Sai tenerlo un segreto?
recensione di Nicolò Bellon
RV-58
04.05.2024
È un gioco da bambini: sai tenerlo un segreto? Promettilo. Promesso. Poi si cresce, le cose si complicano, all’impudenza si sostituisce il timore. Sai tenerlo un segreto? Promettilo. Promesso. Allora ti confido una cosa che se si sapesse mi distruggerebbe. Questo è quello che accada tra Pietro e Teresa, protagonisti di Confidenza, ultimo film di Daniele Lucchetti, forse il suo più maturo, ancora una volta - dopo Lacci (2020) - tratto da un romanzo, omonimo, di Domenico Starnone, e scritto con Francesco Piccolo.
Lui, Pietro (Elio Germano), è stato suo professore. Lei, Teresa (Federica Rosellini), la studentessa più brava. Poi il liceo finisce, s’inciampa, ci si incapriccia su un nonnulla, si soffre, si ha paura del mondo che tutto d’un tratto ci cade addosso e Teresa lascia la facoltà di Matematica per andare a fare la cameriera in una trattoria di pesce, ai confini della periferia. Professore e studentessa si rincontrano, lui la sprona, bevono birra seduti su un marciapiede, lei gli dice: “Le lettere mentono, la matematica dice la verità”. Poi si baciano. Vanno a vivere assieme in un appartamento con molte finestre, colmo di libri in disordine, limoni lasciati ad ammuffire in frigorifero, cartoni di pizza sul pavimento, sul letto, poggiati pure sul bidet. Lei torna a studiare, lui continua a essere il professor Keating che la periferia può permettersi. Una sera, dopo un litigio, si ritrovano stesi a terra: lui porta un maglione blu e un paio di jeans, calzini scuri ai piedi. Lei un maglione lungo e marrone che le lascia scoperte le gambe, i piedi nudi. Le dita le si arricciano quando si avvicina a Pietro e lo cerca e lo stringe. Propone di dirsi l’un l’altro qualcosa che non hanno mai detto a nessuno. Qualcosa di brutto, osceno, pericoloso. Un segreto capace di distruggere ogni cosa. Sai tenerlo un segreto? Promettilo. Promesso.
Teresa chiude gli occhi quando sorride. È intelligente, impertinente, arrogante. Ingenua e furba, come tutti - uomini e donne - in Confidenza. Federica Rosellini le dona una voce calda, da bambina cresciuta troppo in fretta, ora coinvolta in un gioco da grandi. Sa come far muovere Teresa in un gioco di accoglienza e repulsione - ora un bacio, poi scappo. Se è vero che è la matematica a dire la verità, allora dovremo credere a lei, tanto alle sue fughe quanto alle sue rese, all’amore cieco che ha provato per Pietro che le impedirà di confessare al mondo il suo più grande segreto.
Elio Germano da a Pietro la faccia di un lupo e di un coniglio. Ora preda, ora predato. La storia si consuma tutta nel suo volto - agitato, impaurito, dolce, innamorato, furioso. Alla voce chiara di Teresa è contrapposto un suo farfuglio confuso. Mastica e rimastica ciò che vorrebbe dire, ciò che ha da dire, dice sempre le stesse cose sciocche, poi tace. Parrebbe l’uomo medio, mediocre e in crisi con se stesso e col mondo, eppure, Starnone chiude il libro con una sezione narrata da Teresa, e a lei fa dire che Pietro, in fondo, è un uomo pericoloso. Restano spesso in ombra i loro visi, illuminato lo sfondo, spesso d’arancio, di giallo, di colori caldi impastati tra loro. Ma i visi al buio, a non farsi vedere, a tenere la verità per sé. Nascosti pure l’uno all’altro.
Teresa non reggerà, scapperà, troverà fortuna oltre oceano, diventerà una delle scienziate più famose al mondo. Pietro si sposerà con la collega Nadia (Vittoria Puccini) e da lei avrà una figlia, Emma. La famiglia è protagonista di una scena, a metà dell’opera, in cui pare non accada nulla e invece succede tutto. Dopo un litigio tra moglie e marito, Nadia si chiude in stanza ed Emma si avvicina al padre per riprenderlo che “ha trattato male mamma”. Agita le mani e le braccia all’aria come a colpirlo, Pietro para i colpi, poi afferra la figlia, la stringe, la blocca, la spinge a terra tenendola stretta a sé che non si faccia male. Lei si dimena e lui pare abbracciarla. Non si capisce bene dove finisca l’odio e cominci l’amore, cosa stia realmente succedendo in scena. Ed è questa la forza di Confidenza, sembra raccontarci una storia e mostrarcene un’altra. È un film sghembo, dove tutto pare costretto, mosso, percosso, da una forza altra e invisibile, e allora ecco Pietro che cerca di prendere fiato e sfuggire alla mossa, sui terrazzi, guarda il cielo, apre la bocca, prende fiato cerca di urlare e non ci riesce mai. Urla Nadia, il giorno del matrimonio. Urla Emma, a storia finita, liberando tutti.
La camera di Luchetti insegue, stringe, deforma i corpi degli amanti e lo spazio che li circonda. Spesso guarda dal basso, come una bambina che tutto sa e nulla può dire. Altre volte dall’alto, a testa in giù, come un uomo che vuole buttarsi di sotto, come un Dio che vede e non provvede mai. Altre volte è una spia, si nasconde dietro gli alberi, tra le foglie, segue due innamorati clandestini per le vie della città con quella sua andatura mobile, indecisa, attenta a non farsi notare.
È un film fatto di cornici, Confidenza. Cornici che sono finestre (moltissime) dalle quali affacciarsi per trovare il fiato o buttarsi giù. Finestre dalle quali entra sempre una luce d’argento, luce naturale che illumina ogni cosa. Cornici che sono porte che non portano a nulla, aperture verso l’abisso dentro al quale Pietro sprofonda e noi con lui quando la camera là si getta. Passa il tempo, non cambia nulla. Cornici che fanno ciò che devono fare, quindi contenere, stringere (come già stringevano i lacci protagonisti del precedente film di Luchetti-Starnone-Piccolo), gabbie dorate dalle quali si cerca sempre di scappare.
Altro andrebbe detto sulla Tilde di Isabella Ferrari e la Emma ormai madre, figlia ancora devota, interpretata da Pilar Fogliati. Femminili, altri, ancora, contro cui Pietro si scontrerà. Altro ancora sulla colonna sonora firmata Thom Yorke che musica con l’inedito “Knife Edge” una delle sequenze più significative di tutto il film. E poi quel ronzio costante, quella nota stonata, quel sussurro, quell’inquietudine che accompagna ogni scena. Quadri che cadono, corvi appollaiati su un ramo in attesa, rami spezzati nel silenzio del parco, la notte, quando gli amanti si incontrano. Le urla sempre taciute, come se fosse solo il tentativo di prendere aria ai polmoni. O almeno, soppresse quando si è liberi davvero, sotto all’immensità del cielo. Sai tenerlo un segreto? Promettilo. Promesso. La paura, l’amore. Che è sempre atto di sopraffazione, dice qualcuno all’inizio del film. E che fare allora? Nascondersi. Forse dentro una scatola, o sotto la cattedra - professore! Lì, finalmente, urlare.
Sai tenerlo un segreto?
recensione di Nicolò Bellon
RV-58
04.05.2024
È un gioco da bambini: sai tenerlo un segreto? Promettilo. Promesso. Poi si cresce, le cose si complicano, all’impudenza si sostituisce il timore. Sai tenerlo un segreto? Promettilo. Promesso. Allora ti confido una cosa che se si sapesse mi distruggerebbe. Questo è quello che accada tra Pietro e Teresa, protagonisti di Confidenza, ultimo film di Daniele Lucchetti, forse il suo più maturo, ancora una volta - dopo Lacci (2020) - tratto da un romanzo, omonimo, di Domenico Starnone, e scritto con Francesco Piccolo.
Lui, Pietro (Elio Germano), è stato suo professore. Lei, Teresa (Federica Rosellini), la studentessa più brava. Poi il liceo finisce, s’inciampa, ci si incapriccia su un nonnulla, si soffre, si ha paura del mondo che tutto d’un tratto ci cade addosso e Teresa lascia la facoltà di Matematica per andare a fare la cameriera in una trattoria di pesce, ai confini della periferia. Professore e studentessa si rincontrano, lui la sprona, bevono birra seduti su un marciapiede, lei gli dice: “Le lettere mentono, la matematica dice la verità”. Poi si baciano. Vanno a vivere assieme in un appartamento con molte finestre, colmo di libri in disordine, limoni lasciati ad ammuffire in frigorifero, cartoni di pizza sul pavimento, sul letto, poggiati pure sul bidet. Lei torna a studiare, lui continua a essere il professor Keating che la periferia può permettersi. Una sera, dopo un litigio, si ritrovano stesi a terra: lui porta un maglione blu e un paio di jeans, calzini scuri ai piedi. Lei un maglione lungo e marrone che le lascia scoperte le gambe, i piedi nudi. Le dita le si arricciano quando si avvicina a Pietro e lo cerca e lo stringe. Propone di dirsi l’un l’altro qualcosa che non hanno mai detto a nessuno. Qualcosa di brutto, osceno, pericoloso. Un segreto capace di distruggere ogni cosa. Sai tenerlo un segreto? Promettilo. Promesso.
Teresa chiude gli occhi quando sorride. È intelligente, impertinente, arrogante. Ingenua e furba, come tutti - uomini e donne - in Confidenza. Federica Rosellini le dona una voce calda, da bambina cresciuta troppo in fretta, ora coinvolta in un gioco da grandi. Sa come far muovere Teresa in un gioco di accoglienza e repulsione - ora un bacio, poi scappo. Se è vero che è la matematica a dire la verità, allora dovremo credere a lei, tanto alle sue fighe quanto alle sue rese, all’amore cieco che ha provato per Pietro che le impedirà di confessare al mondo il suo più grande segreto.
Elio Germano da a Pietro la faccia di un lupo e di un coniglio. Ora preda, ora predato. La storia si consuma tutta nel suo volto - agitato, impaurito, dolce, innamorato, furioso. Alla voce chiara di Teresa è contrapposto un suo farfuglio confuso. Mastica e rimastica ciò che vorrebbe dire, ciò che ha da dire, dice sempre le stesse cose sciocche, poi tace. Parrebbe l’uomo medio, mediocre e in crisi con se stesso e col mondo, eppure, Starnone chiude il libro con una sezione narrata da Teresa, e a lei fa dire che Pietro, in fondo, è un uomo pericoloso. Restano spesso in ombra i loro visi, illuminato lo sfondo, spesso d’arancio, di giallo, di colori caldi impastati tra loro. Ma i visi al buio, a non farsi vedere, a tenere la verità per sé. Nascosti pure l’uno all’altro.
Teresa non reggerà, scapperà, troverà fortuna oltre oceano, diventerà una delle scienziate più famose al mondo. Pietro si sposerà con la collega Nadia (Vittoria Puccini) e da lei avrà una figlia, Emma. La famiglia è protagonista di una scena, a metà dell’opera, in cui pare non accada nulla e invece succede tutto. Dopo un litigio tra moglie e marito, Nadia si chiude in stanza ed Emma si avvicina al padre per riprenderlo che “ha trattato male mamma”. Agita le mani e le braccia all’aria come a colpirlo, Pietro para i colpi, poi afferra la figlia, la stringe, la blocca, la spinge a terra tenendola stretta a sé che non si faccia male. Lei si dimena e lui pare abbracciarla. Non si capisce bene dove finisca l’odio e cominci l’amore, cosa stia realmente succedendo in scena. Ed è questa la forza di Confidenza, sembra raccontarci una storia e mostrarcene un’altra. È un film sghembo, dove tutto pare costretto, mosso, percosso, da una forza altra e invisibile, e allora ecco Pietro che cerca di prendere fiato e sfuggire alla mossa, sui terrazzi, guarda il cielo, apre la bocca, prende fiato cerca di urlare e non ci riesce mai. Urla Nadia, il giorno del matrimonio. Urla Emma, a storia finita, liberando tutti.
La camera di Luchetti insegue, stringe, deforma i corpi degli amanti e lo spazio che li circonda. Spesso guarda dal basso, come una bambina che tutto sa e nulla può dire. Altre volte dall’alto, a testa in giù, come un uomo che vuole buttarsi di sotto, come un Dio che vede e non provvede mai. Altre volte è una spia, si nasconde dietro gli alberi, tra le foglie, segue due innamorati clandestini per le vie della città con quella sua andatura mobile, indecisa, attenta a non farsi notare.
È un film fatto di cornici, Confidenza. Cornici che sono finestre (moltissime) dalle quali affacciarsi per trovare il fiato o buttarsi giù. Finestre dalle quali entra sempre una luce d’argento, luce naturale che illumina ogni cosa. Cornici che sono porte che non portano a nulla, aperture verso l’abisso dentro al quale Pietro sprofonda e noi con lui quando la camera là si getta. Passa il tempo, non cambia nulla. Cornici che fanno ciò che devono fare, quindi contenere, stringere (come già stringevano i lacci protagonisti del precedente film di Luchetti-Starnone-Piccolo), gabbie dorate dalle quali si cerca sempre di scappare.
Altro andrebbe detto sulla Tilde di Isabella Ferrari e la Emma ormai madre, figlia ancora devota, interpretata da Pilar Fogliati. Femminili, altri, ancora, contro cui Pietro si scontrerà. Altro ancora sulla colonna sonora firmata Thom Yorke che musica con l’inedito “Knife Edge” una delle sequenze più significative di tutto il film. E poi quel ronzio costante, quella nota stonata, quel sussurro, quell’inquietudine che accompagna ogni scena. Quadri che cadono, corvi appollaiati su un ramo in attesa, rami spezzati nel silenzio del parco, la notte, quando gli amanti si incontrano. Le urla sempre taciute, come se fosse solo il tentativo di prendere aria ai polmoni. O almeno, soppresse quando si è liberi davvero, sotto all’immensità del cielo. Sai tenerlo un segreto? Promettilo. Promesso. La paura, l’amore. Che è sempre atto di sopraffazione, dice qualcuno all’inizio del film. E che fare allora? Nascondersi. Forse dentro una scatola, o sotto la cattedra – professore! Lì, finalmente, urlare.