INT-74
27.06.2024
Chi si muove nel mondo dei cortometraggi d’animazione può confermare che i paesi baltici hanno una cultura estremamente florida in questo ambito. Se vengono prodotti centinaia di corti animati, però, molto raramente avviene un passaggio al lungometraggio di animazione. Un caso di cineasta che si muove nel contesto del lungometraggio è quello del lettone Gints Zilbalodis, che nel 2019 debuttò con un film d’animazione realizzato interamente in solitaria. È stata una piacevole sorpresa, la selezione last minute del suo secondo lungometraggio, Flow, nella sezione Un Certain regard di Cannes 2024.
Flow racconta l’avventura, senza dialoghi, di un gatto nero che, durante un’alluvione, si trova a dover collaborare con altri animali - un golden retriever, un capybara, un lemure e un uccello - per sopravvivere in un universo fantastico e misterioso.
Abbiamo incontrato Gints Zilbalodis, e parlato con lui del suo ultimo lavoro.
So che spesso, nel cinema d’animazione, si parte prima dal disegno o dall’animazione stessa e poi si passa allo sviluppo della sceneggiatura. Qual è stato il processo creativo in Flow?
Away (2019) era senza una sceneggiatura completa, solo una traccia grezza, e ho un po’ improvvisato fotografia e montaggio. La ragione è che per me scrivere è molto difficile, forse è il passaggio più difficile di tutto il processo, quindi ho cercato di evitarlo. Al contrario di Away, in Flow, avevamo una sceneggiatura completa, abbiamo scritto più stesure, permettendoci di sperimentare con varie scene. Una volta finita la sceneggiatura abbiamo iniziato le animazioni, e da quel momento non ho più aperto il copione, andavo a memoria. L’avevo scritto così tante volte che lo conoscevo bene, ma dato che non lo seguivo, ho finito per improvvisare parecchio, perché un conto è scrivere una scena, un conto è visualizzarla, ti rendi conto che certe cose non funzionano. Così procedevamo in senso cronologico, questo mi ha permesso di improvvisare dato che sapevo la conclusione, ma potevo permettermi di avventurarmi un po’ fuori dal percorso perché ero consapevole che potevo ritrovare la mia strada ad un certo punto. Questo ha fatto sì che l’animazione cambiasse molto, anche perché quando ci è arrivata la colonna sonora, mi ha dato nuove idee sul tono del film ed ha influenzato il modo in cui le scene si sono sviluppate. Sono molto fiero del modo in cui abbiamo gestito la produzione perché non ci sono state scene tagliate. Non avendo un grande budget, dovevamo essere molto precisi su come usarlo.
Nella presentazione all’anteprima, ha sottolineato che la differenza tra Away e Flow è che il primo era stato fatto in solitaria, il secondo con una squadra, e così anche il film parla del lavoro di squadra.
In Away, ho lavorato da solo e il film riguarda un personaggio che è solo. Non era intenzionale, volevo che il film parlasse per sé stesso. Però il pubblico ha iniziato a connettersi molto all’idea che io fossi da solo durante la produzione e che la storia fosse su un personaggio solitario e mi sono reso conto che dovevo abbracciare quest’idea. In Flow, molto deliberatamente fin dall’inizio, mi sono reso conto di dover usare la mia storia personale per influenzare il film, ed anche se il pubblico non ne è al corrente, secondo me può percepire che c’è qualcosa di personale, anche se non mi conoscono. E si, Flow riguarda il lavoro di squadra, e forse gli sforzi, imparare a fare compromessi. Per me, gestire altre persone è stata un’esperienza completamente nuova. Era una squadra molto giovane, per molti era il loro primo progetto, e in Lettonia, abbiamo fondato il nostro studio di animazione per questo film. Dovevamo installare le infrastrutture, ed è stata una sfida enorme, direi che è stato molto più difficile lavorare con altri che da solo, ma ne ha giovato il film. Non avrei potuto farlo da solo.
Un aspetto che mi ha colpito molto è il mondo fantastico in cui il film è ambientato, così misterioso ma anche con vari suggerimenti a dei retroscena. Come lo avete sviluppato?
Si, non è il mondo reale, quindi combiniamo molte influenze da culture e luoghi differenti. Nell’animazione si ha il vantaggio di poter creare qualsiasi cosa si voglia. Tutto era progettato affinché si trasmettessero le emozioni del gatto, dato che non abbiamo dialoghi dovevamo usare l’ambientazione, ed abbiamo creato ambienti che per esempio suscitano paura, per mostrare come il gatto percepisce la paura, o altri luoghi meravigliosi per suscitare stupore. Non voglio spiegare molto i retroscena perché non sono importanti per il film, almeno non quanto le emozioni che provocano le immagini. Per esempio all’inizio vediamo molte statue colossali di gatti. La ragione è che volevo mostrare il senso di ansia collegato al livello dell’acqua che saliva durante l’alluvione, per cui vediamo le statue affondare. Poi ho escogitato una ragione per la quale queste statue fossero presenti, ed abbiamo creato questa casa nella quale forse viveva uno scultore, e poi da lì ho inventato un retroscena.
I protagonisti sono tutti animali, posso solo immaginare le sfide a livello di animazione.
Per fortuna non dovevo fare io le animazioni direttamente, avevo una squadra, e questo era un bene perché quasi tutti gli animali erano a quattro zampe, il che è una sfida per gli animatori. È il doppio, anzi il quadruplo più difficile del fare animazioni di umani. La mia squadra cercava riferimenti di animali veri – di solito nell’animazione gli animatori registrano sé stessi e si usano come riferimento, ma non è stato così in Flow. Abbiamo cercato riferimenti di animali reali, e per fortuna c’è un archivio infinito online. Li abbiamo studiati nel dettaglio, anche dal punto di vista del suono. Abbiamo usato veri animali per i versi, ed è stata un’impresa perché come ci ha indicato il sound designer, per esempio nel caso dei gatti non è possibile mescolare versi di gatti diversi perché hanno voci diverse, quindi per la maggior parte dovevamo usare i versi di un unico gatto. I versi degli animali trasmettono molto in questo film, non solo per le emozioni, ma per i momenti comici.
Ho visto nei titoli di coda che avete usato Blender, fino a quel punto non ero sicuro che fosse un film in CGI, le texture dei personaggi erano talmente particolari rispetto ai soliti film di animazione al computer. Come avete trovato questo stile?
Era importante trovare un equilibrio visivo, che potesse essere immersivo e dettagliato, ma anche molto stilizzato. Non volevamo che il film fosse fotorealistico, sia perché porta via molto tempo sia perché è costoso. Ritengo anche che sia stato fatto così tante volte, e che, spogliando un’opera dai dettagli diventa più facile immedesimarsi, devi proiettarti sui personaggi perché non ci sono tutti i dettagli finiti. Era una sfida perché se usavamo tecniche realistiche ci sono già librerie di asset che potevamo adoperare, ma così invece dovevamo creare tutto noi, perché era il nostro stile, progettare tutto, ed è più lavoro. Ma in questo modo, tutto è molto intenzionale, fatto su misura per il nostro film.
Anche l’animazione dell’acqua è un aspetto importante. Se il resto è stilizzato, in Flow l’acqua è molto dettagliata, quali sfide ha comportato?
L’acqua è una grande sfida nell’animazione, è una delle cose più difficili da fare, non solo da un punto di vista tecnico. Dovevamo quasi usare un sistema diverso per ogni scena per mostrare le onde calme, le tempeste spaventose, le piccole pozze d’acqua, e così via. Abbiamo passato molto tempo con l’acqua, ed è effettivamente realistica perché deve sembrare tattile, immersiva. Sento che i personaggi potevano essere un po’ semplificati e stilizzati, ma l’ambiente doveva regalare questa sensazione, soprattutto quando abbiamo sentito e visionato suoni ed immagini insieme.
Sa già quale sarà il suo prossimo progetto?
Ho appena finito Flow, circa dieci giorni fa, quindi non ho avuto molto tempo per pensare al prossimo progetto. So che sarà un film d’animazione, forse avrà più dialogo stavolta, anche se non molto. Voglio che sia guidato dalle visuali. Potrebbero volerci cinque anni prima che lo finisca, ma ho un’idea. Una volta che avrò finito il tour per i festival e le acque saranno più calme, inizierò a lavorarci.
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27.06.2024
Chi si muove nel mondo dei cortometraggi d’animazione può confermare che i paesi baltici hanno una cultura estremamente florida in questo ambito. Se vengono prodotti centinaia di corti animati, però, molto raramente avviene un passaggio al lungometraggio di animazione. Un caso di cineasta che si muove nel contesto del lungometraggio è quello del lettone Gints Zilbalodis, che nel 2019 debuttò con un film d’animazione realizzato interamente in solitaria. È stata una piacevole sorpresa, la selezione last minute del suo secondo lungometraggio, Flow, nella sezione Un Certain regard di Cannes 2024.
Flow racconta l’avventura, senza dialoghi, di un gatto nero che, durante un’alluvione, si trova a dover collaborare con altri animali - un golden retriever, un capybara, un lemure e un uccello - per sopravvivere in un universo fantastico e misterioso.
Abbiamo incontrato Gints Zilbalodis, e parlato con lui del suo ultimo lavoro.
So che spesso, nel cinema d’animazione, si parte prima dal disegno o dall’animazione stessa e poi si passa allo sviluppo della sceneggiatura. Qual è stato il processo creativo in Flow?
Away (2019) era senza una sceneggiatura completa, solo una traccia grezza, e ho un po’ improvvisato fotografia e montaggio. La ragione è che per me scrivere è molto difficile, forse è il passaggio più difficile di tutto il processo, quindi ho cercato di evitarlo. Al contrario di Away, in Flow, avevamo una sceneggiatura completa, abbiamo scritto più stesure, permettendoci di sperimentare con varie scene. Una volta finita la sceneggiatura abbiamo iniziato le animazioni, e da quel momento non ho più aperto il copione, andavo a memoria. L’avevo scritto così tante volte che lo conoscevo bene, ma dato che non lo seguivo, ho finito per improvvisare parecchio, perché un conto è scrivere una scena, un conto è visualizzarla, ti rendi conto che certe cose non funzionano. Così procedevamo in senso cronologico, questo mi ha permesso di improvvisare dato che sapevo la conclusione, ma potevo permettermi di avventurarmi un po’ fuori dal percorso perché ero consapevole che potevo ritrovare la mia strada ad un certo punto. Questo ha fatto sì che l’animazione cambiasse molto, anche perché quando ci è arrivata la colonna sonora, mi ha dato nuove idee sul tono del film ed ha influenzato il modo in cui le scene si sono sviluppate. Sono molto fiero del modo in cui abbiamo gestito la produzione perché non ci sono state scene tagliate. Non avendo un grande budget, dovevamo essere molto precisi su come usarlo.
Nella presentazione all’anteprima, ha sottolineato che la differenza tra Away e Flow è che il primo era stato fatto in solitaria, il secondo con una squadra, e così anche il film parla del lavoro di squadra.
In Away, ho lavorato da solo e il film riguarda un personaggio che è solo. Non era intenzionale, volevo che il film parlasse per sé stesso. Però il pubblico ha iniziato a connettersi molto all’idea che io fossi da solo durante la produzione e che la storia fosse su un personaggio solitario e mi sono reso conto che dovevo abbracciare quest’idea. In Flow, molto deliberatamente fin dall’inizio, mi sono reso conto di dover usare la mia storia personale per influenzare il film, ed anche se il pubblico non ne è al corrente, secondo me può percepire che c’è qualcosa di personale, anche se non mi conoscono. E si, Flow riguarda il lavoro di squadra, e forse gli sforzi, imparare a fare compromessi. Per me, gestire altre persone è stata un’esperienza completamente nuova. Era una squadra molto giovane, per molti era il loro primo progetto, e in Lettonia, abbiamo fondato il nostro studio di animazione per questo film. Dovevamo installare le infrastrutture, ed è stata una sfida enorme, direi che è stato molto più difficile lavorare con altri che da solo, ma ne ha giovato il film. Non avrei potuto farlo da solo.
Un aspetto che mi ha colpito molto è il mondo fantastico in cui il film è ambientato, così misterioso ma anche con vari suggerimenti a dei retroscena. Come lo avete sviluppato?
Si, non è il mondo reale, quindi combiniamo molte influenze da culture e luoghi differenti. Nell’animazione si ha il vantaggio di poter creare qualsiasi cosa si voglia. Tutto era progettato affinché si trasmettessero le emozioni del gatto, dato che non abbiamo dialoghi dovevamo usare l’ambientazione, ed abbiamo creato ambienti che per esempio suscitano paura, per mostrare come il gatto percepisce la paura, o altri luoghi meravigliosi per suscitare stupore. Non voglio spiegare molto i retroscena perché non sono importanti per il film, almeno non quanto le emozioni che provocano le immagini. Per esempio all’inizio vediamo molte statue colossali di gatti. La ragione è che volevo mostrare il senso di ansia collegato al livello dell’acqua che saliva durante l’alluvione, per cui vediamo le statue affondare. Poi ho escogitato una ragione per la quale queste statue fossero presenti, ed abbiamo creato questa casa nella quale forse viveva uno scultore, e poi da lì ho inventato un retroscena.
I protagonisti sono tutti animali, posso solo immaginare le sfide a livello di animazione.
Per fortuna non dovevo fare io le animazioni direttamente, avevo una squadra, e questo era un bene perché quasi tutti gli animali erano a quattro zampe, il che è una sfida per gli animatori. È il doppio, anzi il quadruplo più difficile del fare animazioni di umani. La mia squadra cercava riferimenti di animali veri – di solito nell’animazione gli animatori registrano sé stessi e si usano come riferimento, ma non è stato così in Flow. Abbiamo cercato riferimenti di animali reali, e per fortuna c’è un archivio infinito online. Li abbiamo studiati nel dettaglio, anche dal punto di vista del suono. Abbiamo usato veri animali per i versi, ed è stata un’impresa perché come ci ha indicato il sound designer, per esempio nel caso dei gatti non è possibile mescolare versi di gatti diversi perché hanno voci diverse, quindi per la maggior parte dovevamo usare i versi di un unico gatto. I versi degli animali trasmettono molto in questo film, non solo per le emozioni, ma per i momenti comici.
Ho visto nei titoli di coda che avete usato Blender, fino a quel punto non ero sicuro che fosse un film in CGI, le texture dei personaggi erano talmente particolari rispetto ai soliti film di animazione al computer. Come avete trovato questo stile?
Era importante trovare un equilibrio visivo, che potesse essere immersivo e dettagliato, ma anche molto stilizzato. Non volevamo che il film fosse fotorealistico, sia perché porta via molto tempo sia perché è costoso. Ritengo anche che sia stato fatto così tante volte, e che, spogliando un’opera dai dettagli diventa più facile immedesimarsi, devi proiettarti sui personaggi perché non ci sono tutti i dettagli finiti. Era una sfida perché se usavamo tecniche realistiche ci sono già librerie di asset che potevamo adoperare, ma così invece dovevamo creare tutto noi, perché era il nostro stile, progettare tutto, ed è più lavoro. Ma in questo modo, tutto è molto intenzionale, fatto su misura per il nostro film.
Anche l’animazione dell’acqua è un aspetto importante. Se il resto è stilizzato, in Flow l’acqua è molto dettagliata, quali sfide ha comportato?
L’acqua è una grande sfida nell’animazione, è una delle cose più difficili da fare, non solo da un punto di vista tecnico. Dovevamo quasi usare un sistema diverso per ogni scena per mostrare le onde calme, le tempeste spaventose, le piccole pozze d’acqua, e così via. Abbiamo passato molto tempo con l’acqua, ed è effettivamente realistica perché deve sembrare tattile, immersiva. Sento che i personaggi potevano essere un po’ semplificati e stilizzati, ma l’ambiente doveva regalare questa sensazione, soprattutto quando abbiamo sentito e visionato suoni ed immagini insieme.
Sa già quale sarà il suo prossimo progetto?
Ho appena finito Flow, circa dieci giorni fa, quindi non ho avuto molto tempo per pensare al prossimo progetto. So che sarà un film d’animazione, forse avrà più dialogo stavolta, anche se non molto. Voglio che sia guidato dalle visuali. Potrebbero volerci cinque anni prima che lo finisca, ma ho un’idea. Una volta che avrò finito il tour per i festival e le acque saranno più calme, inizierò a lavorarci.