di Luca Di Giulio
NC-211
01.06.2024
Il calendario, di solito, si appende in cucina sotto l’orologio, come a creare un asse simmetrico e incrementale di scansione del tempo. I secondi diventano ore, che diventano giorni, che diventano settimane, fino a che le caselle si esauriscono, e bisogna comprarne uno nuovo. Oltre che dal meteo e dalla notte che si avvicina o si allontana, sui calendari i mesi vengono contraddistinti da un’immagine - un’ape che raccoglie il polline, un'aerea dell’Empire State Building, un quadro di Miró - che in un modo o nell’altro cerca di racchiudere l’essenza di questa particolare trentina di giorni.
Per questo Giugno, al posto della singola illustrazione a cui siamo abituati, ODG pubblicherà una selezione di dieci film da vedere durante il mese, appositamente scelti per marcare ricorrenze, anniversari e affinità umorali.
2 giugno. Una vita difficile (1961) di Dino Risi
In un momento meta-cinematografico di Una vita difficile, Vittorio Gassman, nel ruolo di sé stesso, afferma che il cinema italiano è in piena crisi di idee. Più che una crisi di idee nel cinema, il film diretto da Dino Risi mette in scena la crisi delle ideologie nell’Italia del secondo dopoguerra. Silvio è un giornalista disposto a finire in miseria pur di non rinunciare alle sue posizioni su vita, politica e religione. Ma l’Italia del pre-boom economico, per Risi, è un paese che non lascia spazio a questo tipo di cittadini. Il frequente ricorso ad inquadrature in campo lungo o dall’alto, isolano il personaggio interpretato magnificamente da Alberto Sordi: lo rendono piccolo e fuori luogo. Una vita difficile è una pellicola che va oltre la commedia all’italiana. Un ritratto ironicamente spietato di un uomo presto dimenticato dallo stesso paese per cui ha combattuto negli anni della Resistenza partigiana.
Disponibile per il noleggio su YouTube e Google Play.
4 giugno. Western Stars (2019) di Bruce Springsteen e Thom Zimny
Una meditazione musicale in tredici brani sullo spirito americano. Bruce Springsteen, sin dal celebre Born in the U.S.A. che oggi spegne la sua quarantesima candelina, ha sempre trattato questo macro-tema: storie di gente qualunque, di automobili e motociclette, di amore e di bugie. Il film-concerto Western Stars - titolo dell’omonimo album - riparte da una dimensione intima, enfatizzata nel disco dall’utilizzo di strumenti acustici e nel film dalla location: il fienile di proprietà dello stesso artista. Una dimensione lontana dalle arene o dalle sale concerto cui ci ha abituato Springsteen (No Nukes, Springsteen on Broadway), ma in grado di dare forma all’immaginario, appunto, western emergente da ogni singola traccia. Thom Zimny accompagna per l’ennesima volta l’artista statunitense, arricchendo al montaggio l’opera con dei brevi commenti curati da Springsteen a presentare ogni brano. Una deliziosa cover di Glen Campbell, Rhinestone Cowboy, è la ciliegina sulla torta di un’opera intima e riflessiva.
Disponibile per il noleggio su Amazon Prime Video, Tim Vision, Apple TV, You Tube e Google Play.
6 giugno. Il grande uno rosso (1980) di Samuel Fuller
Samuel Fuller è uno di quei registi che ha vissuto in prima persona gli orrori della Seconda guerra mondiale, gli snodi cruciali che hanno permesso agli Alleati di trionfare. Il grande uno rosso è un film parzialmente autobiografico che, oltre a raccontare la genesi dell’omonima divisione di fanteria dell’esercito statunitense, punta a raccontare proprio cosa si vive in prima linea. Il film, presentato all’uscita in un’edizione ridotta e infedele alle volontà del regista, vive di frammenti della Seconda guerra mondiale: la campagna in Nord Africa, l’arrivo in Sicilia, lo sbarco in Normandia e via dicendo, per concludersi sull’ingresso delle truppe nei campi di concentramento. Lo sguardo di Fuller è quasi privo di momenti lirici o eccessivamente retorici. Se, infatti, la più grande conquista di un uomo in battaglia è sopravvivere alla guerra, non c’è nessun bisogno di ribadire quanto questa sia giusta o sbagliata. Tra le cose da ricordare segnaliamo proprio la sequenza dello sbarco a Omaha Beach, in Normandia – di cui oggi si celebra l’ottantesimo anniversario -, e la presenza nel cast di Mark Hamill, all’epoca reduce del successo mondiale di Guerre stellari.
Disponibile per il noleggio su Amazon Prime Video, You Tube,Google Play, Apple TV.
10 giugno. Tabu (2012) di Miguel Gomes
Tabu è un film fatto di “anime melancoliche”. Ventura e Aurora sono i protagonisti di una storia d’amore impossibile, passionale e peccaminosa. Il film procede a ritroso, attraverso due capitoli che narrano la dissoluzione di un “paradiso” (nella mente di Ventura) - la casa di Aurora ai piedi del monte Tabu, in Africa. Gomes si concentra sul controcampo e le zone buie della Storia coloniale del suo paese, il Portogallo. Le prime insurrezioni degli indigeni oppressi sono solo la cornice delle vicende dei due innamorati, vissute in flashback e attraverso espedienti che ricordano il cinema di Murnau, omaggiato dal titolo e dal nome della protagonista. Con il tempo, nella mente di Ventura – umana e limitata - i ricordi si confondono, cedono il passo all’anacronismo e lo sguardo della macchina da prese si fa triste e nostalgico; i dialoghi sono ormai perduti e il Tabu di Gomes finisce per diventare un film muto. L’Africa messa in scena dal cineasta ricorda la mitologica Macondo narrata nei libri di Gabriel García Márquez: un luogo contemporaneamente fuori e dentro la Storia. Anche grazie allo splendido bianco e nero della pellicola 16 mm curata dal DoP Rui Poças.
Disponibile su MUBI.
12 giugno. I tre banditi (1957) di Budd Boetticher
La sottile linea che divide i protagonisti de I tre banditi - l’ordinario Brennan e il fuorilegge Frank Usher - è di natura attitudinale. Il fine è, grossomodo, lo stesso: far fiorire un piccolo appezzamento di terreno o, più semplicemente, trovare un posto nel mondo. Budd Boetticher con I tre banditi gira un western “esemplare” (riprendendo l’aggettivo adoperato da André Bazin per definire la regia de I sette assassini): essenziale nella regia e concreto in termini di scrittura (il film è tratto da un racconto di Elmore Leonard). Il far west descritto dal regista è un territorio ampiamente conquistato dagli statunitensi ma ancora pregno di conflitti, perlopiù interiori. C’è chi ambisce ad una vita tranquilla (come Brennan e Doretta) ma anche chi cede alla criminalità per soddisfare i suoi istinti più bassi (come Chink e Billy Jack). Due punti di vista diametralmente opposti che si raccolgono tutti lì, in quel confronto tra i due personaggi splendidamente interpretati da Randolph Scott e Richard Boone.
Disponibile su PLEX e noleggiabile su Amazon Prime Video e Apple TV.
16 giugno. I ragazzi di Feng-kuei (1983) di Hou Hsiao-hsien
Moderno, poetico e generazionale: I ragazzi di Feng-kuei è un manifesto della nouvelle vague taiwanese. Hou Hsiao-hsien mette in scena la storia di tre ragazzi che, abbandonando la campagna, cercano la gloria nella grande città. Lo fa con spirito cinefilo, riflettendo sulla potenza del mezzo cinematografico. Il ruolo della sala cinematografica, nel film, diventa un luogo per confrontarsi con la tradizione - Il serpente all’ombra dell’aquila (1978) - e con la contemporaneità - Rocco e i suoi fratelli (1960). Lo fa dando spazio ai momenti di pausa della trama, quelli più riflessivi. Le vicende di Ah Ching - il vero protagonista della storia - ancora oggi sorprendono per l’universalità dei temi affrontati: la scoperta della vita nelle grandi città; le difficoltà quotidiane nel mondo del lavoro; il primo vero amore non corrisposto. Hsiao-hsien con I ragazzi di Feng-kuei consegna alla storia del cinema un fedele spaccato del suo paese negli anni Ottanta. Un vero e proprio capolavoro.
Disponibile su RaiPlay.
19 giugno. Lincoln (2012) di Steven Spielberg
Il Lincoln di Steven Spielberg ha un sogno ricorrente: una barca che, in un mare tempestoso, viaggia verso una meta indefinita. Quella meta è la fine della guerra civile americana e l’approvazione alla Camera dei rappresentanti del XIII emendamento. D’altronde, per il presidente, l’uguaglianza degli individui è come il teorema di Euclide - un principio matematico inconfutabile. Lincoln si concentra proprio su questo, sulla dimensione privata dell’icona: sulle scene in interni e sui confronti tra i membri della famiglia Lincoln. Spielberg con questo biopic si concede il lusso di lasciare fuori campo i grandi momenti della Storia. Ciò che conta, per il regista, sta nelle parole del presidente, nelle mille storie che racconta ad ogni interlocutore. O nei dettagli delle inquadrature, come il suono di una campana fuori campo che segna il primo passo verso l’abolizione della schiavitù.
Disponibile per il noleggio su Amazon Prime Video, Tim Vision, Apple TV, You Tube e Google Play.
21 giugno. Le vacanze del signor Hulot (1953) di Jacques Tati
Rumori ambientali, pochi dialoghi, tantissimi personaggi e l’inconfondibile combo pipa-cappello che contraddistinguono la creatura di Jacques Tati: il Monsieur Hulot. In questa pellicola Tati si concentra su uno scenario: lo stabilimento balneare di Saint-Marc-Sur-Mer (in seguito simbolicamente rinominato “Plage de Monsieur Hulot”). Il vero punto di forza del film - privo di elementi che possano far progredire la trama o approfondire i vari personaggi chiamati in causa - è naturalmente la costruzione delle gag. Sin dal suo ingresso in scena, l’anarchico signor Hulot si abbatte come una tempesta sull’ordinarietà di un mondo banale, a volte noioso per la sua ripetitività. Partite a carte, discorsi sul socialismo, annunci sconvolgenti alla radio: nulla viene risparmiato dall’ingenuo spirito del personaggio interpretato da Tati, improbabile campione di tennis (ingiocabile per la sua battuta, diremmo oggi) e amante della musica. La costruzione registica in profondità di campo della gran parte delle sequenze fa sì che nulla venga risparmiato: ogni oggetto, prima o poi, può finire in scena. Tenero, compassionevole e divertente, un quadro ideale che a sessant’anni di distanza conserva ancora la sua freschezza e originalità.
Disponibile su MUBI.
24 giugno. Days (2020) di Tsai Ming-liang
Come annuncia la didascalia iniziale, Days di Tsai Ming-liang è un film volutamente non sottotitolato. La scelta - oltre a essere in linea con parte della filmografia priva di dialoghi del regista originario di Taiwan - rivela subito quanto sia tutto presente nelle immagini che osserveremo. Ma soprattutto quanto sia rinnovata la fiducia nell’immagine cinematografica. Lee Kang-sheng - attore-feticcio di Tsai sin dagli esordi - nel film interpreta sé stesso e in scena porta le sue vere malattie. Dopo vent’anni, un grave problema al collo (una sublussazione atlanto-assiale) è riapparso e questo ha, inevitabilmente, finito per condizionare il resto della sua condizione psicofisica, portandolo a isolarsi. La stessa condizione di solitudine viene vissuta da Non, straniero (l’attore che lo interpreta, Anong Houngheuangsy, ha origini thailandesi) nella terra di Kang. Ciò che rende Days magico e, istantaneamente, un grande film è l’intuizione che possa bastare un incontro tra due individualità. Fugace, intenso come può esserlo un massaggio in un contesto intimo (una stanza d’albergo) e dolce come il suono di un carillon che riproduce il tema di Luci della ribalta di Charlie Chaplin. Basta veramente poco, ormai, per un maestro come Tsai Ming-liang per confezionare un capolavoro.
Disponibile su RaiPlay e noleggiabile su You Tube, Google Play, Apple TV, Amazon Prime Video.
28 giugno. Ore d’estate (2008) di Olivier Assayas
Con Ore d’estate Assayas gira un capolavoro sul tema dell’elaborazione del lutto. Juliette Binoche, Charles Berling e Jérémie Renier danno vita e corpo a tre fratelli che, a seguito della scomparsa della madre, devono decidere cosa farsene del patrimonio artistico ereditato dal loro prozio, un pittore piuttosto rinomato in patria. L’ipotesi di cedere tutto è motivo di discussione e di opportunità per i figli di Hélène. Il film ruota attorno alle trattative, alla burocrazia che segue un lutto e la cessione di una proprietà così importante. I tagli di montaggio e le dissolvenze a nero celano il dolore dei personaggi, i momenti più emotivi della vicenda. Non c’è spiegazione razionale alla scomparsa di un caro (oltre le ragioni di natura medica), così come non c’è valore monetario che possa eguagliare il valore affettivo che diamo ad un’opera d’arte o a un semplice oggetto. Allora non resta altro che il dolce ricordo, un’immagine mentale di quegli oggetti in un ambiente più famigliare e accogliente di un gelido museo. E la speranza che, contro la morte, le generazioni future possano conservare tutto questo per maturare.
Disponibile su MUBI.
di Luca Di Giulio
NC-211
01.06.2024
Il calendario, di solito, si appende in cucina sotto l’orologio, come a creare un asse simmetrico e incrementale di scansione del tempo. I secondi diventano ore, che diventano giorni, che diventano settimane, fino a che le caselle si esauriscono, e bisogna comprarne uno nuovo. Oltre che dal meteo e dalla notte che si avvicina o si allontana, sui calendari i mesi vengono contraddistinti da un’immagine - un’ape che raccoglie il polline, un'aerea dell’Empire State Building, un quadro di Miró - che in un modo o nell’altro cerca di racchiudere l’essenza di questa particolare trentina di giorni.
Per questo Giugno, al posto della singola illustrazione a cui siamo abituati, ODG pubblicherà una selezione di dieci film da vedere durante il mese, appositamente scelti per marcare ricorrenze, anniversari e affinità umorali.
2 giugno. Una vita difficile (1961) di Dino Risi
In un momento meta-cinematografico di Una vita difficile, Vittorio Gassman, nel ruolo di sé stesso, afferma che il cinema italiano è in piena crisi di idee. Più che una crisi di idee nel cinema, il film diretto da Dino Risi mette in scena la crisi delle ideologie nell’Italia del secondo dopoguerra. Silvio è un giornalista disposto a finire in miseria pur di non rinunciare alle sue posizioni su vita, politica e religione. Ma l’Italia del pre-boom economico, per Risi, è un paese che non lascia spazio a questo tipo di cittadini. Il frequente ricorso ad inquadrature in campo lungo o dall’alto, isolano il personaggio interpretato magnificamente da Alberto Sordi: lo rendono piccolo e fuori luogo. Una vita difficile è una pellicola che va oltre la commedia all’italiana. Un ritratto ironicamente spietato di un uomo presto dimenticato dallo stesso paese per cui ha combattuto negli anni della Resistenza partigiana.
Disponibile per il noleggio su YouTube e Google Play.
4 giugno. Western Stars (2019) di Bruce Springsteen e Thom Zimny
Una meditazione musicale in tredici brani sullo spirito americano. Bruce Springsteen, sin dal celebre Born in the U.S.A. che oggi spegne la sua quarantesima candelina, ha sempre trattato questo macro-tema: storie di gente qualunque, di automobili e motociclette, di amore e di bugie. Il film-concerto Western Stars - titolo dell’omonimo album - riparte da una dimensione intima, enfatizzata nel disco dall’utilizzo di strumenti acustici e nel film dalla location: il fienile di proprietà dello stesso artista. Una dimensione lontana dalle arene o dalle sale concerto cui ci ha abituato Springsteen (No Nukes, Springsteen on Broadway), ma in grado di dare forma all’immaginario, appunto, western emergente da ogni singola traccia. Thom Zimny accompagna per l’ennesima volta l’artista statunitense, arricchendo al montaggio l’opera con dei brevi commenti curati da Springsteen a presentare ogni brano. Una deliziosa cover di Glen Campbell, Rhinestone Cowboy, è la ciliegina sulla torta di un’opera intima e riflessiva.
Disponibile per il noleggio su Amazon Prime Video, Tim Vision, Apple TV, You Tube e Google Play.
6 giugno. Il grande uno rosso (1980) di Samuel Fuller
Samuel Fuller è uno di quei registi che ha vissuto in prima persona gli orrori della Seconda guerra mondiale, gli snodi cruciali che hanno permesso agli Alleati di trionfare. Il grande uno rosso è un film parzialmente autobiografico che, oltre a raccontare la genesi dell’omonima divisione di fanteria dell’esercito statunitense, punta a raccontare proprio cosa si vive in prima linea. Il film, presentato all’uscita in un’edizione ridotta e infedele alle volontà del regista, vive di frammenti della Seconda guerra mondiale: la campagna in Nord Africa, l’arrivo in Sicilia, lo sbarco in Normandia e via dicendo, per concludersi sull’ingresso delle truppe nei campi di concentramento. Lo sguardo di Fuller è quasi privo di momenti lirici o eccessivamente retorici. Se, infatti, la più grande conquista di un uomo in battaglia è sopravvivere alla guerra, non c’è nessun bisogno di ribadire quanto questa sia giusta o sbagliata. Tra le cose da ricordare segnaliamo proprio la sequenza dello sbarco a Omaha Beach, in Normandia – di cui oggi si celebra l’ottantesimo anniversario -, e la presenza nel cast di Mark Hamill, all’epoca reduce del successo mondiale di Guerre stellari.
Disponibile per il noleggio su Amazon Prime Video, You Tube,Google Play, Apple TV.
10 giugno. Tabu (2012) di Miguel Gomes
Tabu è un film fatto di “anime melancoliche”. Ventura e Aurora sono i protagonisti di una storia d’amore impossibile, passionale e peccaminosa. Il film procede a ritroso, attraverso due capitoli che narrano la dissoluzione di un “paradiso” (nella mente di Ventura) - la casa di Aurora ai piedi del monte Tabu, in Africa. Gomes si concentra sul controcampo e le zone buie della Storia coloniale del suo paese, il Portogallo. Le prime insurrezioni degli indigeni oppressi sono solo la cornice delle vicende dei due innamorati, vissute in flashback e attraverso espedienti che ricordano il cinema di Murnau, omaggiato dal titolo e dal nome della protagonista. Con il tempo, nella mente di Ventura – umana e limitata - i ricordi si confondono, cedono il passo all’anacronismo e lo sguardo della macchina da prese si fa triste e nostalgico; i dialoghi sono ormai perduti e il Tabu di Gomes finisce per diventare un film muto. L’Africa messa in scena dal cineasta ricorda la mitologica Macondo narrata nei libri di Gabriel García Márquez: un luogo contemporaneamente fuori e dentro la Storia. Anche grazie allo splendido bianco e nero della pellicola 16 mm curata dal DoP Rui Poças.
Disponibile su MUBI.
12 giugno. I tre banditi (1957) di Budd Boetticher
La sottile linea che divide i protagonisti de I tre banditi - l’ordinario Brennan e il fuorilegge Frank Usher - è di natura attitudinale. Il fine è, grossomodo, lo stesso: far fiorire un piccolo appezzamento di terreno o, più semplicemente, trovare un posto nel mondo. Budd Boetticher con I tre banditi gira un western “esemplare” (riprendendo l’aggettivo adoperato da André Bazin per definire la regia de I sette assassini): essenziale nella regia e concreto in termini di scrittura (il film è tratto da un racconto di Elmore Leonard). Il far west descritto dal regista è un territorio ampiamente conquistato dagli statunitensi ma ancora pregno di conflitti, perlopiù interiori. C’è chi ambisce ad una vita tranquilla (come Brennan e Doretta) ma anche chi cede alla criminalità per soddisfare i suoi istinti più bassi (come Chink e Billy Jack). Due punti di vista diametralmente opposti che si raccolgono tutti lì, in quel confronto tra i due personaggi splendidamente interpretati da Randolph Scott e Richard Boone.
Disponibile su PLEX e noleggiabile su Amazon Prime Video e Apple TV.
16 giugno. I ragazzi di Feng-kuei (1983) di Hou Hsiao-hsien
Moderno, poetico e generazionale: I ragazzi di Feng-kuei è un manifesto della nouvelle vague taiwanese. Hou Hsiao-hsien mette in scena la storia di tre ragazzi che, abbandonando la campagna, cercano la gloria nella grande città. Lo fa con spirito cinefilo, riflettendo sulla potenza del mezzo cinematografico. Il ruolo della sala cinematografica, nel film, diventa un luogo per confrontarsi con la tradizione - Il serpente all’ombra dell’aquila (1978) - e con la contemporaneità - Rocco e i suoi fratelli (1960). Lo fa dando spazio ai momenti di pausa della trama, quelli più riflessivi. Le vicende di Ah Ching - il vero protagonista della storia - ancora oggi sorprendono per l’universalità dei temi affrontati: la scoperta della vita nelle grandi città; le difficoltà quotidiane nel mondo del lavoro; il primo vero amore non corrisposto. Hsiao-hsien con I ragazzi di Feng-kuei consegna alla storia del cinema un fedele spaccato del suo paese negli anni Ottanta. Un vero e proprio capolavoro.
Disponibile su RaiPlay.
19 giugno. Lincoln (2012) di Steven Spielberg
Il Lincoln di Steven Spielberg ha un sogno ricorrente: una barca che, in un mare tempestoso, viaggia verso una meta indefinita. Quella meta è la fine della guerra civile americana e l’approvazione alla Camera dei rappresentanti del XIII emendamento. D’altronde, per il presidente, l’uguaglianza degli individui è come il teorema di Euclide - un principio matematico inconfutabile. Lincoln si concentra proprio su questo, sulla dimensione privata dell’icona: sulle scene in interni e sui confronti tra i membri della famiglia Lincoln. Spielberg con questo biopic si concede il lusso di lasciare fuori campo i grandi momenti della Storia. Ciò che conta, per il regista, sta nelle parole del presidente, nelle mille storie che racconta ad ogni interlocutore. O nei dettagli delle inquadrature, come il suono di una campana fuori campo che segna il primo passo verso l’abolizione della schiavitù.
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21 giugno. Le vacanze del signor Hulot (1953) di Jacques Tati
Rumori ambientali, pochi dialoghi, tantissimi personaggi e l’inconfondibile combo pipa-cappello che contraddistinguono la creatura di Jacques Tati: il Monsieur Hulot. In questa pellicola Tati si concentra su uno scenario: lo stabilimento balneare di Saint-Marc-Sur-Mer (in seguito simbolicamente rinominato “Plage de Monsieur Hulot”). Il vero punto di forza del film - privo di elementi che possano far progredire la trama o approfondire i vari personaggi chiamati in causa - è naturalmente la costruzione delle gag. Sin dal suo ingresso in scena, l’anarchico signor Hulot si abbatte come una tempesta sull’ordinarietà di un mondo banale, a volte noioso per la sua ripetitività. Partite a carte, discorsi sul socialismo, annunci sconvolgenti alla radio: nulla viene risparmiato dall’ingenuo spirito del personaggio interpretato da Tati, improbabile campione di tennis (ingiocabile per la sua battuta, diremmo oggi) e amante della musica. La costruzione registica in profondità di campo della gran parte delle sequenze fa sì che nulla venga risparmiato: ogni oggetto, prima o poi, può finire in scena. Tenero, compassionevole e divertente, un quadro ideale che a sessant’anni di distanza conserva ancora la sua freschezza e originalità.
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24 giugno. Days (2020) di Tsai Ming-liang
Come annuncia la didascalia iniziale, Days di Tsai Ming-liang è un film volutamente non sottotitolato. La scelta - oltre a essere in linea con parte della filmografia priva di dialoghi del regista originario di Taiwan - rivela subito quanto sia tutto presente nelle immagini che osserveremo. Ma soprattutto quanto sia rinnovata la fiducia nell’immagine cinematografica. Lee Kang-sheng - attore-feticcio di Tsai sin dagli esordi - nel film interpreta sé stesso e in scena porta le sue vere malattie. Dopo vent’anni, un grave problema al collo (una sublussazione atlanto-assiale) è riapparso e questo ha, inevitabilmente, finito per condizionare il resto della sua condizione psicofisica, portandolo a isolarsi. La stessa condizione di solitudine viene vissuta da Non, straniero (l’attore che lo interpreta, Anong Houngheuangsy, ha origini thailandesi) nella terra di Kang. Ciò che rende Days magico e, istantaneamente, un grande film è l’intuizione che possa bastare un incontro tra due individualità. Fugace, intenso come può esserlo un massaggio in un contesto intimo (una stanza d’albergo) e dolce come il suono di un carillon che riproduce il tema di Luci della ribalta di Charlie Chaplin. Basta veramente poco, ormai, per un maestro come Tsai Ming-liang per confezionare un capolavoro.
Disponibile su RaiPlay e noleggiabile su You Tube, Google Play, Apple TV, Amazon Prime Video.
28 giugno. Ore d’estate (2008) di Olivier Assayas
Con Ore d’estate Assayas gira un capolavoro sul tema dell’elaborazione del lutto. Juliette Binoche, Charles Berling e Jérémie Renier danno vita e corpo a tre fratelli che, a seguito della scomparsa della madre, devono decidere cosa farsene del patrimonio artistico ereditato dal loro prozio, un pittore piuttosto rinomato in patria. L’ipotesi di cedere tutto è motivo di discussione e di opportunità per i figli di Hélène. Il film ruota attorno alle trattative, alla burocrazia che segue un lutto e la cessione di una proprietà così importante. I tagli di montaggio e le dissolvenze a nero celano il dolore dei personaggi, i momenti più emotivi della vicenda. Non c’è spiegazione razionale alla scomparsa di un caro (oltre le ragioni di natura medica), così come non c’è valore monetario che possa eguagliare il valore affettivo che diamo ad un’opera d’arte o a un semplice oggetto. Allora non resta altro che il dolce ricordo, un’immagine mentale di quegli oggetti in un ambiente più famigliare e accogliente di un gelido museo. E la speranza che, contro la morte, le generazioni future possano conservare tutto questo per maturare.
Disponibile su MUBI.