NC-64
14.10.2021
Ogni anno in giro per l’ormai fittissimo circuito mondiale dei festival, vengono proiettati all’incirca 8,000 cortometraggi. Nonostante ciò, e a differenza della funzione svolta dal racconto all’interno della letteratura, il corto rimane ad oggi per il cinema una sorta di figliastro – incompleto, lasciato ai margini, e mai del tutto riconosciuto. Se ne parla come banco di prova, come forma espressiva il cui unico vero valore è quello di artefatto storico per quelli che poi il cinema sono riusciti a farlo per davvero. È da questa percepita incompletezza che forse nasce il desiderio di ampliare i cortometraggi e trasformarli in dei veri e propri film.
Non sempre si tratta di un’evoluzione felice, dato che la parsimonia – nel cinema come in qualsiasi altro ambito della vita – è sempre una virtù. Eppure a volte si dà il caso che ci sia veramente troppo da raccontare per limitare l’espressione artistica ad un semplice assaggio. A questo proposito, abbiamo raccolto sette casi dell’ultimo decennio a cui la forma corta era rimasta fin troppo stretta.
1 -Martha Marcy May Marlene (2011) di Sean Durkin, tratto da Mary Last Seen (2010)
Ancora prima di iniziare a girare il cortometraggio, Durkin aveva già scritto la sceneggiatura per il lungo, e l’operazione venne pensata appositamente per finanziare il prodotto finale. Mary Last Seen racconta la storia di una giovane donna in vacanza con il compagno verso una destinazione a lei sconosciuta. Durante il tragitto però diventa sempre più chiaro che la loro relazione non è ciò che lei crede, e il posto in cui sono diretti non quello che gli è stato promesso. Premiato come miglior cortometraggio a Cannes nel 2010, Mary Last Seen è la storia di come si finisce dentro un culto, mentre Martha Mary May Marlene è la storia di come se ne esce fuori. Con il lungo, anche esso in concorso a Cannes, Durkin finì per vincere il premio alla miglior regia al Sundance.
2 -Shiva Baby (2020) di Emma Seligman, tratto da Shiva Baby (2018)
A differenza del caso di Durkin, Seligman dovette subire il persistente incoraggiamento dell’attrice protagonista Rachel Sennott prima di decidersi ad allungare la sceneggiatura di Shiva Baby. Il corto, realizzato come tesi di laurea al NYU e presentato online al South by Southwest 2020, vede nell’omonimo lungometraggio l’elevazione di ogni suo elemento – dalla regia, alla scrittura, alle interpretazioni – e trova nella figura di Seligman una delle voci più interessanti della commedia autoriale degli ultimi vent’anni. Shiva Baby è stato il film più visto su MUBI nel 2021, e Seligman è ora impegnata insieme ad Adam McKay in un ulteriore espansione del progetto in serie televisiva prodotta per la HBO.
3. Share (2019) di Pippa Bianco, tratto da Share (2015)
Altro cortometraggio vincitore a Cannes questa volta nel 2015, Share racconta il ritorno a scuola di un’adolescente dopo che il video di un’aggressione sessuale da lei subita diventa virale tra i compagni. Il progetto di sviluppo per il lungometraggio nasce all’interno del laboratorio di sceneggiatura del Sundance, che apre le porte alla A24 per la produzione del film e ad HBO per la distribuzione. Nonostante la forza d’impatto si trovi in forma diluita nella versione più lunga, Pippa Bianco riesce nel suo debutto alla regia ad approfondire le conseguenze emotive e psicologiche del trauma quasi del tutto assenti nel cortometraggio. Date le somiglianze tematiche e stilistiche tra il film e la serie, Bianca venne susseguentemente arruolata per dirigere il sesto episodio della prima stagione di Euphoria.
4. A Girl Walks Home Alone at Night (2014) di Ana Lily Amirpour, tratto da A Girl Walks Home Alone at Night (2011)
Definito dalla stessa regista come il primo western vampiresco iraniano, A Girl Walks Home Alone at Night è sicuramente uno dei film più sorprendenti degli ultimi anni. Inizialmente non inteso per diventare un lungo, Amirpour dichiarò di aver preso la decisione di ampliare la storia perché incapace di smettere di pensare al personaggio principale. Il cortometraggio, che racchiude la scena forse più emblematica del film in cui la Ragazza si scopre in realtà essere un vampiro, venne premiato al Noor Iranian Film Festival di Los Angeles nel 2011. La vittoria diede così piede alla campagna Indiegogo di autofinanziamento per il lungo, con la quale Amirpour riuscì a racimolare quasi 57 mila dollari e a realizzare questo incredible cult.
5. Atlantique (2019) di Mati Diop, tratto da Atlantiques (2009)
Più che essere tratti l’uno dall’altro, i due film di Diop sono in realtà pezzi complementari di un’unica storia. Il cortometraggio è un documentario ambientato a Dakar che ritrae una conversazione attorno a un fuoco, in cui un uomo appare quasi posseduto mentre parla di un suo nuovo e imminente viaggio oltre oceano. Il lungo invece, realizzato dieci anni più tardi, è niente di meno che storia del cinema. Vincitore del Grand Prix a Cannes, Atlantique rese Diop la prima donna nera ad aver diretto un film in concorso al festival. Si tratta della materializzazione cinematografica di un incubo, di un mondo troppo surreale per essere compreso in termini documentaristici, eppure troppo legato alla realtà per non diventarne prigioniero.
Il cortometraggio è attualmente disponibile su MUBI.
6. Beasts of the Southern Wild (2012) di Court 13, tratto da Glory at Sea (2008)
Nato con l'obiettivo di raccontare le comunità lasciate ai margini del pianeta e di coinvolgerle nel processo creativo, Court 13 si è negli anni affermato come uno dei collettivi cinematografici più interessanti del panorama internazionale. E sia per quanto riguarda la realizzazione che il successo poi ottenuto, il loro primo lungometraggio Beasts of the Southern Wild è un vero e proprio miracolo. Girato interamente a spalla su 16mm e con un budget di 1.8 milioni di dollari, Beasts finì per ricevere il Gran Premio della Giuria al Sundance, la Caméra d’or a Cannes, e quattro nomination agli Oscar (tra cui quella storica di Quvenzhané Wallis a Miglior Attrice a soli 9 anni, la più giovane di sempre). Il film, che è una rivisitazione fiabesca della tragedia dell’uragano Katrina, trova le sue radici nell’altrettanto spettacolare cortometraggio Glory at Sea. Il progetto fu inizialmente concepito con una durata di 5 minuti, un budget di 5 mila dollari, e un mese di girato. Le riprese finirono invece per durare circa un anno e mezzo, con un costo complessivo di 100 mila dollari (tra cui 40 mila di indebitamento tra svariate carte di credito dello stesso regista Benh Zeitlin) e una durata di 25 minuti. Tanto meglio, se non fosse che Zeitlin finì addirittura per perdersi la premiere del corto al South by Southwest nel 2008 perchè vittima di un incidente stradale. Alla fine dei sei mesi di convalescenza del regista, grazie agli indennizzi dell’assicurazione e ad una campagna di raccolta fondi organizzata da vari esponenti del cinema indipendente, Zeitlin riuscì finalmente a saldare i debiti.
7. Les Misérables (2019) di Ladj Ly, tratto da Les Misérables (2017)
Se c’è un film il cui mondo era realmente impossibile da contenere in un cortometraggio, si tratta di Les Misérables. La versione da 16 minuti è infatti già a sua volta un’evoluzione del film precedente di Ly, intitolato 365 jours à Clichy-Montfermeil e nato a seguito di un anno di riprese attorno alla città del regista. L’idea per il film gli venne dopo la morte di due adolescenti durante delle proteste a Montfermeil nell’ottobre del 2005, un incidente che Ly collegò metaforicamente alla morte di Gavroche nel romanzo di Victor Hugo. Il culmine del progetto viene poi raggiunto con il lungometraggio Les Misérables, ambientato in seguito alla vittoria della Francia nella Coppa del Mondo del 2018, e vincitore del Premio della Giuria a Cannes nel 2019, nonché candidato a miglior film straniero agli Oscar l’anno dopo.
BONUS. Disappointment Blvd. (2022) di Ari Aster, tratto da Beau (2011)
Il nuovo film di Ari Aster, le cui riprese dovrebbero concludersi proprio questo ottobre, è tratto da un cortometraggio del regista che indaga le crisi paranoiche di un uomo intento a lasciare il proprio appartamento. Prodotto come i due film precedenti dalla A24, Disappointment Blvd. è stato definito da Aster come una “commedia-horror di quattro ore”, e vede come protagonista Joaquin Phoenix al posto di Billy Mayo (protagonista del corto e deceduto nel 2019). Nell’attesa dunque, eccovi i 6 minuti che sono serviti da ispirazione per il progetto.
NC-64
14.10.2021
Ogni anno in giro per l’ormai fittissimo circuito mondiale dei festival, vengono proiettati all’incirca 8,000 cortometraggi. Nonostante ciò, e a differenza della funzione svolta dal racconto all’interno della letteratura, il corto rimane ad oggi per il cinema una sorta di figliastro – incompleto, lasciato ai margini, e mai del tutto riconosciuto. Se ne parla come banco di prova, come forma espressiva il cui unico vero valore è quello di artefatto storico per quelli che poi il cinema sono riusciti a farlo per davvero. È da questa percepita incompletezza che forse nasce il desiderio di ampliare i cortometraggi e trasformarli in dei veri e propri film.
Non sempre si tratta di un’evoluzione felice, dato che la parsimonia – nel cinema come in qualsiasi altro ambito della vita – è sempre una virtù. Eppure a volte si dà il caso che ci sia veramente troppo da raccontare per limitare l’espressione artistica ad un semplice assaggio. A questo proposito, abbiamo raccolto sette casi dell’ultimo decennio a cui la forma corta era rimasta fin troppo stretta.
1 -Martha Marcy May Marlene (2011) di Sean Durkin, tratto da Mary Last Seen (2010)
Ancora prima di iniziare a girare il cortometraggio, Durkin aveva già scritto la sceneggiatura per il lungo, e l’operazione venne pensata appositamente per finanziare il prodotto finale. Mary Last Seen racconta la storia di una giovane donna in vacanza con il compagno verso una destinazione a lei sconosciuta. Durante il tragitto però diventa sempre più chiaro che la loro relazione non è ciò che lei crede, e il posto in cui sono diretti non quello che gli è stato promesso. Premiato come miglior cortometraggio a Cannes nel 2010, Mary Last Seen è la storia di come si finisce dentro un culto, mentre Martha Mary May Marlene è la storia di come se ne esce fuori. Con il lungo, anche esso in concorso a Cannes, Durkin finì per vincere il premio alla miglior regia al Sundance.
2 -Shiva Baby (2020) di Emma Seligman, tratto da Shiva Baby (2018)
A differenza del caso di Durkin, Seligman dovette subire il persistente incoraggiamento dell’attrice protagonista Rachel Sennott prima di decidersi ad allungare la sceneggiatura di Shiva Baby. Il corto, realizzato come tesi di laurea al NYU e presentato online al South by Southwest 2020, vede nell’omonimo lungometraggio l’elevazione di ogni suo elemento – dalla regia, alla scrittura, alle interpretazioni – e trova nella figura di Seligman una delle voci più interessanti della commedia autoriale degli ultimi vent’anni. Shiva Baby è stato il film più visto su MUBI nel 2021, e Seligman è ora impegnata insieme ad Adam McKay in un ulteriore espansione del progetto in serie televisiva prodotta per la HBO.
3. Share (2019) di Pippa Bianco, tratto da Share (2015)
Altro cortometraggio vincitore a Cannes questa volta nel 2015, Share racconta il ritorno a scuola di un’adolescente dopo che il video di un’aggressione sessuale da lei subita diventa virale tra i compagni. Il progetto di sviluppo per il lungometraggio nasce all’interno del laboratorio di sceneggiatura del Sundance, che apre le porte alla A24 per la produzione del film e ad HBO per la distribuzione. Nonostante la forza d’impatto si trovi in forma diluita nella versione più lunga, Pippa Bianco riesce nel suo debutto alla regia ad approfondire le conseguenze emotive e psicologiche del trauma quasi del tutto assenti nel cortometraggio. Date le somiglianze tematiche e stilistiche tra il film e la serie, Bianca venne susseguentemente arruolata per dirigere il sesto episodio della prima stagione di Euphoria.
4. A Girl Walks Home Alone at Night (2014) di Ana Lily Amirpour, tratto da A Girl Walks Home Alone at Night (2011)
Definito dalla stessa regista come il primo western vampiresco iraniano, A Girl Walks Home Alone at Night è sicuramente uno dei film più sorprendenti degli ultimi anni. Inizialmente non inteso per diventare un lungo, Amirpour dichiarò di aver preso la decisione di ampliare la storia perché incapace di smettere di pensare al personaggio principale. Il cortometraggio, che racchiude la scena forse più emblematica del film in cui la Ragazza si scopre in realtà essere un vampiro, venne premiato al Noor Iranian Film Festival di Los Angeles nel 2011. La vittoria diede così piede alla campagna Indiegogo di autofinanziamento per il lungo, con la quale Amirpour riuscì a racimolare quasi 57 mila dollari e a realizzare questo incredible cult.
5. Atlantique (2019) di Mati Diop, tratto da Atlantiques (2009)
Più che essere tratti l’uno dall’altro, i due film di Diop sono in realtà pezzi complementari di un’unica storia. Il cortometraggio è un documentario ambientato a Dakar che ritrae una conversazione attorno a un fuoco, in cui un uomo appare quasi posseduto mentre parla di un suo nuovo e imminente viaggio oltre oceano. Il lungo invece, realizzato dieci anni più tardi, è niente di meno che storia del cinema. Vincitore del Grand Prix a Cannes, Atlantique rese Diop la prima donna nera ad aver diretto un film in concorso al festival. Si tratta della materializzazione cinematografica di un incubo, di un mondo troppo surreale per essere compreso in termini documentaristici, eppure troppo legato alla realtà per non diventarne prigioniero.
Il cortometraggio è attualmente disponibile su MUBI.
6. Beasts of the Southern Wild (2012) di Court 13, tratto da Glory at Sea (2008)
Nato con l'obiettivo di raccontare le comunità lasciate ai margini del pianeta e di coinvolgerle nel processo creativo, Court 13 si è negli anni affermato come uno dei collettivi cinematografici più interessanti del panorama internazionale. E sia per quanto riguarda la realizzazione che il successo poi ottenuto, il loro primo lungometraggio Beasts of the Southern Wild è un vero e proprio miracolo. Girato interamente a spalla su 16mm e con un budget di 1.8 milioni di dollari, Beasts finì per ricevere il Gran Premio della Giuria al Sundance, la Caméra d’or a Cannes, e quattro nomination agli Oscar (tra cui quella storica di Quvenzhané Wallis a Miglior Attrice a soli 9 anni, la più giovane di sempre). Il film, che è una rivisitazione fiabesca della tragedia dell’uragano Katrina, trova le sue radici nell’altrettanto spettacolare cortometraggio Glory at Sea. Il progetto fu inizialmente concepito con una durata di 5 minuti, un budget di 5 mila dollari, e un mese di girato. Le riprese finirono invece per durare circa un anno e mezzo, con un costo complessivo di 100 mila dollari (tra cui 40 mila di indebitamento tra svariate carte di credito dello stesso regista Benh Zeitlin) e una durata di 25 minuti. Tanto meglio, se non fosse che Zeitlin finì addirittura per perdersi la premiere del corto al South by Southwest nel 2008 perchè vittima di un incidente stradale. Alla fine dei sei mesi di convalescenza del regista, grazie agli indennizzi dell’assicurazione e ad una campagna di raccolta fondi organizzata da vari esponenti del cinema indipendente, Zeitlin riuscì finalmente a saldare i debiti.
7. Les Misérables (2019) di Ladj Ly, tratto da Les Misérables (2017)
Se c’è un film il cui mondo era realmente impossibile da contenere in un cortometraggio, si tratta di Les Misérables. La versione da 16 minuti è infatti già a sua volta un’evoluzione del film precedente di Ly, intitolato 365 jours à Clichy-Montfermeil e nato a seguito di un anno di riprese attorno alla città del regista. L’idea per il film gli venne dopo la morte di due adolescenti durante delle proteste a Montfermeil nell’ottobre del 2005, un incidente che Ly collegò metaforicamente alla morte di Gavroche nel romanzo di Victor Hugo. Il culmine del progetto viene poi raggiunto con il lungometraggio Les Misérables, ambientato in seguito alla vittoria della Francia nella Coppa del Mondo del 2018, e vincitore del Premio della Giuria a Cannes nel 2019, nonché candidato a miglior film straniero agli Oscar l’anno dopo.
BONUS. Disappointment Blvd. (2022) di Ari Aster, tratto da Beau (2011)
Il nuovo film di Ari Aster, le cui riprese dovrebbero concludersi proprio questo ottobre, è tratto da un cortometraggio del regista che indaga le crisi paranoiche di un uomo intento a lasciare il proprio appartamento. Prodotto come i due film precedenti dalla A24, Disappointment Blvd. è stato definito da Aster come una “commedia-horror di quattro ore”, e vede come protagonista Joaquin Phoenix al posto di Billy Mayo (protagonista del corto e deceduto nel 2019). Nell’attesa dunque, eccovi i 6 minuti che sono serviti da ispirazione per il progetto.