NC-156
29.06.2023
Un gruppo di ragazzi, tutti adolescenti, si aggira per le strade di Parigi. I loro movimenti sono circospetti ma precisi, i dialoghi quasi inesistenti. Agiscono in maniera solitaria, ognuno ben consapevole delle proprie azioni. Qualcosa sta per accadere, è palpabile, permea l’aria. David, Yacine, Sabrina, Omar ed altri provengono da realtà e classi sociali estremamente diverse, ma sono uniti, oltre che dalla giovane età, da un odio tanto viscerale, quanto poco strutturato, per il capitalismo. Il piano per cui si sono accordati prevede di far saltare in aria alcuni dei luoghi simbolo della città francese. Parigi è in fiamme e i giovani attentatori si riuniscono di notte in un centro commerciale deserto. Sono spaventati e preoccupati al tempo stesso, riflettono su cosa potrebbero raccontare ai genitori una volta tornati a casa all’alba, ignari della gravità dei loro gesti, e ritratti nella dimensione di adolescenti soli, arrabbiati e confusi.
Nocturama, ottavo lungometraggio del regista Bertrand Bonello, è indubbiamente un’opera complessa, un film maledetto per i francesi, che nel 2016 gli hanno rifiutato un posto all’interno del concorso ufficiale del festival di Cannes. Ancora sanguinante la ferita nazionale provocata dalla serie di feroci attacchi terroristici che poco prima avevano sconvolto la capitale francese. Eppure Nocturama non è un film sul terrorismo, qui Bonello ragiona, con intelligente partecipazione, sul nichilismo contemporaneo che affligge le nuove generazioni. Un film politico, che riflette sull’abisso lasciato dal mondo dei padri a quello dei propri figli. Da una parte l’universo degli adulti, detentori di potere economico e politico, dall’altra la nuova generazione di adolescenti mossi da un sentimento di rabbia e al tempo stesso di vuoto, in un mondo dove ideali e punti di riferimento non esistono, un mondo in cui i padri hanno fallito.
L’arrangiamento spaziale è costruito su due parti antitetiche: aperto e chiuso, mentre a livello drammaturgico l’azione si svolge secondo i tre atti canonici. Azione: preparazione/esecuzione degli attentati, pausa: raduno/rifugio nel centro commerciale, reazione: intervento/assalto delle forze dell’ordine. Il tempo è gestito in maniera diversa in ognuno dei tre atti. L’esterno, per le strade di Parigi, è scandito da un ritmo carico di ansia e terrore. Gli interni del centro commerciale invece sono ovattati, i ritmi si allentano, i ragazzi si rilassano in quella che diventa una culla rassicurante contro il fuoco che c’è fuori. Non c’è però tra i giovani attentatori un senso di comunità, un fronte comune. Soli anche quando sono tra di loro, persi in un senso di atarassia esistenziale che si trasforma in in una rabbia cieca, uno slancio mirato a volontà di potenza e annullamento.
Lo sguardo del cineasta francese si concretizza nel perfetto equilibrio tra distanza e partecipazione all’universo adolescenziale che racconta. Una tragedia che rende impossibile la distanza emotiva dai giovani protagonisti, vittime di un mondo che ha azzerato sogni e ideologie salvifiche. Nessun ideale religioso, nessun odio realmente consapevole per il capitalismo. Nocturama sposta il suo senso d’essere alla fenomenologia dell’ambiguità, ponendosi al livello dei suoi protagonisti, incoscienti e confusi. Nessun intento giudicante o consolatorio, solo la presa di coscienza di un presente corrotto, privo di purezza.
Adolescenza, senso di vuoto e spinta nichilista sono temi che ricorrono anche nel film successivo del cineasta francese, Zombi Child. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2019, il nono lungometraggio di Bertrand Bonello è ancora una volta un film politico, straordinario nella sua abilità di manipolazione del genere cinematografico che, ancora una volta, riflette sull’adolescenza legandola al concetto di morte e fine della civiltà. Haiti 1962, attraverso dei rituali di stregoneria un uomo di nome Clairviu Narcisse viene condotto in un limbo tra la vita e la morte. L’obiettivo è quello di creare manodopera nelle piantagioni di canna da zucchero a costo zero. Clairviu è uno zombi, uno schiavo che non si ribella, non ha bisogno di mangiare e non si stanca mai, insomma il capitalismo nella forma più estrema e bestiale.
La narrazione riprende 55 anni più tardi e questa volta a Parigi, nel prestigioso ed esclusivissimo collegio femminile riservato ai parenti di coloro che hanno ricevuto la Legion D’Onore, crème de la crème della società francese contemporanea. Fanny vuole introdurre Mélissa, compagna di classe di origine tahitiana, nel suo gruppo di consorelle. Il rituale di iniziazione della giovane prevede la condivisione di un aspetto molto personale della propria vita. Dopo aver raccontato la sua storia e le origini della sua famiglia, Mélissa racconta alle sue compagne di vivere attualmente con una sua zia da lei definita una Mambo, ovvero una praticante della religione Voodoo.
Alternando epoche storiche ed aree geografiche Bonello restituisce allo zombi il suo significato politico, la sua identità culturale e le sue radici, nel tentativo di legare il discorso etnoculturale alle ferite, mai veramente sanate, lasciate dal colonialismo francese. Quando la narrazione si sposta alla contemporaneità infatti, un lungo piano sequenza osserva i volti delle giovani studentesse che ascoltano lo storico Patrick Barcheron che riflette sul rapporto tra gli ideali della rivoluzione francese e lo sviluppo del colonialismo. La figura dello Zombi inteso come schiavo diviene rappresentazione della popolazione haitiana, prima protagonista di una rivoluzione e poi assoggettata al colonialismo francese, da qui un parallelismo con la società odierna dedita all’appropriazione culturale ed incapace di riflettere su sé stessa.
Da una parte la fascinazione di Fanny e le sue amiche per la cultura haitiana di cui Mélissa è rappresentante, dall’altra la spinta egoistica di appropriazione di essa per scopi personali. Fanny lacerata dal dolore causato per un amore finito, non esita un istante a ricorrere al rituale voodoo per soddisfare le proprie esigenze. Bonello si muove con estrema eleganza in questo coming of age atipico per riflettere in particolar modo sul concetto di libertà. La Rivoluzione Francese e i suoi ideali sembrano esser stati svuotati del loro significato nella Francia odierna, paese incapace di trasmettere alle nuove generazioni i valori fondativi del suddetto accadimento storico così come il senso di responsabilità nei confronti dell’altro. Fanny diviene figura emblematica in questo senso, ragazza adolescente specchio di una generazione intera, alienata e confusa ma al tempo stesso mossa da un sentimento, tanto viscerale quanto puro, che la spinge ad agire per soddisfare il proprio bisogno d’amore.
Il conflitto tra il corpo adolescente ed il mondo che lo circonda è motore anche dell’ultimo toccante film di Bonello che va a chiudere una trilogia, iniziata proprio con Nocturama, che osserva e riflette sugli adolescenti di oggi. Bonello apre il suo decimo lungometraggio Coma, con una lettera alla figlia. Non si tratta di una semplice dedica (come era accaduto in Nocturama), ma di un tentativo, tanto accorato quanto sincero, di alleviare le inquietudini più profonde di una diciottenne la cui vita è stata brutalmente messa in pausa dal lockdown prima e dall’ingresso del coprifuoco poi. Bonello affronta un trauma collettivo stringendo però la riflessione all’universo intimo e personale di una ragazza che si ritrova bloccata nell’età in cui invece dovrebbe spiccare il volo. Il film nasce ed esiste grazie a lei, è un atto d’amore totalizzante di un padre che si immerge completamente in una dimensione giovanile, ne osserva le fragilità psicologiche e le inquietudini nel tentativo di accompagnarla, per mano, fuori dall’incubo in cui è piombata.
Bonello dichiara apertamente che non bisogna mai smettere di credere nella potenza del cinema, unico strumento a disposizione per sopravvivere alla frustrazione di un mondo divenuto insoddisfacente prigione. Presentato nella sezione Encounters della 72esima edizione della Berlinale, il lungometraggio arriverà in Italia come proiezione evento, il 10, 11 e 12 luglio, distribuito da Wanted Cinema. Coma è una dichiarazione teorica, programmatica, sincera e dolorosissima che sfrutta e mette in relazione tutte le diverse potenzialità della messa in scena. Schermo multi- partito delle videochat, animazione e stop motion, ricompongono, come in un puzzle, lo stato di confusione e abbandono in cui si trova la protagonista, confinata in casa da un giorno all’altro.
In un flusso magmatico visivo tanto cerebrale quanto emozionale, noi spettatori entriamo nella sfera più intima della protagonista. Le sue giornate sono scandite da videocall, chat di zoom, dibattiti sui serial-killer e video della youtuber Patricia Coma (Julia Faure). Ogni immagine, con il suo diverso formato, fa sì che si perda sempre di più l’aderenza al reale. Il lockdown è il motore che permette a Bonello di riflettere sul crollo (causato da ipertrofia) del Sistema immagine. In Nocturama tutta la tensione narrativa era volta all’attesa di un qualcosa, oggi invece tutto ha perso forma e sostanza, si è smaterializzato. Bonello si interroga prima come padre, poi come regista - ed allarga la riflessione dalla sfera personale a quella artistica più in generale - sulle macerie consegnate ad una generazione privata del libero arbitrio.
Coma ragiona sul caos come unico elemento distintivo della società contemporanea, un viaggio in una foresta a metà tra l’immaginario dantesco e quello lynchiano, dove la youtuber Patricia Coma veste i panni di Virgilio, unica guida possibile, in un percorso che ha come unica possibilità quella di avere fiducia in un domani migliore. La creatività, l’atto in sé della creazione è l’unico antidoto alla mediocrità di un mondo completamente in frantumi. Un atto d’amore dolcissimo a suo modo e sempre teso alla sperimentazione del linguaggio, Coma è un diario di sopravvivenza che un padre regala ad un'intera generazione (quella di sua figlia), e che intravede nel racconto per immagini l’unica utopia in cui è possibile, ma soprattutto necessario, credere.
NC-156
29.06.2023
Un gruppo di ragazzi, tutti adolescenti, si aggira per le strade di Parigi. I loro movimenti sono circospetti ma precisi, i dialoghi quasi inesistenti. Agiscono in maniera solitaria, ognuno ben consapevole delle proprie azioni. Qualcosa sta per accadere, è palpabile, permea l’aria. David, Yacine, Sabrina, Omar ed altri provengono da realtà e classi sociali estremamente diverse, ma sono uniti, oltre che dalla giovane età, da un odio tanto viscerale, quanto poco strutturato, per il capitalismo. Il piano per cui si sono accordati prevede di far saltare in aria alcuni dei luoghi simbolo della città francese. Parigi è in fiamme e i giovani attentatori si riuniscono di notte in un centro commerciale deserto. Sono spaventati e preoccupati al tempo stesso, riflettono su cosa potrebbero raccontare ai genitori una volta tornati a casa all’alba, ignari della gravità dei loro gesti, e ritratti nella dimensione di adolescenti soli, arrabbiati e confusi.
Nocturama, ottavo lungometraggio del regista Bertrand Bonello, è indubbiamente un’opera complessa, un film maledetto per i francesi, che nel 2016 gli hanno rifiutato un posto all’interno del concorso ufficiale del festival di Cannes. Ancora sanguinante la ferita nazionale provocata dalla serie di feroci attacchi terroristici che poco prima avevano sconvolto la capitale francese. Eppure Nocturama non è un film sul terrorismo, qui Bonello ragiona, con intelligente partecipazione, sul nichilismo contemporaneo che affligge le nuove generazioni. Un film politico, che riflette sull’abisso lasciato dal mondo dei padri a quello dei propri figli. Da una parte l’universo degli adulti, detentori di potere economico e politico, dall’altra la nuova generazione di adolescenti mossi da un sentimento di rabbia e al tempo stesso di vuoto, in un mondo dove ideali e punti di riferimento non esistono, un mondo in cui i padri hanno fallito.
L’arrangiamento spaziale è costruito su due parti antitetiche: aperto e chiuso, mentre a livello drammaturgico l’azione si svolge secondo i tre atti canonici. Azione: preparazione/esecuzione degli attentati, pausa: raduno/rifugio nel centro commerciale, reazione: intervento/assalto delle forze dell’ordine. Il tempo è gestito in maniera diversa in ognuno dei tre atti. L’esterno, per le strade di Parigi, è scandito da un ritmo carico di ansia e terrore. Gli interni del centro commerciale invece sono ovattati, i ritmi si allentano, i ragazzi si rilassano in quella che diventa una culla rassicurante contro il fuoco che c’è fuori. Non c’è però tra i giovani attentatori un senso di comunità, un fronte comune. Soli anche quando sono tra di loro, persi in un senso di atarassia esistenziale che si trasforma in in una rabbia cieca, uno slancio mirato a volontà di potenza e annullamento.
Lo sguardo del cineasta francese si concretizza nel perfetto equilibrio tra distanza e partecipazione all’universo adolescenziale che racconta. Una tragedia che rende impossibile la distanza emotiva dai giovani protagonisti, vittime di un mondo che ha azzerato sogni e ideologie salvifiche. Nessun ideale religioso, nessun odio realmente consapevole per il capitalismo. Nocturama sposta il suo senso d’essere alla fenomenologia dell’ambiguità, ponendosi al livello dei suoi protagonisti, incoscienti e confusi. Nessun intento giudicante o consolatorio, solo la presa di coscienza di un presente corrotto, privo di purezza.
Adolescenza, senso di vuoto e spinta nichilista sono temi che ricorrono anche nel film successivo del cineasta francese, Zombi Child. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2019, il nono lungometraggio di Bertrand Bonello è ancora una volta un film politico, straordinario nella sua abilità di manipolazione del genere cinematografico che, ancora una volta, riflette sull’adolescenza legandola al concetto di morte e fine della civiltà. Haiti 1962, attraverso dei rituali di stregoneria un uomo di nome Clairviu Narcisse viene condotto in un limbo tra la vita e la morte. L’obiettivo è quello di creare manodopera nelle piantagioni di canna da zucchero a costo zero. Clairviu è uno zombi, uno schiavo che non si ribella, non ha bisogno di mangiare e non si stanca mai, insomma il capitalismo nella forma più estrema e bestiale.
La narrazione riprende 55 anni più tardi e questa volta a Parigi, nel prestigioso ed esclusivissimo collegio femminile riservato ai parenti di coloro che hanno ricevuto la Legion D’Onore, crème de la crème della società francese contemporanea. Fanny vuole introdurre Mélissa, compagna di classe di origine tahitiana, nel suo gruppo di consorelle. Il rituale di iniziazione della giovane prevede la condivisione di un aspetto molto personale della propria vita. Dopo aver raccontato la sua storia e le origini della sua famiglia, Mélissa racconta alle sue compagne di vivere attualmente con una sua zia da lei definita una Mambo, ovvero una praticante della religione Voodoo.
Alternando epoche storiche ed aree geografiche Bonello restituisce allo zombi il suo significato politico, la sua identità culturale e le sue radici, nel tentativo di legare il discorso etnoculturale alle ferite, mai veramente sanate, lasciate dal colonialismo francese. Quando la narrazione si sposta alla contemporaneità infatti, un lungo piano sequenza osserva i volti delle giovani studentesse che ascoltano lo storico Patrick Barcheron che riflette sul rapporto tra gli ideali della rivoluzione francese e lo sviluppo del colonialismo. La figura dello Zombi inteso come schiavo diviene rappresentazione della popolazione haitiana, prima protagonista di una rivoluzione e poi assoggettata al colonialismo francese, da qui un parallelismo con la società odierna dedita all’appropriazione culturale ed incapace di riflettere su sé stessa.
Da una parte la fascinazione di Fanny e le sue amiche per la cultura haitiana di cui Mélissa è rappresentante, dall’altra la spinta egoistica di appropriazione di essa per scopi personali. Fanny lacerata dal dolore causato per un amore finito, non esita un istante a ricorrere al rituale voodoo per soddisfare le proprie esigenze. Bonello si muove con estrema eleganza in questo coming of age atipico per riflettere in particolar modo sul concetto di libertà. La Rivoluzione Francese e i suoi ideali sembrano esser stati svuotati del loro significato nella Francia odierna, paese incapace di trasmettere alle nuove generazioni i valori fondativi del suddetto accadimento storico così come il senso di responsabilità nei confronti dell’altro. Fanny diviene figura emblematica in questo senso, ragazza adolescente specchio di una generazione intera, alienata e confusa ma al tempo stesso mossa da un sentimento, tanto viscerale quanto puro, che la spinge ad agire per soddisfare il proprio bisogno d’amore.
Il conflitto tra il corpo adolescente ed il mondo che lo circonda è motore anche dell’ultimo toccante film di Bonello che va a chiudere una trilogia, iniziata proprio con Nocturama, che osserva e riflette sugli adolescenti di oggi. Bonello apre il suo decimo lungometraggio Coma, con una lettera alla figlia. Non si tratta di una semplice dedica (come era accaduto in Nocturama), ma di un tentativo, tanto accorato quanto sincero, di alleviare le inquietudini più profonde di una diciottenne la cui vita è stata brutalmente messa in pausa dal lockdown prima e dall’ingresso del coprifuoco poi. Bonello affronta un trauma collettivo stringendo però la riflessione all’universo intimo e personale di una ragazza che si ritrova bloccata nell’età in cui invece dovrebbe spiccare il volo. Il film nasce ed esiste grazie a lei, è un atto d’amore totalizzante di un padre che si immerge completamente in una dimensione giovanile, ne osserva le fragilità psicologiche e le inquietudini nel tentativo di accompagnarla, per mano, fuori dall’incubo in cui è piombata.
Bonello dichiara apertamente che non bisogna mai smettere di credere nella potenza del cinema, unico strumento a disposizione per sopravvivere alla frustrazione di un mondo divenuto insoddisfacente prigione. Presentato nella sezione Encounters della 72esima edizione della Berlinale, il lungometraggio arriverà in Italia come proiezione evento, il 10, 11 e 12 luglio, distribuito da Wanted Cinema. Coma è una dichiarazione teorica, programmatica, sincera e dolorosissima che sfrutta e mette in relazione tutte le diverse potenzialità della messa in scena. Schermo multi- partito delle videochat, animazione e stop motion, ricompongono, come in un puzzle, lo stato di confusione e abbandono in cui si trova la protagonista, confinata in casa da un giorno all’altro.
In un flusso magmatico visivo tanto cerebrale quanto emozionale, noi spettatori entriamo nella sfera più intima della protagonista. Le sue giornate sono scandite da videocall, chat di zoom, dibattiti sui serial-killer e video della youtuber Patricia Coma (Julia Faure). Ogni immagine, con il suo diverso formato, fa sì che si perda sempre di più l’aderenza al reale. Il lockdown è il motore che permette a Bonello di riflettere sul crollo (causato da ipertrofia) del Sistema immagine. In Nocturama tutta la tensione narrativa era volta all’attesa di un qualcosa, oggi invece tutto ha perso forma e sostanza, si è smaterializzato. Bonello si interroga prima come padre, poi come regista - ed allarga la riflessione dalla sfera personale a quella artistica più in generale - sulle macerie consegnate ad una generazione privata del libero arbitrio.
Coma ragiona sul caos come unico elemento distintivo della società contemporanea, un viaggio in una foresta a metà tra l’immaginario dantesco e quello lynchiano, dove la youtuber Patricia Coma veste i panni di Virgilio, unica guida possibile, in un percorso che ha come unica possibilità quella di avere fiducia in un domani migliore. La creatività, l’atto in sé della creazione è l’unico antidoto alla mediocrità di un mondo completamente in frantumi. Un atto d’amore dolcissimo a suo modo e sempre teso alla sperimentazione del linguaggio, Coma è un diario di sopravvivenza che un padre regala ad un'intera generazione (quella di sua figlia), e che intravede nel racconto per immagini l’unica utopia in cui è possibile, ma soprattutto necessario, credere.