Il videoclip: un luogo dove i registi
cinematografici possono sperimentare
scritto da redazione ODG
TR-28
03.04.2021
Dagli albori del cinema all’epoca d’oro di Hollywood, la forma d’arte che più di ogni altra ha condizionato la narrazione cinematografica nel suo processo di scrittura e, conseguentemente, nella successiva messa in scena è stata il teatro. Lo stesso non si puó dire degli ultimi quarant’anni di storia del cinema, dove probabilmente è stato il videoclip a influenzare maggiormente la sintassi del linguaggio cinematografico. L’esplosione della popolarità che ha avuto il mezzo televisivo dagli anni sessanta in poi ha permesso alle major discografiche di sfruttare questo strumento per promuovere la loro musica attraverso questa forma d’arte. Forma d’arte che però ha origini ben piú lontane. Per molti, il primo video musicale della storia risalirebbe alla fine degli anni cinquanta, Dáme si do bytu diretto da Ladislav Rychman, secondo altri si tratterebbe invece del filmato musicale italiano del cantante Don Marino Barreto Jr, sulle note di Altagracia, realizzato per la produzione del prototipo del Cinebox, un juke-box con schermo:
Ma il videoclip ha avuto la sua consacrazione massima attraverso il mezzo televisivo dagli anni ottanta alla metà degli anni duemila, quando Youtube è entrato nelle nostre vite e ha costretto MTV ha cambiare completamente la propria identità editoriale. Nell’universo transmediale nel quale siamo immersi oggi, il videoclip rappresenta probabilmente lo strumento piú diffuso che permette, a giovani registi di tutto il mondo, di girare con mezzi cinematografici, sviluppando una propria poetica dell’immagine.
Di seguito, la redazione ha selezionato i migliori video musicali diretti da registi cinematografici.
Romain Gavras
Bad Girls - M.I.A.
2012
M.I.A. è nota per utilizzare la sua musica come megafono mediatico per rimarcare argomenti scomodi, specialmente correlati agli stereotipi e ai pregiudizi sull’immigrazione e sulle questioni razziali, e il video di Bad Girls non è da meno. Diretto dal regista franco-greco Romain Gavras, figlio del più noto regista Costa-Gavras, Bad Girls è una forte dichiarazione visiva che nasconde, tra burka appariscenti e fucili d’assalto, la chiave di lettura del video. Quelle che appaiono come semplici automobili diventano qui uno dei simboli ambivalenti e affascinanti della rapper anglo-srilankese: da un lato, attraverso le strofe cantate, riconosce nell’automobile quel simbolo di libertà dei giovani occidentali, mentre dall’altro, lasciando fare i dirfting in auto solo agli uomini arabi vestiti in abiti tradizionali, evidenzia quello che è stato argomento di forte contrasto politico in medio oriente negli ultimi anni, ossia il divieto di guida per le donne.
Non possiamo che non evidenziare inoltre come Gavras, che diresse anche il controverso video di M.I.A. Born Free solo due anni prima, rifletta in entrambi i videoclip l’essenza dei suoi unici due lungometraggi. In Born Free ritroviamo l’elemento psicologico e traumatico di Notre jour viendra con la discriminazione verso i ‘ginger heads’, mentre nell’ultimo ritroviamo quella rappresentazione ironica e leggera delle comunità emarginate di Le monde est à toi, e allo stesso tempo l’aver reso l’estetica araba contemporanea giovanile e alla moda.
Scritto da Vittoria Colangelo
Josh e Benny Safdie
Marcy Me – Jay-Z
2017
Il 2017 segnò il ritorno di Jay-Z in cima alle classifiche con il suo tredicesimo album 4:44, la cui uscita venne accompagnata da ben nove videoclip. Tra le varie firme d’autore (Mark Romanek, Alan Yang, Ava DuVernay), ci fu anche quella dei Fratelli Safdie per il singolo Marcy Me. Il pezzo è una riflessione sull’infanzia di Jay-Z passata tra violenza e spaccio nelle Marcy Houses, un complesso di case popolari di Brooklyn. A questi versi i Safdie decisero di accostare una digressione cinematografica sulla sorveglianza di massa e il razzismo istituzionalizzato al suo interno, dando vita ad uno dei connubi artistici più riusciti degli ultimi anni.
4:44 è costellato di riferimenti alla cultura afroamericana, e non a caso il bambino protagonista di Marcy Me appare indossando una maglia dei Dodgers con il numero 47 sulle spalle, l’anno in cui Jackie Robinson entrò a far parte della squadra diventando il primo giocatore afroamericano a militare nella Major League Baseball (lo stesso della maglia di Spike Lee in Do The Right Thing). Girato in parte dalla cabina di un elicottero, il videoclip è la prima collaborazione tra i Safdie e Darius Khondji, e servì in molti sensi da prova generale per la fotografia di Uncut Gems. Il videoclip ebbe una grande risonanza tra le altre cose anche su Adam Sandler, che lo citò come una delle ragioni che lo spinsero ad accettare la corte dei Safdie e a calarsi nel ruolo di Howard Ratner.
Scritto da Rodrigo Mella
Tim Burton
Here with me - The Killers
2012
Dopo Bones, Tim Burton torna a collaborare con i The Killers firmando la regia del singolo Here With Me estratto dall’album Battle Born. Burton racconta di essersi ispirato a un film degli anni Trenta con protagonista Peter Lorre, dal titolo Mad Love. Qui il regista statunitense ritrova le sue atmosfere più dark, dando vita ad una storia d’amore non priva di romanticismo.
Il tutto è ambientato nella Tower Ballroom di Blackpool, dove per la prima volta Tim Burton ascoltò un live della band. Nel cast del videoclip Winona Ryder veste i panni di una celebrità, mentre Craig Roberts interpreta un giovane fan talmente innamorato di lei da rubare una statua con le sue fattezze così da averla sempre accanto a sé. L’estetica tipicamente burtoniana pervade tutto il racconto già di per sé costellato di elementi (auto)citazionisti. La musica accompagna e quasi insegue l’insolita coppia nell’arco della loro giornata, prima in spiaggia, poi durante un romantico ballo a teatro mentre il giovane fantastica di avere al suo fianco la bellissima Winona. Ma non proprio tutto è come sembra.
Scritto da Diana Incorvaia
Paul Thomas Anderson
Daydreaming - Radiohead
2016
Due anni fa è apparso su Netflix Anima, il cortometraggio di 15 minuti che Paul Thomas Anderson ha realizzato per e con Thom Yorke. Musiche, danze e macchina da presa si fondono per dare vita a un vero e proprio one-reeler come nel cinema muto. Ma non è la prima volta che i due lavorano insieme. Non solo il chitarrista dei Radiohead, Jonny Greenwood, è stato l’autore della colonna sonora de Il petroliere, The Master,Vizio di forma e Il filo nascosto, ma il regista ha anche diretto il videoclip del brano Daydreaming. Qui il focus è tutto su Thom Yorke che seguiamo mentre cammina e apre 23 porte attraversando una moltitudine di ambienti diversi che sembrano appartenere alla filmografia andersoniana. Il puzzle narrativo che si viene a creare è pieno di simboli e significati onirici, ma quello che è più evidente è che il ritmo delle immagini aumenta progressivamente come a voler sottolineare un’urgenza di fuga da quel purgatorio metropolitano così alienante e disturbante. Tutto questo ricorda molto le atmosfere di Magnolia in cui non vi è nessun supereroe, ma anzi anime disperate alla ricerca di redenzione. La pioggia di rane di Magnolia è in Daydreaming l’approdo finale del cantante alla natura, alla neve vista in chiave joyciana che immobilizza tutto e cambia le carte in tavola. Durante gli ultimi secondi Thom guarda in camera e sorride proprio come la giovane Claudia in Magnolia perché la possibilità di salvarsi esiste.
Il videoclip è stato inviato da Thom e Paul nei più importanti cinema americani in pellicola 35 mm con l’invito a proiettarlo durante i trailer.
Scritto da Giulia Capogna
Brian De Palma
Relax - Frankie Goes To Hollywood
1984
Lo scandalo è spesso l’unione di intuito, coraggio e spregiudicatezza. Non si può certo dire che questi non abbiano segnato il percorso cinematografico di un autore come Brian De Palma, i cui anni Ottanta hanno rappresentato il massimo dell’espressione erotica e sensuale, dove l’analisi dei film del regista andava accompagnandosi alle esplorazioni sessuali ed estreme del proprio cinema. La tensione dell’eros è essenziale per i thriller di De Palma, che scavano nella settima arte per trovare l’inconscio sporco e perverso dello sguardo dello spettatore, speculare a quello della macchina da presa. Ma la musica anche vuole manifestarsi nella propria componente più carnale, per integrare all’udito anche una sensazione tattile di corpi che sfregano e liquidi che si scambiano. Quale circostanza migliore, dunque, se non l’incontro di Omicidio a luci rosse con il singolo d’esordio Relax dei Frankie Goes To Hollywood, inserito nella stessa pellicola del 1984 diretta da Brian De Palma, nella quale un locale sadomaso tra cubisti imprigionati, tutine in latex nero e camerini con sopra scritto “Sluts”diventa il teatro di posa di una scena da film e di un videoclip che passerà alla storia. La paternità, però, è ambigua e complicata: Brian De Palma sembra firmare la seconda versione del video di quel gruppo dichiaratamente omosessuale e solamente agli inizi, mentre a Bernard Rose viene attribuita l’originale. Eppure, nella memoria di tutti, sarà la sequenza cinematografica a rimanere incastonata nei nostri sogni più proibiti, eccitanti, come solo il cinema sa fare.
Scritto da Martina Barone
Xavier Dolan
College Boy - Indochine
2013
Nel 2013, il regista quebecchese Xavier Dolan, mise il suo talento e la sua visione autoriale a servizio della band francese Indochine con un folgorante video musicale per il singolo College Boy. Il protagonista è un adolescente (Antoine Oliver Pilon) deriso in classe, a causa della sua omosessualità. Segue una lunga discesa agli inferi per quest'ultimo: umiliazioni, ondinismo, violenza fisica, ferite e crocifissione pubblica.
Xavier Dolan dimostra la conoscenza del linguaggio di questo formato mediante l'aiuto di una serie di rallenty, che acuiscono il senso di dolore e abbandono del protagonista. Senza filtri e mezze misure, il regista rende leggibile un’idea: la diversità rappresenta un pericolo per chi se ne fa portatore. La scelta del bianco e nero dal punto di vista fotografico, insieme all’aspect ratio 1:1 (lo stesso che Dolan adotterà per Mommy), è perfettamente aderente al tema di prigione fisica e psicologica che si respira nella narrazione.
Il video, girato presso la scuola Face di Montreal, scatenò fin da subito un acceso dibattito per la durezza della messa in scena dei temi trattati. L’iniziale censura costrinse Dolan a scrivere una lettera al Consiglio superiore dell’audiovisivo francese (CSA), che aveva aspramente criticato il videoclip. Nella lettera il regista giustificò le proprie scelte spiegando che la violenza mostrata all’interno del video non era gratuita ma intesa a denunciarne gli effetti.
Scritto da Francesca Accurso
Spike Lee
Fight The Power - Public Enemy
1989
Quanti registi possono vantare di aver girato il videoclip della canzone manifesto della loro filmografia? Non molti oltre a Spike Lee, il quale nel 1989 dirige i Public Enemy nel video di Fight The Power, memorabile inno hip hop e colonna sonora del suo Do the Right Thing, presentato lo stesso anno a Cannes. Lungo le strade di Brooklyn marcia l’orgoglio afroamericano. Chuck D e gli altri del gruppo cantano le loro strofe fra la folla in festa, mentre su un grande palco allestito per l’occasione giganteggiano il volto di Malcolm X e l’invito a combattere il potere razzista. Lee tralascia la verosimiglianza per filmare nel modo più libero possibile la gioia e l’unione di un’intera comunità. D’altronde, sia il rap dei Public Enemy che i film del regista di Atlanta si sono distinti per criticare le ipocrisie del sistema americano, inneggiando alla consapevolezza nera e promuovendo la costruzione di un’identità condivisa. Il loro sodalizio, oltre ad essere per questo coerente, ha segnato un’epoca e definito una cultura.
Scritto da Andrea Tiradritti
Francis Lawrence
Bad Romance - Lady Gaga
2009
Un centro termale, ballerine schiavizzate, abiti di Alexander McQueen e la mafia russa. Questo rende unico il videoclip che, insieme a Toxic di Britney Spears, ha cambiato per sempre una generazione intera: Bad Romance. Il video, del regista Francis Lawrence, ci presenta una Gaga provocatoria come mai prima di allora, arrivando nel 2010 ad essere il video più visto in assoluto nella storia di Youtube, con 180 milioni di visualizzazioni.
Vincitore di un Grammy Award per il miglior video musicale, Lawrence, memore delle opere di Kubrick, da cui (come analizzato dal critico Daniel Kreps su Rolling Stone) vengono ripresi diversi concetti artistici poi rielaborati all’interno del video, costruisce un’aspra critica verso l’industria musicale e le “potenze forti” che si celano dietro di essa, mostrandoci un personaggio femminile forte che riesce a prendere in mano la situazione e a bruciare letteralmente i propri nemici.
Scritto da Aureliana Bontempo
Michel Gondry
Around the World- Daft Punk
1997
Michel Gondry è un regista che si è contraddistinto nell’arco della sua carriera per la sua capacità di saper trasformare le idee più astratte in immagini. Il suo stile si sposò perfettamente con il lavoro dei Daft Punk, che nel 1997 si affidarono a lui per girare il video del loro nuovo singolo Around the World. I suoni del duo francese trovarono così un immaginario visivo in grado di fondersi completamente con i loro suoni elettronici.
Around the World ci dimostra come i videoclip siano un elemento determinante nella costruzione dell’estetica di un musicista moderno. Dall’idea di indossare delle maschere da robot nata per questo video, i Daft Punk insieme a Michel Gondry riuscirono a costruire un’estetica unica e riconoscibile in grado di trasformarli, di pari passo con la loro musica, diventando un punto di riferimento nel panorama musicale internazionale.
Scritto da Edoardo Torraca
David Fincher
Vogue - Madonna
1990
Strike a pose: facciamo un balzo indietro. Nell’aprile del 1990 lei è nel pieno della parabola di un’icona. Lui invece è un giovane regista di video musicali e ancora non lo sa, ma sta per esordire al cinema con Alien3, Seven e Fight Club. In questo frangente però succede qualcosa di importante: Vogue è il terzo appuntamento tra Madonna e David Fincher, ed è quello con cui mettono a segno il capolavoro. L’operazione è furba e geniale: girato in bianco e nero ed ispirato al look rassicurante della Hollywood anni Trenta e Quaranta, il videoclip usa i codici estetici del vecchio divismo per lanciare lo stile di una nuova cultura underground: quella multi-etnica e LGBTQ+.
Fincher immortala Madonna in un cortocircuito estetico che passerà alla storia: lo styling da fashion movie cita il mondo posato delle passerelle a cui il brano si ispira, mentre i primi piani patinati e languidi omaggiano Marlene Dietrich, Rita Hayworth e Marilyn Monroe, icone del vecchio star system cinematografico. Ma c’è di più: introdotta da una panoramica sulla schiena nuda e immersa nelle scenografie Art Deco, Madonna in realtà sta presentando al mondo il Vogueing, stile di danza allora sconosciuto che lei ha appena scoperto frequentando il movimento newyorkese della ball culture. Gay, transgender, comunità ispaniche e afroamericane si sfidano su coreografie eccentriche, fluide e plastiche per esorcizzare la discriminazione. La nuova danza dei sobborghi si ispira al mondo inarrivabile delle riviste di moda: strike a pose. In anticipo sul tempo, Fincher e Madonna lanciano lo stile delle drag queen nell’immaginario pop dei primi anni Novanta vestendolo della vecchia, rassicurante Hollywood anni Trenta.
Scritto da Chiara Del Zanno
Il videoclip: un luogo dove i registi
cinematografici possono sperimentare
scritto da redazione ODG
TR-28
03.04.2021
Dagli albori del cinema all’epoca d’oro di Hollywood, la forma d’arte che più di ogni altra ha condizionato la narrazione cinematografica nel suo processo di scrittura e, conseguentemente, nella successiva messa in scena è stata il teatro. Lo stesso non si puó dire degli ultimi quarant’anni di storia del cinema, dove probabilmente è stato il videoclip a influenzare maggiormente la sintassi del linguaggio cinematografico. L’esplosione della popolarità che ha avuto il mezzo televisivo dagli anni sessanta in poi ha permesso alle major discografiche di sfruttare questo strumento per promuovere la loro musica attraverso questa forma d’arte. Forma d’arte che però ha origini ben piú lontane. Per molti, il primo video musicale della storia risalirebbe alla fine degli anni cinquanta, Dáme si do bytu diretto da Ladislav Rychman, secondo altri si tratterebbe invece del filmato musicale italiano del cantante Don Marino Barreto Jr, sulle note di Altagracia, realizzato per la produzione del prototipo del Cinebox, un juke-box con schermo:
Ma il videoclip ha avuto la sua consacrazione massima attraverso il mezzo televisivo dagli anni ottanta alla metà degli anni duemila, quando Youtube è entrato nelle nostre vite e ha costretto MTV ha cambiare completamente la propria identità editoriale. Nell’universo transmediale nel quale siamo immersi oggi, il videoclip rappresenta probabilmente lo strumento piú diffuso che permette, a giovani registi di tutto il mondo, di girare con mezzi cinematografici, sviluppando una propria poetica dell’immagine.
Di seguito, la redazione ha selezionato i migliori video musicali diretti da registi cinematografici.
Romain Gavras
Bad Girls - M.I.A.
2012
M.I.A. è nota per utilizzare la sua musica come megafono mediatico per rimarcare argomenti scomodi, specialmente correlati agli stereotipi e ai pregiudizi sull’immigrazione e sulle questioni razziali, e il video di Bad Girls non è da meno. Diretto dal regista franco-greco Romain Gavras, figlio del più noto regista Costa-Gavras, Bad Girls è una forte dichiarazione visiva che nasconde, tra burka appariscenti e fucili d’assalto, la chiave di lettura del video. Quelle che appaiono come semplici automobili diventano qui uno dei simboli ambivalenti e affascinanti della rapper anglo-srilankese: da un lato, attraverso le strofe cantate, riconosce nell’automobile quel simbolo di libertà dei giovani occidentali, mentre dall’altro, lasciando fare i dirfting in auto solo agli uomini arabi vestiti in abiti tradizionali, evidenzia quello che è stato argomento di forte contrasto politico in medio oriente negli ultimi anni, ossia il divieto di guida per le donne.
Non possiamo che non evidenziare inoltre come Gavras, che diresse anche il controverso video di M.I.A. Born Free solo due anni prima, rifletta in entrambi i videoclip l’essenza dei suoi unici due lungometraggi. In Born Free ritroviamo l’elemento psicologico e traumatico di Notre jour viendra con la discriminazione verso i ‘ginger heads’, mentre nell’ultimo ritroviamo quella rappresentazione ironica e leggera delle comunità emarginate di Le monde est à toi, e allo stesso tempo l’aver reso l’estetica araba contemporanea giovanile e alla moda.
Scritto da Vittoria Colangelo
Josh e Benny Safdie
Marcy Me – Jay-Z
2017
Il 2017 segnò il ritorno di Jay-Z in cima alle classifiche con il suo tredicesimo album 4:44, la cui uscita venne accompagnata da ben nove videoclip. Tra le varie firme d’autore (Mark Romanek, Alan Yang, Ava DuVernay), ci fu anche quella dei Fratelli Safdie per il singolo Marcy Me. Il pezzo è una riflessione sull’infanzia di Jay-Z passata tra violenza e spaccio nelle Marcy Houses, un complesso di case popolari di Brooklyn. A questi versi i Safdie decisero di accostare una digressione cinematografica sulla sorveglianza di massa e il razzismo istituzionalizzato al suo interno, dando vita ad uno dei connubi artistici più riusciti degli ultimi anni.
4:44 è costellato di riferimenti alla cultura afroamericana, e non a caso il bambino protagonista di Marcy Me appare indossando una maglia dei Dodgers con il numero 47 sulle spalle, l’anno in cui Jackie Robinson entrò a far parte della squadra diventando il primo giocatore afroamericano a militare nella Major League Baseball (lo stesso della maglia di Spike Lee in Do The Right Thing). Girato in parte dalla cabina di un elicottero, il videoclip è la prima collaborazione tra i Safdie e Darius Khondji, e servì in molti sensi da prova generale per la fotografia di Uncut Gems. Il videoclip ebbe una grande risonanza tra le altre cose anche su Adam Sandler, che lo citò come una delle ragioni che lo spinsero ad accettare la corte dei Safdie e a calarsi nel ruolo di Howard Ratner.
Scritto da Rodrigo Mella
Tim Burton
Here with me - The Killers
2012
Dopo Bones, Tim Burton torna a collaborare con i The Killers firmando la regia del singolo Here With Me estratto dall’album Battle Born. Burton racconta di essersi ispirato a un film degli anni Trenta con protagonista Peter Lorre, dal titolo Mad Love. Qui il regista statunitense ritrova le sue atmosfere più dark, dando vita ad una storia d’amore non priva di romanticismo.
Il tutto è ambientato nella Tower Ballroom di Blackpool, dove per la prima volta Tim Burton ascoltò un live della band. Nel cast del videoclip Winona Ryder veste i panni di una celebrità, mentre Craig Roberts interpreta un giovane fan talmente innamorato di lei da rubare una statua con le sue fattezze così da averla sempre accanto a sé. L’estetica tipicamente burtoniana pervade tutto il racconto già di per sé costellato di elementi (auto)citazionisti. La musica accompagna e quasi insegue l’insolita coppia nell’arco della loro giornata, prima in spiaggia, poi durante un romantico ballo a teatro mentre il giovane fantastica di avere al suo fianco la bellissima Winona. Ma non proprio tutto è come sembra.
Scritto da Diana Incorvaia
Paul Thomas Anderson
Daydreaming - Radiohead
2016
Due anni fa è apparso su Netflix Anima, il cortometraggio di 15 minuti che Paul Thomas Anderson ha realizzato per e con Thom Yorke. Musiche, danze e macchina da presa si fondono per dare vita a un vero e proprio one-reeler come nel cinema muto. Ma non è la prima volta che i due lavorano insieme. Non solo il chitarrista dei Radiohead, Jonny Greenwood, è stato l’autore della colonna sonora de Il petroliere, The Master,Vizio di forma e Il filo nascosto, ma il regista ha anche diretto il videoclip del brano Daydreaming. Qui il focus è tutto su Thom Yorke che seguiamo mentre cammina e apre 23 porte attraversando una moltitudine di ambienti diversi che sembrano appartenere alla filmografia andersoniana. Il puzzle narrativo che si viene a creare è pieno di simboli e significati onirici, ma quello che è più evidente è che il ritmo delle immagini aumenta progressivamente come a voler sottolineare un’urgenza di fuga da quel purgatorio metropolitano così alienante e disturbante. Tutto questo ricorda molto le atmosfere di Magnolia in cui non vi è nessun supereroe, ma anzi anime disperate alla ricerca di redenzione. La pioggia di rane di Magnolia è in Daydreaming l’approdo finale del cantante alla natura, alla neve vista in chiave joyciana che immobilizza tutto e cambia le carte in tavola. Durante gli ultimi secondi Thom guarda in camera e sorride proprio come la giovane Claudia in Magnolia perché la possibilità di salvarsi esiste.
Il videoclip è stato inviato da Thom e Paul nei più importanti cinema americani in pellicola 35 mm con l’invito a proiettarlo durante i trailer.
Scritto da Giulia Capogna
Brian De Palma
Relax - Frankie Goes To Hollywood
1984
Lo scandalo è spesso l’unione di intuito, coraggio e spregiudicatezza. Non si può certo dire che questi non abbiano segnato il percorso cinematografico di un autore come Brian De Palma, i cui anni Ottanta hanno rappresentato il massimo dell’espressione erotica e sensuale, dove l’analisi dei film del regista andava accompagnandosi alle esplorazioni sessuali ed estreme del proprio cinema. La tensione dell’eros è essenziale per i thriller di De Palma, che scavano nella settima arte per trovare l’inconscio sporco e perverso dello sguardo dello spettatore, speculare a quello della macchina da presa. Ma la musica anche vuole manifestarsi nella propria componente più carnale, per integrare all’udito anche una sensazione tattile di corpi che sfregano e liquidi che si scambiano. Quale circostanza migliore, dunque, se non l’incontro di Omicidio a luci rosse con il singolo d’esordio Relax dei Frankie Goes To Hollywood, inserito nella stessa pellicola del 1984 diretta da Brian De Palma, nella quale un locale sadomaso tra cubisti imprigionati, tutine in latex nero e camerini con sopra scritto “Sluts”diventa il teatro di posa di una scena da film e di un videoclip che passerà alla storia. La paternità, però, è ambigua e complicata: Brian De Palma sembra firmare la seconda versione del video di quel gruppo dichiaratamente omosessuale e solamente agli inizi, mentre a Bernard Rose viene attribuita l’originale. Eppure, nella memoria di tutti, sarà la sequenza cinematografica a rimanere incastonata nei nostri sogni più proibiti, eccitanti, come solo il cinema sa fare.
Scritto da Martina Barone
Xavier Dolan
College Boy - Indochine
2013
Nel 2013, il regista quebecchese Xavier Dolan, mise il suo talento e la sua visione autoriale a servizio della band francese Indochine con un folgorante video musicale per il singolo College Boy. Il protagonista è un adolescente (Antoine Oliver Pilon) deriso in classe, a causa della sua omosessualità. Segue una lunga discesa agli inferi per quest'ultimo: umiliazioni, ondinismo, violenza fisica, ferite e crocifissione pubblica.
Xavier Dolan dimostra la conoscenza del linguaggio di questo formato mediante l'aiuto di una serie di rallenty, che acuiscono il senso di dolore e abbandono del protagonista. Senza filtri e mezze misure, il regista rende leggibile un’idea: la diversità rappresenta un pericolo per chi se ne fa portatore. La scelta del bianco e nero dal punto di vista fotografico, insieme all’aspect ratio 1:1 (lo stesso che Dolan adotterà per Mommy), è perfettamente aderente al tema di prigione fisica e psicologica che si respira nella narrazione.
Il video, girato presso la scuola Face di Montreal, scatenò fin da subito un acceso dibattito per la durezza della messa in scena dei temi trattati. L’iniziale censura costrinse Dolan a scrivere una lettera al Consiglio superiore dell’audiovisivo francese (CSA), che aveva aspramente criticato il videoclip. Nella lettera il regista giustificò le proprie scelte spiegando che la violenza mostrata all’interno del video non era gratuita ma intesa a denunciarne gli effetti.
Scritto da Francesca Accurso
Spike Lee
Fight The Power - Public Enemy
1989
Quanti registi possono vantare di aver girato il videoclip della canzone manifesto della loro filmografia? Non molti oltre a Spike Lee, il quale nel 1989 dirige i Public Enemy nel video di Fight The Power, memorabile inno hip hop e colonna sonora del suo Do the Right Thing, presentato lo stesso anno a Cannes. Lungo le strade di Brooklyn marcia l’orgoglio afroamericano. Chuck D e gli altri del gruppo cantano le loro strofe fra la folla in festa, mentre su un grande palco allestito per l’occasione giganteggiano il volto di Malcolm X e l’invito a combattere il potere razzista. Lee tralascia la verosimiglianza per filmare nel modo più libero possibile la gioia e l’unione di un’intera comunità. D’altronde, sia il rap dei Public Enemy che i film del regista di Atlanta si sono distinti per criticare le ipocrisie del sistema americano, inneggiando alla consapevolezza nera e promuovendo la costruzione di un’identità condivisa. Il loro sodalizio, oltre ad essere per questo coerente, ha segnato un’epoca e definito una cultura.
Scritto da Andrea Tiradritti
Francis Lawrence
Bad Romance - Lady Gaga
2009
Un centro termale, ballerine schiavizzate, abiti di Alexander McQueen e la mafia russa. Questo rende unico il videoclip che, insieme a Toxic di Britney Spears, ha cambiato per sempre una generazione intera: Bad Romance. Il video, del regista Francis Lawrence, ci presenta una Gaga provocatoria come mai prima di allora, arrivando nel 2010 ad essere il video più visto in assoluto nella storia di Youtube, con 180 milioni di visualizzazioni.
Vincitore di un Grammy Award per il miglior video musicale, Lawrence, memore delle opere di Kubrick, da cui (come analizzato dal critico Daniel Kreps su Rolling Stone) vengono ripresi diversi concetti artistici poi rielaborati all’interno del video, costruisce un’aspra critica verso l’industria musicale e le “potenze forti” che si celano dietro di essa, mostrandoci un personaggio femminile forte che riesce a prendere in mano la situazione e a bruciare letteralmente i propri nemici.
Scritto da Aureliana Bontempo
Michel Gondry
Around the World- Daft Punk
1997
Michel Gondry è un regista che si è contraddistinto nell’arco della sua carriera per la sua capacità di saper trasformare le idee più astratte in immagini. Il suo stile si sposò perfettamente con il lavoro dei Daft Punk, che nel 1997 si affidarono a lui per girare il video del loro nuovo singolo Around the World. I suoni del duo francese trovarono così un immaginario visivo in grado di fondersi completamente con i loro suoni elettronici.
Around the World ci dimostra come i videoclip siano un elemento determinante nella costruzione dell’estetica di un musicista moderno. Dall’idea di indossare delle maschere da robot nata per questo video, i Daft Punk insieme a Michel Gondry riuscirono a costruire un’estetica unica e riconoscibile in grado di trasformarli, di pari passo con la loro musica, diventando un punto di riferimento nel panorama musicale internazionale.
Scritto da Edoardo Torraca
David Fincher
Vogue - Madonna
1990
Strike a pose: facciamo un balzo indietro. Nell’aprile del 1990 lei è nel pieno della parabola di un’icona. Lui invece è un giovane regista di video musicali e ancora non lo sa, ma sta per esordire al cinema con Alien3, Seven e Fight Club. In questo frangente però succede qualcosa di importante: Vogue è il terzo appuntamento tra Madonna e David Fincher, ed è quello con cui mettono a segno il capolavoro. L’operazione è furba e geniale: girato in bianco e nero ed ispirato al look rassicurante della Hollywood anni Trenta e Quaranta, il videoclip usa i codici estetici del vecchio divismo per lanciare lo stile di una nuova cultura underground: quella multi-etnica e LGBTQ+.
Fincher immortala Madonna in un cortocircuito estetico che passerà alla storia: lo styling da fashion movie cita il mondo posato delle passerelle a cui il brano si ispira, mentre i primi piani patinati e languidi omaggiano Marlene Dietrich, Rita Hayworth e Marilyn Monroe, icone del vecchio star system cinematografico. Ma c’è di più: introdotta da una panoramica sulla schiena nuda e immersa nelle scenografie Art Deco, Madonna in realtà sta presentando al mondo il Vogueing, stile di danza allora sconosciuto che lei ha appena scoperto frequentando il movimento newyorkese della ball culture. Gay, transgender, comunità ispaniche e afroamericane si sfidano su coreografie eccentriche, fluide e plastiche per esorcizzare la discriminazione. La nuova danza dei sobborghi si ispira al mondo inarrivabile delle riviste di moda: strike a pose. In anticipo sul tempo, Fincher e Madonna lanciano lo stile delle drag queen nell’immaginario pop dei primi anni Novanta vestendolo della vecchia, rassicurante Hollywood anni Trenta.
Scritto da Chiara Del Zanno