NC-188
09.02.2024
Una donna sta per gettarsi giù da un ponte; mentre lo spettatore ne osserva lo sguardo rassegnato, la figura compie il gesto estremo. Subito dopo appare Bella Baxter: il corpo è lo stesso della donna mostrata in precedenza, ma adesso il contenuto di quell’involucro è mutato; lo si evince dalle parole della donna-neonata, articolate in maniera primitiva. Si apre quindi un paradosso: Bella è esteticamente una donna, ma si diverte a giocare nella casa del dottor Godwin, si arrabbia quando qualcosa le viene impedito e guarda incuriosita qualsiasi novità si presenti sotto i suoi occhi stralunati; tutti comportamenti che normalmente una donna non assume o, almeno, non dovrebbe assumere.
Bella cresce, muta velocemente, ma conserva il brillante entusiasmo che la maggior parte degli individui tentano di arginare o perdono, avanzando con l’età; scopre in maniera totalmente libera il mondo e sperimenta i sentimenti che questa scoperta comporta; sente la necessità di viaggiare, vive con entusiasmo il piacere - si chiede infatti perché le persone non vi ci si dedichino costantemente - e si scandalizza di fronte a ingiustizie che - lei non capisce per quale motivo - hanno smesso di stupire chiunque altro.
È questa, in breve, la storia della protagonista di Povere Creature! (2023), il nuovo film di Yorgos Lanthimos, una pellicola che, a partire da un concetto già ampiamente esplorato sin dal Frankenstein di Mary Shelley, tratta un argomento altrettanto noto, ovvero l’idea della libertà e dell’emancipazione in una società satura di limitanti convenzioni. Descritto così, il film non sembra raccontare nulla di nuovo, eppure il fatto che a lavorare su un qualcosa del genere sia stato un regista noto per Dogtooth (2009), The Lobster (2015) e Il sacrificio del cervo sacro (2017) - opere tutt’altro che scontate - dovrebbe essere un buon motivo per recuperarlo. Lanthimos, infatti, è capace di rielaborare elementi dei quali spesso si abusa in racconti dalle morali definite e facili da offrire al pubblico, portandoli alle estreme conseguenze.
Possiamo essere liberi? Il primo ostacolo di fronte ad una domanda del genere è costituito dal corpo, il rivestimento dell’interiorità di ciascuno, che tanto spesso viene percepito come un ingombrante limite; la fisicità, però, può divenire un punto di accesso, uno strumento di conoscenza della realtà. Quando Bella Baxter inizia a fare esperienza di tutte le possibilità che il corpo le offre, si sente appagata, tutelata dalla dilagante noia della casa in cui è rinchiusa; nel momento in cui ingenuamente cerca di comunicare la sua scoperta agli altri, i quali le appaiono inconsapevoli, le viene spiegato che certe cose non sono accettabili in società.
Risulta ben presto evidente che Bella abbia bisogno di un’educazione, ma cosa significa davvero educare? Nell’accezione ormai più diffusa quest’azione consiste nell’imporre delle regole, delle convenzioni, che un bambino, ad esempio, non conosce a priori, poiché esse non si apprendono in maniera innata; in questo senso l’educazione va subita. Risalendo all’etimologia del termine, però, è facile comprendere che utilizzarlo in questo modo sia improprio, poiché esso significa “trarre fuori da”. L’educazione non deve imporre un qualcosa di esterno, ma portare a galla un qualcosa di interiore e celato; non andrebbe pertanto subita, ma vissuta con piacere - quello stesso piacere che nella società è relegato alla sfera privata - in quanto strumento di accesso all’interiorità. Se è vero che il corpo è un punto di passaggio tra l’esteriorità e l’interiorità, allora non dare ascolto ai segnali che esso offre significa perdere l’occasione di fare esperienza di se stessi e della realtà circostante.
Bella sembra comprendere questa verità molto precocemente, perciò, avendo stabilito un rapporto armonioso con la propria sfera fisica, si dedica alla scoperta del mondo e delle sensazioni che quest’ultimo genera in lei. Superato il livello della corporeità, si avventura alla scoperta dei sentimenti, non solo dei suoi, ma anche di quelli di chi la circonda e, nel nervoso tentativo di elaborare le emozioni e comunicarle agli altri, prende coscienza di sé. Questo è un passaggio che funge da separazione tra il tempo in cui si scopre e il tempo in cui si rielabora il vissuto, durante il quale il mondo assume un colore diverso, le cose si fanno simbolo di ciò che non può essere visto e avere a che fare con l’altro da sé diviene complicato, in quanto ognuno sviluppa un codice personale e deve acquisire la capacità di interpretare quello degli altri.
Non è un caso che il mondo di Povere Creature! sia tanto particolare anche a livello visivo; in un certo senso la brillantezza dei colori e l’inusualità dei costumi sono il riflesso della percezione di Bella; le musiche sono ricche di dissonanze, le scene sono esplicite, ma tutto si allinea perfettamente ai comportamenti della protagonista e al suo approccio alle cose. Se per molti la presa di coscienza ha anche a che fare con un disciplinamento, determinato dalla consapevolezza del contesto in cui si è costretti a rientrare, per Bella non è così. Nonostante cresca, lei non è disposta a rinunciare a quella naturalezza e spontaneità, nel parlare e nell’agire, che fino ad allora l’hanno caratterizzata; in più è interessata a comprendere quale sia la percezione degli altri.
Tutto ciò rende Bella affascinante e invidiabile. Lei è libera perché non desidera neanche esserlo, non va alla ricerca di una forma, non è interessata alla definizione di sé o all’adesione ad un ruolo. La danza della quale è protagonista durante una delle scene più celebri del film è l’esplicitazione di questo suo modo di vivere, esente da qualsiasi sovrastruttura. Nel momento in cui si trova in difficoltà per la mancanza di denaro e prova il desidero di vivere nuove esperienze sessuali, Bella si prostituisce, seguendo una soluzione utile rispetto ad entrambe le problematiche; quando torna da Wedderburn, però, scopre che fare certe cose - ancora una volta - non è accettabile e, rientrata a casa, la domestica la accoglie gridando: “La troia è tornata!”. Ciononostante Bella non si lamenta neanche delle etichette che le sono affibbiate; non agisce infatti per ottenere un riconoscimento o per rivendicare un ideale, quindi non si pone neanche il problema di essere definita da un appellativo qualsiasi. In questo sta la differenza tra il modo in cui Lanthimos tratta un tema tanto semplicemente banalizzabile e il modo in cui lo trattano in molti.
Povere creature! non è un film con una morale, non incita alla ribellione, non mira alla costruzione di un modello da seguire, si limita piuttosto a raccontare di una protagonista che, al contrario, non segue alcun modello e non si sente affatto protagonista. Ancora una volta torna il paradosso: se la libertà è sempre più associata alla ricerca e alla rivendicazione di una definizione di sé, Bella, che allo spettatore appare invidiabilmente libera, non è interessata né all’una né all’altra cosa, ma soprattutto non è chiusa e rivolta unicamente verso di sé.
Di certo Povere Creature! è per diversi aspetti una pellicola differente dai precedenti lavori di Lanthimos, ma molte caratteristiche di questo film richiamano quelle dei suoi lavori passati. La questione del limite, ad esempio, ossessiona in maniera evidente il regista sin dai tempi di Dogtooth, in cui tre fratelli non hanno la possibilità di evadere dallo spazio della casa. Ci sono poi il capovolgimento, caratteristico degli avvenimenti de Il sacrificio del cervo sacro, e la metamorfosi, sulla quale si basa il meccanismo di The Lobster: all’inizio del film il corpo di Victoria si autodistrugge, ma subito dopo viene animato da una vitalità strabordante, come se seguisse un percorso inverso; da un padre efebo nasce una creatura che tiene tantissimo al proprio sesso e che non ammette di esserne privata in alcun modo; tutte le creazioni di Godwin sono il frutto di una rielaborazione di esseri che prima erano un qualcosa di diverso.
Anche a livello visivo torna l’efficacia delle immagini: brutali e gelide in Dogtooth, The Lobster e Il sacrificio del cervo sacro, grottesche in La favorita (2018), qui accese e taglienti. Oltre a ciò, Povere Creature! è un film divertente, che gioca con le tante possibilità alle quali si avrebbe accesso se non ci si autoimponesse di agire entro uno spazio limitato; è un film che invita all’emancipazione - ancora una volta l’etimologia ha a che fare con l’”uscire fuori da” - intesa come capacità di percepire la realtà in una maniera totalmente nuova, esente dagli inutili orpelli di qualsiasi tipo di forzatura - Bella, infatti, si sforza a ricordare cosa sia lecito e cosa no quando deve interagire seguendo le norme della società.
Ecco quindi che una storia di formazione, non trova la propria conclusione nel raggiungimento di una forma da parte del soggetto, ma, viceversa, - e qui torna la strategia del capovolgimento - invita alla costante ricerca di evoluzioni - o involuzioni - nuove. Il paradosso, che tanto spesso è emerso dalla descrizione delle principali situazioni rappresentate nel film, diviene allora una condizione da ricercare: andare contro l’opinione comune non vuol dire cadere nell’errore, significa imparare a vedere percorsi alternativi, laddove tutto sembra già essere stato scritto, poiché non esiste un punto di arrivo definitivo di alcun tipo.
NC-188
09.02.2024
Una donna sta per gettarsi giù da un ponte; mentre lo spettatore ne osserva lo sguardo rassegnato, la figura compie il gesto estremo. Subito dopo appare Bella Baxter: il corpo è lo stesso della donna mostrata in precedenza, ma adesso il contenuto di quell’involucro è mutato; lo si evince dalle parole della donna-neonata, articolate in maniera primitiva. Si apre quindi un paradosso: Bella è esteticamente una donna, ma si diverte a giocare nella casa del dottor Godwin, si arrabbia quando qualcosa le viene impedito e guarda incuriosita qualsiasi novità si presenti sotto i suoi occhi stralunati; tutti comportamenti che normalmente una donna non assume o, almeno, non dovrebbe assumere.
Bella cresce, muta velocemente, ma conserva il brillante entusiasmo che la maggior parte degli individui tentano di arginare o perdono, avanzando con l’età; scopre in maniera totalmente libera il mondo e sperimenta i sentimenti che questa scoperta comporta; sente la necessità di viaggiare, vive con entusiasmo il piacere - si chiede infatti perché le persone non vi ci si dedichino costantemente - e si scandalizza di fronte a ingiustizie che - lei non capisce per quale motivo - hanno smesso di stupire chiunque altro.
È questa, in breve, la storia della protagonista di Povere Creature! (2023), il nuovo film di Yorgos Lanthimos, una pellicola che, a partire da un concetto già ampiamente esplorato sin dal Frankenstein di Mary Shelley, tratta un argomento altrettanto noto, ovvero l’idea della libertà e dell’emancipazione in una società satura di limitanti convenzioni. Descritto così, il film non sembra raccontare nulla di nuovo, eppure il fatto che a lavorare su un qualcosa del genere sia stato un regista noto per Dogtooth (2009), The Lobster (2015) e Il sacrificio del cervo sacro (2017) - opere tutt’altro che scontate - dovrebbe essere un buon motivo per recuperarlo. Lanthimos, infatti, è capace di rielaborare elementi dei quali spesso si abusa in racconti dalle morali definite e facili da offrire al pubblico, portandoli alle estreme conseguenze.
Possiamo essere liberi? Il primo ostacolo di fronte ad una domanda del genere è costituito dal corpo, il rivestimento dell’interiorità di ciascuno, che tanto spesso viene percepito come un ingombrante limite; la fisicità, però, può divenire un punto di accesso, uno strumento di conoscenza della realtà. Quando Bella Baxter inizia a fare esperienza di tutte le possibilità che il corpo le offre, si sente appagata, tutelata dalla dilagante noia della casa in cui è rinchiusa; nel momento in cui ingenuamente cerca di comunicare la sua scoperta agli altri, i quali le appaiono inconsapevoli, le viene spiegato che certe cose non sono accettabili in società.
Risulta ben presto evidente che Bella abbia bisogno di un’educazione, ma cosa significa davvero educare? Nell’accezione ormai più diffusa quest’azione consiste nell’imporre delle regole, delle convenzioni, che un bambino, ad esempio, non conosce a priori, poiché esse non si apprendono in maniera innata; in questo senso l’educazione va subita. Risalendo all’etimologia del termine, però, è facile comprendere che utilizzarlo in questo modo sia improprio, poiché esso significa “trarre fuori da”. L’educazione non deve imporre un qualcosa di esterno, ma portare a galla un qualcosa di interiore e celato; non andrebbe pertanto subita, ma vissuta con piacere - quello stesso piacere che nella società è relegato alla sfera privata - in quanto strumento di accesso all’interiorità. Se è vero che il corpo è un punto di passaggio tra l’esteriorità e l’interiorità, allora non dare ascolto ai segnali che esso offre significa perdere l’occasione di fare esperienza di se stessi e della realtà circostante.
Bella sembra comprendere questa verità molto precocemente, perciò, avendo stabilito un rapporto armonioso con la propria sfera fisica, si dedica alla scoperta del mondo e delle sensazioni che quest’ultimo genera in lei. Superato il livello della corporeità, si avventura alla scoperta dei sentimenti, non solo dei suoi, ma anche di quelli di chi la circonda e, nel nervoso tentativo di elaborare le emozioni e comunicarle agli altri, prende coscienza di sé. Questo è un passaggio che funge da separazione tra il tempo in cui si scopre e il tempo in cui si rielabora il vissuto, durante il quale il mondo assume un colore diverso, le cose si fanno simbolo di ciò che non può essere visto e avere a che fare con l’altro da sé diviene complicato, in quanto ognuno sviluppa un codice personale e deve acquisire la capacità di interpretare quello degli altri.
Non è un caso che il mondo di Povere Creature! sia tanto particolare anche a livello visivo; in un certo senso la brillantezza dei colori e l’inusualità dei costumi sono il riflesso della percezione di Bella; le musiche sono ricche di dissonanze, le scene sono esplicite, ma tutto si allinea perfettamente ai comportamenti della protagonista e al suo approccio alle cose. Se per molti la presa di coscienza ha anche a che fare con un disciplinamento, determinato dalla consapevolezza del contesto in cui si è costretti a rientrare, per Bella non è così. Nonostante cresca, lei non è disposta a rinunciare a quella naturalezza e spontaneità, nel parlare e nell’agire, che fino ad allora l’hanno caratterizzata; in più è interessata a comprendere quale sia la percezione degli altri.
Tutto ciò rende Bella affascinante e invidiabile. Lei è libera perché non desidera neanche esserlo, non va alla ricerca di una forma, non è interessata alla definizione di sé o all’adesione ad un ruolo. La danza della quale è protagonista durante una delle scene più celebri del film è l’esplicitazione di questo suo modo di vivere, esente da qualsiasi sovrastruttura. Nel momento in cui si trova in difficoltà per la mancanza di denaro e prova il desidero di vivere nuove esperienze sessuali, Bella si prostituisce, seguendo una soluzione utile rispetto ad entrambe le problematiche; quando torna da Wedderburn, però, scopre che fare certe cose - ancora una volta - non è accettabile e, rientrata a casa, la domestica la accoglie gridando: “La troia è tornata!”. Ciononostante Bella non si lamenta neanche delle etichette che le sono affibbiate; non agisce infatti per ottenere un riconoscimento o per rivendicare un ideale, quindi non si pone neanche il problema di essere definita da un appellativo qualsiasi. In questo sta la differenza tra il modo in cui Lanthimos tratta un tema tanto semplicemente banalizzabile e il modo in cui lo trattano in molti.
Povere creature! non è un film con una morale, non incita alla ribellione, non mira alla costruzione di un modello da seguire, si limita piuttosto a raccontare di una protagonista che, al contrario, non segue alcun modello e non si sente affatto protagonista. Ancora una volta torna il paradosso: se la libertà è sempre più associata alla ricerca e alla rivendicazione di una definizione di sé, Bella, che allo spettatore appare invidiabilmente libera, non è interessata né all’una né all’altra cosa, ma soprattutto non è chiusa e rivolta unicamente verso di sé.
Di certo Povere Creature! è per diversi aspetti una pellicola differente dai precedenti lavori di Lanthimos, ma molte caratteristiche di questo film richiamano quelle dei suoi lavori passati. La questione del limite, ad esempio, ossessiona in maniera evidente il regista sin dai tempi di Dogtooth, in cui tre fratelli non hanno la possibilità di evadere dallo spazio della casa. Ci sono poi il capovolgimento, caratteristico degli avvenimenti de Il sacrificio del cervo sacro, e la metamorfosi, sulla quale si basa il meccanismo di The Lobster: all’inizio del film il corpo di Victoria si autodistrugge, ma subito dopo viene animato da una vitalità strabordante, come se seguisse un percorso inverso; da un padre efebo nasce una creatura che tiene tantissimo al proprio sesso e che non ammette di esserne privata in alcun modo; tutte le creazioni di Godwin sono il frutto di una rielaborazione di esseri che prima erano un qualcosa di diverso.
Anche a livello visivo torna l’efficacia delle immagini: brutali e gelide in Dogtooth, The Lobster e Il sacrificio del cervo sacro, grottesche in La favorita (2018), qui accese e taglienti. Oltre a ciò, Povere Creature! è un film divertente, che gioca con le tante possibilità alle quali si avrebbe accesso se non ci si autoimponesse di agire entro uno spazio limitato; è un film che invita all’emancipazione - ancora una volta l’etimologia ha a che fare con l’”uscire fuori da” - intesa come capacità di percepire la realtà in una maniera totalmente nuova, esente dagli inutili orpelli di qualsiasi tipo di forzatura - Bella, infatti, si sforza a ricordare cosa sia lecito e cosa no quando deve interagire seguendo le norme della società.
Ecco quindi che una storia di formazione, non trova la propria conclusione nel raggiungimento di una forma da parte del soggetto, ma, viceversa, - e qui torna la strategia del capovolgimento - invita alla costante ricerca di evoluzioni - o involuzioni - nuove. Il paradosso, che tanto spesso è emerso dalla descrizione delle principali situazioni rappresentate nel film, diviene allora una condizione da ricercare: andare contro l’opinione comune non vuol dire cadere nell’errore, significa imparare a vedere percorsi alternativi, laddove tutto sembra già essere stato scritto, poiché non esiste un punto di arrivo definitivo di alcun tipo.