobile, Matteo Garrone ha realizzato su committenza dello Studio Ciarmoli Queda un cortometraggio, in occasione della mostra Before Design: Classic. In uno scenario post apocalittico, dei bambini recuperano dalle macerie dei mobili antichi, salvandoli dalla distruzione e dall’oblio e disponendoli in un ambiente che suggerisce l’idea di casa. Una fiaba di grande fascino visivo che prende vita in uno scenario sorprendente. C’è tanto del cinema di Garrone in questo spot, forti sono i richiami alle atmosfere del suo film precedente, Il racconto dei racconti. Il concetto di partenza del cortometraggio, come ribadito anche dal regista in fase di presentazione, è che il classico come emblema dell’idea di bello sia in grado di attraversare più epoche mantenendo le proprie caratteristiche di attualità e contemporaneità, diventando un ponte per il futuro. I protagonisti sono infatti bambini, unici superstiti e custodi di ciò che di bello è sopravvissuto e va tutelato, valorizzato e protetto.
Scritto da Diana Incorvaia
Fratelli d'Innocenzo
Gucci - 2020
Gucci Epilogue è lo spot firmato dai registi gemelli Fabio e Damiano D’Innocenzo, per la nuova campagna di Gucci. Una favola in tre tempi, in cui donne e uomini incarnano il caos della bellezza ridisegnando le chiavi dell’idea stilistica, con abiti che travalicano gli schemi temporali. In questo atto finale del racconto fiabesco, creazioni senza tempo richiamano, nei colori e nelle fantasie, gli anni ’70. La logica visiva appare ribaltata e si addentra nelle viscere interne della moda, in maniera imprevedibile e imperfetta, così da riemergerne libera e disincantata.
Dopo La terra dell’abbastanza e il pluripremiato Favolacce, i D’Innocenzo concedono un minuto e trentatré secondi di pura energia e creatività al capitolo conclusivo della nota Maison italiana. All’interno di Palazzo Sacchetti e Campo Boario a Roma, tra graffiti e piantagioni varie, l’estro artistico dei due registi trova il massimo sfoggio sotto la guida del direttore creativo Alessandro Michele.
Scritto da Francesca Accurso
David Fincher
Heineken - 2005
I film di David Fincher hanno sempre un’identità ben definita: quella del suo regista. Una cura maniacale per i dettagli, l’ossessiva ripetizione fino al raggiungimento della perfezione e un grande senso estetico che cammina parallelamente allo sviluppo dei personaggi. In questo spot per la Heineken il regista combina tutti gli elementi di un film fincheriano coniugandoli alla sua insanabile consapevolezza di sé e dello star system nel quale lavora. Brad Pitt e l’estetica di Fincher raccontano, al ritmo degno delle migliori battute di Aaron Sorkin, l’essenza del prodotto, del cool che sfugge agli occhi attenti dei paparazzi. In un minuto e mezzo si può trovare tutto ciò che Fincher racconta attraverso le immagini nei suoi film, e forse questo è il complimento più grande che si può fare a uno spot.
Scritto da Edoardo Torraca
David Cronenberg
Caramilk - 1990
Una mano femminile con lunghe unghie smaltate stacca un pezzo da una barretta di Caramilk, dal cui interno fuoriesce una crema gelatinosa che ricorda uno dei fluidi mostruosi de La mosca. Un uomo consegna a una donna un dispositivo misterioso che dovrebbe contenere i segreti della ricetta, mentre parlano del prodotto come di un oggetto sessuale, tra il riverbero delle voci, le luci soffuse e la musica jazz in sottofondo. Ma era forse solo un sogno dell’uomo, che si sveglia di soprassalto, urta i pezzi di una scacchiera e attiva uno strano macchinario per controllare che il dispositivo sia ancora al sicuro. Una telefonata della donna, però, riporta la storia al punto di partenza, come in un loop infinito.
Poco importa che il prodotto sia tutt’altro che invitante per come è presentato, perché in questi trenta secondi c’è tutto Cronenberg: la fisicità ripugnante degli oggetti contrapposta alla freddezza perfetta della tecnologia, il sottotesto sessuale dei dialoghi, il rincorrersi di diversi piani della realtà. Non compratelo perché è buono, sembra dirci Cronenberg, ma perché ve lo consiglio io.
Scritto da Luigi Muneratto
Quando il cinema incontra la pubblicità
il risultato può essere stupefacente
scritto da redazione ODG
TR-22
19.02.2021
“Io non capisco il motivo per cui uno debba fare pubblicità” si domanda Moretti in Aprile (1998) arrivando sul set di uno squallido spot promozionale diretto da Luchetti. Quando questi cinicamente gli ricorda che tutti fanno pubblicità, anche figure come Lynch, Polanski, Ridley Scott e Kiarostami, Moretti interviene, correggendolo sull’ultimo regista citato nell’elenco. Ma sta mentendo, perché Kiarostami in realtà per molto tempo ha finanziato i suoi film proprio grazie a quanto guadagnato tramite l’advertising. Per fortuna oggi insieme alle ideologie e al pensiero radicale sono cadute anche queste forme di pregiudizi. Motivo per cui i registi del cinema d’autore sono liberi di fare pubblicità senza essere etichettati come “venduti”.
Lars Von Trier
Danish Tourism Board - 2010
Si, ció che vedete è tutto vero e ha veramente dell’incredibile. Viene spontaneo domandarsi quale sia stato il funzionario pubblico al quale è venuta l’idea di affidare venti milioni di euro al più controverso regista al mondo per realizzare la nuova campagna per promuovere il turismo in Danimarca lasciandogli totalmente carta bianca. L’ente del turismo ha ufficialmente dichiarato che speravano che la visione cupa dell'acclamato regista e il suo modo inquietante di rappresentare la sessualità e la violenza potessero attirare più visitatori nel loro paese. È difficile comprendere se questa fosse una provocazione. Di certo questi spot rappresentano qualcosa che non ha eguali nel mondo e l’unico modo per farsi un’idea è vederne il risultato.
Scritto da Eric Scabar
Martin Scorsese
American Express - 2004
Se si tiene conto dello standard di qualità mantenuto in oltre cinquant’anni di carriera, è difficile trovare un regista che riesca a tener testa a Martin Scorsese. Con venticinque lungometraggi e sedici documentari alle spalle, Scorsese certo non ha mai avuto il problema di doversi tenere occupato, tanto da arrivare a caricaturare questa sua ossessività produttiva in uno spot del 2004 per l’American Express. In questa seconda collaborazione tra il regista e la società statunitense, Scorsese si concede alla camera solo per sparare a zero sulle proprie capacità registiche mentre osserva i risultati di un rullino scattato alla festa del nipote. È una di quelle pubblicità in cui non si vende nulla in particolare, se non lo stile di vita maniacale ed esilarante di un regista abbastanza famoso da diventare egli stesso il prodotto.
Scritto da Rodrigo Mella
Woody Allen
Telecom- 2000
EST. NEW YORK - GIORNO: sulle note di "Lullaby of Birdland” di George Shearing, ad un incrocio stradale decine di yellow cabs sostano e sfrecciano mentre dei pedoni imprudenti attraversano senza guardare, come direbbe Fran Lebowitz.
Questo breve spot del 2000 per la Telecom (vincitore del primo premio del Gran Galà della Pubblicità per la migliore sceneggiatura) potrebbe benissimo apparire come il prosieguo della scena di Hannah e le sue sorelle (1986) quando Allen, in preda a un attacco di ipocondria, uscito dall’ospedale per un check up, tenta in voice-over di tranquillizzarsi. Questa volta però, anziché tornare a casa e disperarsi, decide di chiamare il proprio psicanalista in cerca di conforto. Il regista, traslocando nel piccolo schermo, insieme alla sua immagine esporta tutto ciò che da sempre fa parte del suo cinema e della sua amata città. Così, attraverso la sua fobia per l’immortalità, sponsorizza la compagnia telefonica con l’eleganza del non detto, l’ironia e la nevrosi che da sempre lo contraddistinguono.
Scritto da Alice De Luca
Woody Allen
Coop - 1992
In puro stile alleniano, l’ironia e il paradosso regnano sovrane nei cinque mini-film (Aliens, Art gallery, Cocktail party, Farmhouse Apple, Workers) realizzati dal regista americano tra il 1992 e il 1993 per la catena italiana di supermercati Coop. Il suo sottile umorismo riesce ad esaltare la qualità dei prodotti a marchio Coop demistificando l’uomo moderno. Lo stesso Woody in un’intervista ha dichiarato di essersi divertito molto e di aver accettato perché ciò che avrebbe pubblicizzato rispettava appieno i suoi principi etici. Pur non comparendo lui in prima persona, non scende a compromessi e in modo provocatorio e dissacrante rimane sé stesso al cento per cento. Sin dai primi secondi è chiaro il suo tocco.
Art Gallery, in particolare, è paradossale nel rappresentare una galleria in cui le opere d’arte sono fatte di carne, come le “costolette postmoderne”. La voce fuori campo che esclama “la qualità è un’arte” esprime appieno lo scopo dello spot: la Coop diventa l’artista che ha realizzato delle opere talmente perfette da poter essere esposte. E i critici d’arte, con quel fare intellettuale tipico di Woody Allen, ne esaltano la qualità.
Scritto da Giulia Capogna
Yorgos Lanthimos
Tena Lady - 2020
Corpi che parlano, e non solo a parole, raccontano storie di identità in mutazione ma non per questo pronte alla resa. Protagonisti sono i cambiamenti fisici che le donne protagoniste dello spot normalizzano come parte della vita che avanza e si trasfigura, senza per questo perdere valore, ma anzi assumendo caratteri nuovi e produttivi. Lanthimos ci mostra fisici visti da vicino, con l’occhio indagatore di un chirurgo o di un attentissimo fotografo somatico, muscolare, viscerale nella sua disamina. Come è tipico nella bizzarria congenita alla Greek Weird Wave di cui il regista è massimo rappresentante, volti, parole e gesti si mescolano tra le pieghe dei corpi, in linea con il messaggio dello spot di piena accettazione di sé. Il cinema dell’eccesso e dello stravolgimento delle regole incarnato in carriera da Lanthimos è tanto sovversivo da divenire, all’occorrenza, il manifesto perfetto dell’amarsi senza barriere, con tutte le stranezze annesse.
Scritto da Federico Squillacioti
Spike Jonze
Gap - 2007
Spike Jonze attinge ai suoi primi lavori per pubblicizzare il rinnovo del brand americano Gap, dando vita a un’azione estremamente frenetica: Jonze cominciò infatti la sua carriera da adolescente filmando skaters e bikers, diventando poi regista di numerosi video musicali di successo. Quella stessa energia giovanile è ricreata in uno spot unico nel suo genere. In un giorno apparentemente tranquillo in uno dei negozi del brand, il regista ci mostra in crescendo le piccole trasgressioni da parte dei dipendenti annoiati. Solo dopo che una delle commesse spezza un appendiabiti, generando un’esplosione di schegge di plastica, la macchina da presa comincia a zoommare freneticamente al ritmo dell’iconico “In the Hall of the Mountain King” di Edvard Grieg, annunciando l’inferno che si sta per scatenare.
L’esuberanza e pazzia dello spot lo resero immediatamente un fenomeno del web: l’autoironia unita a un’intelligente metafora visiva sarebbe stata la soluzione perfetta per i problemi in cui riversava il brand all’epoca. Tuttavia, il consiglio di amministrazione non fu altrettanto convinto, decidendo così di rimuovere lo spot dai circuiti dopo solo pochi giorni.
Scritto da Vittoria Colangelo
Matteo Garrone
Salone del mobile - 2016
Per la 55esima edizione del Salone del Mobile, Matteo Garrone ha realizzato su committenza dello Studio Ciarmoli Queda un cortometraggio, in occasione della mostra Before Design: Classic. In uno scenario post apocalittico, dei bambini recuperano dalle macerie dei mobili antichi, salvandoli dalla distruzione e dall’oblio e disponendoli in un ambiente che suggerisce l’idea di casa. Una fiaba di grande fascino visivo che prende vita in uno scenario sorprendente. C’è tanto del cinema di Garrone in questo spot, forti sono i richiami alle atmosfere del suo film precedente, Il racconto dei racconti. Il concetto di partenza del cortometraggio, come ribadito anche dal regista in fase di presentazione, è che il classico come emblema dell’idea di bello sia in grado di attraversare più epoche mantenendo le proprie caratteristiche di attualità e contemporaneità, diventando un ponte per il futuro. I protagonisti sono infatti bambini, unici superstiti e custodi di ciò che di bello è sopravvissuto e va tutelato, valorizzato e protetto.
Scritto da Diana Incorvaia
Fratelli d'Innocenzo
Gucci - 2020
Gucci Epilogue è lo spot firmato dai registi gemelli Fabio e Damiano D’Innocenzo, per la nuova campagna di Gucci. Una favola in tre tempi, in cui donne e uomini incarnano il caos della bellezza ridisegnando le chiavi dell’idea stilistica, con abiti che travalicano gli schemi temporali. In questo atto finale del racconto fiabesco, creazioni senza tempo richiamano, nei colori e nelle fantasie, gli anni ’70. La logica visiva appare ribaltata e si addentra nelle viscere interne della moda, in maniera imprevedibile e imperfetta, così da riemergerne libera e disincantata.
Dopo La terra dell’abbastanza e il pluripremiato Favolacce, i D’Innocenzo concedono un minuto e trentatré secondi di pura energia e creatività al capitolo conclusivo della nota Maison italiana. All’interno di Palazzo Sacchetti e Campo Boario a Roma, tra graffiti e piantagioni varie, l’estro artistico dei due registi trova il massimo sfoggio sotto la guida del direttore creativo Alessandro Michele.
Scritto da Francesca Accurso
David Fincher
Heineken - 2005
I film di David Fincher hanno sempre un’identità ben definita: quella del suo regista. Una cura maniacale per i dettagli, l’ossessiva ripetizione fino al raggiungimento della perfezione e un grande senso estetico che cammina parallelamente allo sviluppo dei personaggi. In questo spot per la Heineken il regista combina tutti gli elementi di un film fincheriano coniugandoli alla sua insanabile consapevolezza di sé e dello star system nel quale lavora. Brad Pitt e l’estetica di Fincher raccontano, al ritmo degno delle migliori battute di Aaron Sorkin, l’essenza del prodotto, del cool che sfugge agli occhi attenti dei paparazzi. In un minuto e mezzo si può trovare tutto ciò che Fincher racconta attraverso le immagini nei suoi film, e forse questo è il complimento più grande che si può fare a uno spot.
Scritto da Edoardo Torraca
David Cronenberg
Caramilk - 1990
Una mano femminile con lunghe unghie smaltate stacca un pezzo da una barretta di Caramilk, dal cui interno fuoriesce una crema gelatinosa che ricorda uno dei fluidi mostruosi de La mosca. Un uomo consegna a una donna un dispositivo misterioso che dovrebbe contenere i segreti della ricetta, mentre parlano del prodotto come di un oggetto sessuale, tra il riverbero delle voci, le luci soffuse e la musica jazz in sottofondo. Ma era forse solo un sogno dell’uomo, che si sveglia di soprassalto, urta i pezzi di una scacchiera e attiva uno strano macchinario per controllare che il dispositivo sia ancora al sicuro. Una telefonata della donna, però, riporta la storia al punto di partenza, come in un loop infinito.
Poco importa che il prodotto sia tutt’altro che invitante per come è presentato, perché in questi trenta secondi c’è tutto Cronenberg: la fisicità ripugnante degli oggetti contrapposta alla freddezza perfetta della tecnologia, il sottotesto sessuale dei dialoghi, il rincorrersi di diversi piani della realtà. Non compratelo perché è buono, sembra dirci Cronenberg, ma perché ve lo consiglio io.
Scritto da Luigi Muneratto