NC-110
01.05.2022
Il primo film che venne proiettato dai fratelli Lumière il 28 dicembre del 1895 rappresentava l’uscita di alcune operaie dalle officine di proprietà dei registi. Fu solo il primo di tanti film che da quel momento avrebbero avuto come tema principale il lavoro. Opere come Tempi moderni sono diventate dei veri e propri simboli, altre divenendo preziose testimonianze hanno raccontato un’epoca e un mondo del lavoro ormai passato, altre ancora hanno portato in scena problematiche e spettri che ancora oggi, in una società del benessere estremamente tecnologizzata come la nostra, attanagliano il mondo del lavoro. In occasione della Festa dei Lavoratori consigliamo la visione di cinque film, appartenenti a un arco di cinquant’anni, che hanno come tema cardine il lavoro e conservano alcuni spunti di riflessione e alcune analisi che possono dirsi ancora oggi attuali.
1) Il posto (1961), dir. Ermanno Olmi
Il posto, uno dei primi film di un regista che sin dagli esordi raccontò il mondo del lavoro con uno sguardo non condizionato da alcuna sovrastruttura, è la storia di un ragazzo della provincia milanese che, uscito dall’istituto di formazione superiore, si ritrova catapultato in un luogo di lavoro alienante e in cui le relazioni interpersonali vengono regolate da logiche meccaniche che annullano ogni possibilità di interazione genuinamente umana.
Tramite gli occhi del protagonista e le avventure quotidiane che si trova a vivere, Ermanno Olmi porta in scena un’umanità umile; pur non condannando esplicitamente il sistema, ne mette in evidenza, talvolta in maniera comica, le varie contraddizioni, fornendo un ritratto estremamente arguto di un universo che relega nella norma ciò che, in realtà, norma non dovrebbe essere. La scena finale del film, bonaria ma allo stesso tempo amara, conserva una forza espressiva che non è mai stata scalfita in 60 anni e che ancora oggi, nella sua eterna semplicità, è in grado di colpirci.
2) Tokyo Sonata (2008), dir. Kiyoshi Kurosawa
Tokyo Sonata racconta la lenta disgregazione di un nucleo familiare a seguito della perdita del lavoro del capofamiglia.
Kiyoshi Kurosawa, regista conosciuto fino al 2008 per i suoi film horror e thriller, porta in scena un dramma privato che si fa collettivo quando deve mostrare in maniera concreta le conseguenze della disoccupazione in una società estremamente rigida come quella giapponese. Il regista scava nei non-detti, nelle zone oscure della nazione per portare in scena il fantasma della perdita del lavoro e della precarietà e il suo devastante impatto. Il risultato è un film in grado di fare paura per la sottigliezza con cui vengono affrontate e rappresentate dinamiche e situazioni estremamente realistiche. Scene come quella in cui numerosi padri di famiglia vestiti da ufficio si ritrovano in fila per chiedere i pasti di carità o quella in cui il protagonista, interpretato da un intenso Teruyuki Kagawa, viene umiliato dai suoi superiori sono solo i momenti di sfogo più espliciti di una tensione e di un’inquietudine che nel film scorrono latenti dal primo all’ultimo minuto e che mostrano, in maniera autentica, il logoramento distruttivo causato dalla disoccupazione e dalla conseguente instabilità in un nucleo familiare borghese.
3) La classe operaia va in paradiso (1972), dir. Elio Petri
Uno dei più celebri ritratti del mondo del lavoro italiano nell’epoca della contestazione è La classe operaia va in paradiso. Elio Petri carica sulle spalle del protagonista, un Gian Maria Volontè in una delle sue migliori interpretazioni, tutto il dramma di una classe sociale, quella operaia, che rischia di non trovare più alcuna rappresentanza concreta in un paese ormai venduto al pensiero capitalistico. L’operaio medio portato in scena da Petri e incarnato da Volontè, infatti, non abbraccia apertamente alcuna ideologia, vive nella costante contraddizione della coscienza della sua subalternità e della perdente volontà di affrancarsi da essa in maniera individuale e non più collettiva.
La classe operaia, quindi, si disgrega in tante piccole individualità che sognano il paradiso. Il problema è che il paradiso non è più rappresentato dalla rivoluzione, ma dal raggiungimento di un benessere che è prima privato e solo secondariamente collettivo. La scena in cui Lulù si trova a fare i conti con tutti gli oggetti che ha in casa dando loro un valore monetario è forse la rappresentazione più emblematica di un mondo che si avvia verso il consumismo e l’omologazione ideologica e culturale della classe operaia a quella borghese.
4) Riff Raff (1991), dir. Ken Loach
Ken Loach è un regista i cui film hanno sempre raccontato il mondo del lavoro nel Regno Unito. Tra i tanti film del regista inglese che hanno questa tematica cardine segnaliamo Riff Raff, il quale si lega direttamente al film di Elio Petri appena citato per il suo portare avanti il discorso su una figura, quella dell’operaio, che ormai appare completamente isolata dalla collettività con cui condivide le sorti.
Ritratto pungente del fallimento delle politiche della Thatcher, Riff Raff porta in scena alternando brillantemente dramma e commedia la vita di alcuni operai di un cantiere edile in cui le norme di sicurezza vengono quasi del tutto ignorate e nel quale chi prova a battersi per il rispetto di esse viene isolato dai colleghi, più interessati a non avere ripercussioni sui propri salari che sulla propria vita. Tornare a parlare di questo film di Ken Loach in Italia, dove ancora nel 2022 la morte sul lavoro rappresenta una piaga sociale, è estremamente importante anche per ricordarci a cosa serve una Festa dei Lavoratori, a cosa servono le rivendicazioni dei sindacati e a cosa servono le politiche di sicurezza sul lavoro.
5) Rosetta (1999), dir. fratelli Dardenne
Nel 1999 i fratelli Dardenne emersero nel panorama del cinema d’autore europeo firmando con Rosetta uno dei film più potenti che abbiano mai trattato il tema della disoccupazione. La ricerca affannosa di un lavoro da parte della giovane protagonista eponima viene mostrata attraverso uno stile registico estremamente asciutto e grezzo, tratto distintivo del cinema dei fratelli belga, in grado di far percepire in prima persona allo spettatore l’angoscia e la disperazione di Rosetta.
La dinamica dell’homo homini lupus sovrasta qualsiasi espressione di sincero affetto e i 90 minuti di film si traducono in un lungo urlo contro un sistema che non è in grado di garantire un diritto fondante dello stato sociale come quello del lavoro. I Dardenne torneranno varie volte sul tema del lavoro nel corso della propria carriera, anche con un film molto più digeribile come Due giorni una notte, ma la concretezza straziante di Rosetta è diventata ben presto un’icona in Belgio, dove il film e il personaggio sono ancora oggi simboli di numerose manifestazioni sindacali.
NC-110
01.05.2022
Il primo film che venne proiettato dai fratelli Lumière il 28 dicembre del 1895 rappresentava l’uscita di alcune operaie dalle officine di proprietà dei registi. Fu solo il primo di tanti film che da quel momento avrebbero avuto come tema principale il lavoro. Opere come Tempi moderni sono diventate dei veri e propri simboli, altre divenendo preziose testimonianze hanno raccontato un’epoca e un mondo del lavoro ormai passato, altre ancora hanno portato in scena problematiche e spettri che ancora oggi, in una società del benessere estremamente tecnologizzata come la nostra, attanagliano il mondo del lavoro. In occasione della Festa dei Lavoratori consigliamo la visione di cinque film, appartenenti a un arco di cinquant’anni, che hanno come tema cardine il lavoro e conservano alcuni spunti di riflessione e alcune analisi che possono dirsi ancora oggi attuali.
1) Il posto (1961), dir. Ermanno Olmi
Il posto, uno dei primi film di un regista che sin dagli esordi raccontò il mondo del lavoro con uno sguardo non condizionato da alcuna sovrastruttura, è la storia di un ragazzo della provincia milanese che, uscito dall’istituto di formazione superiore, si ritrova catapultato in un luogo di lavoro alienante e in cui le relazioni interpersonali vengono regolate da logiche meccaniche che annullano ogni possibilità di interazione genuinamente umana.
Tramite gli occhi del protagonista e le avventure quotidiane che si trova a vivere, Ermanno Olmi porta in scena un’umanità umile; pur non condannando esplicitamente il sistema, ne mette in evidenza, talvolta in maniera comica, le varie contraddizioni, fornendo un ritratto estremamente arguto di un universo che relega nella norma ciò che, in realtà, norma non dovrebbe essere. La scena finale del film, bonaria ma allo stesso tempo amara, conserva una forza espressiva che non è mai stata scalfita in 60 anni e che ancora oggi, nella sua eterna semplicità, è in grado di colpirci.
2) Tokyo Sonata (2008), dir. Kiyoshi Kurosawa
Tokyo Sonata racconta la lenta disgregazione di un nucleo familiare a seguito della perdita del lavoro del capofamiglia.
Kiyoshi Kurosawa, regista conosciuto fino al 2008 per i suoi film horror e thriller, porta in scena un dramma privato che si fa collettivo quando deve mostrare in maniera concreta le conseguenze della disoccupazione in una società estremamente rigida come quella giapponese. Il regista scava nei non-detti, nelle zone oscure della nazione per portare in scena il fantasma della perdita del lavoro e della precarietà e il suo devastante impatto. Il risultato è un film in grado di fare paura per la sottigliezza con cui vengono affrontate e rappresentate dinamiche e situazioni estremamente realistiche. Scene come quella in cui numerosi padri di famiglia vestiti da ufficio si ritrovano in fila per chiedere i pasti di carità o quella in cui il protagonista, interpretato da un intenso Teruyuki Kagawa, viene umiliato dai suoi superiori sono solo i momenti di sfogo più espliciti di una tensione e di un’inquietudine che nel film scorrono latenti dal primo all’ultimo minuto e che mostrano, in maniera autentica, il logoramento distruttivo causato dalla disoccupazione e dalla conseguente instabilità in un nucleo familiare borghese.
3) La classe operaia va in paradiso (1972), dir. Elio Petri
Uno dei più celebri ritratti del mondo del lavoro italiano nell’epoca della contestazione è La classe operaia va in paradiso. Elio Petri carica sulle spalle del protagonista, un Gian Maria Volontè in una delle sue migliori interpretazioni, tutto il dramma di una classe sociale, quella operaia, che rischia di non trovare più alcuna rappresentanza concreta in un paese ormai venduto al pensiero capitalistico. L’operaio medio portato in scena da Petri e incarnato da Volontè, infatti, non abbraccia apertamente alcuna ideologia, vive nella costante contraddizione della coscienza della sua subalternità e della perdente volontà di affrancarsi da essa in maniera individuale e non più collettiva.
La classe operaia, quindi, si disgrega in tante piccole individualità che sognano il paradiso. Il problema è che il paradiso non è più rappresentato dalla rivoluzione, ma dal raggiungimento di un benessere che è prima privato e solo secondariamente collettivo. La scena in cui Lulù si trova a fare i conti con tutti gli oggetti che ha in casa dando loro un valore monetario è forse la rappresentazione più emblematica di un mondo che si avvia verso il consumismo e l’omologazione ideologica e culturale della classe operaia a quella borghese.
4) Riff Raff (1991), dir. Ken Loach
Ken Loach è un regista i cui film hanno sempre raccontato il mondo del lavoro nel Regno Unito. Tra i tanti film del regista inglese che hanno questa tematica cardine segnaliamo Riff Raff, il quale si lega direttamente al film di Elio Petri appena citato per il suo portare avanti il discorso su una figura, quella dell’operaio, che ormai appare completamente isolata dalla collettività con cui condivide le sorti.
Ritratto pungente del fallimento delle politiche della Thatcher, Riff Raff porta in scena alternando brillantemente dramma e commedia la vita di alcuni operai di un cantiere edile in cui le norme di sicurezza vengono quasi del tutto ignorate e nel quale chi prova a battersi per il rispetto di esse viene isolato dai colleghi, più interessati a non avere ripercussioni sui propri salari che sulla propria vita. Tornare a parlare di questo film di Ken Loach in Italia, dove ancora nel 2022 la morte sul lavoro rappresenta una piaga sociale, è estremamente importante anche per ricordarci a cosa serve una Festa dei Lavoratori, a cosa servono le rivendicazioni dei sindacati e a cosa servono le politiche di sicurezza sul lavoro.
5) Rosetta (1999), dir. fratelli Dardenne
Nel 1999 i fratelli Dardenne emersero nel panorama del cinema d’autore europeo firmando con Rosetta uno dei film più potenti che abbiano mai trattato il tema della disoccupazione. La ricerca affannosa di un lavoro da parte della giovane protagonista eponima viene mostrata attraverso uno stile registico estremamente asciutto e grezzo, tratto distintivo del cinema dei fratelli belga, in grado di far percepire in prima persona allo spettatore l’angoscia e la disperazione di Rosetta.
La dinamica dell’homo homini lupus sovrasta qualsiasi espressione di sincero affetto e i 90 minuti di film si traducono in un lungo urlo contro un sistema che non è in grado di garantire un diritto fondante dello stato sociale come quello del lavoro. I Dardenne torneranno varie volte sul tema del lavoro nel corso della propria carriera, anche con un film molto più digeribile come Due giorni una notte, ma la concretezza straziante di Rosetta è diventata ben presto un’icona in Belgio, dove il film e il personaggio sono ancora oggi simboli di numerose manifestazioni sindacali.