INT-31
27.04.2023
Sergei Loznitsa è forse, oggi, il regista del cinema ucraino più importante sullo scenario internazionale. Di origini Bielorusse, studente del VGIK, ha avuto una carriera a cavallo tra la Russia e l’Ucraina, vincendo a Cannes il premio Un Certain Regard alla Regia per il film Donbass (2018) e firmando innumerevoli documentari, a partire dal suo debutto con Blockade (2005), fino ai più recenti lavori sul massacro di Baby Yar. The Kiev Trial, la sua ultima opera, si inserisce in questo filone: è la riorganizzazione in forma filmica delle pellicole originali del processo avvenuto a Kiev nel 1946, nel quale le autorità sovietiche hanno condannato un ampio numero di prigionieri tedeschi per i crimini compiuti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Abbiamo intervistato il regista, e discusso con lui delle tematiche preponderanti della sua ultima opera in correlazione alle attuali vicende della guerra russo-ucraina.
Ritiene che il processo di Kiev sia rilevante per quanto riguarda la contemporaneità?
Praticamente tutto ciò che sentiamo nel film è lo stesso testo, la stessa narrazione che sentiamo oggi. Cosa ci dice questo? Che la natura umana non cambia. All’epoca, il movimento era dall’Ovest verso l’Est, oggigiorno, è il contrario, ma questi eventi rientrano in quelle che Timothy Snyder ha descritto come le “terre di sangue dell’Europa”. Sembra che tutto avvenga secondo lo stesso modello. Se rimuoviamo le motivazioni politiche ed ideologiche che stanno dietro all’aggressione, le uccisioni, i crimini, i massacri sono identici. Il che vuol dire di nuovo che la natura delle persone resta invariata. Quindi, pur avendo attraversato tutte queste atrocità orribili del ventesimo secolo, i genocidi, le carestie, i campi di sterminio, i gulag, tutti questi traumi, pare che nulla sia stato fatto per prevenire che queste cose avvengano di nuovo. La guerra è un male che si può paragonare ad una malattia infettiva. Per fermare una malattia infettiva bisogna affidarsi agli scienziati, che possono proporre un modo per fermare questo morbo, perché come ogni virus, questo male ha lo scopo di diffondersi il più ampiamente possibile e contagiare quante più persone. La questione con la quale dobbiamo confrontarci é: quanto lontano si diffonderà questo virus?
Vedendo il processo documentato dal film, è difficile non fare un paragone con i processi di Norimberga.
I due processi avevano scopi diversi. Noi abbiamo il materiale visivo di Kiev ma altri processi simili hanno avuto luogo in tutta l’Unione Sovietica e ogni singolo processo si è concluso con un’esecuzione pubblica. Tutti i processi sovietici avevano un elemento di spettacolo ed il loro scopo principale era la propaganda. Per questo le esecuzioni: era un modo per le autorità di dimostrare che avevano il controllo. Quello che vediamo qui è lo stesso concetto del processo che ho inserito in Blockade. Gli accusati sono stati selezionati con attenzione in modo che rappresentino l’intero ordine gerarchico dell’esercito tedesco, vi erano figure di alto rango, di basso rango, giovani, generali… Uno dei difensori in The Kiev Trial, Heinisch, che viene impiccato alla fine, aveva già partecipato ad altri processi in altre città, gli era stato impartito come esprimersi. Ha portato prove di colpevolezza sia a Kharkiv che a Melitopoli, ed infine fu giustiziato a Kiev. Anche se questi processi erano sceneggiati, orchestrati, recitati, e privi di un sistema giudiziario, attraverso la loro teatralità facevano comunque emergere, a volte, frammenti di vera tragedia, di autentiche emozioni e drammi personali, e questo è senza prezzo. Questa è la ragione per la quale l’Unione Sovietica non ne ha mai tratto un lungometraggio.
Il materiale utilizzato per il film non è mai stato pubblicato prima?
Ne fu ricavato solamente un breve cinegiornale rilasciato nel 1946. Ancora oggi, secondo me forse solo l’1% della popolazione di Kiev è a conoscenza degli eventi del Gennaio 1946. Il materiale è conservato nell’archivio di stato a Krasnogorsk, un buon archivio, nel quale sono riuscito a trovare questo filmato perché avevano una catalogazione accurata. Il filmato era stato probabilmente bandito e sotto censura fino al 1988. Lavoro da 10-15 anni sul tema dell’Olocausto nell’ex Unione Sovietica e ho parlato con molti esperti che non sapevano di questi filmati, e non avevano accesso nemmeno alla trascrizione, che abbiamo trovato negli archivi del KGB a Kiev. Era la prima volta che sono stati fotocopiati ed è un unicum, un documento di migliaia di pagine. Ritengo che il Memoriale per l'Olocausto di Babi Yar ne trarrà una pubblicazione.
Quanto materiale è stato utilizzato e com’è avvenuta la restaurazione?
Non tantissimo, erano circa venti rulli, tre ore. Sono riuscito a costruire il film usando metà del filmato, ho cercato di mettere in salvo le prove e di mantenere perlomeno la struttura e la drammaturgia originaria. Ciò che è importante per me è di fornire un film che faccia riflettere le persone e che preservi questo momento storico, visto che qualcuno l’ha filmato. Abbiamo restaurato e stabilizzato il tutto come abbiamo fatto per i film precedenti.
Visto che parla di drammaturgia, per lei The Kiev Trial è quindi un documentario che ha un potere narrativo più che documentativo? In che modo cambia il suo approccio ad un film documentario rispetto ad uno di finzione?
Qualsiasi documentario è la creazione di un regista che ha le proprie caratteristiche, il proprio potere creativo, la propria dittatura autoriale, quindi in ogni modo risulta come qualcosa di costruito. Senza di questo ci sarebbe il caos. In qualunque caso bisogna elaborare una struttura, compiere scelte, sviluppare il pensiero in un certo modo. In questo film l’audio era in condizioni terribili ed abbiamo dovuto ridoppiare i discorsi, quindi il reparto sonoro è stato anch’esso ricostruito e riprodotto.
Ritiene che ci saranno simili processi alla fine della guerra in Ucraina? Che ripercussioni avranno?
L’ultima volta che sono stato in Ucraina era nell’Ottobre 2021. Un processo sicuramente avrà luogo ma sarà più simile ai processi di Norimberga. Dopo ogni guerra ed atrocità è necessario ristabilire lo status quo, senza di questo non è possibile uno sviluppo. Sono sicuro che avrò la possibilità di farne un film, di questo futuro processo. Per quanto riguarda le ripercussioni, dipende da quale stato si prende in considerazione. Gli stati vicini hanno già provato sulla loro pelle “l’abbraccio amichevole” della Russia e comprendono i pericoli di ciò che sta succedendo, i paesi che basano la propria economia sulla guerra continueranno a farlo. Durante questa guerra si è vista l’efficacia effettiva delle armi russe se comparate con quelle americane. Non bisogna essere degli esperti per prevedere che il mercato bellico sarà ristrutturato per via di questa guerra, che le vendite subiranno una riforma. Prevedo che molti paesi che finora hanno comprato armi dalla Russia passeranno alle armi americane. C’è una lista d’attesa per i razzi Heimer interminabile, di stati che vogliono acquisire questo razzo avanzato ad ampia distanza prodotto dagli americani, dato che queste armi hanno dimostrato il loro successo. Chiaramente gli share dei mercanti e dei produttori d’armi andranno in crescita, il che non è né un bene né un male, ma semplicemente un risultato. Se si osserva il mercato delle risorse naturali, anch’esso sta subendo una ristrutturazione, alcuni paesi ne beneficiano molto. É incredibile anche il fatto che le contromisure prese sembrano sporadiche e non molto ben pensate.
Quali sono i suoi pensieri riguardo al boicottaggio della cultura russa, molto richiesto in alcuni ambienti ucraini?
Quando dicono questo, si posizionano in opposizione ad un ampio numero di compatrioti, 10 milioni, la cui lingua e cultura è russa, e ciò che fanno è discriminarli e creare una tensione interna che si aggiunge al conflitto. Si tratta delle popolazioni delle città che vengono bombardate, come Mariupol, Kharkiv, città orientali dell’Ucraina a maggioranza russofona. Che senso ha muovere una “guerra” contro di loro?
Di conseguenza, per lei lingua e cultura coincidono?
In generale, per la maggioranza delle persone, la lingua definisce la loro cultura. Tutto è nella lingua. Questo è uno dei pretesti della guerra, se non fosse così importante non sarebbe stata usata come arma ideologica. Un esempio semplice: tutte le lingua romanze hanno radici nel latino. Perchè si chiamano portoghese, spagnolo, francese, italiano? Ad un certo punto si sono formate le nazioni, si è creato un nesso diretto tra lingua e nazione. Se torniamo indietro nel tempo, a 500 anni fa, nella città di Kiev si parlavano 50 lingue diverse. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di iniziare una guerra per delle lingue, tutti parlavano un po’ di yiddish, polacco, russo, tedesco, e non è mai stato un problema. Poi si sviluppò il nazionalismo e gli stati-nazione, e la lingua divenne un fattore determinante nel creare uno stato. Al contempo non conosciamo alcuno strumento potente quanto la lingua nel preservare la cultura. Non supporterò mai un’idea così idiota come quella di una guerra contro qualsiasi cultura. È come iniziare una guerra contro la gravità.
INT-31
27.04.2023
Sergei Loznitsa è forse, oggi, il regista del cinema ucraino più importante sullo scenario internazionale. Di origini Bielorusse, studente del VGIK, ha avuto una carriera a cavallo tra la Russia e l’Ucraina, vincendo a Cannes il premio Un Certain Regard alla Regia per il film Donbass (2018) e firmando innumerevoli documentari, a partire dal suo debutto con Blockade (2005), fino ai più recenti lavori sul massacro di Baby Yar. The Kiev Trial, la sua ultima opera, si inserisce in questo filone: è la riorganizzazione in forma filmica delle pellicole originali del processo avvenuto a Kiev nel 1946, nel quale le autorità sovietiche hanno condannato un ampio numero di prigionieri tedeschi per i crimini compiuti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Abbiamo intervistato il regista, e discusso con lui delle tematiche preponderanti della sua ultima opera in correlazione alle attuali vicende della guerra russo-ucraina.
Ritiene che il processo di Kiev sia rilevante per quanto riguarda la contemporaneità?
Praticamente tutto ciò che sentiamo nel film è lo stesso testo, la stessa narrazione che sentiamo oggi. Cosa ci dice questo? Che la natura umana non cambia. All’epoca, il movimento era dall’Ovest verso l’Est, oggigiorno, è il contrario, ma questi eventi rientrano in quelle che Timothy Snyder ha descritto come le “terre di sangue dell’Europa”. Sembra che tutto avvenga secondo lo stesso modello. Se rimuoviamo le motivazioni politiche ed ideologiche che stanno dietro all’aggressione, le uccisioni, i crimini, i massacri sono identici. Il che vuol dire di nuovo che la natura delle persone resta invariata. Quindi, pur avendo attraversato tutte queste atrocità orribili del ventesimo secolo, i genocidi, le carestie, i campi di sterminio, i gulag, tutti questi traumi, pare che nulla sia stato fatto per prevenire che queste cose avvengano di nuovo. La guerra è un male che si può paragonare ad una malattia infettiva. Per fermare una malattia infettiva bisogna affidarsi agli scienziati, che possono proporre un modo per fermare questo morbo, perché come ogni virus, questo male ha lo scopo di diffondersi il più ampiamente possibile e contagiare quante più persone. La questione con la quale dobbiamo confrontarci é: quanto lontano si diffonderà questo virus?
Vedendo il processo documentato dal film, è difficile non fare un paragone con i processi di Norimberga.
I due processi avevano scopi diversi. Noi abbiamo il materiale visivo di Kiev ma altri processi simili hanno avuto luogo in tutta l’Unione Sovietica e ogni singolo processo si è concluso con un’esecuzione pubblica. Tutti i processi sovietici avevano un elemento di spettacolo ed il loro scopo principale era la propaganda. Per questo le esecuzioni: era un modo per le autorità di dimostrare che avevano il controllo. Quello che vediamo qui è lo stesso concetto del processo che ho inserito in Blockade. Gli accusati sono stati selezionati con attenzione in modo che rappresentino l’intero ordine gerarchico dell’esercito tedesco, vi erano figure di alto rango, di basso rango, giovani, generali… Uno dei difensori in The Kiev Trial, Heinisch, che viene impiccato alla fine, aveva già partecipato ad altri processi in altre città, gli era stato impartito come esprimersi. Ha portato prove di colpevolezza sia a Kharkiv che a Melitopoli, ed infine fu giustiziato a Kiev. Anche se questi processi erano sceneggiati, orchestrati, recitati, e privi di un sistema giudiziario, attraverso la loro teatralità facevano comunque emergere, a volte, frammenti di vera tragedia, di autentiche emozioni e drammi personali, e questo è senza prezzo. Questa è la ragione per la quale l’Unione Sovietica non ne ha mai tratto un lungometraggio.
Il materiale utilizzato per il film non è mai stato pubblicato prima?
Ne fu ricavato solamente un breve cinegiornale rilasciato nel 1946. Ancora oggi, secondo me forse solo l’1% della popolazione di Kiev è a conoscenza degli eventi del Gennaio 1946. Il materiale è conservato nell’archivio di stato a Krasnogorsk, un buon archivio, nel quale sono riuscito a trovare questo filmato perché avevano una catalogazione accurata. Il filmato era stato probabilmente bandito e sotto censura fino al 1988. Lavoro da 10-15 anni sul tema dell’Olocausto nell’ex Unione Sovietica e ho parlato con molti esperti che non sapevano di questi filmati, e non avevano accesso nemmeno alla trascrizione, che abbiamo trovato negli archivi del KGB a Kiev. Era la prima volta che sono stati fotocopiati ed è un unicum, un documento di migliaia di pagine. Ritengo che il Memoriale per l'Olocausto di Babi Yar ne trarrà una pubblicazione.
Quanto materiale è stato utilizzato e com’è avvenuta la restaurazione?
Non tantissimo, erano circa venti rulli, tre ore. Sono riuscito a costruire il film usando metà del filmato, ho cercato di mettere in salvo le prove e di mantenere perlomeno la struttura e la drammaturgia originaria. Ciò che è importante per me è di fornire un film che faccia riflettere le persone e che preservi questo momento storico, visto che qualcuno l’ha filmato. Abbiamo restaurato e stabilizzato il tutto come abbiamo fatto per i film precedenti.
Visto che parla di drammaturgia, per lei The Kiev Trial è quindi un documentario che ha un potere narrativo più che documentativo? In che modo cambia il suo approccio ad un film documentario rispetto ad uno di finzione?
Qualsiasi documentario è la creazione di un regista che ha le proprie caratteristiche, il proprio potere creativo, la propria dittatura autoriale, quindi in ogni modo risulta come qualcosa di costruito. Senza di questo ci sarebbe il caos. In qualunque caso bisogna elaborare una struttura, compiere scelte, sviluppare il pensiero in un certo modo. In questo film l’audio era in condizioni terribili ed abbiamo dovuto ridoppiare i discorsi, quindi il reparto sonoro è stato anch’esso ricostruito e riprodotto.
Ritiene che ci saranno simili processi alla fine della guerra in Ucraina? Che ripercussioni avranno?
L’ultima volta che sono stato in Ucraina era nell’Ottobre 2021. Un processo sicuramente avrà luogo ma sarà più simile ai processi di Norimberga. Dopo ogni guerra ed atrocità è necessario ristabilire lo status quo, senza di questo non è possibile uno sviluppo. Sono sicuro che avrò la possibilità di farne un film, di questo futuro processo. Per quanto riguarda le ripercussioni, dipende da quale stato si prende in considerazione. Gli stati vicini hanno già provato sulla loro pelle “l’abbraccio amichevole” della Russia e comprendono i pericoli di ciò che sta succedendo, i paesi che basano la propria economia sulla guerra continueranno a farlo. Durante questa guerra si è vista l’efficacia effettiva delle armi russe se comparate con quelle americane. Non bisogna essere degli esperti per prevedere che il mercato bellico sarà ristrutturato per via di questa guerra, che le vendite subiranno una riforma. Prevedo che molti paesi che finora hanno comprato armi dalla Russia passeranno alle armi americane. C’è una lista d’attesa per i razzi Heimer interminabile, di stati che vogliono acquisire questo razzo avanzato ad ampia distanza prodotto dagli americani, dato che queste armi hanno dimostrato il loro successo. Chiaramente gli share dei mercanti e dei produttori d’armi andranno in crescita, il che non è né un bene né un male, ma semplicemente un risultato. Se si osserva il mercato delle risorse naturali, anch’esso sta subendo una ristrutturazione, alcuni paesi ne beneficiano molto. É incredibile anche il fatto che le contromisure prese sembrano sporadiche e non molto ben pensate.
Quali sono i suoi pensieri riguardo al boicottaggio della cultura russa, molto richiesto in alcuni ambienti ucraini?
Quando dicono questo, si posizionano in opposizione ad un ampio numero di compatrioti, 10 milioni, la cui lingua e cultura è russa, e ciò che fanno è discriminarli e creare una tensione interna che si aggiunge al conflitto. Si tratta delle popolazioni delle città che vengono bombardate, come Mariupol, Kharkiv, città orientali dell’Ucraina a maggioranza russofona. Che senso ha muovere una “guerra” contro di loro?
Di conseguenza, per lei lingua e cultura coincidono?
In generale, per la maggioranza delle persone, la lingua definisce la loro cultura. Tutto è nella lingua. Questo è uno dei pretesti della guerra, se non fosse così importante non sarebbe stata usata come arma ideologica. Un esempio semplice: tutte le lingua romanze hanno radici nel latino. Perchè si chiamano portoghese, spagnolo, francese, italiano? Ad un certo punto si sono formate le nazioni, si è creato un nesso diretto tra lingua e nazione. Se torniamo indietro nel tempo, a 500 anni fa, nella città di Kiev si parlavano 50 lingue diverse. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di iniziare una guerra per delle lingue, tutti parlavano un po’ di yiddish, polacco, russo, tedesco, e non è mai stato un problema. Poi si sviluppò il nazionalismo e gli stati-nazione, e la lingua divenne un fattore determinante nel creare uno stato. Al contempo non conosciamo alcuno strumento potente quanto la lingua nel preservare la cultura. Non supporterò mai un’idea così idiota come quella di una guerra contro qualsiasi cultura. È come iniziare una guerra contro la gravità.