di Eric Scabar
NC-01
08.05.2020
In questi mesi di quarantena, in tutto il settore dell’intrattenimento si cercano delle soluzioni per riparare al crollo verticale dei ricavi. Anche il cinema ha provato a dare delle risposte. Non soltanto per far fronte al problema degli incassi, ma anche per rispondere all’accumulo di titoli che dovranno uscire alla riapertura delle sale. Il rischio è quello di uno “sgomitamento” da parte delle distribuzioni per accaparrarsi gli spazi. Ciò potrebbe avere delle ripercussioni disastrose sul numero di copie che usciranno per ogni film, e di conseguenza sugli incassi.
Molti esercenti stanno pensando alla soluzione del drive-in. Nessuna piattaforma di ultima generazione, streaming in 4K e pagamenti elettronici, ma semplicemente un’automobile, un piazzale vuoto e una sfilza di macchine parcheggiate in modo da permettere a tutti di avere una buona visuale dai sedili.
Nel nostro immaginario il drive-in è relegato al cinema americano degli anni cinquanta. E infatti nacque in New Jersey, nel 1933. Tuttavia, anche in Italia il drive-in ebbe una discreta diffusione negli anni Sessanta: pochi sanno che nella periferia romana di Casal Palocco, nel 1957, venne inaugurato il più grande drive-in mai esistito in Europa.
Attualmente negli Stati Uniti sono in funzione circa trecento drive-in e tutta l’industria si sta muovendo per consentirne una rapida diffusione per la stagione estiva, che rappresenta per il box office americano la stagione cardine con gli incassi più alti.
In Italia bisognerà capire se le disposizioni ministeriali permetteranno o meno l’utilizzo di cuffie bluetooth, inevitabili per la fruizione di una buona qualità audio e che potrebbero consentire anche di estendere la pratica del drive-in all’inverno, nel caso sfortunato in cui una nuova ondata del virus posticipasse ulteriormente l’apertura delle sale.
di Eric Scabar
NC-01
08.05.2020
In questi mesi di quarantena, in tutto il settore dell’intrattenimento si cercano delle soluzioni per riparare al crollo verticale dei ricavi. Anche il cinema ha provato a dare delle risposte. Non soltanto per far fronte al problema degli incassi, ma anche per rispondere all’accumulo di titoli che dovranno uscire alla riapertura delle sale. Il rischio è quello di uno “sgomitamento” da parte delle distribuzioni per accaparrarsi gli spazi. Ciò potrebbe avere delle ripercussioni disastrose sul numero di copie che usciranno per ogni film, e di conseguenza sugli incassi.
Molti esercenti stanno pensando alla soluzione del drive-in. Nessuna piattaforma di ultima generazione, streaming in 4K e pagamenti elettronici, ma semplicemente un’automobile, un piazzale vuoto e una sfilza di macchine parcheggiate in modo da permettere a tutti di avere una buona visuale dai sedili.
Nel nostro immaginario il drive-in è relegato al cinema americano degli anni cinquanta. E infatti nacque in New Jersey, nel 1933. Tuttavia, anche in Italia il drive-in ebbe una discreta diffusione negli anni Sessanta: pochi sanno che nella periferia romana di Casal Palocco, nel 1957, venne inaugurato il più grande drive-in mai esistito in Europa.
Attualmente negli Stati Uniti sono in funzione circa trecento drive-in e tutta l’industria si sta muovendo per consentirne una rapida diffusione per la stagione estiva, che rappresenta per il box office americano la stagione cardine con gli incassi più alti.
In Italia bisognerà capire se le disposizioni ministeriali permetteranno o meno l’utilizzo di cuffie bluetooth, inevitabili per la fruizione di una buona qualità audio e che potrebbero consentire anche di estendere la pratica del drive-in all’inverno, nel caso sfortunato in cui una nuova ondata del virus posticipasse ulteriormente l’apertura delle sale.