di Sofia Nanu
NC-72
11.11.2021
È mai esistito un cinema senza musica? La risposta è assolutamente no; i primissimi corti e lungometraggi infatti, nonostante fossero privi di dialoghi parlati ed effetti sonori sincronizzati, erano sempre accompagnati da brani musicali che venivano suonati dal vivo durante le proiezioni. È dal 1927 però, anno in cui esce nelle sale il primo film sonoro The Jazz Singer, che il cinema si afferma, senza mai più tornare indietro, come media audiovisivo dove le immagini sono accompagnate e legate alla colonna sonora: rumori ambientali, effetti sonori, voci e musica determinano il mood, scandiscono il ritmo delle sequenze e guidano la percezione dello spettatore facilitando la comprensione di una scena. La musica in particolare, ricopre da sempre un ruolo essenziale per il coinvolgimento dello spettatore: se in un film non ci fosse la musica, l’empatia verso il protagonista sarebbe molto meno intensa e forse non saremmo così profondamente coinvolti in prima persona. Quante volte ci siamo commossi, eccitati e rispecchiati in una scena grazie ad una melodia o ad una canzone, cercandola poi disperatamente su Spotify per custodire quell’emozione e quella stretta allo stomaco? Questo perché la musica è un po’ come il profumo, ha la capacità di cristallizzare i ricordi e di farli riaffiorare all’improvviso. Ci sono tanti casi però in cui la musica stessa non è più solo diegetica o extradiegetica ma è il soggetto, il fil rouge del film, il punto di partenza per raccontare una storia, l’atomo attorno al quale ruota e si snoda la narrazione.
1 - Whiplash (2014), dir. Damien Chazelle
Uno sfondo nero, lo schiaffo di una bacchetta su un rullante e il suono sempre più veloce e compulsivo; è così che si mostra per la prima volta Whiplash, film scritto e diretto da Damien Chazelle, basato sul suo omonimo corto del 2013. Andrew (Miles Tenner) è un batterista diciannovenne che aspira ad entrare nella rinomata orchestra diretta dall’esigente Terence Fletcher (J.K Simmons); tra i due si instaura un rapporto ostile e conflittuale che spinge Andrew a lavorare minuziosamente bramando la perfezione assoluta. Il film è orchestrato da percussioni travolgenti e impetuose che svelano un punto di vista diverso sulla musica: la frustrazione e la paura del fallimento, la fatica nel suonare senza sosta fino allo stremo, il dolore (Andrew a furia di provare si ferisce le mani), la sete di successo e soprattutto la difficoltà a gestire una vita al di fuori della dedizione ossessiva per la musica. Whiplash è per chi ama la poesia del jazz e le sue melodie vorticose, la tensione e i colpi di scena e soprattutto per chi vuole conoscere la dura realtà quotidiana, e nascosta, di un musicista.
2 - Once (2006), dir. John Carney
La sceneggiatura essenziale e le riprese tremolanti, a rendere il tutto delicatamente autentico, mostrano le strade gelide di Dublino e seguono la vita precaria di Glen, cantautore che aggiusta aspirapolvere e Markéta, giovane madre ceca e brillante pianista. I due stringono una profonda amicizia fatta di condivisione e di intimità, diventando l’uno l’ancora dell’altro: lei lo aiuterà ad incidere il suo primo disco e lui la sosterrà a riprendere in mano la sua vita in 90 minuti che sembrano finire in un battito di ciglia. Il film ha al centro della narrazione la musica che pervade quasi ogni sequenza senza però sfociare in una successione smielata ed eccessiva di canzoni, spesso cantate direttamente dai personaggi oppure in sottofondo, come nella sequenza in cui il gruppo gioca in spiaggia mentre il sole si alza in un cielo grigio e gonfio di nuvole.
Per la scelta degli attori, il regista ha chiesto all’amico Glen Hansard di recitare con Markéta Irglová, che allora suonava con lui nel duo folk The Swell Season. I due hanno scritto così l’original soundtrack, punta di diamante del film, composta da brani intimi e poetici che emozionano per la loro semplicità e restituiscono uno spessore unico (la canzone Falling Slowly ha vinto il Premio Oscar come miglior canzone nel 2008). Once ti travolge quindi di un gusto dolceamaro, una sensazione velata tra la malinconia e la speranza simile a quella che si prova nel finale di Lost in Translation, come un arrivederci o un mezzo sorriso la cui origine non ti sai spiegare..
3 - Sound of Metal (2019), dir. Darius Marder
Sound of Metal, opera d’esordio di Darius Marder, girato in sole quattro settimane, ci trascina nella vita di Ruben, un giovane batterista metal che perde all’improvviso l’udito. Il film ci apre gli occhi sulla difficile realtà dei sordomuti, raccontando il percorso di rinascita di Ruben attraverso pochi dialoghi e la prevalenza del linguaggio dei segni. A rendere il film particolarmente credibile e realistico sono l’impiego di attori non professionisti sordomuti e il sapiente uso del montaggio sonoro e del sound design ad opera di Mikkel E. G. Nielsen. La sua originalità sta nel simulare l’esperienza sonora del lento processo che porta a perdere l’udito, creando una diversa percezione della realtà fatta di echi ovattati, vibrazioni e ronzii, fino al silenzio totale.
Queste strategie stilistiche disorientano e stordiscono, ma grazie alla loro notevole resa stimolano una riflessione originale su un tema ancora oggi poco affrontato al cinema. La pellicola è senz’altro da consigliare anche per la performance di Riz Ahmed, già noto per l’importante ruolo nella miniserie britannica The Night Of ; grazie alla sua intensa prova in Sound of Metal è stato infatti candidato agli Oscar come migliore attore protagonista, diventando così il primo attore musulmano, di origini pakistane, ad aver ricevuto questa nomination.
di Sofia Nanu
NC-72
11.11.2021
È mai esistito un cinema senza musica? La risposta è assolutamente no; i primissimi corti e lungometraggi infatti, nonostante fossero privi di dialoghi parlati ed effetti sonori sincronizzati, erano sempre accompagnati da brani musicali che venivano suonati dal vivo durante le proiezioni. È dal 1927 però, anno in cui esce nelle sale il primo film sonoro The Jazz Singer, che il cinema si afferma, senza mai più tornare indietro, come media audiovisivo dove le immagini sono accompagnate e legate alla colonna sonora: rumori ambientali, effetti sonori, voci e musica determinano il mood, scandiscono il ritmo delle sequenze e guidano la percezione dello spettatore facilitando la comprensione di una scena. La musica in particolare, ricopre da sempre un ruolo essenziale per il coinvolgimento dello spettatore: se in un film non ci fosse la musica, l’empatia verso il protagonista sarebbe molto meno intensa e forse non saremmo così profondamente coinvolti in prima persona. Quante volte ci siamo commossi, eccitati e rispecchiati in una scena grazie ad una melodia o ad una canzone, cercandola poi disperatamente su Spotify per custodire quell’emozione e quella stretta allo stomaco? Questo perché la musica è un po’ come il profumo, ha la capacità di cristallizzare i ricordi e di farli riaffiorare all’improvviso. Ci sono tanti casi però in cui la musica stessa non è più solo diegetica o extradiegetica ma è il soggetto, il fil rouge del film, il punto di partenza per raccontare una storia, l’atomo attorno al quale ruota e si snoda la narrazione.
1 - Whiplash (2014), dir. Damien Chazelle
Uno sfondo nero, lo schiaffo di una bacchetta su un rullante e il suono sempre più veloce e compulsivo; è così che si mostra per la prima volta Whiplash, film scritto e diretto da Damien Chazelle, basato sul suo omonimo corto del 2013. Andrew (Miles Tenner) è un batterista diciannovenne che aspira ad entrare nella rinomata orchestra diretta dall’esigente Terence Fletcher (J.K Simmons); tra i due si instaura un rapporto ostile e conflittuale che spinge Andrew a lavorare minuziosamente bramando la perfezione assoluta. Il film è orchestrato da percussioni travolgenti e impetuose che svelano un punto di vista diverso sulla musica: la frustrazione e la paura del fallimento, la fatica nel suonare senza sosta fino allo stremo, il dolore (Andrew a furia di provare si ferisce le mani), la sete di successo e soprattutto la difficoltà a gestire una vita al di fuori della dedizione ossessiva per la musica. Whiplash è per chi ama la poesia del jazz e le sue melodie vorticose, la tensione e i colpi di scena e soprattutto per chi vuole conoscere la dura realtà quotidiana, e nascosta, di un musicista.
2 - Once (2006), dir. John Carney
La sceneggiatura essenziale e le riprese tremolanti, a rendere il tutto delicatamente autentico, mostrano le strade gelide di Dublino e seguono la vita precaria di Glen, cantautore che aggiusta aspirapolvere e Markéta, giovane madre ceca e brillante pianista. I due stringono una profonda amicizia fatta di condivisione e di intimità, diventando l’uno l’ancora dell’altro: lei lo aiuterà ad incidere il suo primo disco e lui la sosterrà a riprendere in mano la sua vita in 90 minuti che sembrano finire in un battito di ciglia. Il film ha al centro della narrazione la musica che pervade quasi ogni sequenza senza però sfociare in una successione smielata ed eccessiva di canzoni, spesso cantate direttamente dai personaggi oppure in sottofondo, come nella sequenza in cui il gruppo gioca in spiaggia mentre il sole si alza in un cielo grigio e gonfio di nuvole.
Per la scelta degli attori, il regista ha chiesto all’amico Glen Hansard di recitare con Markéta Irglová, che allora suonava con lui nel duo folk The Swell Season. I due hanno scritto così l’original soundtrack, punta di diamante del film, composta da brani intimi e poetici che emozionano per la loro semplicità e restituiscono uno spessore unico (la canzone Falling Slowly ha vinto il Premio Oscar come miglior canzone nel 2008). Once ti travolge quindi di un gusto dolceamaro, una sensazione velata tra la malinconia e la speranza simile a quella che si prova nel finale di Lost in Translation, come un arrivederci o un mezzo sorriso la cui origine non ti sai spiegare..
3 - Sound of Metal (2019), dir. Darius Marder
Sound of Metal, opera d’esordio di Darius Marder, girato in sole quattro settimane, ci trascina nella vita di Ruben, un giovane batterista metal che perde all’improvviso l’udito. Il film ci apre gli occhi sulla difficile realtà dei sordomuti, raccontando il percorso di rinascita di Ruben attraverso pochi dialoghi e la prevalenza del linguaggio dei segni. A rendere il film particolarmente credibile e realistico sono l’impiego di attori non professionisti sordomuti e il sapiente uso del montaggio sonoro e del sound design ad opera di Mikkel E. G. Nielsen. La sua originalità sta nel simulare l’esperienza sonora del lento processo che porta a perdere l’udito, creando una diversa percezione della realtà fatta di echi ovattati, vibrazioni e ronzii, fino al silenzio totale.
Queste strategie stilistiche disorientano e stordiscono, ma grazie alla loro notevole resa stimolano una riflessione originale su un tema ancora oggi poco affrontato al cinema. La pellicola è senz’altro da consigliare anche per la performance di Riz Ahmed, già noto per l’importante ruolo nella miniserie britannica The Night Of ; grazie alla sua intensa prova in Sound of Metal è stato infatti candidato agli Oscar come migliore attore protagonista, diventando così il primo attore musulmano, di origini pakistane, ad aver ricevuto questa nomination.