Nascita, ambizioni e sfide
di un genere che non muore mai,
di Lorenzo Messina
TR-112
28.11.2024
Il noir, genere spesso considerato immutabile nella sua estetica e nei suoi temi, sta vivendo, nel contesto del cinema italiano, una nuova e interessante fase. Mentre la narrativa americana tradizionale resta perlopiù ancorata a scenari di crimine urbano e d'investigazione, i recenti noir italiani hanno sviluppato una prospettiva che rispecchia i mutamenti sociali del nostro Paese, ma anche una nuova visione dell’individuo, della giustizia e del caos morale.
In questo approfondimento andremo ad analizzare le sfaccettature del noir e le opere dei registi contemporanei che, con approcci stilistici e narrazioni innovative, hanno contribuito alla riscoperta di un genere che riflette il nostro tempo.
Una lenta evoluzione
Andiamo con ordine. Il cinema noir italiano prima degli anni duemila ha attraversato una fase di sviluppo estremamente interessante, seppur meno estesa rispetto a quella di Hollywood. Mentre il noir classico statunitense degli anni ’40 e ’50 esplorava ambientazioni cittadine cupe e presentava trame impregnate di crimine e antieroi tormentati, in Italia il genere si è spesso intrecciato con le nostre tradizioni cinematografiche, sviluppando così un’impronta distintiva.
Ad esempio l'unione tra cinema noir e neorealismo ha contribuito a rielaborare ulteriormente il genere investigativo. I film investigativi italiani fino ai primi anni duemila utilizzavano proprio le convenzioni derivanti dal cinema noir americano, come ad esempio:
- la scoperta graduale degli indizi
- la motivazione del colpevole
- il ricorso ai toni letterari del melodramma all’interno dei dialoghi (elemento essenziale per convincere il pubblico della veridicità del mondo rappresentato nel film)
- la presenza di una tormentata storia d’amore tra una donna affasciante e misteriosa e un maschio etero basic
- una costante atmosfera di pessimismo
- un’illuminazione basata su ombre e contrasti
- un lavoro di macchina incentrato su angolazioni cupe
- un’ambientazione caratterizzata da contesti sociali disfunzionali
- precisi obiettivi di denuncia, sociale e politica, rappresentati da un’atmosfera corrotta in cui i criminali sono circondati da belle donne, ville da capogiro e pile infinite di banconote
È difficile affermare con certezza se nel corso degli anni registi come Michelangelo Antonioni e Luchino Visconti siano stati ispirati, attraverso il cinema americano, da determinate caratteristiche del genere, o se abbiano influenzato loro stessi il panorama del noir in Italia spingendolo verso una riflessione maggiormente esistenziale che, tramite l’escamotage dell’elemento del crimine in senso stretto, esplorasse l’alienazione, la crisi identitaria e le dinamiche di potere. Visconti ha attinto da alcuni codici del noir, soprattutto nei suoi primi lavori, ma li ha mescolati con il suo stile e la sua profondità emotiva. Antonioni lo ha fatto attraverso un'analisi psicologica, svuotando il noir della sua struttura tradizionale.
Negli stessi anni si possono trovare opere con ingranggi altrettanto simili, titoli come L’assassino (1961) e Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), entrambi diretti da Elio Petri, sono esempi notevoli di come il crimine possa diventare una lente d’indagine puntata sulla società e il potere. Questi film non solo attingevano dal noir le atmosfere tenebrose e i personaggi moralmente ambigui, ma reinterpretavano questi elementi per indagare sulla realtà italiana, spesso in modo satirico o politicamente critico.
Negli anni ’80 il noir italiano subì una svolta stilistica con registi come Dario Argento e Mario Bava, che contribuirono a definire il cosidetto giallo all’italiana: una commistione di thriller, noir e horror che si focalizzava su omicidi violenti e complessi psicologici. Questo sottogenere, pur non essendo propriamente noir, ne condivideva pienamente l’anima dark, tanto da farsi conoscere anche all’estero.
Il noir italiano degli anni ‘90, seppur meno popolare, si sviluppò grazie a pellicole come La Scorta (1993) di Ricky Tognazzi, che trattava temi come la criminalità organizzata, o Il ladro di bambini (1992) di Gianni Amelio, che mostrava il lato oscuro della nostra società in maniera ruiscita e non convenzionale.
In sintesi, questo genere ha subito, nel nostro panorama cinematografico, una lenta trasformazione, più che una modifica radicale. Dal classico ricorso a ingredienti come intrighi criminali e misteri irrisolti è passato ad essere uno specchio delle tensioni sociali. Si è evoluto attraverso una fusione con il giallo, ha presentato sempre più tematiche psicologiche e ha mantenuto il suo fascino fino all'inizio del nuovo millennio, quando ha intrapreso nuove direzioni stilistiche.
Il noir italiano nel terzo millennio
Da ben prima dell’avvento degli anni duemila ci si chiedeva se lo scopo finale del noir fosse quello di realizzare un cambiamento culturale. Contribuire a una verità comune che infine avrebbe dovuto portare alla giustizia. Tuttavia, tra il 2000 e il 2010, molti studiosi criticarono una certa incapacità del genere di rappresentare la lotta politica. Questa dinamica è stata visibile anche nel territorio italiano, dove opere come Romanzo Criminale (2005) - che indubbiamente hanno avuto un enorme successo - risultavano limitate da una superficiale critica del consumismo capitalista, laddove il noir, alle origini, è stato considerato un genere di denuncia: denuncia del potere, della natura corrotta della politica, del patriarcato.
Nel 2005 la critica era agguerrita e decretava la morte del cinema noir, un genere che, con poche eccezioni, avrebbe esaurito la sua spinta propulsiva nel giro di un paio d’anni. E invece accadde qualcosa. Accadde che la letteratura noir continuò ad acquisire un interesse sempre maggiore da parte dei lettori.
Tra il 2006 e il 2008 sembrò cambiare la percezione riguardo la valenza sociale del noir. Il successo del libro di Roberto Saviano Gomorra delineò un mutamento, un cambiamento silenzioso ma evidente, sia nell’orizzonte della scrittura noir sia nel sentire di chi leggeva. Tale mutazione iniziò per l’appunto dai libri, ed avvenne all’insegna di una tacita comprensione fra scrittori e lettori per mezzo dell’empatia. Inevitabilmente, giunse anche al linguaggio audiovisivo del cinema e della serialità.
Ovviamente, negli anni il peso della mediazione delle case editrici e degli investitori cinematografici è stato innegabile. La popolarità di questo genere ha determinato cambiamenti non solo nel consumo ma anche nella produzione. Nel tempo l’offerta si è ampliata a dismisura parallelamente alla richiesta, anche se nella gran parte dei casi la produzione si è limitata a opere che descrivevano il contesto che circonda gli avvenimenti senza mai illuminare i lati bui della società contemporanea.
Uno degli elementi chiave del noir è sempre stato l’ambientazione, e il noir italiano non fa eccezione. Tuttavia, se il noir classico italiano privilegiava le metropoli, come Roma e Milano, il noir dello scorso decennio ha esplorato una gamma più ampia di ambienti, dai sobborghi decadenti fino alle campagne isolate. Questo uso delle ambientazioni riflette non solo il degrado urbano, ma anche il contrasto tra città e periferia, tra spazio pubblico e isolamento individuale. Sulla scia di queste influenze, cinque film si sono particolarmente contraddistinti nel loro approccio al genere:
Anime nere (2014), di Francesco Munzi, che racconta una storia di vendetta e faida familiare all'interno della ‘ndrangheta, con toni cupi e una rappresentazione realistica della violenza. La sua estetica e la narrazione sospesa e fatalista lo avvicinano molto al noir. L’ambientazione calabrese, con i suoi paesaggi montani e i piccoli paesi, ha portato il genere verso una declinazione raramente esplorata.
Suburra (2015), di Stefano Sollima, coinvolge invece la criminalità organizzata, la politica e il potere. La popolarità del film ha anche generato una serie TV di successo, contribuendo a riportare il noir urbano nel mainstream italiano rafforzando l’interesse per storie di crimine ambientate nella capitale.
Ammore e malavita (2017), dei Manetti Bros. Sebbene non sia un noir puro, rappresenta pienamente un’interpretazione creativa del genere arricchendolo con una rappresentazione della camorra Napoletana in chiave pop e ironica.
Dogman (2018) di Matteo Garrone è uno dei film italiani più acclamati degli ultimi anni e si ispira alla reale vicenda di un toelettatore di cani coinvolto in un crimine brutale. Ambientato in una fatiscente periferia, il lungometraggio esplora la violenza latente e il degrado umano (elementi molto cari al noir) e rappresenta egregiamente la disfunzionalità di determinati contesti sociali e la disperazione degli emarginati.
La paranza dei bambini (2019), di Claudio Giovannesi, si orienta invece più su un crudo realismo che sulle estetiche tipiche del noir classico. Tratto dal romanzo di Roberto Saviano, il lungometraggio esplora la delinquenza giovanile napoletana attraverso la storia di un gruppo di adolescenti. La rappresentazione dei giovani che si avvicinano alla malavita in un contesto privo di speranza e l’analisi dei legami tra povertà, dominio e violenza lo rendono un contributo importante al genere.
Film noir contemporanei
Negli ultimi tempi non si vedono tracce di un’inversione di tendenza. Pur mancando di una vera e propria denuncia politica, il noir italiano mantiene la capacità di mettere in discussione i mali della società attraverso i dilemmi morali, il pessimismo e il realismo. Si presenta fortemente legato al contesto storico e culturale, che si differenzia ulteriormente di regione in regione.
I registi contemporanei hanno adattato il genere a una società in costante mutamento, e proprio in questo risiede il fascino immortale del noir. Un genere in continua evoluzione, che può essere reinterpretato finché ci sarà qualcosa da raccontare, o qualcosa da urlare.
Una delle caratteristiche più rilevanti del noir italiano contemporaneo è la sua capacità di riflettere le problematiche sociali attraverso intense storie personali e intimistiche. L’oscillazione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato è particolarmente vivida nelle pellicole recenti, che si nutrono delle tensioni sociali, delle sfide economiche e della crescente sensazione di isolamento che permeano la vita moderna.
Alcuni film recenti offrono uno scenario unico e inquietante delle dinamiche che caratterizzano la società italiana. In ognuna di queste opere, il contesto sociale è presentato non solo come sfondo, ma come elemento attivo che modella e corrompe i personaggi, i quali si trovano spesso di fronte a scelte etiche insormontabili.
L'ultima notte di Amore (2023), film di Andrea Di Stefano, rappresenta un'importante evoluzione del noir contemporaneo in Italia, con un approccio che mescola il genere con il thriller e il dramma psicologico. La storia è densa di intrighi e moralità in bilico, e sfrutta l’ambientazione urbana milanese come una mappa, fisica e mentale, della corruzione e della decadenza. Attraverso la figura di Franco Amore (interpretato da un magistrale Pierfrancesco Favino), un poliziotto che si ritrova coinvolto in un oscuro intrigo criminale, il film scava nelle tensioni di chi vive in un universo in cui il confine tra bene e male è sempre più labile. La caratteristica innovativa di L’ultima notte di Amore è il suo approccio al noir come riflessione sulla fine di un'epoca, in cui il protagonista si confronta con il declino della sua stessa professione e della società che ha giurato di proteggere. L’opera introduce un elemento di tensione psicologica che si pone come evoluzione del classico "pessimismo" noir. Invece di focalizzarsi esclusivamente sull'investigazione del crimine, il film esplora la disillusione del protagonista, il conflitto tra il suo senso del dovere e la realtà corrotta con cui entra in contatto. In questo senso, L’ultima notte di Amore reinterpreta il concetto di eroe noir e prende le sembianze di uno studio sull'uomo e la sua capacità di resistere alla corruzione morale, presentando un individuo che non è più solo il classico “detective”, ma qualcuno che sta cercando di trovare un senso mentre affronta un mondo che gli sfugge di mano.
Garbage Man (2023), diretto da Alfonso Bergamo, esplora le ombre della vita quotidiana e la disillusione con una narrazione e un’atmosfera che rispecchiano i tratti distintivi del genere noir. La storia segue la vita di un uomo che lavora come spazzino in una città grigia e decadente e che si ritrova invischiato in una spirale di crimine e violenza. Gli elementi noir sono evidenti: il protagonista è un antieroe dalle motivazioni morali ambigue, l'atmosfera è cupa e opprimente, e la pellicola esplora temi di solitudine, alienazione e corruzione.
Come pecore in mezzo ai lupi (2023), diretto da Lyda Patitucci, è un film che offre una lettura molto particolare del genere, che in questo caso viene arricchito da una forte impronta sociale e psicologica. La trama ruota attorno a persone che si trovano a confrontarsi con un sistema corrotto e violento, costretti a scegliere tra la sopravvivenza e la perdita della propria umanità. La caratteristica innovativa di questo lungometraggio, rispetto al tradizionale noir, è la sua attenzione alle dinamiche di gruppo e alla disgregazione del tessuto sociale. I protagonisti non sono semplicemente vittime o carnefici, ma individui intrappolati in una rete di corruzione che travolge ogni possibilità di redenzione.
Visioni alternative
Cineasti come i fratelli D'Innocenzo hanno offerto una visione personale e innovativa del noir, rendendolo maggiormente riflessivo, filosofico e psicologico. Già in Favolacce (2020), che, anche in questo caso, non si può propriamente considerare come un film noir, vi sono dei forti richiami ad alcuni elementi del genere. La storia si svolge in un sobborgo romano, tra vite vuote e desideri repressi, e segue diverse famiglie che sembrano condividere una latente violenza. Il noir classico ruota intorno a investigazioni, delitti o antieroi, topoi che in Favolacce sono assenti; i protagonisti sono famiglie comuni, rese inquietanti e inquietate dal vuoto e dal malessere sociale. Tuttavia, l’opera può richiamare alcune atmosfere del noir, pur inserendosi in un filone cinematografico di critica sociale che sonda le tenebre della quotidianità piuttosto che il mistero e il crimine. Il tono cupo, la fotografia fredda e il ritmo sospeso richiamano il noir, pur in mancanza del fascino oscuro di città illuminate da insegne al neon e gangster incappucciati. Il film suggerisce, infatti, che il vero mistero possa risiedere in un’ordinarietà apparentemente inoffensiva, capace di suscitare nello spettatore un senso di inquietudine latente.
In America Latina (2022) l'approccio stilistico è altrettanto innovativo, con una fotografia che accentua il senso di desolazione e oppressione. È una pellicola che gioca con gli elementi del thriller psicologico e non si concentra sul crimine in senso tradizionale, ma sulla degenerazione mentale e morale del protagonista, che è costretto a fare i conti con il suo inquietante passato in un contesto sempre più surreale. La trama ruota attorno a un dentista, interpretato da Elio Germano, che vive una vita apparentemente perfetta, ma che, dopo aver subito un'esperienza traumatica, si dovrà confrontare con i suoi tormenti esistenziali e la paura del suo passato.
Chiude il cerchio la miniserie Dostoevskij (2024), che invece contiene svariati elementi noir qui utilizzati dai due registi per esplorare la condizione umana, la moralità e la disillusione. La figura dell'uomo tormentato, alla ricerca di una verità impossibile o di una salvezza che non può raggiungere, è molto vicina alla filosofia esistenzialista che caratterizza anche il noir più introspettivo. Dostoevskij esplora l'aspetto criminale tipico del genere concentrandosi sul tormento psicologico, sull’angoscia filosofica, sulla ricerca di un senso in un mondo privo di risposte definitive. Le atmosfere cupe, l'ambientazione grigia e oppressiva, il senso di alienazione che soffoca l’individuo sono tutti tratti che caratterizzano la serie e rientrano appieno nel panorama del noir.
Nuove estetiche e prospettive future
Le scelte estetiche dei noir italiani contemporanei riflettono un cambiamento nel modo di rappresentare il crimine. A differenza del noir classico, il noir di oggi abbraccia un’estetica che oscilla tra il minimalismo e il realismo, con un uso innovativo della luce e dell’ombra per creare tensione e suspense. Questa evoluzione estetica è particolarmente evidente in L'ultima notte di Amore, dove la fotografia si concentra su toni scuri per evocare un senso di disperazione e pericolo imminente, ma anche in Come pecore in mezzo ai lupi, dove luci fredde e una fotografia essenziale accentuano l’atmosfera sospesa.
In termini narrativi, il noir italiano contemporaneo tende a privilegiare strutture non lineari che riflettono la complessità della psicologia dei personaggi. Le narrazioni sono più frammentate, pongono l’accento sulla mente dei protagonisti che si trovano spesso di fronte a dilemmi morali più che a nemici espliciti. In alcuni casi la trama si sviluppa attraverso flashback e frammenti di memorie, creando un’atmosfera che lascia il pubblico in uno stato di costante incertezza. Le storie non si risolvono sempre in una chiara vittoria o sconfitta, ma lasciano spesso lo spettatore con un senso di ambiguità. Questi approcci si differenziano dai noir classici (in cui l’eroe, per quanto ambiguo, compiva comunque un percorso narrativo ben definito) e permettono ai registi di esplorare temi complessi come la percezione della realtà, il rimorso e l’illusione della giustizia, elevando così il noir a un livello intellettuale che lo distingue dagli altri generi.
Questa nuova ondata di cinema noir ha dimostrato quanto sia ancora rilevante e come rimanga un potente mezzo per riflettere sulle sfide della società. La versatilità di questo genere permette di creare opere che non solo intrattengono, ma che offrono anche una profonda analisi della moralità, della giustizia e della condizione umana. In quest’ottica, il noir italiano sembra destinato a continuare la sua lenta evoluzione in un mondo sempre più complesso, a testimoniare una voglia di esplorare la complessità umana, un bisogno di mettere a nudo le fragilità e le contraddizioni del mondo moderno.
Nascita, ambizioni e sfide
di un genere che non muore mai,
di Lorenzo Messina
TR-112
28.11.2024
Il noir, genere spesso considerato immutabile nella sua estetica e nei suoi temi, sta vivendo, nel contesto del cinema italiano, una nuova e interessante fase. Mentre la narrativa americana tradizionale resta perlopiù ancorata a scenari di crimine urbano e d'investigazione, i recenti noir italiani hanno sviluppato una prospettiva che rispecchia i mutamenti sociali del nostro Paese, ma anche una nuova visione dell’individuo, della giustizia e del caos morale.
In questo approfondimento andremo ad analizzare le sfaccettature del noir e le opere dei registi contemporanei che, con approcci stilistici e narrazioni innovative, hanno contribuito alla riscoperta di un genere che riflette il nostro tempo.
Una lenta evoluzione
Andiamo con ordine. Il cinema noir italiano prima degli anni duemila ha attraversato una fase di sviluppo estremamente interessante, seppur meno estesa rispetto a quella di Hollywood. Mentre il noir classico statunitense degli anni ’40 e ’50 esplorava ambientazioni cittadine cupe e presentava trame impregnate di crimine e antieroi tormentati, in Italia il genere si è spesso intrecciato con le nostre tradizioni cinematografiche, sviluppando così un’impronta distintiva.
Ad esempio l'unione tra cinema noir e neorealismo ha contribuito a rielaborare ulteriormente il genere investigativo. I film investigativi italiani fino ai primi anni duemila utilizzavano proprio le convenzioni derivanti dal cinema noir americano, come ad esempio:
- la scoperta graduale degli indizi
- la motivazione del colpevole
- il ricorso ai toni letterari del melodramma all’interno dei dialoghi (elemento essenziale per convincere il pubblico della veridicità del mondo rappresentato nel film)
- la presenza di una tormentata storia d’amore tra una donna affasciante e misteriosa e un maschio etero basic
- una costante atmosfera di pessimismo
- un’illuminazione basata su ombre e contrasti
- un lavoro di macchina incentrato su angolazioni cupe
- un’ambientazione caratterizzata da contesti sociali disfunzionali
- precisi obiettivi di denuncia, sociale e politica, rappresentati da un’atmosfera corrotta in cui i criminali sono circondati da belle donne, ville da capogiro e pile infinite di banconote
È difficile affermare con certezza se nel corso degli anni registi come Michelangelo Antonioni e Luchino Visconti siano stati ispirati, attraverso il cinema americano, da determinate caratteristiche del genere, o se abbiano influenzato loro stessi il panorama del noir in Italia spingendolo verso una riflessione maggiormente esistenziale che, tramite l’escamotage dell’elemento del crimine in senso stretto, esplorasse l’alienazione, la crisi identitaria e le dinamiche di potere. Visconti ha attinto da alcuni codici del noir, soprattutto nei suoi primi lavori, ma li ha mescolati con il suo stile e la sua profondità emotiva. Antonioni lo ha fatto attraverso un'analisi psicologica, svuotando il noir della sua struttura tradizionale.
Negli stessi anni si possono trovare opere con ingranggi altrettanto simili, titoli come L’assassino (1961) e Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), entrambi diretti da Elio Petri, sono esempi notevoli di come il crimine possa diventare una lente d’indagine puntata sulla società e il potere. Questi film non solo attingevano dal noir le atmosfere tenebrose e i personaggi moralmente ambigui, ma reinterpretavano questi elementi per indagare sulla realtà italiana, spesso in modo satirico o politicamente critico.
Negli anni ’80 il noir italiano subì una svolta stilistica con registi come Dario Argento e Mario Bava, che contribuirono a definire il cosidetto giallo all’italiana: una commistione di thriller, noir e horror che si focalizzava su omicidi violenti e complessi psicologici. Questo sottogenere, pur non essendo propriamente noir, ne condivideva pienamente l’anima dark, tanto da farsi conoscere anche all’estero.
Il noir italiano degli anni ‘90, seppur meno popolare, si sviluppò grazie a pellicole come La Scorta (1993) di Ricky Tognazzi, che trattava temi come la criminalità organizzata, o Il ladro di bambini (1992) di Gianni Amelio, che mostrava il lato oscuro della nostra società in maniera ruiscita e non convenzionale.
In sintesi, questo genere ha subito, nel nostro panorama cinematografico, una lenta trasformazione, più che una modifica radicale. Dal classico ricorso a ingredienti come intrighi criminali e misteri irrisolti è passato ad essere uno specchio delle tensioni sociali. Si è evoluto attraverso una fusione con il giallo, ha presentato sempre più tematiche psicologiche e ha mantenuto il suo fascino fino all'inizio del nuovo millennio, quando ha intrapreso nuove direzioni stilistiche.
Il noir italiano nel terzo millennio
Da ben prima dell’avvento degli anni duemila ci si chiedeva se lo scopo finale del noir fosse quello di realizzare un cambiamento culturale. Contribuire a una verità comune che infine avrebbe dovuto portare alla giustizia. Tuttavia, tra il 2000 e il 2010, molti studiosi criticarono una certa incapacità del genere di rappresentare la lotta politica. Questa dinamica è stata visibile anche nel territorio italiano, dove opere come Romanzo Criminale (2005) - che indubbiamente hanno avuto un enorme successo - risultavano limitate da una superficiale critica del consumismo capitalista, laddove il noir, alle origini, è stato considerato un genere di denuncia: denuncia del potere, della natura corrotta della politica, del patriarcato.
Nel 2005 la critica era agguerrita e decretava la morte del cinema noir, un genere che, con poche eccezioni, avrebbe esaurito la sua spinta propulsiva nel giro di un paio d’anni. E invece accadde qualcosa. Accadde che la letteratura noir continuò ad acquisire un interesse sempre maggiore da parte dei lettori.
Tra il 2006 e il 2008 sembrò cambiare la percezione riguardo la valenza sociale del noir. Il successo del libro di Roberto Saviano Gomorra delineò un mutamento, un cambiamento silenzioso ma evidente, sia nell’orizzonte della scrittura noir sia nel sentire di chi leggeva. Tale mutazione iniziò per l’appunto dai libri, ed avvenne all’insegna di una tacita comprensione fra scrittori e lettori per mezzo dell’empatia. Inevitabilmente, giunse anche al linguaggio audiovisivo del cinema e della serialità.
Ovviamente, negli anni il peso della mediazione delle case editrici e degli investitori cinematografici è stato innegabile. La popolarità di questo genere ha determinato cambiamenti non solo nel consumo ma anche nella produzione. Nel tempo l’offerta si è ampliata a dismisura parallelamente alla richiesta, anche se nella gran parte dei casi la produzione si è limitata a opere che descrivevano il contesto che circonda gli avvenimenti senza mai illuminare i lati bui della società contemporanea.
Uno degli elementi chiave del noir è sempre stato l’ambientazione, e il noir italiano non fa eccezione. Tuttavia, se il noir classico italiano privilegiava le metropoli, come Roma e Milano, il noir dello scorso decennio ha esplorato una gamma più ampia di ambienti, dai sobborghi decadenti fino alle campagne isolate. Questo uso delle ambientazioni riflette non solo il degrado urbano, ma anche il contrasto tra città e periferia, tra spazio pubblico e isolamento individuale. Sulla scia di queste influenze, cinque film si sono particolarmente contraddistinti nel loro approccio al genere:
Anime nere (2014), di Francesco Munzi, che racconta una storia di vendetta e faida familiare all'interno della ‘ndrangheta, con toni cupi e una rappresentazione realistica della violenza. La sua estetica e la narrazione sospesa e fatalista lo avvicinano molto al noir. L’ambientazione calabrese, con i suoi paesaggi montani e i piccoli paesi, ha portato il genere verso una declinazione raramente esplorata.
Suburra (2015), di Stefano Sollima, coinvolge invece la criminalità organizzata, la politica e il potere. La popolarità del film ha anche generato una serie TV di successo, contribuendo a riportare il noir urbano nel mainstream italiano rafforzando l’interesse per storie di crimine ambientate nella capitale.
Ammore e malavita (2017), dei Manetti Bros. Sebbene non sia un noir puro, rappresenta pienamente un’interpretazione creativa del genere arricchendolo con una rappresentazione della camorra Napoletana in chiave pop e ironica.
Dogman (2018) di Matteo Garrone è uno dei film italiani più acclamati degli ultimi anni e si ispira alla reale vicenda di un toelettatore di cani coinvolto in un crimine brutale. Ambientato in una fatiscente periferia, il lungometraggio esplora la violenza latente e il degrado umano (elementi molto cari al noir) e rappresenta egregiamente la disfunzionalità di determinati contesti sociali e la disperazione degli emarginati.
La paranza dei bambini (2019), di Claudio Giovannesi, si orienta invece più su un crudo realismo che sulle estetiche tipiche del noir classico. Tratto dal romanzo di Roberto Saviano, il lungometraggio esplora la delinquenza giovanile napoletana attraverso la storia di un gruppo di adolescenti. La rappresentazione dei giovani che si avvicinano alla malavita in un contesto privo di speranza e l’analisi dei legami tra povertà, dominio e violenza lo rendono un contributo importante al genere.
Film noir contemporanei
Negli ultimi tempi non si vedono tracce di un’inversione di tendenza. Pur mancando di una vera e propria denuncia politica, il noir italiano mantiene la capacità di mettere in discussione i mali della società attraverso i dilemmi morali, il pessimismo e il realismo. Si presenta fortemente legato al contesto storico e culturale, che si differenzia ulteriormente di regione in regione.
I registi contemporanei hanno adattato il genere a una società in costante mutamento, e proprio in questo risiede il fascino immortale del noir. Un genere in continua evoluzione, che può essere reinterpretato finché ci sarà qualcosa da raccontare, o qualcosa da urlare.
Una delle caratteristiche più rilevanti del noir italiano contemporaneo è la sua capacità di riflettere le problematiche sociali attraverso intense storie personali e intimistiche. L’oscillazione tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato è particolarmente vivida nelle pellicole recenti, che si nutrono delle tensioni sociali, delle sfide economiche e della crescente sensazione di isolamento che permeano la vita moderna.
Alcuni film recenti offrono uno scenario unico e inquietante delle dinamiche che caratterizzano la società italiana. In ognuna di queste opere, il contesto sociale è presentato non solo come sfondo, ma come elemento attivo che modella e corrompe i personaggi, i quali si trovano spesso di fronte a scelte etiche insormontabili.
L'ultima notte di Amore (2023), film di Andrea Di Stefano, rappresenta un'importante evoluzione del noir contemporaneo in Italia, con un approccio che mescola il genere con il thriller e il dramma psicologico. La storia è densa di intrighi e moralità in bilico, e sfrutta l’ambientazione urbana milanese come una mappa, fisica e mentale, della corruzione e della decadenza. Attraverso la figura di Franco Amore (interpretato da un magistrale Pierfrancesco Favino), un poliziotto che si ritrova coinvolto in un oscuro intrigo criminale, il film scava nelle tensioni di chi vive in un universo in cui il confine tra bene e male è sempre più labile. La caratteristica innovativa di L’ultima notte di Amore è il suo approccio al noir come riflessione sulla fine di un'epoca, in cui il protagonista si confronta con il declino della sua stessa professione e della società che ha giurato di proteggere. L’opera introduce un elemento di tensione psicologica che si pone come evoluzione del classico "pessimismo" noir. Invece di focalizzarsi esclusivamente sull'investigazione del crimine, il film esplora la disillusione del protagonista, il conflitto tra il suo senso del dovere e la realtà corrotta con cui entra in contatto. In questo senso, L’ultima notte di Amore reinterpreta il concetto di eroe noir e prende le sembianze di uno studio sull'uomo e la sua capacità di resistere alla corruzione morale, presentando un individuo che non è più solo il classico “detective”, ma qualcuno che sta cercando di trovare un senso mentre affronta un mondo che gli sfugge di mano.
Garbage Man (2023), diretto da Alfonso Bergamo, esplora le ombre della vita quotidiana e la disillusione con una narrazione e un’atmosfera che rispecchiano i tratti distintivi del genere noir. La storia segue la vita di un uomo che lavora come spazzino in una città grigia e decadente e che si ritrova invischiato in una spirale di crimine e violenza. Gli elementi noir sono evidenti: il protagonista è un antieroe dalle motivazioni morali ambigue, l'atmosfera è cupa e opprimente, e la pellicola esplora temi di solitudine, alienazione e corruzione.
Come pecore in mezzo ai lupi (2023), diretto da Lyda Patitucci, è un film che offre una lettura molto particolare del genere, che in questo caso viene arricchito da una forte impronta sociale e psicologica. La trama ruota attorno a persone che si trovano a confrontarsi con un sistema corrotto e violento, costretti a scegliere tra la sopravvivenza e la perdita della propria umanità. La caratteristica innovativa di questo lungometraggio, rispetto al tradizionale noir, è la sua attenzione alle dinamiche di gruppo e alla disgregazione del tessuto sociale. I protagonisti non sono semplicemente vittime o carnefici, ma individui intrappolati in una rete di corruzione che travolge ogni possibilità di redenzione.
Visioni alternative
Cineasti come i fratelli D'Innocenzo hanno offerto una visione personale e innovativa del noir, rendendolo maggiormente riflessivo, filosofico e psicologico. Già in Favolacce (2020), che, anche in questo caso, non si può propriamente considerare come un film noir, vi sono dei forti richiami ad alcuni elementi del genere. La storia si svolge in un sobborgo romano, tra vite vuote e desideri repressi, e segue diverse famiglie che sembrano condividere una latente violenza. Il noir classico ruota intorno a investigazioni, delitti o antieroi, topoi che in Favolacce sono assenti; i protagonisti sono famiglie comuni, rese inquietanti e inquietate dal vuoto e dal malessere sociale. Tuttavia, l’opera può richiamare alcune atmosfere del noir, pur inserendosi in un filone cinematografico di critica sociale che sonda le tenebre della quotidianità piuttosto che il mistero e il crimine. Il tono cupo, la fotografia fredda e il ritmo sospeso richiamano il noir, pur in mancanza del fascino oscuro di città illuminate da insegne al neon e gangster incappucciati. Il film suggerisce, infatti, che il vero mistero possa risiedere in un’ordinarietà apparentemente inoffensiva, capace di suscitare nello spettatore un senso di inquietudine latente.
In America Latina (2022) l'approccio stilistico è altrettanto innovativo, con una fotografia che accentua il senso di desolazione e oppressione. È una pellicola che gioca con gli elementi del thriller psicologico e non si concentra sul crimine in senso tradizionale, ma sulla degenerazione mentale e morale del protagonista, che è costretto a fare i conti con il suo inquietante passato in un contesto sempre più surreale. La trama ruota attorno a un dentista, interpretato da Elio Germano, che vive una vita apparentemente perfetta, ma che, dopo aver subito un'esperienza traumatica, si dovrà confrontare con i suoi tormenti esistenziali e la paura del suo passato.
Chiude il cerchio la miniserie Dostoevskij (2024), che invece contiene svariati elementi noir qui utilizzati dai due registi per esplorare la condizione umana, la moralità e la disillusione. La figura dell'uomo tormentato, alla ricerca di una verità impossibile o di una salvezza che non può raggiungere, è molto vicina alla filosofia esistenzialista che caratterizza anche il noir più introspettivo. Dostoevskij esplora l'aspetto criminale tipico del genere concentrandosi sul tormento psicologico, sull’angoscia filosofica, sulla ricerca di un senso in un mondo privo di risposte definitive. Le atmosfere cupe, l'ambientazione grigia e oppressiva, il senso di alienazione che soffoca l’individuo sono tutti tratti che caratterizzano la serie e rientrano appieno nel panorama del noir.
Nuove estetiche e prospettive future
Le scelte estetiche dei noir italiani contemporanei riflettono un cambiamento nel modo di rappresentare il crimine. A differenza del noir classico, il noir di oggi abbraccia un’estetica che oscilla tra il minimalismo e il realismo, con un uso innovativo della luce e dell’ombra per creare tensione e suspense. Questa evoluzione estetica è particolarmente evidente in L'ultima notte di Amore, dove la fotografia si concentra su toni scuri per evocare un senso di disperazione e pericolo imminente, ma anche in Come pecore in mezzo ai lupi, dove luci fredde e una fotografia essenziale accentuano l’atmosfera sospesa.
In termini narrativi, il noir italiano contemporaneo tende a privilegiare strutture non lineari che riflettono la complessità della psicologia dei personaggi. Le narrazioni sono più frammentate, pongono l’accento sulla mente dei protagonisti che si trovano spesso di fronte a dilemmi morali più che a nemici espliciti. In alcuni casi la trama si sviluppa attraverso flashback e frammenti di memorie, creando un’atmosfera che lascia il pubblico in uno stato di costante incertezza. Le storie non si risolvono sempre in una chiara vittoria o sconfitta, ma lasciano spesso lo spettatore con un senso di ambiguità. Questi approcci si differenziano dai noir classici (in cui l’eroe, per quanto ambiguo, compiva comunque un percorso narrativo ben definito) e permettono ai registi di esplorare temi complessi come la percezione della realtà, il rimorso e l’illusione della giustizia, elevando così il noir a un livello intellettuale che lo distingue dagli altri generi.
Questa nuova ondata di cinema noir ha dimostrato quanto sia ancora rilevante e come rimanga un potente mezzo per riflettere sulle sfide della società. La versatilità di questo genere permette di creare opere che non solo intrattengono, ma che offrono anche una profonda analisi della moralità, della giustizia e della condizione umana. In quest’ottica, il noir italiano sembra destinato a continuare la sua lenta evoluzione in un mondo sempre più complesso, a testimoniare una voglia di esplorare la complessità umana, un bisogno di mettere a nudo le fragilità e le contraddizioni del mondo moderno.