NC-224
26.07.2024
Parlare di cinema non è facile. Riuscire a tenere insieme le spinte creative degli autori e le prospettive finanziare dei produttori sembra far scontrare due mondi incomunicabili. Il divario che si apre tra arte e mercato è sempre più netto e dibattuto e le soluzioni proposte nelle sedi decisionali insistono su questa spaccatura rendendola sempre più insostenibile, come preannunciano le previsioni sulle nuove norme del tax credit.
Eppure, da qualche parte, di cinema si prova a parlare per bene. E di cinema a tutto tondo, mettendo insieme professionisti di tutta la filiera, e provando a far nascere pratiche di immaginario comune che potrebbero essere efficaci tanto per un regista, quanto per un produttore o un programmatore festivaliero.
A San Vito dei Normanni, il 21 luglio, si è tenuta la prima edizione di Meridiana, un evento prodotto da Cattive Produzioni. Nata nel 2019, la giovane casa di produzione sta provando a tenere unite spinte sempre più internazionali con un’importante presa di coscienza sul proprio territorio e sulle nuove generazioni che saranno destinate a viverlo, e a farlo rivivere, come nel caso appunto di San Vito dei Normanni, una delle tante località marginalizzate d’Italia.
La domanda che ci si è posti durante Meridiana è rivolta al futuro: quali saranno le traiettorie e gli orizzonti del nostro cinema?
Ma è il metodo ad essere stato il suo punto di forza: un dialogo intorno a un tavolo tra professionisti che hanno incrociato le loro carriere, amici, collaboratori, che si scambiano idee e pratiche con serietà e analisi, ma lasciandosi andare a una confidenza che riesce a rendere il discorso fluido, partecipato, anche conflittuale, ma lontano da risposte austere e semplicistiche.
Tre le roundtables che si sono tenute: si è parlato di archivio e del perché dell’esplosione di questo linguaggio negli ultimi anni, dei Festival del Sud Italia e delle loro prospettive di internazionalizzazione, e della produzione cinematografica in Puglia, sempre più aperta all’Europa.
Il sole batteva e la Meridiana ha gettato per tutto il giorno la sua ombra su un motivo ben specifico: il rapporto con le Istituzioni e con il potere.
Cominciamo dall’archivio. Ogni archivio è un luogo di potere, e non solo per la possibilità di scegliere cosa conservare e con quali criteri, esponendosi dunque a una censura di materiale per diversi motivi non ritenuto valido: inutilizzabile, non interessante, storicamente inappropriato. Ma anche per la possibilità del cinema di indagare l’immagine e capovolgerla, cambiarne i significati, toglierla dal suo contesto, farla fluire su strade nuove e lontane dai motivi della sua creazione originaria.
Lavorare con l’archivio è un'operazione che ha intrinsecamente a che fare con il potere, quello di cambiare i punti di vista, di scardinare immagini rassicuranti, di scegliere cosa va conservato e cosa no. E quanto tutto questo abbia a che fare con la produzione, soprattutto quella più indipendente, è chiaro. È un tentativo di riappropriarsi del diritto alla creazione dell’immagine, tanto come aspetto autoriale, quanto come aspetto produttivo: prendere il potere e decidere dove far andare l’immagine e come trasfigurarla, farla emergere, significarla. Nel rapporto con le istituzioni, così come in quello con le immagini, non si può avere paura, e finire a creare storie e film che rassicurano, e che non si spingano oltre i loro confini, come hanno ricordato più volte Davide Crudetti, regista e socio di ZaLab, e Paolo Pisanelli, regista e direttore artistico del festival del Cinema del Reale.
L’importanza della delocalizzazione e decentralizzazione del cinema negli ultimi anni in Italia, con il potere diffuso delle Film Commission, e l’apporto internazionale di Europa Creativa attraverso i fondi dell’UE, hanno dato la possibilità a produttori, registi e programmatori di continuare a credere nei loro territori, a raccontarne le storie per uscire dalla marginalità. Ma ora che il panorama dei finanziamenti si appresta a cambiare con le nuove norme sul tax credit, e dunque si prepara una nuova negoziazione di potere tra i produttori, le film commission e il ministero, bisogna stare attenti alle energie che si potrebbero disperdere, come ricordano e allertano Francesco Lattarulo, coordinatore nazionale dei giovani produttori under40, e Ivan D’Ambrosio, Presidente del CNA Puglia.
Riuscire a restare nei territori dove faticosamente si sta provando a costruire tali percorsi produttivi è complesso: non significa chiudersi in prospettive unicamente territoriali e interessanti solo per un piccolo gruppo di persone - e di legare tra l’altro in finanziamenti questi tipi di storie - ma trovare il modo di comunicare i grandi problemi umani di un territorio con spinte universali.
È proprio Antonio Pezzuto, direttore artistico del SalinaDocFest, che ribadisce il grande valore universale del cinema, un mezzo internazionale di per sé, capace di comunicare a tutti a dispetto della localizzazione.
Riuscire a comunicare, infatti, tra autori e pubblico, è un altro grande tema di Meridiana. Accorciare le distanze tra linguaggi e storie di mondi diversi è oggi fondamentale per far vivere il cinema sia per gli autori, che per i produttori, e soprattutto per il pubblico.
Il grande tema dei festival appare dunque strettamente collegato: soprattutto i festival distribuiti nelle province italiane si assumono da anni il fondamentale compito di dialogare con lo spettatore, creare discorsi e costruire una comunità internazionale intorno al cinema. Ma non è semplice: anche qui, il potere è fondamentale. È una scelta profondamente politica far sopravvivere i festival cinematografici, che godono, come le produzioni, dei finanziamenti pubblici. E il potere di influenzare le istituzioni non è spesso proporzionale a quello che le istituzioni esercitano su di loro, ma è proprio il primo che emerge come fondamentale, e anzi appare evidente dagli incontri svolti come le decisioni debbano essere prese proprio tra i piccoli centri lontani, attraverso il rapporto con quel pubblico e con quelle persone.
La sfida emersa chiaramente è quella di riuscire a creare una rete di relazioni significativa tra festival internazionali, che possano far comunicare i linguaggi e far esplodere la potenza del cinema, scardinando i rapporti di potere proprio come tenta di fare l’utilizzo creativo dell’archivio. Ed è la stessa parola chiave delle coproduzioni: solo con la capacità di mettere a rete, il cinema italiano può liberarsi da richiami campanilistici, localizzati, e tendenzialmente irrilevanti e incomunicabili nel panorama mondiale. E mettersi a rete, in tutti questi ambiti, non è e non può essere un logo su una locandina o un film estero proiettato in Italia. Deve essere accompagnato da vere condivisioni di pratiche e linguaggi, visitare e far visitare le periferie dell’Europa e del mondo dove il potere deve tornare a essere esercitato, con l’ascolto attento delle Istituzioni.
Non si può infatti pensare di sopravvivere senza i finanziamenti pubblici, vitali nella creazione e nella circolazione della cultura. E questi devono essere tutelati, e soprattutto non determinati da pratiche cieche e semplicistici calcoli di mercato. Così come curare un archivio è una grande responsabilità, come dice Antonio Medici, presidente del premio Cesare Zavattini, perché si ha il potere di influenzare ciò che viene visto e cosa no, potendo contare su un grande potere di censura e di scelta, così le istituzioni hanno tutto il potere di decidere cosa mostrare al pubblico e cosa no, cosa ritenere meritevole di finanziamento e cosa no.
Ed è qui che il ruolo di chi pensa, produce e fa vedere il cinema si fa sacro: avere la forza cioè, come abbiamo già detto, di scardinare le decisioni, di influenzarle, e di poterlo fare non accentrando tutto su di sé, ma ridistribuendo in una fitta rete di relazioni il potere e la capacità di esercitarlo.
Meridiana ha provato e proverà nel futuro a fare tutto questo. E soprattutto grazie all’impegno di Cattive Produzioni, una casa di produzione, non un ente né un’associazione di categoria, che vuole scommettere sull’importanza di costruire legami con tutte le forze che alimentano il cinema. Meridiana è un primo atto di fede di giovani produttori che vorrebbero vedere un’arte e un’industria diverse, e lo fanno mettendosi in prima linea nel cercare idee, soluzioni e immaginari nuovi.
NC-224
26.07.2024
Parlare di cinema non è facile. Riuscire a tenere insieme le spinte creative degli autori e le prospettive finanziare dei produttori sembra far scontrare due mondi incomunicabili. Il divario che si apre tra arte e mercato è sempre più netto e dibattuto e le soluzioni proposte nelle sedi decisionali insistono su questa spaccatura rendendola sempre più insostenibile, come preannunciano le previsioni sulle nuove norme del tax credit.
Eppure, da qualche parte, di cinema si prova a parlare per bene. E di cinema a tutto tondo, mettendo insieme professionisti di tutta la filiera, e provando a far nascere pratiche di immaginario comune che potrebbero essere efficaci tanto per un regista, quanto per un produttore o un programmatore festivaliero.
A San Vito dei Normanni, il 21 luglio, si è tenuta la prima edizione di Meridiana, un evento prodotto da Cattive Produzioni. Nata nel 2019, la giovane casa di produzione sta provando a tenere unite spinte sempre più internazionali con un’importante presa di coscienza sul proprio territorio e sulle nuove generazioni che saranno destinate a viverlo, e a farlo rivivere, come nel caso appunto di San Vito dei Normanni, una delle tante località marginalizzate d’Italia.
La domanda che ci si è posti durante Meridiana è rivolta al futuro: quali saranno le traiettorie e gli orizzonti del nostro cinema?
Ma è il metodo ad essere stato il suo punto di forza: un dialogo intorno a un tavolo tra professionisti che hanno incrociato le loro carriere, amici, collaboratori, che si scambiano idee e pratiche con serietà e analisi, ma lasciandosi andare a una confidenza che riesce a rendere il discorso fluido, partecipato, anche conflittuale, ma lontano da risposte austere e semplicistiche.
Tre le roundtables che si sono tenute: si è parlato di archivio e del perché dell’esplosione di questo linguaggio negli ultimi anni, dei Festival del Sud Italia e delle loro prospettive di internazionalizzazione, e della produzione cinematografica in Puglia, sempre più aperta all’Europa.
Il sole batteva e la Meridiana ha gettato per tutto il giorno la sua ombra su un motivo ben specifico: il rapporto con le Istituzioni e con il potere.
Cominciamo dall’archivio. Ogni archivio è un luogo di potere, e non solo per la possibilità di scegliere cosa conservare e con quali criteri, esponendosi dunque a una censura di materiale per diversi motivi non ritenuto valido: inutilizzabile, non interessante, storicamente inappropriato. Ma anche per la possibilità del cinema di indagare l’immagine e capovolgerla, cambiarne i significati, toglierla dal suo contesto, farla fluire su strade nuove e lontane dai motivi della sua creazione originaria.
Lavorare con l’archivio è un'operazione che ha intrinsecamente a che fare con il potere, quello di cambiare i punti di vista, di scardinare immagini rassicuranti, di scegliere cosa va conservato e cosa no. E quanto tutto questo abbia a che fare con la produzione, soprattutto quella più indipendente, è chiaro. È un tentativo di riappropriarsi del diritto alla creazione dell’immagine, tanto come aspetto autoriale, quanto come aspetto produttivo: prendere il potere e decidere dove far andare l’immagine e come trasfigurarla, farla emergere, significarla. Nel rapporto con le istituzioni, così come in quello con le immagini, non si può avere paura, e finire a creare storie e film che rassicurano, e che non si spingano oltre i loro confini, come hanno ricordato più volte Davide Crudetti, regista e socio di ZaLab, e Paolo Pisanelli, regista e direttore artistico del festival del Cinema del Reale.
L’importanza della delocalizzazione e decentralizzazione del cinema negli ultimi anni in Italia, con il potere diffuso delle Film Commission, e l’apporto internazionale di Europa Creativa attraverso i fondi dell’UE, hanno dato la possibilità a produttori, registi e programmatori di continuare a credere nei loro territori, a raccontarne le storie per uscire dalla marginalità. Ma ora che il panorama dei finanziamenti si appresta a cambiare con le nuove norme sul tax credit, e dunque si prepara una nuova negoziazione di potere tra i produttori, le film commission e il ministero, bisogna stare attenti alle energie che si potrebbero disperdere, come ricordano e allertano Francesco Lattarulo, coordinatore nazionale dei giovani produttori under40, e Ivan D’Ambrosio, Presidente del CNA Puglia.
Riuscire a restare nei territori dove faticosamente si sta provando a costruire tali percorsi produttivi è complesso: non significa chiudersi in prospettive unicamente territoriali e interessanti solo per un piccolo gruppo di persone - e di legare tra l’altro in finanziamenti questi tipi di storie - ma trovare il modo di comunicare i grandi problemi umani di un territorio con spinte universali.
È proprio Antonio Pezzuto, direttore artistico del SalinaDocFest, che ribadisce il grande valore universale del cinema, un mezzo internazionale di per sé, capace di comunicare a tutti a dispetto della localizzazione.
Riuscire a comunicare, infatti, tra autori e pubblico, è un altro grande tema di Meridiana. Accorciare le distanze tra linguaggi e storie di mondi diversi è oggi fondamentale per far vivere il cinema sia per gli autori, che per i produttori, e soprattutto per il pubblico.
Il grande tema dei festival appare dunque strettamente collegato: soprattutto i festival distribuiti nelle province italiane si assumono da anni il fondamentale compito di dialogare con lo spettatore, creare discorsi e costruire una comunità internazionale intorno al cinema. Ma non è semplice: anche qui, il potere è fondamentale. È una scelta profondamente politica far sopravvivere i festival cinematografici, che godono, come le produzioni, dei finanziamenti pubblici. E il potere di influenzare le istituzioni non è spesso proporzionale a quello che le istituzioni esercitano su di loro, ma è proprio il primo che emerge come fondamentale, e anzi appare evidente dagli incontri svolti come le decisioni debbano essere prese proprio tra i piccoli centri lontani, attraverso il rapporto con quel pubblico e con quelle persone.
La sfida emersa chiaramente è quella di riuscire a creare una rete di relazioni significativa tra festival internazionali, che possano far comunicare i linguaggi e far esplodere la potenza del cinema, scardinando i rapporti di potere proprio come tenta di fare l’utilizzo creativo dell’archivio. Ed è la stessa parola chiave delle coproduzioni: solo con la capacità di mettere a rete, il cinema italiano può liberarsi da richiami campanilistici, localizzati, e tendenzialmente irrilevanti e incomunicabili nel panorama mondiale. E mettersi a rete, in tutti questi ambiti, non è e non può essere un logo su una locandina o un film estero proiettato in Italia. Deve essere accompagnato da vere condivisioni di pratiche e linguaggi, visitare e far visitare le periferie dell’Europa e del mondo dove il potere deve tornare a essere esercitato, con l’ascolto attento delle Istituzioni.
Non si può infatti pensare di sopravvivere senza i finanziamenti pubblici, vitali nella creazione e nella circolazione della cultura. E questi devono essere tutelati, e soprattutto non determinati da pratiche cieche e semplicistici calcoli di mercato. Così come curare un archivio è una grande responsabilità, come dice Antonio Medici, presidente del premio Cesare Zavattini, perché si ha il potere di influenzare ciò che viene visto e cosa no, potendo contare su un grande potere di censura e di scelta, così le istituzioni hanno tutto il potere di decidere cosa mostrare al pubblico e cosa no, cosa ritenere meritevole di finanziamento e cosa no.
Ed è qui che il ruolo di chi pensa, produce e fa vedere il cinema si fa sacro: avere la forza cioè, come abbiamo già detto, di scardinare le decisioni, di influenzarle, e di poterlo fare non accentrando tutto su di sé, ma ridistribuendo in una fitta rete di relazioni il potere e la capacità di esercitarlo.
Meridiana ha provato e proverà nel futuro a fare tutto questo. E soprattutto grazie all’impegno di Cattive Produzioni, una casa di produzione, non un ente né un’associazione di categoria, che vuole scommettere sull’importanza di costruire legami con tutte le forze che alimentano il cinema. Meridiana è un primo atto di fede di giovani produttori che vorrebbero vedere un’arte e un’industria diverse, e lo fanno mettendosi in prima linea nel cercare idee, soluzioni e immaginari nuovi.