INT-13
28.09.2022
Il cinema indipendente argentino, nell’ultimo decennio, ha spopolato nei festival di tutto il mondo, basti pensare agli acclamati La Flor (2019) e Historia Extraordinarias (2008) di Mariano Llinás, due film dalla costruzione narrativa molto simile: un intreccio di diverse storie, collegate tra loro, sfruttando diversi generi cinematografici. Entrambi sono stati prodotti da El Pampero Cine, una realtà cinematografica argentina indipendente la quale durante la 79esima Mostra del Cinema di Venezia ha presentato il suo nuovo film, Trenque Lauquen di Laura Citarella. Con una durata di quasi quattro ore, l’opera pone al centro la storia di Laura (interpretata da Laura Paredes, co-sceneggiatrice del film), che da un giorno all’altro “scompare”, creando una forte crisi in Rafael ed Ezequiel, due uomini innamorati di lei che proveranno a cercarla insieme.
Trenque Lauquen non è solo un mystery movie, è un ritratto complesso di una donna che ricerca la propria libertà ed indipendenza. Laura Citarella dirige un’opera imprevedibile, di cui è quasi impossibile prevederne lo sviluppo capitolo dopo capitolo. Noir hitchcockiano e sperimentazione grottesca alla Jacques Rivette, vengono intrecciati all’interno della pellicola rendendola una delle più originali ed imperdibili presentate al Festival di Venezia 2022. Dopo la presentazione alla Biennale dello scorso anno, il film verrà ripresentato durante la 16esima edizione del festival del cine español y latinoamericano, che si svolgerà a Roma dal 5 al 12 novembre.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare ed intervistare Laura Citarella, che ci ha parlato di El Pampero Cine, la collaborazione con l’attrice Laura Paredes e l’uso della musica nel film.
Oltre ad essere una regista sei anche una delle fondatrici di El Pampero Cine. Puoi dirci qualcosa su questa casa di produzione argentina?
Inizio con il dire che non mi piace definire El Pampero Cine come una semplice casa di produzione. Siamo un gruppo di amici, formato da registi e attori, che fanno film in maniera autonoma e indipendente. Non abbiamo il supporto economico del governo locale, a parte in casi di estrema necessità, e non collaboriamo con l’INCAA, l’istituto nazionale di cinema argentino che supporta la maggior parte delle produzioni. Da vent’anni lavoriamo in modo “libero”, collaboriamo in stretto contatto e ci aiutiamo sempre, con la revisione di una sceneggiatura o anche nella gestione del suono ad esempio. Anche se lavoriamo con un budget ristretto, siamo riusciti a produrre dei film ambiziosi, cerchiamo sempre idee innovative e originali per i nostri progetti.
Come mai ha scelto Trenque Lauquen come location per il film?
La mia famiglia è originaria di Trenque Lauquen. Ho sempre voluto girare un film in quel luogo. La protagonista del film è lo stesso personaggio di Ostende [primo lungometraggio della regista, n.d.r]., ma qua si trova in un’altra città, appunto Trenque Lauquen. Ho un particolare attaccamento emotivo e personale a questo luogo, perciò volevo omaggiarlo inserendolo nel film non attraverso una semplice rappresentazione documentaristica ma approcciandola con la fiction.
Il film racconta una storia personale per te o per Laura Paredes?
Non proprio. Ci sono, però, molti elementi collegati alla mia vita privata. L’attore che interpreta Ezequiel è infatti mio marito. Io stessa sono presente nel film, interpreto Carmen presente nella prima parte. Anche mia figlia, mia madre e mio zio, sono tutti presenti in Trenque Lauquen. La storia, però, è completamente inventata ed è nata dalla stessa premessa di Ostende. Nel primo film, Laura Paredes ha più un ruolo di osservatrice, non fa parte attivamente della storia, mentre qui, In Trenque Lauquen, Laura diventa il nucleo centrale del mistero narrato.
Il film è stato scritto anche da Laura Paredes, come è stato il processo di scrittura insieme a lei?
La storia dietro al film doveva sempre ruotare attorno a questi episodi misteriosi che avvengono a Trenque Lauquen, ma poi ci siamo rese conto di voler utilizzare questa struttura per analizzare la cittadina in maniera più naturale, soprattutto nel capitolo finale, dove ci siamo concentrate di più sul paesaggio e sull’uso della luce. Questa era la premessa, poi abbiamo approfondito meglio le varie idee, come, ad esempio, la piccola storia ambientata in Italia; all’inizio non mi convinceva molto, ma una volta arrivata in Italia con mio marito mi sono chiesta “perché non giriamo qualche scena qui?”. Ora credo che questa parte sia fondamentale per il film; vediamo Ezequiel che immagina di essere il ragazzo italiano del romanzo che sta leggendo e si possono tracciare alcuni parallelismi tra i due uomini. Spesso, queste idee nascono dalla possibilità di girare in luoghi che non conosciamo. Avevamo l’occasione di girare in Italia e abbiamo voluto creare qualcosa di originale. Poi, durante la produzione, sono rimasta incinta e ho pensato che potessi inserire anche questo “elemento”. Abbiamo deciso di incorporare situazioni reali, che avvengono al di fuori della produzione. Una volta terminata la sceneggiatura, io e Laura abbiamo strutturato il film in modo da dare più spazio ad alcuni personaggi secondari, come i due amanti di Laura. All’inizio il film doveva mostrare solo il punto di vista femminile ma abbiamo capito che era importante espandere anche il punto di vista di altri personaggi.
La musica è un aspetto molto importante nel film, sia per la selezione dei brani preesistenti sia per i pezzi originali della colonna sonora.
La musica ricopre un ruolo importante nel film e spesso rappresenta lo stato emotivo dei personaggi, come, ad esempio, Los Caminos di Miro y su Fabulosa Orquesta de Juguete, uno dei migliori artisti in Argentina. Ho pensato fosse una buona idea inserire una canzone che esprimesse lo stato d’animo di Ezequiel e mi sono occupata personalmente della traduzione e dei sottotitoli. Il personaggio continua a riascoltare questo brano perché rappresenta e descrive al meglio la sua situazione. Mentre le due ragazze, al contrario, ascoltano spesso la canzone Words (Don’t Come Easy) di F.R. David. Nella seconda parte del film ho usato per lo più brani composti da Gabriel Chwojnik, ma è stato un processo complesso. In fase di montaggio abbiamo utilizzato brani di Bernard Herrman e altri compositori come punti di riferimento perché volevo la musica di grandi orchestre, ma non avevamo il budget per ingaggiarne una. Gabriel ha dovuto, quindi, ingegnarsi e utilizzare solo pochi strumenti per ricreare delle sinfonie simili. È stato un lungo processo a cui ha partecipato anche il regista Mariano Llinàs. L’uso della musica nella seconda parte è stato importante per cercare di ricreare quell’atmosfera anni ’80 caratterizzata dall’era analogica.
C’è qualche regista che ti ha ispirato per questo film? Trenque Lauquen ricorda la cinematografia del cineasta francese Jacques Rivette, soprattutto per il tono ironico, ma anche per come è strutturato il mistero dietro al personaggio di Laura.
Non sei il primo a dirmi questa cosa (la regista sorride, n.d.r.). Trenque Lauquen è un mix di diversi generi e molti cineasti mi hanno ispirato, Jacques Rivette è uno di questi, ma anche Alfred Hitchcock e Double Indemnity di Billy Wilder. Non ho utilizzato dei film specifici come punto di riferimento, ma ci sono elementi nelle loro opere che mi sono stati utili. La letteratura ha avuto un ruolo importante: le opere di Roberto Bolaño e Virginia Woolf, soprattutto. È fondamentale citare anche il contributo degli altri membri de El Pampero Cine. All’inizio della produzione mi sono chiesta “quante volte posso raccontare la stessa storia come regista?”, dico questo perché ci sono molte similitudini con i film che ho diretto prima, l’inizio è uguale ad Ostende, mentre la fine ricorda La Mujer de los Perros (secondo lungometraggio della regista, n.d.r.). Mi è sembrato di rigirare lo stesso film, con la stessa protagonista, ma con un’età maggiore e con dinamiche famigliari diverse. È stata una prova per valutarmi, per vedere come ero maturata come regista. Non sto dicendo che i miei film sono stati un punto di rifermento, ma volevo provare a migliorare la stessa storia mostrando una particolare evoluzione artistica.
La natura e i fiori ricoprono un ruolo importante nella vicenda del film, quasi come se ricoprissero una dimensione “magica” al film. Come mai questa scelta?
I concetti di natura e di avventura sono molto vicini a me, non so esattamente perché, e con Trenque Lauquen volevo fare un film d’avventura, ma, allo stesso tempo, mi piaceva il concetto di cambiamento perpetuo della natura, come i personaggi del film, che “mutano” nel corso di esso. Le immagini del paesaggio naturale e delle piante rampicanti mi hanno fatto pensare al film. Ho letto qualche libro sull’argomento e mi affascinava il fatto della continua crescita/mutazione di alcune piante e ho deciso di strutturare Trenque Lauquen nello stesso modo. Lo spettatore pensa che il film voglia andare in una certa direzione, ma va nel verso opposto. All’inizio sembra un road-movie, poi un film romantico fino a raggiungere un tono mistico nella seconda parte. Avremmo potuto fare un centinaio di spin-off da questo film, ognuno che rappresenta un ramo dell’albero di Trenque Lauquen. Un albero, non un fiore (la regista scherza citando il film La Flor del collega Mario Llinas, n.d.r.). Alla première ho visto il film con un amico e finita la prima parte mi guarda e dice “è ovvio che Laura se ne è andata via per questo e per quello”, ma poi finita la seconda parte mi ha guardato incredulo e ha esclamato “Cosa!? Non mi aspettavo di vedere determinati sviluppi.” Ho cercato di cambiare spesso il tono del film e creare degli elementi che potessero avere significati diversi per i protagonisti della storia. Quando Rafael trova il libro nella prima parte, lui pensa che la storia che sta leggendo sia legata alla sua relazione con Laura, quest’ultima invece ha un’altra interpretazione, che differisce a sua volta da quella di Ezequiel.
Cosa ti ha spinta ad inserire il punto di vista di Laura solo verso la fine del film?
Perché secondo me era il modo migliore per costruire il mistero dietro a questo personaggio. Ho preferito approfondire come prima cosa i due personaggi maschili, così il pubblico può farsi un’idea sulla vicenda, ma è sorprendente quello che accade nel corso della storia e come lo spettatore cambi la propria percezione verso questi personaggi. Nell’ultima parte del film è invece presente solo Laura ed è forse la prima volta che il pubblico ha la possibilità di connettersi ed empatizzare realmente con lei.
INT-13
28.09.2022
Il cinema indipendente argentino, nell’ultimo decennio, ha spopolato nei festival di tutto il mondo, basti pensare agli acclamati La Flor (2019) e Historia Extraordinarias (2008) di Mariano Llinás, due film dalla costruzione narrativa molto simile: un intreccio di diverse storie, collegate tra loro, sfruttando diversi generi cinematografici. Entrambi sono stati prodotti da El Pampero Cine, una realtà cinematografica argentina indipendente la quale durante la 79esima Mostra del Cinema di Venezia ha presentato il suo nuovo film, Trenque Lauquen di Laura Citarella. Con una durata di quasi quattro ore, l’opera pone al centro la storia di Laura (interpretata da Laura Paredes, co-sceneggiatrice del film), che da un giorno all’altro “scompare”, creando una forte crisi in Rafael ed Ezequiel, due uomini innamorati di lei che proveranno a cercarla insieme.
Trenque Lauquen non è solo un mystery movie, è un ritratto complesso di una donna che ricerca la propria libertà ed indipendenza. Laura Citarella dirige un’opera imprevedibile, di cui è quasi impossibile prevederne lo sviluppo capitolo dopo capitolo. Noir hitchcockiano e sperimentazione grottesca alla Jacques Rivette, vengono intrecciati all’interno della pellicola rendendola una delle più originali ed imperdibili presentate al Festival di Venezia 2022. Dopo la presentazione alla Biennale dello scorso anno, il film verrà ripresentato durante la 16esima edizione del festival del cine español y latinoamericano, che si svolgerà a Roma dal 5 al 12 novembre.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare ed intervistare Laura Citarella, che ci ha parlato di El Pampero Cine, la collaborazione con l’attrice Laura Paredes e l’uso della musica nel film.
Oltre ad essere una regista sei anche una delle fondatrici di El Pampero Cine. Puoi dirci qualcosa su questa casa di produzione argentina?
Inizio con il dire che non mi piace definire El Pampero Cine come una semplice casa di produzione. Siamo un gruppo di amici, formato da registi e attori, che fanno film in maniera autonoma e indipendente. Non abbiamo il supporto economico del governo locale, a parte in casi di estrema necessità, e non collaboriamo con l’INCAA, l’istituto nazionale di cinema argentino che supporta la maggior parte delle produzioni. Da vent’anni lavoriamo in modo “libero”, collaboriamo in stretto contatto e ci aiutiamo sempre, con la revisione di una sceneggiatura o anche nella gestione del suono ad esempio. Anche se lavoriamo con un budget ristretto, siamo riusciti a produrre dei film ambiziosi, cerchiamo sempre idee innovative e originali per i nostri progetti.
Come mai ha scelto Trenque Lauquen come location per il film?
La mia famiglia è originaria di Trenque Lauquen. Ho sempre voluto girare un film in quel luogo. La protagonista del film è lo stesso personaggio di Ostende [primo lungometraggio della regista, n.d.r]., ma qua si trova in un’altra città, appunto Trenque Lauquen. Ho un particolare attaccamento emotivo e personale a questo luogo, perciò volevo omaggiarlo inserendolo nel film non attraverso una semplice rappresentazione documentaristica ma approcciandola con la fiction.
Il film racconta una storia personale per te o per Laura Paredes?
Non proprio. Ci sono, però, molti elementi collegati alla mia vita privata. L’attore che interpreta Ezequiel è infatti mio marito. Io stessa sono presente nel film, interpreto Carmen presente nella prima parte. Anche mia figlia, mia madre e mio zio, sono tutti presenti in Trenque Lauquen. La storia, però, è completamente inventata ed è nata dalla stessa premessa di Ostende. Nel primo film, Laura Paredes ha più un ruolo di osservatrice, non fa parte attivamente della storia, mentre qui, In Trenque Lauquen, Laura diventa il nucleo centrale del mistero narrato.
Il film è stato scritto anche da Laura Paredes, come è stato il processo di scrittura insieme a lei?
La storia dietro al film doveva sempre ruotare attorno a questi episodi misteriosi che avvengono a Trenque Lauquen, ma poi ci siamo rese conto di voler utilizzare questa struttura per analizzare la cittadina in maniera più naturale, soprattutto nel capitolo finale, dove ci siamo concentrate di più sul paesaggio e sull’uso della luce. Questa era la premessa, poi abbiamo approfondito meglio le varie idee, come, ad esempio, la piccola storia ambientata in Italia; all’inizio non mi convinceva molto, ma una volta arrivata in Italia con mio marito mi sono chiesta “perché non giriamo qualche scena qui?”. Ora credo che questa parte sia fondamentale per il film; vediamo Ezequiel che immagina di essere il ragazzo italiano del romanzo che sta leggendo e si possono tracciare alcuni parallelismi tra i due uomini. Spesso, queste idee nascono dalla possibilità di girare in luoghi che non conosciamo. Avevamo l’occasione di girare in Italia e abbiamo voluto creare qualcosa di originale. Poi, durante la produzione, sono rimasta incinta e ho pensato che potessi inserire anche questo “elemento”. Abbiamo deciso di incorporare situazioni reali, che avvengono al di fuori della produzione. Una volta terminata la sceneggiatura, io e Laura abbiamo strutturato il film in modo da dare più spazio ad alcuni personaggi secondari, come i due amanti di Laura. All’inizio il film doveva mostrare solo il punto di vista femminile ma abbiamo capito che era importante espandere anche il punto di vista di altri personaggi.
La musica è un aspetto molto importante nel film, sia per la selezione dei brani preesistenti sia per i pezzi originali della colonna sonora.
La musica ricopre un ruolo importante nel film e spesso rappresenta lo stato emotivo dei personaggi, come, ad esempio, Los Caminos di Miro y su Fabulosa Orquesta de Juguete, uno dei migliori artisti in Argentina. Ho pensato fosse una buona idea inserire una canzone che esprimesse lo stato d’animo di Ezequiel e mi sono occupata personalmente della traduzione e dei sottotitoli. Il personaggio continua a riascoltare questo brano perché rappresenta e descrive al meglio la sua situazione. Mentre le due ragazze, al contrario, ascoltano spesso la canzone Words (Don’t Come Easy) di F.R. David. Nella seconda parte del film ho usato per lo più brani composti da Gabriel Chwojnik, ma è stato un processo complesso. In fase di montaggio abbiamo utilizzato brani di Bernard Herrman e altri compositori come punti di riferimento perché volevo la musica di grandi orchestre, ma non avevamo il budget per ingaggiarne una. Gabriel ha dovuto, quindi, ingegnarsi e utilizzare solo pochi strumenti per ricreare delle sinfonie simili. È stato un lungo processo a cui ha partecipato anche il regista Mariano Llinàs. L’uso della musica nella seconda parte è stato importante per cercare di ricreare quell’atmosfera anni ’80 caratterizzata dall’era analogica.
C’è qualche regista che ti ha ispirato per questo film? Trenque Lauquen ricorda la cinematografia del cineasta francese Jacques Rivette, soprattutto per il tono ironico, ma anche per come è strutturato il mistero dietro al personaggio di Laura.
Non sei il primo a dirmi questa cosa (la regista sorride, n.d.r.). Trenque Lauquen è un mix di diversi generi e molti cineasti mi hanno ispirato, Jacques Rivette è uno di questi, ma anche Alfred Hitchcock e Double Indemnity di Billy Wilder. Non ho utilizzato dei film specifici come punto di riferimento, ma ci sono elementi nelle loro opere che mi sono stati utili. La letteratura ha avuto un ruolo importante: le opere di Roberto Bolaño e Virginia Woolf, soprattutto. È fondamentale citare anche il contributo degli altri membri de El Pampero Cine. All’inizio della produzione mi sono chiesta “quante volte posso raccontare la stessa storia come regista?”, dico questo perché ci sono molte similitudini con i film che ho diretto prima, l’inizio è uguale ad Ostende, mentre la fine ricorda La Mujer de los Perros (secondo lungometraggio della regista, n.d.r.). Mi è sembrato di rigirare lo stesso film, con la stessa protagonista, ma con un’età maggiore e con dinamiche famigliari diverse. È stata una prova per valutarmi, per vedere come ero maturata come regista. Non sto dicendo che i miei film sono stati un punto di rifermento, ma volevo provare a migliorare la stessa storia mostrando una particolare evoluzione artistica.
La natura e i fiori ricoprono un ruolo importante nella vicenda del film, quasi come se ricoprissero una dimensione “magica” al film. Come mai questa scelta?
I concetti di natura e di avventura sono molto vicini a me, non so esattamente perché, e con Trenque Lauquen volevo fare un film d’avventura, ma, allo stesso tempo, mi piaceva il concetto di cambiamento perpetuo della natura, come i personaggi del film, che “mutano” nel corso di esso. Le immagini del paesaggio naturale e delle piante rampicanti mi hanno fatto pensare al film. Ho letto qualche libro sull’argomento e mi affascinava il fatto della continua crescita/mutazione di alcune piante e ho deciso di strutturare Trenque Lauquen nello stesso modo. Lo spettatore pensa che il film voglia andare in una certa direzione, ma va nel verso opposto. All’inizio sembra un road-movie, poi un film romantico fino a raggiungere un tono mistico nella seconda parte. Avremmo potuto fare un centinaio di spin-off da questo film, ognuno che rappresenta un ramo dell’albero di Trenque Lauquen. Un albero, non un fiore (la regista scherza citando il film La Flor del collega Mario Llinas, n.d.r.). Alla première ho visto il film con un amico e finita la prima parte mi guarda e dice “è ovvio che Laura se ne è andata via per questo e per quello”, ma poi finita la seconda parte mi ha guardato incredulo e ha esclamato “Cosa!? Non mi aspettavo di vedere determinati sviluppi.” Ho cercato di cambiare spesso il tono del film e creare degli elementi che potessero avere significati diversi per i protagonisti della storia. Quando Rafael trova il libro nella prima parte, lui pensa che la storia che sta leggendo sia legata alla sua relazione con Laura, quest’ultima invece ha un’altra interpretazione, che differisce a sua volta da quella di Ezequiel.
Cosa ti ha spinta ad inserire il punto di vista di Laura solo verso la fine del film?
Perché secondo me era il modo migliore per costruire il mistero dietro a questo personaggio. Ho preferito approfondire come prima cosa i due personaggi maschili, così il pubblico può farsi un’idea sulla vicenda, ma è sorprendente quello che accade nel corso della storia e come lo spettatore cambi la propria percezione verso questi personaggi. Nell’ultima parte del film è invece presente solo Laura ed è forse la prima volta che il pubblico ha la possibilità di connettersi ed empatizzare realmente con lei.