NC-28
17.07.2020
62 anni fa, oggi, nasceva Wong Kar-wai, una delle figure più centrali e poliedriche del cinema asiatico contemporaneo. Regista, sceneggiatore e produttore, è considerato il più occidentale tra gli artisti della new wave hongkonghese di fine anni ottanta. Il suo sperimentalismo consiste nella coesistenza di tematiche e vicende dal taglio classico orientale, dal tono pacato e un sentimentalismo amoroso trattato con grande pudore, e una forma decisamente più accesa e colorata, in cui la sua mise-en-scène, a tratti particolarmente frenetica, è specchio dell’alienazione urbana.
Dopo aver studiato design grafico e aver lavorato per una produzione televisiva, Wong Kar-wai arriva al grande schermo nel 1988 con la sua opera prima dal nome As Tears Go By, un gangster movie che gli permette di affermarsi sulla scena cinematografica di Hong Kong ottenendo nove nomination agli Hong Kong Film Award. Il cinema di genere però viene abbandonato con il suo lavoro successivo, Days of Being Wild (1991), con il quale inizia il sodalizio con il direttore della fotografia australiano Christopher Doyle. Da qui in poi le luci e i colori saranno protagonisti in ogni sua pellicola.
Il successo internazionale arriva nel 1994 con Hong Kong Express, che il regista scrisse in poche notti mentre girava un altro film. Composto da due episodi separati, ma collegati da sottili ricorrenze di luoghi, situazioni e personaggi, è un affresco pop in cui la malinconia e la solitudine legati all’amore s’intrecciano alla vita caotica della metropoli. Questo film diventa testamentario per Wong Kar-wai in quanto definisce e afferma quello che sarà il suo stile lungo tutta la sua carriera, sia a livello di forma che di contenuto. Il salto da Hong Kong all’America è stato breve: Tarantino si occupò della sua distribuzione negli Stati Uniti dopo averlo scoperto al Festival del cinema di Stoccolma, in concorso con il suo Pulp Fiction.
L’approdo europeo invece lo deve a Happy Together (1997) che gli permette di vincere il premio per la migliore regia a Cannes. Tre anni dopo torna al festival con In the Mood for Love (2000) in lizza per la Palma d’oro. Il film, il cui progetto originariamente doveva essere incentrato su storie legate al cibo, segue in modo discreto e lineare la nascita di un legame tra due vicini di casa, una segretaria e un giornalista, che scoprono i loro rispettivi coniugi essere amanti. Attraverso primi piani intensi e lunghe sequenze silenziose (ma riempite da una colonna sonora che diventa man mano crescente), lo sguardo del regista si sofferma non tanto sulle azioni degli attori, ma sulla ritualità dei loro gesti che unisce le loro solitudini. Dopo il film 2046 (2004), l’ultimo suo lavoro Blossoms, le cui riprese sono state interrotte a febbraio causa Covid-19, è il terzo capitolo di questa trilogia.
Nel 2006 è il primo cineasta cinese ad essere Presidente di giuria alla 59° edizione del Festival di Cannes.
Nel 2004 Sofia Coppola, nel suo discorso di accettazione per l’Oscar alla miglior sceneggiatura originale per Lost in Translation, lo ringrazia pubblicamente per averla ispirata. Nello stesso anno, Wong Kar-wai arriva a Venezia con il film a episodi Eros, un trittico realizzato con Michelangelo Antonioni e Steven Soderbergh. La mano è il suo mediometraggio e racconta la storia tra un apprendista sarto e una prostituta di alto borgo che s’innamora di lui. In un’intervista il regista ha affermato di aver preso parte a questo progetto per lavorare con Antonioni, “uno degli autori che lo ha maggiormente formato nel cinema e nella vita”.
NC-28
17.07.2020
62 anni fa, oggi, nasceva Wong Kar-wai, una delle figure più centrali e poliedriche del cinema asiatico contemporaneo. Regista, sceneggiatore e produttore, è considerato il più occidentale tra gli artisti della new wave hongkonghese di fine anni ottanta. Il suo sperimentalismo consiste nella coesistenza di tematiche e vicende dal taglio classico orientale, dal tono pacato e un sentimentalismo amoroso trattato con grande pudore, e una forma decisamente più accesa e colorata, in cui la sua mise-en-scène, a tratti particolarmente frenetica, è specchio dell’alienazione urbana.
Dopo aver studiato design grafico e aver lavorato per una produzione televisiva, Wong Kar-wai arriva al grande schermo nel 1988 con la sua opera prima dal nome As Tears Go By, un gangster movie che gli permette di affermarsi sulla scena cinematografica di Hong Kong ottenendo nove nomination agli Hong Kong Film Award. Il cinema di genere però viene abbandonato con il suo lavoro successivo, Days of Being Wild (1991), con il quale inizia il sodalizio con il direttore della fotografia australiano Christopher Doyle. Da qui in poi le luci e i colori saranno protagonisti in ogni sua pellicola.
Il successo internazionale arriva nel 1994 con Hong Kong Express, che il regista scrisse in poche notti mentre girava un altro film. Composto da due episodi separati, ma collegati da sottili ricorrenze di luoghi, situazioni e personaggi, è un affresco pop in cui la malinconia e la solitudine legati all’amore s’intrecciano alla vita caotica della metropoli. Questo film diventa testamentario per Wong Kar-wai in quanto definisce e afferma quello che sarà il suo stile lungo tutta la sua carriera, sia a livello di forma che di contenuto. Il salto da Hong Kong all’America è stato breve: Tarantino si occupò della sua distribuzione negli Stati Uniti dopo averlo scoperto al Festival del cinema di Stoccolma, in concorso con il suo Pulp Fiction.
L’approdo europeo invece lo deve a Happy Together (1997) che gli permette di vincere il premio per la migliore regia a Cannes. Tre anni dopo torna al festival con In the Mood for Love (2000) in lizza per la Palma d’oro. Il film, il cui progetto originariamente doveva essere incentrato su storie legate al cibo, segue in modo discreto e lineare la nascita di un legame tra due vicini di casa, una segretaria e un giornalista, che scoprono i loro rispettivi coniugi essere amanti. Attraverso primi piani intensi e lunghe sequenze silenziose (ma riempite da una colonna sonora che diventa man mano crescente), lo sguardo del regista si sofferma non tanto sulle azioni degli attori, ma sulla ritualità dei loro gesti che unisce le loro solitudini. Dopo il film 2046 (2004), l’ultimo suo lavoro Blossoms, le cui riprese sono state interrotte a febbraio causa Covid-19, è il terzo capitolo di questa trilogia.
Nel 2006 è il primo cineasta cinese ad essere Presidente di giuria alla 59° edizione del Festival di Cannes.
Nel 2004 Sofia Coppola, nel suo discorso di accettazione per l’Oscar alla miglior sceneggiatura originale per Lost in Translation, lo ringrazia pubblicamente per averla ispirata. Nello stesso anno, Wong Kar-wai arriva a Venezia con il film a episodi Eros, un trittico realizzato con Michelangelo Antonioni e Steven Soderbergh. La mano è il suo mediometraggio e racconta la storia tra un apprendista sarto e una prostituta di alto borgo che s’innamora di lui. In un’intervista il regista ha affermato di aver preso parte a questo progetto per lavorare con Antonioni, “uno degli autori che lo ha maggiormente formato nel cinema e nella vita”.